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Autore: Elric_Kyoudai    28/06/2007    7 recensioni
"Niisan, la medicina!"
Dicembre inoltrato, tanta neve fuori da non vedere altro che un'infinita distesa bianca. E il suo stupido fratellone, già con un principio di raffreddore, ha passato tutto ieri a giocare fuori, ritrovandosi con un febbrone assurdo.
"Non la voglio, Al... è amara..."

{Rating giallo per la presenza di un velato Elricest}
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ahah, la Elric Kyoudai’s production è lieta di presentarvi una nuova fic! è_é Una bella fic imbastita di Elricest, tanto sano Elricest!*^* <3 *Ormai non facciamo più segreto della nostra malattia, è pressoché inguaribile!;_;<3 E ne siamo liete. E anche voi, nevvero?*sbrill*

Qua troverete una sana dose di puccioseria, di lol, di momenti seri e ancora puccioserie, tanto perché a noi piace variare, e a quanto pare è una cosa che ci viene benissimo!xD O forse è un riflesso naturale dell’avere tra le mani [mh…:Q_] due esseri dannatamente amabili come i fratelli Elric!<3

Detto questo, solito inchino di ringraziamenti per chi legge e…

LET’S START <3

 

 

Niisan = neko = baka

 

Capitolo 1

(dove abbiamo un Edward quasi miagolante rincretinito dalla febbre e troppa medicina in giro)

 

"Niisan, la medicina!"

Dicembre inoltrato, tanta neve fuori da non vedere altro che un'infinita distesa bianca. E il suo stupido fratellone, già con un principio di raffreddore, ha passato tutto ieri a giocare fuori, ritrovandosi con un febbrone assurdo.

"Non la voglio, Al... è amara..."

Ha gli occhi lucidi e le guance infuocate. E' seduto sul letto, tutto avvolto nel piumone.

"Ti fa bene e la prendi! Ora!"

Il più piccolo si mette le mani sui fianchi e lo guarda, severo.

Spera forse di cavarsela così?

"Ma, io..."

Batte il piede. Ovvio, non accetta ma. Né però. Insomma, niente contestazioni.

"Pren-di-la."

E' la SUA, sua salute! Mica stupidaggini!

... e poi, a diciassette anni, perché faceva ancora i capricci?

Perchè, a tutte le età, la febbre ha il magico potere di rintronare le menti e farle regredire fino ai cinque, sei anni. Massimo.

"Nooo..."

La voce di Ed è infantile come il suo lamento, come il suo sdraiarsi nuovamente e rifugiarsi nel morbido guscio delle coperte di piume d'oca.

"Niisan..."

Gli si avvicina, acchiappando i lembi della coperta e sollevandola. Aveva il viso contratto in una smorfia di disapprovazione, e di ribrezzo per quella roba verde che stanzia in una orrida bottiglia di vetro.

"Devi. Non ci sono scuse che tengano."

Edward lancia un'ennesima occhiata a quella robaccia.

Rimpiange i tempi in cui gli sciroppi avevano il sapore di fragole e frutti di bosco.

"Ma guarisco da solo... entro domani sto bene, davvero..."

La voce assume un tono piagnucoloso.

Davvero, la febbre sembra averlo fatto “involvere”. In un qualcosa di non meglio definito.

(Però gli ha lasciato l'originaria testardaggine.)

"Hai detto la stessa cosa per il raffreddore..."

Al poggia una mano sulla sua fronte, percependone il calore intenso.

Fosse roba da poco, poi.

Scende a sfiorare la guancia, la temperatura che gli da un colorito roseo, acceso in confronto alla pelle pallida.

"E invece guarda come sei adesso. Prendila."

Voce ferma, decisa.

Quasi materna.

"Ma è solo perchè sono uscito fuori... oggi sto a riposo, promesso!"

Quasi per cercare sollievo, abbraccia il fratellino, strusciando la guancia.

"Ti giurooo..."

