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Autore: Fairy_tale    11/12/2012    3 recensioni
One - shot ispirata ai pensieri di Artù durante il quarto episodio della seconda stagione : "Lancillotto e Ginevra".
Ho cercato di ricostruire gli avvenimenti della puntata seguendo sempre il punto di vista del Principe e quello che lui potrebbe aver provato durante l'episodio.
Dalla storia:
"Un sospetto, un timore.
E poi la conferma, temuta e aspettata.
Tante emozioni di seguito.
Confusione. Dolore. Rabbia.
Nessuna certezza a cui appoggiarsi e un’unica, tremenda, consapevolezza.
Il suo cuore, o quello che ne era rimasto, si era frantumato sotto il peso tremendo della verità."
Spero vi piaccia^^!
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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PICKIN’ UP THE PIECES

 OF MY HEART

 

 

 

 

Un sospetto, un timore.

E poi la conferma, temuta e aspettata.

Tante emozioni di seguito.

Confusione. Dolore. Rabbia.

Nessuna certezza a cui appoggiarsi e un’unica, tremenda, consapevolezza.

Il suo cuore, o quello che ne era rimasto, si era frantumato sotto il peso tremendo della verità.

Artù lo ricordava esattamente, il preciso momento in cui tutto questo era accaduto.

Sapeva che non sarebbe riuscito a dimenticarlo, mai.

Ma il solo fatto di riviverlo, anche adesso che era tutto finito, non faceva che accrescere la sua rabbia e il suo dolore.

 

Sin da quando si era svegliato, quel giorno, aveva avuto una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come una morsa strettissima che gli attanagliava le membra.

Subito, aveva dato la colpa a Merlino e all’intruglio che, la sera prima, gli aveva dato per aiutarlo a dormire, dopo una nottata insonne.

Era rimasto gran parte del tempo seduto nella sua poltrona, a pensare.

A pensare a quanto la sua vita, nonostante fosse un Principe e avesse tutto ciò che si potesse desiderare, sembrasse così vuota, senza di lei.

Come era potuto accadere? Come era stato possibile che lui, il Principe Artù, si fosse innamorato di una semplice serva, di Gwen?

Non sarebbero mai potuti stare insieme loro due, mai. Se solo suo padre l’avesse scoperto, l’avrebbe condannata a morte senza esitazioni, accusandola di stregoneria o di qualsiasi altro crimine che prevedesse la pena di morte. E lui non l’avrebbe mai permesso, anche a costo di soffrire enormemente, continuamente, senza rivelare i propri sentimenti.

Ma vederla ogni giorno in giro per il castello, così bella, così gentile, così perfettamente Gwen, e sapendo di non poter fare altro che osservarla da lontano, lo faceva soffrire ancora di più.

Poteva esserci destino più crudele?

La amava così tanto da riuscire a stento a controllarsi, ma non avrebbe mai potuto ammetterlo, a nessuno.

Come avrebbe potuto dire che pensava a lei ogni giorno? O che teneva a lei più che a chiunque altro? Come poteva ammettere che non sapeva cosa avrebbe fatto, se le fosse successo qualcosa?

Era già abbastanza dura così, quando lo ammetteva a sé stesso, ma dire a tutti cosa provava sapendo che niente sarebbe mai potuto succedere tra di loro, faceva male, troppo*.

Deciso a cercare di non pensare più a lei, si era preparato ed era andato da suo padre, dove aveva sentito Morgana comunicargli che sarebbe andata a pregare sulla tomba di suo padre, quella mattina.

Ed in quel momento, inspiegabilmente, quella strana sensazione si era infittita e, cercando di tenerla a bada, aveva maledetto mentalmente Merlino e i suoi consigli.

Ma se Morgana si assentava da Camelot, per quel giorno, sicuramente anche Gwen sarebbe andata con lei; e lui non avrebbe potuto seguirle a causa della visita di alcuni ambasciatori dal regno di Beyard.

Così, anche se a malincuore e accompagnato da quell’inspiegabile sensazione che continuava a perseguitarlo, le aveva aiutate a prepararsi per il viaggio e le aveva viste allontanarsi, ricordando loro di fare ritorno a Camelot prima del tramonto.

La giornata era passata incredibilmente lenta, ma finalmente era giunta al termine.

