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Autore: Fiumediparole    10/12/2012    0 recensioni
Elena arriva nella cittadina di Mystic Falls insieme al fratello Jeremy dopo l'incidente in cui hanno perso la vita i suoi genitori in Italia. Li ad accoglierli oltre alla zia Jenna anche due ragazzi misteriosi. un libro misterioso e una serie di avventure coinvolgeranno i nostri protagonisti mentre sullo sfondo nasce una tenera ma tormentata storia d'amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Jeremy Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Bonnie/Damon, Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 1
Caro diario,
Oggi sono atterrata in Virgina a Mystic Falls, qui è una tiepida giornata di maggio con l’estate che avanza timidamente. Zia Jenna è l’unica persona che mi è rimasta, oltre mio fratello Jeremy, da quando i nostri genitori sono scomparsi in un incidente stradale. Ci aspetta all’uscita dell’aeroporto con i suoi capelli biondi sciolti mossi leggermente dal vento, la camicetta celeste e i jeans, nessuno avrebbe mai scommesso che quella donna potesse avere più di 20 anni. In realtà non aveva nulla in comune con le sue coetanee trentenni.La sua figura slanciata si mise a correre verso di noi e ci strinse in forte abbraccio:
“Ciao Elena! Ciao Jeremy!”
“Ciao zia Jenna!”
“Com’è andato il viaggio?”
“Lungo troppo lungo ma tutto sommato è andato bene.”
Jeremy ed io siamo partiti dall’aeroporto di Roma,  è li che è i miei genitori hanno perso la vita ed è li che la mia vita è cambiata per sempre. Il viaggio in macchina è stato ancora più estenuante di quello in aereo dopo due ore di macchina siamo arrivati finalmente a Mystic Falls una piccola cittadina immersa nel verde dei monti circostanti, in effetti, non siamo mai stati molto abituati a tutto quel verde. Jeremy ed io siamo nati a Seattle e li di verde c’è né poco. La chiesa, la casa del sindaco Lockwood, la stazione della polizia, il liceo tutto sembra dipinto in maniera eccelsa, senza nessuna sbavatura. Fra tutte mi ha colpito una casa maestosa con le rifiniture in legno massiccio, un elegante viale costeggiato da siepi si estendeva sino al sontuoso ingresso. C’è qualcosa in quella casa che mi attrae, non so ancora bene cosa.
La casa di zia Jenna non è male. Ha un grande giardino e il portico. Da piccola ho sempre desiderato passare i pomeriggi estivi a leggere sul dondolo sotto un bel portico pieno di fiori profumati e magari d’inverno stare li ad osservare i primi fiocchi cadere con una tazza di thè fumante. La mia camera era profumata, il letto grande e avevo due grandi finestre dalla quale riuscivo a vedere la “casa di legno” che tanto mi attirava.
Durante il pomeriggio ho deciso di fare un giro in città, avevo voglia di stare un po’ da sola, da quando sono arrivata non ho avuto un attimo di pace. Un  pellegrinaggio incessante di persone che sono venuti a salutare i fratelli Gilbert come se fossimo l’attrazione del momento. I figli di Katherine e Jonathan, i sopravvissuti, gli orfani e naturalmente sono venuti a vedere come la zia scapestrata stesse gestendo la situazione.
Mi sono addentrata in uno dei boschi vicini per cercare di trovare un po’ di pace, per potermi sfogare e scrivere tutto quello che stavo attraversando sul mio diario, l’unico amico che ora mi è rimasto. Avevo cominciato a scrivere solo poche righe quando un ragazzo vidi un ragazzo, non sembrava avermi visto, passeggiava con l’ipod nelle orecchie. Approfittai del fatto che non mi aveva visto per continuare a scuola quando improvvisamente me lo trovai di faccia. Alzando gli occhi, la prima cosa che riuscì a vedere accecata dal sole furono le sue converse. Era bello straordinariamente bello, è l’unica cosa che si potrebbe dire. La pelle diafana rifletteva alla luce del sole, il suo viso che pareva scolpito era incorniciato dai capelli nero pece e da due occhi splendi, azzurri, che sembravo due cieli d’estate. Ricordo ancora cosa indossava quando incontrai per la prima volta Damon Salvatore, una t-shirt bianca che lasciava scoperte le sue braccia muscolose e un paio di jeans, gli stessi jeans che ancora oggi mi fanno impazzire.