"No, niisan."

Poggia una mano sul materasso – l'abbraccio gli aveva fatto perdere l'equilibrio, e onde evitare altri danni fisici...

"A riposo ci starai, sì. Ma prenderai anche la medicina! Guarirai prima così!"

Lo guarda quasi supplichevole. In fondo si tratta solo di mandare giù una melmina verde! Cinque secondi, una caramella in bocca ed è tutto passato!

"Se prendo quella robaccia sto tutto il giorno fuori a prendere a pallate Mustang."

Ecco di chi è la colpa, se il suo fratellone vessa in quelle condizioni!

"Non puoi obbligarmi... sii buono..."

"E tu non puoi dire certe stupidaggini! - scuote la testa, incredulo - Vuoi prenderti una polmonite per caso?"

Inguaribile. In tutti i sensi.

E poi, Cielo. Mustang è sempre presente, quando c'é qualche problema.

Fissazione del fratello, o divertimento del Colonnello?

Fatto sta che poi, a sorbirselo malato, e regredito a minor età, era lui.

"Posso obbligarti eccome."

Gli tira una guancia, carne morbida stretta tra indice e pollice.

"Ahiaaaa..."

Con la lacrimuccia all'occhio, Ed torna nel suo caldo nido di coperte, allontanandosi da Al.

"Non la voglio..."

Sa risultare estremamente odioso.

(Il fatto che sia tremendamente carino, coi capelli sciolti tutti arruffati e gli occhi lucidi è secondario. Soprattutto ora che Al dev'essere obbligatoriamente arrabbiato con lui.)

"Sto qua al calduccio e sto bene..."

Tira su col naso.

"Stai qui con me, Al?"

"Il fatto che tu non la voglia, niisan, non vuol dire... - si siede sul lettone, a guardarlo implorante e ad accarezzargli i capelli, la fronte umida e calda - Che tu non debba prenderla..."

Si china sulla sua fronte, a dargli un bacio.

"E... se non prendi la medicina, no. Poi mi contagi!"

Inarca un sopracciglio, per poi sorridere.

Fratellone bambino.

"Siamo fratelli, i fratelli condividono tutto, anche le malattie..."

Un altro colpo di tosse e gli occhi ancor più lucidi.

"Dai..."

"Tu deliri, niisan! - una mano veloce tra i capelli, a scompigliarli ancora di più - Adesso prendi la medicina, ti riposi, e poi starai meglio!"

Bottiglietta maligna tra le sue dita.

E uno sbiancare progressivo sul volto di Ed.

"Non avvicinatevi! Tu e quella cosa! Al, non la voglioooo!"

Però la forza in gola per urlare come uno scemo ce l'ha eccome.

Il suo odio verso quella roba è crescente, come nei confronti di una bottiglia di latte.

"Non fare il bambino!"

L’altro sale sul letto, puntellando le ginocchia sul materasso e svitando il tappo di quella tanto terribile sostanza.

Doveva prenderla e basta.

"Poi ti do una caramella!"

"Non la voglio! Né la medicina né la caramella!!"

Si allontana più che può, scontrando la schiena contro il muro e stringendo forte un cuscino.

"Non sono un bambino, tu sei crudele!"

Gattona, Al, affondando la mano libera nel calore delle coperte, l'altra che tiene in precario equilibrio la bottiglietta.

"Sì che lo sei, niisan!"

Trascina le gambe, guardandolo tra l'implorante e il divertito.

Così adorabile.

"Se non fossi un bambino, prenderesti la tua medicina senza fare storie!"

Un bambino che ha quasi le lacrime agli occhi.

"E' amara! Fa schifo! E' inutile! Guarisco da solo!!"

E agita la testa, stringendo ancor di più il cuscino al petto.

Sospira, il più piccolo, chiedendosi se per caso all'anagrafe non ci fosse stato qualche errore.

"Niisan..."