Il tramonto però si avvicinava, e ancora nessuna traccia di Morgana o di Gwen.

Man mano che il tempo passava, e che i minuti si susseguivano senza che potesse sentire il tranquillo galoppo dei cavalli di ritorno in città, quel brutto presentimento, rimasto dentro di lui per tutto il giorno, non faceva che aumentare.

E se, solo per quella volta, la terribile sensazione che l’aveva costantemente accompagnato quel giorno, non fosse stata colpa di uno dei soliti sbagli di Merlino? E se fosse successo loro qualcosa?

Così, con l’angoscia nel cuore, aveva aspettato fino a che, nel cielo, non era riuscito a scorgere le prime stelle, dopodiché aveva dato l’allarme, preparandosi ad una missione di soccorso che avrebbe condotto subito, se suo padre non gli avesse imposto di partire solo l’indomani.

Finalmente, dopo una notte insonne, la mattina era arrivata e lui insieme ad alcuni cavalieri, era partito alla loro ricerca. A circa due miglia dalla città, aveva scorto i cadaveri di alcuni uomini lungo la strada, che aveva riconosciuto appartenere alla scorta che aveva accompagnato le due ragazze il giorno prima.

Subito, il panico che potesse essere successo qualcosa a Gwen si era impossessato di lui, e i suoi timori si erano moltiplicati all’infinito quando, non molto tempo dopo, avevano trovato Morgana in mezzo alla foresta.

Era ferita e sporca, ma soprattutto, era sola.

Aveva detto che degli uomini le avevano aggredite e che lei, grazie all’aiuto di Gwen, che era rimasta affinché lei potesse fuggire, era riuscita a liberarsi.

Tipico del suo carattere, aveva pensato Artù. Sacrificarsi per gli altri. Era questa una delle qualità che apprezzava di più in lei, ma che questa volta non avrebbe lodato, perché quel gesto sarebbe potuto costarle la vita.

Quindi erano ritornati a Camelot, per riorganizzarsi e preparare una nuova spedizione di soccorso, che però era stata stroncata sul nascere da suo padre.

Il re non avrebbe permesso che altre vite si fossero perse per salvare quella di un’insignificante serva, aveva detto proprio così.

Normalmente non avrebbe protestato e avrebbe eseguito gli ordini di suo padre, ma la serva in questione era proprio lei, Gwen; e non si sarebbe arreso neanche se l’avessero incatenato.

Così, quella notte stessa, di nascosto, era partito per una missione disperata insieme al solo Merlino, senza che suo padre sapesse nulla e con la complicità di Morgana.

Aveva fatto più in fretta che aveva potuto, aveva sfidato la morte molte volte, ed aveva affrontato molti pericoli, ma ce l’aveva fatta, aveva trovato il posto dove era tenuta prigioniera.

Si era introdotto di nascosto nella fortezza di Hengist, superando le guardie e riuscendo ad infiltrarsi tra quei malviventi come fosse stato uno di loro. Seguendo la folla e il rumore, alla fine era giunto in una grande sala, colma di gente, al centro della quale aveva notato una grande gabbia di ferro, arrugginita dal tempo e incrostata di sangue, dove, incredulo, aveva scorto la figura di Gwen, così fragile tra tutta quella durezza, con le mani legate.

Il rumore che aveva regnato nella sala si era poi improvvisamente interrotto, e un uomo massiccio e abbastanza anziano aveva dato l’ordine di liberare la bestia.

Quell’uomo doveva essere Hengist, e quella bestia doveva essere un Wildren.

Gwen era in grave pericolo, doveva salvarla.

Così, senza pensarci troppo, aveva scavalcato le inferriate ed era entrato anche lui nella gabbia, liberando le mani di Gwen e dell’uomo che era legato insieme a lei.

All’inizio non aveva fatto molto caso a lui, aveva pensato che fosse solo uno degli uomini di quel malvivente che veniva punito per non aver eseguito i suoi ordini. Ma poi l’aveva guardato meglio e, incredibilmente, aveva riconosciuto in quei tratti il volto ben noto di un uomo che già conosceva: Lancillotto.

E cosa mai ci faceva Lancillotto in un posto come quello, e soprattutto, in quella situazione?

