Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: Directioner99    12/12/2012    0 recensioni
*-gelosa la ragazza eh! Entro Natale cadrai ai miei piedi mi ci gioco quello che vuoi!
-va bene! Giochiamocela!*
classico ormai, la ragazza che si trasferisce e il ragazzo figo con le sembianze di Bieber. Ma non sarà una classica storia del vero amore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai. Un forte dolore alle tempie mi distruggeva e quell’aggeggio infernale, chiamasi sveglia, trillava. Erano le 6, di mattina ovviamente, mi sentivo frastornata come se la sera prima di accasciarmi nel letto mi fossi sfondata di canne e alcool, ma non era così, semplicemente ero distrutta, fisicamente, psicologicamente e mentalmente; il motivo era semplice, anzi semplicissimo, fine di quella estate mi ero dovuta trasferire in America, so già che state pensando: L’AMERICAAAAA E TI LAMENTI, FACCIAMO A CAMBIO, ODDIO QUESTA E’ PAZZA!; ma per me era una tortura,trasferirsi al terzo anno di liceo non era ciò che mi ero programmata per i miglioria anni della mia vita, no di certo, mi ero fatta una reputazione, tutti mi conoscevano e m consideravano, certo, c’era anche gente che non mi sopportava ma non ci avevo dato mai tanto peso. Mi sollevai la mascherina dagli occhi, che non era più grigia ma color fondo tinta per la mia dote innaturale del non struccarmi la faccia, inizia ad alzarla lentamente sperando di vedere la mia vecchia cameretta da nonna, con i muri dipinti di celeste, tutte le doto degli anni passati sui muri, la scrivania in legno di mia madre che sarebbe crollata a momenti, l’armadio affianco al letto con quelle ante che si bloccavano ogni tre secondi, e non quel casone, certo avevo la camera perfetta ma non la sopportavo, come diceva, anzi dice, sempre mia madre, desideri tanto una cosa, poi quando la hai non la vuoi più; mi duole dirlo ma, si aveva proprio ragione. Appoggiai la mascherina da notte sul comodino vicino al letto e infilai i piedi nelle ciabattine rosa fluo pelose, almeno non mi avevano levato quelle, accesi la luce, i muri dipinti di bianco mi stordirono quasi, erano così vuoti, col passare dei giorni li avrei potuti riempire, si spera, mi trascinai con tutte le forze che avevo fino al bagno della mia camera, si avevo anche il bagno in camera, ma preferivo quello di prima, in comune con mia madre e mia sorella, con l’acqua calda che usciva per miracolo, quando usciva, e tutti i capelli attaccati alle spazzole che mai avrei staccato in vita mia, accesi la luce anche lì e girai la manopola della doccia che si trovava sull’angolo del bagno, mi spogliai e mi infilai sotto quel getto d’acqua calda che bagnò i miei capelli biondo cenere, con qualche meches più scura naturale fatta dal mare; non avevo un corpo da sedicenne matura una seconda abbondante di seno, un fisico normale, e qualche centimetro in meno rispetto a ciò che mi aspettavo ma non importava, ciò che la mia amica Veronica di Roma mi ripeteva sempre era che le donne basse conquisteranno il mondo quindi andava bene così. Mi avvolsi nell’asciugamano fucsia che s’intonava al rosa delle pareti che profumavano ancora di vernice,  e mi infilai le ciabattine da mare che erano sempre vicino ala doccia, mi avvicinai al lavandino e mi guardai allo specchio, alla fine non ero niente male, con occhi semplici marroni che lasciavano trasparire sempre ciò che provavo e per quanto potevo essere forte caratterialmente loro non aiutavano, bastava poco per farmi piangere, e io odio piangere, è come una battaglia persa per me quando le lacrime mi bagnano il viso e per questo spesso mi tengo tutto dentro, per non piangere, sotto in mezzo agli occhi un nasino, anzi nasone, abbastanza importante, ma non mi toccava più di tanto, bocca fina con delle labbra carnose ma contenute, avevo quelle poche lentiggini che comparivano col sole sotto gli occhi: aprii il mobiletto vicino allo specchio attaccato a parete e presi la crema idratante per mani e viso, i problemi della pelle sensibile, e mi spalmai quell’impasto bianco  che odorava di limone. Tornai in camera e presi la biancheria pulita dopo di che scelsi i vestiti da indossare, il clima fuori non era caldo ma nemmeno freddo, d’altronde erano i primi di settembre non c’era molto da aspettarsi a New York, optai per un jeans di vari tono di jeans, una canottiera bianca con una croce floreale sui toni del rosso e del panna, poi abbinai un giacchetto di jeans, delle converse basse rosse e la borsetta Chanel rossa, abbastanza piccola ma non avevo molto da portare: telefono, penna , portafoglio e quadernino, l’ammetto amo le marche, sono una fanatica, poi misi la sciarpa Burberry e vari accessori,
stile.PNGspalancai le tende e ammirai New York dall’alto, era splendida dal quindicesimo piano, che per New York non era nemmeno troppo alto, si vedevano già le prime persone che correvano agitate per strada, con la solita fretta newyorkese; distolsi lo sguardo da quella splendida città e mi truccai, fondotinta, eyeliner, mascara e matitone per le labbra di un rosso non troppo acceso, fissante e voilà. Tornai in bagno per asciugarmi i capelli lunghi fin sotto il seno, li lasciai al naturale, leggermente mossi e con la frangia che viaggiava per conto suo, la parte che adoravo di me erano solo ed esclusivamente i miei capelli, una spruzzata di profumo “Gucci Guilty” e spalancai la porta di camera trovando mia sorella di 18 anni intenta a bussare per rubarmi qualcosa, la lasciai entrare ma i vantaggi della cabina armadio erano proprio quelli avere la chiave e lì tenevo gioielli, borse e tutto il resto quindi non correvo pericoli, per fortuna sarebbe andata in un collegge e addio cara Marta. Scendendo le scale incontrai mio fratello, Gian Marco di 13 anni che doveva affrontare il primo liceo essendo un anno avanti, che mi canzonò come al solito
-oggi sei più brutta del solito.
-tu vedo sempre simpatico.
Mi fece una pernacchia e si dileguò tornandosene in camera sua, sfilai l’iPhone da tasca, le 7.30 , a scuola si entrava alle 8 non avevo rischio di fare ritardo, mia madre era in cucina che preparava la colazione a mio padre che assonnato stava controllando le mail sul blackberry, salutai entrambi con un bacio sulla guancia e bevvi un sorso di spremuta d’arancia, poi risalii mi lavai i denti, prestai attenzione all’aver preso tutto e con un po’ di malinconia sul volto m’incamminai per la strada, decisi di non prendere la macchinetta era una bella giornata e non mi andava di bloccarmi nel traffico di città. 


BUUUUUUONASERA GENTE! C:
allora, sono consapevole quanto il capitolo possa essere insignificante, ma è fatto per farvi capire il personaggio, e come scrivo più cose varie. Spero che la storia vi intrighi :3
un saluto a todooooss! <3

 
  
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