La versa sul cucchiaio, piano, davanti al suo naso.

Oh beh, l'odore non è dei migliori, è da ammetterlo.

Ma è la sua salute, ancora. E pazienza se è amara. O se fa schifo. O se è inutile.

Tanto da solo non guarirà!

Ed chiude saldamente la bocca, quasi avessero una cerniera.

Fa mille e mille cenni di diniego col capo, destra-sinistra sinistra-destra.

Ma si vede costretto a fermarsi a guardare.

Al apre la bocca.

"Bambino."

E poi porta dentro il cucchiaio, la faccia un poco schifata dal sapore che invade le sue papille.

Ancora con le labbra serrate, Ed guarda il fratello con aria incuriosita.

Intuisce poi, dal suo approssimarsi, le sue intenzioni.

"Mh... mh..."

Tradotti, i mugolii sarebbero un continuo no, perchè ha decisamente capito quel che Al vuole fare.

E non gli piace.

Non gli piace quel suo avvicinarsi furtivo.

Non gli piace, ma poco da fare, Al è già lì, di fronte a lui, con lo sguardo determinato.

Quella medicina va presa. Cinque secondi.

Inghiottisci e via, non è difficile!

E con un sospiro, poggia le labbra sulle sue, calde, mentre la mano si sposta una sul muro, l'atra sulla sua testa, ad accarezzarla.

Forse la sorpresa, forse il tocco di Al che mancava da giorni, ma Ed spalanca la bocca.

E giù per la gola lo sciroppo.

"Al...!!"

Tossisce forte.

"Sei... cattivo!!"

E ha gli occhi lucidi e lacrimevoli.

Dio che voglia di stringerlo.

"Ho vinto!"

Esulta il minore, felice di esser riuscito nel suo intento, stirando le braccia per poi farle cadere sulle sue spalle.

"Ora posso stare con te quanto vuoi, niisan!" aggiunge poi, passando un pollice sotto l'occhio, a scacciare le lacrime schifate da quel gusto.

Sì, era proprio amaro.

"No! Ora te ne vai!!"

Ancora sputacchia e si pulisce la lingua col dorso della mano.

"Sei un... traditore!!"

Nonostante le parole, la voce risulta tenera, ovattata dalla febbre.

E Al lo percepisce, rivolgendogli un sorrisetto.

"No, tuo fratello!"

Un altro bacio sulla fronte, e poi si mette sulle ginocchia, davanti a lui.

"O il tuo tutore, ancora devo capirlo..."

Gli scompiglia i capelli, ridacchiando.

"E ora su, sotto le coperte..."

"No."

Mette il broncio, discostando le coperte, rimanendo solo col pigiama addosso.

"Non mi va."

"Aaw, niisan... - porta le braccia ai fianchi, sarà la seconda o la terza volta che lo fa in pochi minuti, e lo fissa - Non serve a nulla fare così..."

Cade col sedere sul materasso e uno, due rimbalzi, è giù dal letto.

"Se non stai al caldo..." comincia, prendendo i lembi delle coperte e tirandoli verso di lui.

"E' uguale."

Labbro inferiore di fuori e sopracciglia aggrottate, non risulta credibile con le guance rosse gonfie da criceto e gli occhi lucidi e per metà chiusi.

"Sei un traditore."

"E tu sei malato. E tutto è lecito."

Gliele sistema per bene, attorno alla vita, fino al petto.

"E basta lamentarti, o te ne darò un altro po'!"

Finto duro, perché Al non era capace di cattiverie.

Solo qualche astuzia per piegare sul fratello al volere della medicina.

Non risponde e si volta dall'altra parte, sbuffando e incrociando le braccia.

"Non lo fai perchè altrimenti te lo sputo tutto in faccia!"

Un silenzio ch’è un falso sollievo.

Sia mai che Edward Elric se ne stia zitto e buono senza commentare.