Spinto dalla curiosità gliel’aveva chiesto, e quello aveva risposto che era lì per salvare Gwen, anche lui.

Inizialmente, era rimasto un po’ spaesato da quella risposta. Come aveva fatto lui a sapere che Gwen era in pericolo? E poi, perché mai avrebbe dovuto salvarla?

Nella sua mente già abbastanza confusa, aveva provato a dare una risposta a quelle domande, arrivando alla conclusione che Lancillotto probabilmente era capitato lì per caso, l’ aveva riconosciuta e, per puro gesto di cavalleria nei suoi confronti, aveva tentato di liberarla, tutto qui.

Funzionava, doveva essere andata proprio così.

Infondo, conosceva bene l’animo nobile e il coraggio di Lancillotto, lui avrebbe sempre fatto la cosa giusta.

Perciò, cercando di concentrarsi su un problema che richiedeva una soluzione più immediata - come quello di riuscire ad uscire sani e salvi da quel posto infernale -aveva deciso di far cadere l’argomento, dando una spada al suo compagno ed iniziando a combattere, facendo scudo a Gwen con il proprio corpo, fino a quando non erano riusciti a uscire dalla gabbia, cercando di raggiungere un’uscita il più in fretta possibile.

Così aveva corso, portandola con sé e lasciando che Merlino e Lancillotto distraessero i loro nemici, fino ad una porta, chiusa, dove poco dopo anche gli altri due li avevano raggiunti.

Per tutto quel tempo però, aveva notato nell’espressione di Gwen come una nota di tristezza e di apprensione che, inspiegabilmente, sembrava essersi dissolta nel momento stesso in cui Lancillotto era ricomparso, insieme a Merlino.

Aveva pensato subito che fosse strano, ma senza preoccuparsene più di tanto, impegnato com’era nel cercare di aprire quella maledetta porta, ultimo ostacolo che li separava dalla libertà.

Dopo molti tentativi però, ci era finalmente riuscito e, voltatosi per avvertire gli altri, aveva visto una cosa che non si sarebbe mai aspettato.

Due mani, intime, complici, si stringevano amorevolmente, come per darsi forza, per rassicurarsi a vicenda. E, contemporaneamente, gli occhi dello stesso uomo e della stessa donna, si cercavano, beandosi di rispecchiarsi nello sguardo dolce dell’altro.

Se non fosse stato lì, probabilmente non ci avrebbe creduto.

Ma, nonostante tutta la scena si stesse svolgendo proprio sotto i suoi occhi, faticava ancora a trovare un senso per quella situazione che non poteva, non doveva, essere reale.

Lancillotto e la sua Gwen.

No, non poteva essere.

Era stato proprio in quel momento, che aveva sentito il suo cuore incrinarsi pericolosamente e poi frantumarsi in tanti piccoli frammenti acuminati, che gli dilaniavano la carne.

E, contemporaneamente, un dolore immenso, una rabbia indescrivibile, si erano fatti largo nel suo corpo, minacciando di esplodere in una furia cieca che, lo sapeva, non avrebbe risparmiato nessuno.

Ma mentre la sua mente era impegnata in queste dolorose riflessioni, tutti gli altri erano usciti, mentre lui era rimasto immobile, impietrito, con lo sguardo perso nel vuoto e il cuore infranto.

Per ultimo era uscito Lancillotto, che gli aveva stretto la mano, come un vecchio amico, e l’aveva ringraziato per aver salvato loro la vita.

In quel momento, non sapeva se rimediare all’errore seduta stante e trapassarlo con la lama affilata della sua spada, che non era mai sembrata così invitante o ridergli in faccia, dimostrandogli quanto anche lui fosse contento.

Ma si era trattenuto.

Aveva dovuto trattenersi.

Lui era il Principe di Camelot, dopotutto.

Così si erano accampati, mentre Gwen sedeva accanto a Lancillotto e lui non osava guardare il viso di lei, per paura di leggere in quello sguardo che così tanto amava, gli stessi sentimenti che aveva sperato avesse provato per lui, rivolti adesso ad un altro uomo.

Ogni sguardo, ogni risata che lei rivolgeva all’altro, non faceva che rendere ancora più insopportabile il suo dolore, come se quelle schegge appuntite che una volta costituivano il suo cuore, si spingessero sempre più nella sua carne ad ogni nuovo gesto d’affetto, dilaniandogli l’anima.

