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Autore: Kwassakwassasisa    11/12/2012    5 recensioni
Sanguine, principe daedrico della dissolutezza.
Una rosa, un'arma.
Una Bretone, un'umana.
Una scommessa, una promessa.
Breve One shot che va un po' fuori dagli schemi rigidi del mondo degli Elder Scrolls.
Spero che vi piaccia ^^
_Sisachan_
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una Notte Da Ricordare
 






Sanguine, mio principe.
Il ricordo del nostro primo incontro è ancora così chiaro nella mia mente che straripa di avventure e storie, che quasi mi spavento di fronte a tutti i dettagli legati a quell'unica faticosa settimana. 
Sam Guevenne, ti facesti chiamare. Mi conducesti in un tranello, costringendomi a bere per perdere il lume della ragione e risvegliarmi altrove, in un tempio. Ti prendesti gioco di me, certo. Ma io non fui così stolta da buttare subito la spugna. Mi incamminai impavida alla ricerca di indizi verso Rorikstead dove un uomo di colore mi minacciò di aver rubato la sua capra. Dovetti recuperarla, al costo di dover uccidere un gigante. Quando riportai la capra al povero contadino, egli mi disse di recarmi a Whiterun, che avrei dovuto parlare con una certa Ysolda. Lì, la stessa fanciulla mi disse in tutta tranquillità il prezzo di un certo anello nuziale come se dovesse riguardarmi e vedendomi contrariata, mi disse perfino dove io e il mio cosiddetto "fidanzato" ci fummo incontrati la prima volta: il boschetto di Witchmist. Comprai l'anello e mossa dalla curiosità, dopo averle dato corda, mi diressi subito nel luogo indicato, armata di mappa e pazienza. Uccisi una Hargraven che bramava per ottenere il mio tesoro e finalmente mi recai a Morvunskar dove ben nascosto, si celava il Bosco Brumoso dove dimoravi. 
Una volta arrivata, non mi aspettavo affatto di ricevere un accoglienza così pacifica. Ancora in forma di Sam Guevenne, ti rivelasti a me, in forma di principe daedrico. Fu una scoperta a dir poco inaspettata. Fu la prima volta che vidi un Dremora. Indimenticabile. L'armatura di ferro dalla quale sembrava uscire del fuoco scarlatto da ogni dove e sulle spalle si ramificava dettagliatamente in quelle che chiunque avrebbe definito due piccole ali di metallo. Le corna caprine che uscivano simmetriche dalla tua testa corvina. Sulla pelle scura come la pece, una tinta rossa tingeva il tuo viso con degli strani ma affascinanti tribali. Sembravi fatto di lava incandescente e toccandomi mi facesti ardere dentro. Le tue parole, non proprio calde quanto la tua persona, erano anzi glaciali come l'inverno di Skyrim. In quello stesso momento, mi donasti la tua rosa. Una rosa che mi avrebbe protetto per il resto della mia effimera vita mortale, perché quando avrei voluto, con essa avrei potuto richiamare te in qualsiasi momento. Ottenni la tua stima, la tua protezione, ma nulla di più.
Ti andasti a sedere al fondo di una lunga tavola dalla tovaglia sanguigna e insieme a te, pensosi e assorti nei loro pensieri immortali, i tuoi amici daedra ti tenevano compagnia. Nel vedermi indecisa sul da farsi, mi invitasti ad unirmi alla vostra cena per festeggiare il mio trionfo alla prova che tu stesso avevi progettato.
Fu strano, cenare insieme a dei dremora. Mi sorpresi a pensare che lì, tutti e 8 com'erano, avrebbero potuto farmi fuori in un istante se avessero voluto. Eppure, anche se sapevo che i dremora erano famosi per la loro folle depravazione e la loro inclinazione alla violenza, qualcosa mi spinse a rimanere ancora per un po'. 
 
Ero io. Senz'altro. La -mia- inclinazione alle arti oscure, il mio curioso fascino nei riguardi della magia nera, la mia ostinata ricerca dei libri neri. Per non parlare della mia importanza come membro leader di una certa Confraternita Oscura. Tutto in me, desiderava saperne di più, desiderava apprendere, viaggiare in altri mondi, accrescere di potere. Volevo diventare una principessa daedrica. Essere venerata come Dibella o Azura e farti compagnia lassù da qualche parte nell'Oblivion. 
Ma era impossibile. Ero una semplice mortale e come tale, non sarebbe stato possibile a meno ché le mie ricerche non fossero arrivate alla ricetta dell'immortalità.
 