La schiena di Al flette in avanti, il mento poggiato sulla sua spalla calda, come il resto del corpo, mentre una mano si posa sull'altra, accarezzando il braccio.

"Non lo faresti mai, niisan!" sorrise, socchiudendo gli occhi.

"Questo lo dici tu."

Ancora sbuffa, il cocciuto, ma un leggero piacere lo invade, sentendo le lievi carezze del fratello.

L’altro struscia la guancia sulla sua, sorriso sornione sul volto.

Lo adora anche di più, quando fa così.

Insopportabile e amabile al contempo.

"Niisan dai... - gli cinge le spalle con le braccia, iniziando a cullarlo - Posso stare con te? Dai..."

E' troppo debole, il niisan, per poter ribattere e cacciarlo via.

Si limita a sospirare e a girarsi e ad affondare il viso nel suo petto.

"Mh..."

Soddisfatto, gli bacia la fronte, accarezzandogli i capelli.

"Posso entrare nel letto?" chiede poi, poggiando le labbra sulla sua guanciotta calda.

"Uhm..."

Uno sbotto contrariato che sarebbe, circa, una risposta positiva.

"Fai come ti pare."

E, felice, scioglie l'abbraccio per farsi spazio tra le coperte.

"... come stai?" dice poi, mentre un braccio va sotto la sua schiena, e l'altro gli accarezza la guancia.

"Male, quello schifo mi bucherà lo stomaco."

Ma un poco, giusto un poco, si crogiola nelle coccole ancor più sentite dal solito dal corpo sensibilizzato dalla malattia.

"Dai... - allunga il collo, sfiorando appena la guancia - Ti farà bene!"

Sorrise, sbuffando un poco su quella pelle calda.

Sperava che la sua presenza servisse a farlo stare meglio.

Aiutato dalla medicina, ovvio.

"Uhm..."

Si stringe al fratellino, circondandogli la schiena con le braccia, la testa sotto il suo mento.

"Lo dici tu..."

"Lo vedrai da te..."

Le dita scendono al mento, a solleticarlo come fosse un gatto.

"Domani avrai di che ringraziarmi..."

"Uhm... non credo..."

I grattini.

Un suo cavolo di punto debole che solo Al conosce.

E sa bene come sfruttare.

"Mh..."

Una risata infrange il silenzio, dolce, cristallina.

Lo aveva scoperto per caso. Perché lui si lamentava di stare sempre coi gatti, sempre coi gatti! E lui per giocare gli aveva piazzato le dita sotto il mento e aveva cominciato a toccarlo.

Ed Edward era decisamente andato.

"Io dico di si, niisan..." aggiunge, stringendosi di più.

"No..."

Dio, è andato in brodo di giuggiole.

E' un continuo mormorio e brividi lungo la schiena.

"E ho ragione io..."

E ogni cosa è amplificata dalla febbre.

"Si, niisan..."

Un bacio tra i capelli dorati.

"Tranne quando fai il bambino."

E gratta, gratta, gratta, fino a far diventare quel mugugnare qualcosa di simile a delle fusa.

Dio, quant'era adorabile.

"Mmh..."

Ed si stringe ancor di più al fratellino, la presa alla schiena che si fa più possessiva.

E la testa che si struscia sotto il mento di Al.

"Io non faccio mai il bambino..."

"Anche adesso stai facendo il bambino, niisan!"

Un altro bacio sulla fronte, l'ennesimo della giornata.

Che non era neanche finita.

Sorride, sentendo la stretta farsi più forte. Se fino a pochi minuti prima, fuori dalle coperte, il gelo dell'inverno gli penetrava le ossa, ora sì, sta decisamente meglio.

"O il gatto, vedi tu!"

"Aah, ma quale gatto?! Non sono nessuno dei due!"

Del bambino ha il comportamento.

Del gatto le fusa - poco ci manca che si metta a miagolare.

Ma mai ammetterlo.

Testardo.

"Ahah..."

D'altronde, se non lo fosse, non sarebbe Ed.

