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Autore: Always Sil    12/12/2012    9 recensioni
[Gale / Katniss- Post Mockingjay]
Dalla finestra aperta sento uno pezzo di conversazione
« un vero soldato veterano della ribellione è venuto a scuola a parlarci, è stato interessante » dice la piccola «Sul serio?» risponde Katniss.
La sua voce è piena d’amore e tenerezza.
«mamma, conoscevi un soldato di nome Gale Hawthorne?» chiede Violet.
Silenzio.
Silenzio è quello che proviene da dentro casa, che proviene anche dentro di me.
è come se il mio cuore si fosse fermato, l’aria, il tempo fossero congelati.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come un fulmine a ciel sereno.

 Una bambina dai lunghi capelli biondi raccolti in due trecce corre davanti ai miei occhi, la gonna rosa le sfiora le ginocchia magre, stropicciandosi ad ogni suo movimento.
Si ferma al centro del prato, incantata alla vista di un fiore rosso, che spicca tra tutti quei fiori bianchi e gialli.
Lentamente si inchina e, con le piccole mani magre, lo raccoglie.
La sua attenzione però, come del resto la mia, viene catturata da qualcosa che cade dal cielo, non riesco a vederlo bene, ma sembra un paracadute
Mi accorgo troppo tardi che cos’è quel paracadute, me ne accorgo nel momento in cui la bambina si gira, guardandomi con quegli occhi azzurri pieni di vita.
Prim mi sorride, io apro bocca per avvertirla e in quel momento il paracadute esplode.
Grido, ma il mio grido si sovrappone a quello di una giovane donna.
Non la posso vedere, i miei occhi sono puntati sul fuoco che divampa nel prato,  ma la sua voce la riconoscerei ovunque, Katniss.
Il suo urlo continua a pervadermi la mente, mi penetra in testa e  da lì non si muove.
Quando spalanco gli occhi la luce fioca di un timido raggio di sole mi colpisce in pieno viso.
È stato un incubo, sempre lo stesso, che ormai mi perseguita da 15 anni.
Mi guardo intorno, la camera da letto è quasi completamente buia, illuminata da alcuni raggi di sole, le mie gambe sono attorcigliate intorno al lenzuolo bianco, la schiena e la fronte sono imperlate di sudore.
A fatica mi districo dal lenzuolo e scendo dal letto per andare a farmi una doccia.
Anche a distanza di tanti anni non sono ancora abituato ad avere l’acqua corrente calda, quindi mi faccio una bella doccia fredda, stando sotto a lungo, come se volessi lavare via anche le tracce dell’incubo.
10 minuti dopo sono seduto in cucina con una tazza di caffè tra le mani che guardo la posta che mi è arrivata.
Due lettere sono da parte di Johanna, che mi avvisa che tornerà sabato prossimo dal suo distretto.
Sorrido nel vedere la sua calligrafia frettolosa e disordinata.
La terza lettera è da parte del mio capo, il ministro della difesa.
Io sono il suo vice e amministro la giustizia qui nel distretto 2.
Apro la busta e leggo

Gentilissimo sig. Hawthorne ,
Vorrei informarLA che lei è stato incaricato dalla presidente Paylor in persona, per recarsi nelle scuole dei vari distretti per tenere una lezione sulla guerra e su tutti gli sforzi dei soldati.
In allegato troverà i vari orari e le date di partenza.
contiamo su di lei,
il ministro della giustizia.