“Salve ragazza solitaria”, sono le prime parole che mi pronunciò. I suoi occhi parvero penetrare i miei, mi sentì nuda davanti a lui come se tutti i miei pensieri improvvisamente svanirono. Il suo sguardo mi rendeva stranamente calma, come non lo ero da tanto tempo. Queste sensazioni però improvvisamente si tramutarono in nervosismo e fastidio. Non so come spiegarlo, come se una parte di me mi dicesse di continuare a parlare con quel ragazzo e un’altra parte invece tentava di mettermi in guardia.
“Come scusa?”
“Ragazza solitaria”
“E cosa ti fa pensare che io sia una ragazza solitaria”
“Beh te ne stai seduta in un bosco da sola a scrivere sul tuo diario, se non sei solitaria tu!”
“Forse per te è strano vedere una ragazza scrivere, magari sei abituato ad altri tipi di ragazze!” feci per alzarmi quando mi bloccò e disse con una calma incredibile “E’ meglio che sai che i boschi da queste parti non sono per le ragazze come te”.
Mi sono alzata e me ne sono andata  voltando le spalle a quel ragazzo di cui ancora non conosco il nome. Tornai a casa e trovai Jenna a preparare la cena, evidentemente la cucina non è il suo forte.
“Zia Jenna che ne dici se ordiniamo una pizza?”, Jenna mi guardò con uno sguardo complice e allo stesso tempo di scuse, “Chiamo subito, tuo fratello sai dov’è?”
Jeremy da quando sono morti i nostri genitori si era chiuso in se stesso, si era rifugiato nel disegno una passione ereditata da nostro padre. L’ho trovato a rovistare in cantina tra le vecchie cose di famiglia, tra le tante cianfrusaglie ho trovato uno strano libro, scritto in una lingua che non conosco. Sulla copertina c’è scritto  Katherine Pierce, il nome di mia madre. Che cosa significano quei segni sulle pagine di quel libro, perché c’è scritto il nome di mia madre non lo so. Ho chiesto a Jeremy di non dire nulla a Jenna. Non voglio che pensi che siamo messi a frugare fra le sue cose, che sarebbero anche nostre, a sole 12 ore dal nostro arrivo. Non voglio guai, voglio una convivenza pacifica e se è possibile piacevole. Non posso essere la ragazza triste per sempre, devo cominciare a reagire a questa situazione. Ormai sono consapevole che la vita che ho lasciato a Seattle non ritornerà più, la spensieratezza degli anni passati lì insieme ai miei genitori. Siamo stati una famiglia felice, ci accontentavamo di stare insieme. Ci bastava poco per ridere insieme, un gioco, una battuta, una smorfia. C’era una strana alchimia tra di noi che ci rendeva inseparabili.
Durante la cena Jenna ha riempito siamo me che Jeremy di domande su cosa ci piacerebbe fare, su come ci è sembrata la città, se avessimo avuto delle preferenze. Dopo la cena sono salita nella mia camera, la mia mente cerca di dare significato a quello strano libro che avevamo ritrovato in cantina. Mentre stavo seduta alla scrivania a scrivere dalla finestra sono riuscita a scorgere il ragazzo del bosco entrare nella “casa di legno”. Che meravigliosa giornata. Sono finita in un posto sperduto in mezzo alle montagne, dove non conosco nessuno, dove devo ricominciare tutto daccapo e il ragazzo più irritante ma anche più affascinate della città è anche mio vicino. Mi sono stupita di me stessa quando mi sono scoperta a fissarlo mentre saliva una scalinata di legno illuminata e mentre riappariva in quella che probabilmente doveva essere la sua stanza. Improvvisamente è  apparso un altro ragazzo che dava le spalle alla finestra. Chi sarà mai quest’altro ragazzo? Sembrano litigare in maniera molto animata, ho pensato quasi che venissero alle mani. Il ragazzo del bosco si è girato verso la sua finestra e mi ha sorpresa con le mani nel sacco. Un sorriso beffardo si è dipinto sulle sue labbra mentre con una mano ha cominciato a salutarmi. Chiusi la tenda di scatto mentre le mie guance andavano a fuoco. Come diavolo ha fatto a vedermi nel buio della mia stanza? La figura della maniaca come primo giorno in questa città mi manca.
Mi metto sotto le coperte e aspetto che il sonno viene a prendermi, domani mattina sarà il mio primo giorno nel nuovo liceo. Non ho nessuna voglia di incontrare altre persone ma non posso essere la ragazza triste per sempre, devo andare avanti come ho già detto e non c’è modo migliore di farsi nuovi amici. Nell’istante stesso in cui ho scritto queste parole i miei occhi, si sono riempiti di lacrime che adesso rigano il mio viso.
  
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