Così, anche quella terribile notte era trascorsa, incredibilmente, ma nella mattinata, di Lancillotto non c’era più alcuna traccia.

Andato, aveva detto Merlino, probabilmente non sarebbe più tornato.

E, in quell’istante, aveva cercato per la prima volta gli occhi di Gwen, scorgendo nient’altro che dolore, smarrimento e confusione.

Incredibilmente, non riusciva neanche ad essere felice nell’apprendere quella notizia, dato che ormai non possedeva più neanche un cuore nel quale gioire.

L’unica cosa che provava era solo dolore.

Un dolore lancinante e continuo.

Alla fine, si erano messi nuovamente in viaggio e, al tramonto, erano giunti finlmente a Camelot. Erano scesi da cavallo e, ancora senza mai guardarla in volto, aveva ricondotto Gwen da Morgana, che l’aspettava ansiosa sin dal momento della loro partenza.

Così lei era corsa ad abbracciarla, e lui, solo per un istante, solo per quel momento, aveva concesso a sé stesso di guardarla un’ultima volta, prima di scendere le scale e tornare nelle sue stanze.

Si poteva soffrire così tanto?

Si poteva provare un dolore tanto grande per una sola persona?

Sapeva che non avrebbe smesso di amarla, mai, neppure per un istante, neppure se lei gli avesse detto in faccia che il suo cuore apparteneva a Lancillotto.

Era certo che, ovunque fosse andato e qualsiasi persona avesse incontrato, l’avrebbe sempre portata dentro di sé, come una parte di sé stesso, la migliore.

Perché, il dolore che provava in questo momento, così totale, così devastante, così incredibilmente intenso, era paragonabile solo all’amore che provava per lei e che, ne era sicuro, avrebbe sempre provato, sempre.

Ma quella scena, quella tremenda immagine, sapeva che anche quella non l’avrebbe abbandonato, tormentandolo la notte durante i suoi incubi peggiori, perché, lo sapeva, sarebbe rimasta marchiata a fuoco nella sua memoria fino al giorno della sua morte.

Infondo però, oltre ad un’intensa rabbia, sentiva nei confronti di Lancillotto una sorta di comprensione, come se avesse capito il suo gesto e i sentimenti che provava per Gwen. E chi, infondo, avrebbe saputo resistere a tanta bellezza e a tanta dolcezza? Lei era il simbolo della perfezione, chiunque avrebbe potuto innamorarsene.

E proprio nei confronti di lei, nonostante sapesse che sarebbe dovuto essere arrabbiato, non riusciva a provare altro che un incondizionato e disarmante amore.

Ma il suo cuore, quello non era sicuro che si sarebbe mai ristabilito del tutto, anzi sapeva che non avrebbe più ripreso a battere per nessun altro che non fosse lei.

 

 

 

Artù allora non sapeva però che il suo cuore sarebbe rinato molto presto, insieme a lui stesso, insieme ad una nuova forza che è data dall’amore, una forza che niente può contrastare.

Perché proprio quel cuore, poco tempo dopo, sarebbe stato ricomposto da una donna, la stessa che involontariamente ne aveva causato la distruzione.

Con pazienza, amore e costanza, lei avrebbe riunito tutti i pezzi, ricostituendolo proprio come l’originale e, anzi, infondendogli nuova linfa.

E, finalmente, avrebbe ripreso il posto di padrona assoluta di quel cuore, amandolo e prendendosene un’infinita cura, stando attenta a non ferirlo mai più.

Sicura che, questa volta, sarebbe stato per sempre.

Mio piccolo spazietto:

* =  Spunto tratto del meraviglioso discorso di Artù proprio della puntata 2x02 ;)

Allora, come vi sembra?

Sinceramente ho amato troppo quell'episodio per non decidere di scriverci qualcosa a proposito. Non è bellissimo?

Devo dire che stavo per commuovermi fino alle lacrime guardando la faccia di Artù mentre Gwen abbraccia Morgana sulla scalinata!

Comunque, spero di essere riuscita a mantenermi fedele al personaggio e che la storia meriti anche un piccolissimo commento da parte vostra.

Grazie e un bacio,

Fairy_tale ;*

  
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