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Autore: _Haynes    12/12/2012    3 recensioni
(Qui si parla di persone normali che finiscono catapultate su Hetalia, sì… ma cosa potrebbe succedere se si conta che la povera Elena, protagonista della storia, è timida fin nel midollo e non sa perché è finita in quel mondo?
Se poi contiamo anche che cascò dal cielo, in braccio a Feliciano, il suo arrivo di certo non può non farsi notare.
Difficile a dirsi, la ragazza nel corso della storia dovrà trovare un modo per ritornare alla sua dimensione spazio-temporale, ma intanto… conosciamo il mondo, no?
______________
Indovinato, la protagonista sono io e sì, sono un’inguaribile timida =w=.)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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I - Il giorno in cui incontrai il mio rappresentante

 

« Elena »

Appello, sebbene l’autrice abbia nascosto il suo cognome ai lettori della sua storia, sappiate che in quel preciso momento l’interpellata era proprio lei.

Alzò la mano, non pronunciando parola e fissando il professore che insegnava Decorazione pittorica, il quale stava appunto facendo l’appello, dato che la prima ora spettava a lui.

« Elena c’è a scuola? »

Alzò ancora di più la mano, quasi ai limiti del possibile, tuttavia non pronunciava parola… non apriva proprio bocca, sembrava cucita con del filo invisibile. E quella non era l’unica situazione in cui sembrava aver la bocca seriamente cucita.

In verità in tutte sembrava averla ridotta in quel modo, o comunque pareva essere priva del dono della parola, considerando che parlava solo nei momenti di massima importanza.

E se l’appello per Elena non era importante, contate un po’ voi quante volte quella liceale utilizzava la parola.

« Assente »

Ok, calma. Tanto succedeva spesso che la dessero per assente nonostante la quattordicenne si fosse sbracciata per provare il contrario, di parlare inoltre non vi era ragione. Fu solo grazie a delle sue compagne di classe che la indicarono, manco fosse un fantasma, e chiamando il prof che fu messa come “Presente” nel registro.

… E quello era solo l’inizio delle sue disavventure in una giornata che doveva essere normale.

 

[Mondo reale - Ore 14:00 – Fine della sesta ora.]

La ragazza fu una delle ultime a uscire dalla classe, mentre poco dopo si dirigeva verso il suo armadietto per rimettere al loro posto il libro di disegno geometrico e quello di grammatica.

Indossava già il cappotto, il quale le arrivava circa sulle ginocchia, il tutto era accompagnato dalla sciarpa. Sì, manco stesse facendo un brutto- ma più che brutto proprio obbrobrioso- cosplay di Russia.

Arrivata dinanzi al suo armadietto, numero trentuno, mise la sua cartella davanti ad esso, mentre estraeva le chiavi dalla tasca e –non si sapeva bene come- apriva l’unica sua speranza di alleggerire fino a quasi svuotare interamente il suo zaino.

Fece ciò che si era detto prima, mentre poco dopo richiuse l’armadietto e ripose la chiave al suo posto, mentre con la coda dell’occhio seguì una coppia di ragazze che stavano conversando.

Beh, quel liceo era per la maggior parte frequentato da ragazze, era ovvio che ci fossero anche delle coppie di amiche che parlavano fra loro, era la cosa più normale del mondo.

Peccato che lei non avrebbe parlato a “tu per tu” in quel mondo, a dirla tutta non avrebbe proprio parlato con nessuno nel reale, e la colpa la poteva addossare solo ad un dettaglio, il quale veniva odiato con tutto il cuore dalla liceale.

“Vorrei avere un tono di voce più alto.”

Un flebile pensiero, difatti l’italiana–nei rari casi in cui parlava- manco la si sentiva. Si alzò, visto che il suo armadietto era uno di quelli in basso, accompagnando a tale gesto quello di mettersi la cartella, sbadatamente lasciata aperta, sulle spalle. Sì, e quel desiderio fu la causa di parecchie disavventure.

A pochi secondi di distanza da esso le apparve il buio… tutto il paesaggio attorno a lei pareva essere stato un bellissimo disegno che ora aveva visto rovesciarsi contro una boccetta d’inchiostro piena fino all'orlo. Sembrava non avere limiti. Anzi, era senza limiti.

Alla castana sembrò di cadere, sebbene fosse in piedi su un pavimento di un liceo.

Perché era ancora nella sua scuola, vero?

Precipitò, o almeno così sembro a lei. Tutto ciò le dava l’idea di Alice nel paese delle meraviglie, la cosa buffa è che non sapeva se farsi piacere o meno il fatto che lei impersonasse decisamente la protagonista, sebbene quel quesito fosse accavallato a un altro: quale bianconiglio aveva mai seguito?

Non che le importasse chi ricopriva quel ruolo, a dirla tutta non le importava nemmeno la somiglianza con quel racconto in tutto ciò che stava succedendo.

Quello di cui si preoccupava seriamente era di dove sarebbe sbucata fuori dopo la caduta, nemmeno troppo dolce, che avrebbe dovuto subire senza il minimo preavviso.

Provò a guardare in basso, notando solo ora che il cappotto nero era svanito lasciando il suo posto ad una divisa militare azzurra.