Non sarebbe stato quel così tenero, adorabile cocciuto che aveva avuto al suo fianco fin dalla nascita.

"Ne sei sicuro? Dovresti guardarti..." mormora, sorridendogli.

Ed lo guarda negli occhi, sbuffando contrariato.

Si sente trattato in modo molto infantile.

"Perchè, cos'ho?"

Anche se si stringe di più, in cerca del calore di Al. Quel calore tutto particolare che non può essere ritrovato in nessun altro essere umano.

Gli gratta di nuovo il mento, sentendolo di nuovo cedere.

Rantola proprio come un gatto.

"Fai le fusa. Sei un gatto!"

Ed strizza gli occhi, ancora mugolando.

"Non sto facendo le fusa! Smettila!"

Sta cercando di negare il Sole, in quanto la schiena è leggermente tremula e l'espressione di piacere sul volto è tutto fuorché nascosta.

"E allora, spiegami, cosa stai facendo?"

S'inganna con la sua stessa voce, il fratellone. Con quella voce rauca un po' per la malattia, un po' per quelle coccole feline.

E il viso un po' rosso per il febbrone e un po' per il piacere.

"Ma che ne so, è il mio corpo, io non c'entro."

"Te lo dico io, niisan, stai facendo le fusa! - bacino sulla guancia - Fidati, sono un esperto!"

"Non sto facendo nien..."

Le dita di Al riprendono a solleticargli il mento, con evidente divertimento del minore.

"Aaawww..."

E riparte per la tangente.

Tanto da cominciare addirittura a strusciarsi, proprio come un micio.

"Niente?"

Lo guarda in faccia, vedendo un'espressione mista di piacere e disappunto in quei due pozzi d'oro.

Si ferma un attimo, e anche quel tenero rumore sfuma.

"Niente.", ripete Al. E riprendere a muovere le dita, e riprende anche quel mugolare.

Gli mancano le orecchie e la coda, ed il suo fratellone sarebbe diventato un adorabile gatto.

"Nienteeee..."

Si stringe nelle spalle per i brividi, mentre la mano di Al vaga dietro l'orecchio.

"Mmmmmmmhaaaah..."

Si stringe ancor di più, muovendo la testa sul petto del fratello ripetutamente.

Al ama quel calore che gli pervade il petto in quel momento, così caldo e soffice.

Sente l'antenna di Ed solleticargli il mento, e si lascia scappare un'altra risata.

"Gatto, gatto!" ripete più volte, quasi come un bambino che dice una parola nuova per la prima volta.

"Piantala Aaaaal!"

Protesta quasi come se gli desse del tappo.

Ma quando gli si da del tappo non ha quell'espressione terribilmente carina in volto, né struscia il corpo su quello del fratello, oramai dipendente dalle sue coccole.

"Mh..."

"Sei sicuro?"

Ferma le dita, accarezzandogli il collo e poggiando poi la mano sulla sua spalla.

Ama fare domande come quella. Perché nella sua risposta irritata vede tutta la voglia che ha di continuare a ricevere quelle attenzioni.

Anche se lo fanno sembrare un felino!

"Smetti di dire che sono una palla di pelo..."

Sbuffa, con il labbro inferiore leggermente di fuori, mentre sempre di più affonda nel petto del fratello.

Già normalmente, per lui le coccole di Alphonse sono qualcosa d'indispensabile e sempre più apprezzate - e sempre più volute, soprattutto ora che ha di nuovo il suo corpo umano.

E ora, che volesse o no ammetterlo, che non sta decisamente bene, non avrebbe più voluto staccarsi da lui.

"Meow..."

Al gli fa il verso, sapendo che non avrà mai risposta.

Non caldamente positiva, almeno.

La mano che posa sul collo scivola dietro la nuca, massaggiandogliela, con calma, con dolcezza.

Che bella sensazione.

"Si sta veramente bene, qui..."