Dopo il nostro primo fatidico incontro, riflettei per due settimane, prima di evocarti la prima volta.
Non ero in missione. Ero a casa a Windhelm. Dopo essermi rigirata nel letto fino a passare la notte insonne, mi decisi a tirare fuori il bastone magico dalla forma floreale. Mi concentrai su un punto casuale del pavimento e presto una sfera viola levitò sulla cima di esso, con non troppa difficoltà si creò un varco violaceo dalla quale tu ti materializzasti. In perfetta forma come sempre, ti guardasti attorno già in guardia, alla ricerca del nemico comune da stanare. Ma rimanesti quasi deluso nel vedermi seduta sul letto sorridente.
-Non mi evochi per due settimane e quando lo fai, non è neanche per uccidere? Ha-ha, gentile bretone, non prenderti gioco di me.- dicesti in tono giocoso sventolandomi l'indice metallico davanti agli occhi. Io ridacchiai tra me e me e tu tornasti serio dicendomi -Allora... Qual buon vento mi porta qui?- Io abbassai il capo tornando seria. Avevo combattuto contro milioni di draghi, ucciso Giganti, Hargraven, Lupi, Licantropi, Vampiri di ogni rango eppure, non ebbi la forza di confessarti i miei tormenti. 
-Il minuto scorre veloce..- mi dicesti quasi frettoloso cercando di sollecitarmi. Io ti presi il braccio con una mano, riscoprendo un calore di cui la gelida Skyrim poteva bellamente invidiare, e ti guardai negli occhi neri nella quale annegavo lentamente. Sapevo, che se avessi voluto davvero, saresti potuto rimanere con me ben più di un solo minuto per via dell'effetto dell'evocazione nata dai miei poteri. Dopotutto, non eri un semplice spirito.
-So che puoi rimanere.- dissi semplicemente e mettesti da parte le armi senza pronunciarti.  -Sembrerà stupido ma... Voglio farti compagnia per il resto dell'eternità.- dissi velocemente, tutto ad un fiato e sperai che avessi capito bene, perché forse non avrei mai avuto il coraggio di ripetermi.
-Oh, ma quali dolci rivelazioni, mi scaldi il cuore, giovane mortale.- dicesti tu, in quel tono sarcastico che parevi usare spesso. -Spero che tu stia scherzando.- continuasti a dire, ma non vi fu risposta da parte mia. Mi sentivo una sciocca. Come potevo anche solo immaginare di coronare il mio impossibile sogno d'amore?
-Non stai scherzando? O Sitis, O Hermeus Mora, O me, Sanguine Rose, principe daedrico della dissolutezza.. In che guaio mi sono cacciato.- il tuo tono non era affatto benevolo. Mi stavo accertando sempre di più, che forse, anche se sapevo bene che fossi un dremora, di "umano" non ti era rimasto nulla.
-Voglio.. Diventare immortale. Farti compagnia sull'altare. Vivere al tuo fianco per sempre. Diventare come te. Tu sei il mio idolo indiscusso e anche se ti sembrerà presto, io mi sto innamorando di te.- dissi infine, dopo aver raccolto tutte le mie forze.
-Non saprei che dire! La stranezza di te, giovane mortale, un po' mi scuote, un po' m'affascina. La tua decisione è senz'altro assurda, ma sembri convinta, perciò.. Con un po' di pazienza, proverò a fare il possibile per renderti viva... Per sempre.-
Sorrisi rialzando finalmente lo sguardo su di te che mi guardavi da sopra con gli occhi d'inchiostro. Ebbi l'istinto di alzarmi e di stringerti. Allora vestivo del manto della confraternita oscura e quando abbracciai la tua armatura incandescente per poco non mi scottai bruciandomi le vesti nere e rosse mogano. Ma non m'importava, tu avevi detto di sì ed io ero la Bretone più felice di tutta Tamriel.
 
Da allora, ogni sera ti evocavo alla stessa ora nello stesso posto, allo Hjerim, casa mia. Ogni giorno sembravamo sempre più in sintonia e solevi riscaldarmi nell'anima e nel corpo. Il Sanguine che conoscevo io, era diverso dallo spaventoso principe daedrico che gli altri temevano. Con me eri diverso. Certo, adoravi i tranelli, ti piaceva barare, fare indovinelli a bruciapelo, uccidere non te lo si negava mai e come perfetto dremora adoravi le torture e le depravazioni più estreme. Eppure, nel vedermi ogni sera, sembravi tutta un'altra creatura. Come un cagnolino fedele al suo padrone, sedevi sul mio letto e sorridevi sornione in attesa delle mie gentili carezze. Mai una volta tentasti di violare la mia integrità. Forse, secondo te, tra i due, la principessa ero io e non tu.
Quando ti baciai la prima volta, provai una sensazione confusa. Le tue labbra erano calde come il resto del corpo, ma dure come la tua armatura. In fondo me lo sarei dovuto aspettare. Fosti brusco, e ti sentisti goffo. Io sorrisi dicendoti di calmarti e ti ribaciai subito senza badarci.
 
Un giorno arrivasti più sorridente del solito, mi dicesti:-Il rituale è pronto, l'Oblivion ti aspetta. Sei proprio sicura, mia giovane mortale?-
-Non sono mai stata dubbiosa di questo.- ti risposi alzandomi in piedi dal mio letto e prendendomi la mano attraversai il varco insieme a te, scivolando nell'oblio che avevo sempre bramato. L'atmosfera era infernale, esattamente. Le costruzioni erano primitive e sulle strade precarie, non c'era da sorprendersi nel trovare teste infilzate a dei paletti o corpi di falmer o altre creature bruciate e abbandonate qua e là. Non esistevano alberi come cipressi o querce, solo piante di un verde scuro che potevano risucchiarti chissà dove. Non esistevano fiumi, solo lava incandescente. Il terreno era talmente riarso che mi chiedevo come facessero a mangiare. L'intero regno pululava di creature mostruose ma io non avevo paura.
Non avevo paura.
Perché c'eri tu a proteggermi e sapevo che al tuo fianco sarei rimasta per sempre illesa. La tua rosa mi avrebbe protetto in ogni caso e tu mi sei sempre stato vicino. Ti ho amato come mai nessuno ho amato prima d'ora.
 
Grazie per esserti aperto a me e per avermi accolto,
Tua, 
Rigel.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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