Non la riconobbe come essa sin da subito, semplicemente si preoccupò per la lunghezza dei pantaloncini, che fortunatamente non erano poi tanto corti quanto le sembravano in un primo momento, sebbene non superassero il ginocchio.

A coprire esso vi erano comunque delle calze nere, mentre al posto dello zaino… aveva qualcos'altro, sebbene dovesse ancora capire cosa nello specifico era ovvio che, visto che erano cambiati i vestiti, anche tutto ciò che aveva inconsciamente portato era mutato.

Oltre al cambio di vestiti notò in quel nero apparentemente infinito finalmente spiccare un barlume azzurro cielo che, mano a mano che s'avvicina cadendo, esso s'ingrandiva sempre di più.

Mentre più pareva diventare grande, più la velocità di caduta aumentava.

La quattordicenne chiuse gli occhi, no, non riusciva ad immaginarsi cosa le sarebbe capitato dopo quel brutto viaggio.

 

[Axis powers: Hetalia! – Ore 14:00 – Punto imprecisato della Germania.]

« Italia! Invece di perdere tempo va ad allenarti! »

Tuonò il biondo tedesco, mentre osservava impassibile un italiano che rivolgeva il suo sguardo ad un punto visibile solo a lui del cielo diurno, cercando di non incrociarlo con i raggi accecanti del sole, i quali li avrebbero dato non poco fastidio.

Si alzò poco dopo, facendo credere al compagno che fosse pronto per gli allenamenti, peccato che invece iniziò solo a… perdere tempo in piedi, ora pure esprimendo il proprio parere sul fatto che preferisse corteggiare belle ragazze a quelle sessioni in cui non si faceva altro che correre e sudare.

Sì, il Nord Italia era un donnaiolo, e avrebbe preferito quello all'allenamento, mentre esso era solo secondo ad un buono piatto di pasta… magari, nello specifico, di un buon piatto di spaghetti al sugo.

Nemmeno il tempo a Germania di urlare contro quello che Feliciano aveva detto, ecco cadente dal cielo una ragazzina dai capelli castani, la divisa per molti versi simile a quella dell’italiano del nord, bandiera bianca di medie dimensioni ancora arrotolata su se stessa legata dietro la schiena… e quando fu tra le braccia dell’italiano si poté notare anche il tipico ciuffo dei Vargas.

Che, tuttavia, Elena non aveva minimamente notato fin d’allora…. No, un attimo: che ci faceva quel ciuffo?!

Guardò colui che l’aveva salvata dallo schianto contro il suolo, alzò gli occhi per vederlo in volto: Ed ecco apparirgli un Feliciano tutto sorridente, nonostante facesse abbastanza fatica a tenerla in braccio, davanti a lei.

Dal canto di quest’ultima, la situazione era mille volte più drammatica. Lei, tra le braccia del suo rappresentante, mentre questo sfoggiava il suo solito sorriso.

Però era impossibile che si trovasse davanti Feliciano, era un personaggio che apparteneva ad Hetalia, ovvero un Anime/Manga, perciò logica voleva che la ragazza deducesse fosse tutto uno strano sogno.

Più strano di quella volta che sognò Lovino e Antonio in versione pizzaioli, ma su questo non ci soffermeremo.

Feliciano, notandola completamente rossa in volto, decise di rimetterla coi piedi per terra. La castana guardò tutto ciò che era possibile da quella posizione e da quell'altezza, mentre solo ora avvistava Ludwig, rappresentante della Germania.

Fece, senza rendersene minimamente conto, un passo indietro, mentre persino nella sua mente non sapeva dire una frase dal senso compiuto, per quanto fosse strana quella situazione.

« Italia, è una tua parente? »

Chiese il tedesco, mentre Veneziano diceva, col linguaggio del corpo, un semplice “non so“.

Infine, questi si avvicinò alla quattordicenne, intanto dire che questa fosse spaventata a morte era un eufemismo.

« Ve~ Cosa rappresenti? Perché sei caduta dal cielo? »

Tutte domande che all'italiano potevano sembrare di facile risposta, mentre il tedesco rimaneva poco distante ad osservare il duo d’italiani. No, più che altro non voleva essere al corrente di chi era, voleva semplicemente sapere se avrebbe dovuto allenare anche lei insegnandole le tecniche di combattimento.

La castana già dalla prima domanda si trovò del tutto spaesata, non sapendo minimamente come rispondere.

Lei non era decisamente una nazione, lei era una normale italiana finita chissà come su Hetalia, altro non sapeva. Aveva paura della reazione -più dell'italiano, del tedesco- se gli avesse detto che non era una nazione, ma allo stesso tempo non le riusciva facile mentire. Per lei era praticamente impossibile, in quella circostanza e in altre, farlo.

Così si limitò a scuotere la testa, mentre trovava il coraggio di rispondere alla domanda posta dal suo rappresentante.

« N-non sono… una nazione. »

Il viso più rosso di prima, mentre ora si pentiva amaramente di ciò che aveva detto. Guardò i suoi nuovi stivali della divisa, avrebbe evitato volentieri di scorgere anche solo lontanamente le espressioni delle due nazioni, solo lei sapeva il motivo.

  
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