Tra il calduccio delle coperte e quello della pelle di Al.

Che in risposta muove il viso, strofinandolo sui capelli morbidi.

"Già..." riesce solo a rispondere, socchiudendo per un attimo gli occhi e stringendo più a sé il fratello.

E’ il tepore mancato per anni. E’ la cosa che più gli è mancata quando l'armatura lo costringeva ad annullare i cinque sensi.

Sentire calore, bearsi del piacevole tepore di un abbraccio.

"Al..."

Una sillaba sonnacchiosa, pronunciata con le labbra contro la stoffa della camicia.

"Ho fameee..."

"Vuoi del latte?"

Non ci ha pensato. Nel senso, Dio, sembra così tanto un gatto che quelle parole sono spontanee.

Ci pensa dopo, all'errore che ha commesso, e prendendo fiato rimedia.

"Scherzavo!!"

Ed, con le poche forze che ha, gli rifila un pizzicotto alla schiena, troppo debole per sbraitare.

"Fai tu..."

Al mugugna un poco, divertito dalla sua reazione.

Fortuna per lui che è malato!

"D'accordo... vado e torno!"

Porta le gambe fuori dal letto, il freddo del pavimento che gli penetra nei piedi.

"Okayyy..."

Solo, si rigira nel letto, avvolgendosi di nuovo nel nido del piumone scuro.

Spera solo che Al faccia presto. Sta letteralmente morendo.

Dalla cucina giungono alle sue orecchie rumori di stoviglie e la voce del fratellino che canticchia qualcosa di incomprensibile. Probabilmente note mugugnate alla rinfusa.

"Niisan - sente poi, nitido - Ti va un panino?"

O vuole far veloce, o qua c'é qualcuno che ha dimenticato di fare la spesa...

"Non c'é null'altro!"

Infatti.

"Va bene tutto, Al... basta che mi metti qualcosa in bocca, muoioooooh...", rantola Ed da camera sua, metà della voce che rimbalza sulla coperta.

"D'accordo, d'accordo!" ridacchia, per poi tornare in camera pochi minuti dopo, un bel panino imbottito in una mano e succo d'arancia nell'altro.

Si infila di nuovo sotto le coperte, facendo attenzione a non sporcare in giro con briciole o bibite, e da il nutrimento al suo gatto.

"Tieni!"

E il micino, orecchie abbassate e coda fra le gambe per il febbrone, guarda il fratellino, l'adorato padrone.

"Non ho la forza... m'imbocchi tuuu?"

"Aaah, niisan!!"

Gli spinge la testa un poco indietro, premendo l'indice sul suo naso arrossato dal raffreddore, poi agita il panino davanti alla sua bocca, dopo aver accuratamente poggiato il bicchiere pieno sul comodino.

"Fai aaahm..."

Senza fare il verso, Ed apre la bocca, e con un morso ne fa fuori mezzo.

"Grazie..."

Ha tutto il viso sporco di briciole, ma sembra un po' più felice di prima. Forse perchè finalmente riempe lo stomaco dopo ore.

Al non risponde, se non con un tenero sorriso, continuando a reggere il panino.

"Potevi dirmelo prima che stavi morendo di fame, sarei uscito a comprar qualcosa!"

Tutto per lui, anche uscire di casa con una bufera in corso!

"E' uguale...", risponde l'altro, sputacchiando briciole ovunque.

Ne addenta l'altra metà, arrivando a lasciare il segno dei denti sulle dita del povero fratellino.

"Ouch! - sbotta, strizzando un occhio - Non mangiare anche me! Se vuoi te ne faccio un altro!"

E l'altra mano passa sul suo viso, a pulirlo da quel poco di pane sulla sua bocca.

"Perchè no? Hai un buon sapore..."

La febbre gli fa un gran male, se lo porta a pronunciare cose che neppure sotto tortura avrebbe fatto uscire dalla sua bocca.

Al, d'altro canto, sente le guance riscaldarsi.

... che anche a lui si stia alzando la temperatura?

"Aw, smettila!" ride poi, dandogli una pacca sulla testa.

No, è il lieve imbarazzo per sentire certo cose provenire dalla sua bocca.

"Oh, è vero, cos'hai da dire su?"

Ed sbuffa, richiedendo poi da bere.

Che ha detto di così strano?

E' la pura verità.

"Ma no, niente..."

Si porge verso il comò, prendendo saldamente il bicchiere per portarlo vicino alla sua bocca.

"E' che non... ci sono abituato, ecco!"

E avvicina il vetro alla sua bocca, le labbra di Edward dischiuse ad attendere la bevanda.

Poi ad accoglierla, la gola felice del sollievo.

"Uhm, capisco..."

Con una mossa veloce, lo prende per il polso e lo trascina giù, di nuovo a letto. Ghigna.

"Qui, a farmi compagnia..."

E ancora a strusciare il mento.

"Sto qua, niisan!"

Avvicina la mano al mento, muovendo il pollice sul mento, le briciole rimaste che cadevano sulle lenzuola.

"Rimango qua..."

E finalmente torna a bearsi di quel piacevole tepore.

"Uhm... per sempre, niichan?"

Domanda che gli esce spontanea dalla gola e s'infrange nell'aria tiepida. Parole pronunciate senza esser soppesate e pensate. Ma dettate da una paura naturale, acuita dalla febbre.

L’altro lo guarda, sbattendo un attimo le ciglia, colto alla sprovvista dalla domanda.

Ma il fatto che Ed non avesse mai dato a vedere determinate cose, non necessariamente significava che non ci pensasse.

Pensando poi che avevano vissuto per anni in bilico tra promesse e paure...

Beh, è lecito, alla fine, che sia così.

"Sì. - fa, cingendogli le spalle - Per sempre, niisan."

"Sicuro?"

Lo abbraccia, fortissimo, come se fra un po' il suo corpo di sangue e carne dovesse scomparire.

Un abbraccio carico di tutte le ansie che la sanità del fisico non può far emergere.

E il più piccolo percepisce quelle paure solo dal suo tocco, dal suo sguardo basso, dal suo fare domande inusuali.

Lo stringe più forte a sé, le labbra poggiate sulla spalla, le braccia che si muovono a cullarlo.

"Al cento per cento."

Volta il viso, e stampa un bacio sulla guancia calda di lui.

"Non te ne andrai mai?"

Quasi non ne avesse mai abbastanza di quelle promesse e di quei giuramenti e di quelle risposte pronte e solide nella loro sicurezza.

"Mai?"

"Mai."

Un altro bacio. Stavolta sulle labbra.

"Mai - un altro - mai - ancora - mai." di nuovo.

Vive con lui, vive grazie a lui, vive per lui. Mai si sarebbe neanche sognato di allontanarsi dalla sua ragione di vita.

"Mh..."

Affonda ancor di più il volto nel petto di Al.

C'è un'insicurezza di fondo, quel vuoto incolmabile.

E le parole sembrano non bastare mai.

"Giuramelo. Su ciò che hai di più caro."

Lo stringe, forte, continuando a cullarlo, facendogli sentire tutto il suo calore.

"Lo giuro su di me."

Un respiro.

"Perché se mi succedesse qualcosa, tu ne soffriresti, vero niisan? E io non voglio che tu soffra. Quindi non mi accadrà mai nulla. E io sarò sempre con te. Sempre, sempre, sempre."

"Mh..."

E le parole rimangono nelle orecchie, sull'orlo del bicchiere della sua ansia liquida e palpabile - bicchiere uso a traboccare con la goccia della malattia che lo rende fragile.

"Mi ami, Al?"

Solita domanda da persona paurosa.

"Sì, niisan."

Non sa cosa sia l'esitazione, Al. Perché il suo cuore, il suo animo, il suo cervello, sono tutti guidati da quel piacevole tepore che sente ogni volta che sta con lui. Poco importa il quando, il dove o il come.

Cerca la sua mano, incrociando le dita con le sue, per poi stringere, dolce, presente, protettivo.

"Ti amo... - sussurro di zucchero - e non me ne stancherò mai."

"Mh..."

Gli vien quasi da chiedergli s'è davvero così, se ci crede davvero.

Non tanto per l'insicurezza nei confronti dell'amore del fratello.

Ma perchè ha tanta paura che sia tutto un sogno di carta, così fragile da mandare a fuoco.

"Ti amo, - ripete, con ancora più convinzione, vedendo nei suoi occhi la fragilità del momento - ti amo, e non ti libererai mai di me. Io non me ne andrò mai da te."

La mano scivola sui suoi capelli, lenta, a tranquillizzarlo.

"Sei la mia casa. Non ti lascerò mai."

L'espressione dolorante s'infrange in un mezzo sorriso a fior di labbra. Neppure tanto convinto.

"Ti amo anch'io..."

Ed è una costruzione di vetro. Soffia, soffia, e cade, morendo, se non la si tiene con cura.

Poggia la guancia contro la sua, strusciando un poco.

"Ridillo, niisan..."

Era la fonte da cui attingeva la vita. Era l'unica forza che serviva per andare avanti.

Ed lo bacia, lo bacia fortissimo, quasi fosse l'ultimo bacio dato ad un soldato che parte per il fronte.

Della nostalgia, dell'abbandono, dell'addio - sembra un toccar di labbra che porta tutti questi sapori, questi odori, questi sentori.

"Non ce n’è bisogno."

E lo fissa negli occhi. E gli bacia il naso. E si stringe ancor di più.

(Nel mezzo starnutisce, ma è cosa di poco conto.)

Il più giovane sente il suo calore irradiarsi fino al cuore, e deglutisce, emozionato, quasi fosse stata la prima volta, quasi come se fosse tornato indietro.

E riesce a percepire la paura del fratello, che per quanto infondata sia, non fa altro che smuovere in lui una tenerezza quasi fuori dal normale.

"Sì... hai ragione..." gli sussurra all'orecchio, affondando poi il viso nell'incavo della spalla.

"Io ho sempre ragione, sai Al?"

Ghigna e, per quel che la febbre gli permette, è il solito Edward Elric.

Struscia il viso sotto il mento del fratello, tentando di prendere tutto il calore umano che quel piccoletto riesce a produrre. Che basta per lui, per entrambi.

"So anche questo, niisan..." risponde ancora, beo di quelle sensazioni che solo lui, solo ed esclusivamente lui riesce a dargli.

Muove le mani sulle sue braccia, contro la morbidezza del pigiama, dandogli ogni briciola del suo calore.

Perché di quello voleva farlo vivere, fino alla dipendenza.

"Mh..."

Lo bacia in fronte, veloce.

"Sai che mi sono rotto di stare a letto? Comincio a non sentirmi più nulla..."

"Aaw, niisan, non voglio che prendi freddo..."

In cambio lo guarda negli occhi lucidi, sentendo l'indole paterna bussare ancora alla sua porta.

"Naah, non prendo freddo..."

Ed si scioglie dall'abbraccio, mettendo piede per terra e calzando le pantofole.

"Se sto in casa..."

Si volta e guarda Al malignamente.

"Ma non sto in casaaaaa!!"

E fugge, fuori, buttandosi nella neve.

Le parole del suo niichan lo hanno talmente rincuorato che si sente rinato. Totalmente.

Al rimane un attimo imbambolato, mentre la porta d'ingresso rimbalza ripetutamente sulla serratura, senza mai chiudersi.

E quando realizza che la voce felice veniva NON dalla casa, ma DAL giardino, lancia un urlo disperato.

"NIISAN TORNA SUBITO QUI!!"

  
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