Mi sudano le mani, non è possibile, io devo recarmi in distretto in distretto per parlare davanti a classi piene di bambini.
Guardo la lista delle date in allegato e il mio cuore manca un battito.
La mia prima tappa è il distretto 12.
***
Appena l’ultima scatola proveniente da Capitol City viene scaricata dal treno, questo riparte rumorosamente, lasciandosi dietro una nube di fumo.
Torno a guardare la vecchia stazione fuligginosa del 12 e, come per accettarmi di non state sognando, mi tiro un pizzicotto.
No, non sto sognando, sono proprio qui, nel mio caro distretto 12.
Il lieve venticello mi scompiglia i capelli e annusando l’aria si percepisce l’ odore di natura e del bosco  che però mi ricorda anche un’altra persona,
Katniss.
L’ultima volta che l’ho vista la stavano portando via, dopo aver svolto il processo.
Ero ancora a Capitol City, nel centro d’addestramento e ho visto Haymitch passare con dietro due guardie e una bambola di pezza tra le braccia, la mia Catnip.
Era irriconoscibile, pallida e fin troppo magra, i capelli tutti arruffati, sul viso una smorfia di dolore, e una parte di me è consapevole che tutto questo dolore gliel’ho causato io.
Se non fossero state le mie bombe ad uccidere Prim, lei non avrebbe mai ucciso la Coin, e forse a quest’ora saremmo ancora sotto un regime peggio di quello di Snow.
Cosa più importante, Prim sarebbe ancora viva e lei sarebbe felice.
Sono così immerso nelle mie riflessioni che non mi accorgo neanche di essere arrivato davanti a casa di mio fratello Rory.
Ha vissuto con mia madre e gli altri fratelli nel due per cinque anni, ma poi ha voluto ritornare nel nostro vecchio distretto.
Per arrivare qui, nella zona che un tempo era il giacimento, ho fatto un giro molto lungo, non volevo passare per il centro, non davanti al villaggio dei vincitori.
Sono un vigliacco, ma non volevo correre il rischio di incontrarla.
« Emm… Gale vuoi entrare o stare sulla porta?» la voce di mio fratello mi riporta alla realtà.
Lo guardo, l’ultima volta che l’ho visto è stato quasi 2 mesi fa.
Siamo molto simili io e lui, alti, fisico muscoloso, capelli corti e scuri.
L’unica differenza sono gli occhi, io occhi grigi acciaio, i suoi prendono una sfumatura di verde, come quelli di nostro padre.
«Mi lasceresti fuori? Permesso» entro in casa, è piccolina, una camera da letto, un soggiorno, un bagno , una cucina e uno sgabuzzino.
«Allora, fratellone, quanto resti qui?» mi domanda, sedendosi sul divano.
«2 giorni, te l’ho detto al telefono, vuoi già sbattermi fuori casa oppure devi invitare qualcuno? » gli rispondo con un sorrisino malizioso.
Borbotta un nessun problema a mezza voce.
La sera ceniamo insieme, parliamo di mamma, di Posy ,di Vick, di Johanna e delle innumerevoli ragazze di Rory.
Alla fine mi addormento sfinito sul divano.
Come al solito, la notte non dormo, l’ incubo su Prim mi perseguita e mi risveglio la mattina tutto sudato.
Appena apro gli occhi sento l’odore del caffè che mi solletica le narici e mio fratello che mi guarda preoccupato.
«è tutto normale» gli dico, lui annuisce e mi passa la tazza.
Passo la mattina con lui aiutandolo in casa, verso le 9.45 esco da casa sua.
Quindici minuti dopo mi ritrovo nella nuova scuola del distretto 12, è molto diversa da quella di un tempo.
Questa, nonostante sia molto semplice, ha qualcosa che ricorda Capitol City.
Arrivo all’aula 34, c’è un insegnante che mi sembra di conoscere, quando si presenta collego tutto: Delly Cartwright.
I bambini rientrano in classe dopo l’intervallo , devono avere circa 9/10 anni.
Ci sono tutti, li guardo uno a uno mentre Delly fa’ l’appello.
In ultima fila, nei banchi da tre c’è un bambino dai capelli scuri e gli occhi verdi, un bambino dai capelli biondi e gli occhi color nocciola e poi una bambina.
Ha la testa china, come se stesse scrivendo, i capelli sono scuri, legati in due trecce che le ricadono fino alle spalle, la bambina alza la testa e la mano mentre Delly esclama «Violet Primrose Mellark» e il mio cuore si ferma.
Non ci sono dubbi, gli occhi azzurri cielo e il cognome Mellark.
I capelli scuri, il viso affilato, il sorriso, lo stesso sorriso che è impresso nella mia mente e il nome Primrose.
È la figlia di Peeta e Katniss, della mia Catnip.
«Katniss» sussurro, ma la bambina mi sente e mi guarda
«Conosci la mia mamma?» mi chiede, nella voce c’è una nota di diffidenza.
« Certo» le rispondo sorridendole e lei annuisce, mentre Delly mi guarda.
Parlo per un ora, cerco di coinvolgere i bambini come meglio posso, evito di parlare di bombe o morti, tutti sono molto attenti e intervengono, specialmente Violet.
Su questo non sembra Katniss, lei era sempre zitta e non interveniva mai.
Sorrido al solo ricordo.
La campanella suona, le lezioni sono finite e ogni bambino può tornare a casa.
«Così Peeta e Katniss hanno una figlia » dico a Delly.
Lei si volta sempre sorridente, anche se nei suoi occhi leggo qualcosa d’altro, tristezza forse.
«A dire il vero, ne hanno due. C’è anche il bambino, ha cinque anni e si chiama Dandelion Mellark » Altro colpo al cuore.
Non dico che non me lo aspettassi, sapevo del loro matrimonio,  ma mi ricordo bene la conversazione il giorno della mietitura, quando mi disse che non voleva figli.
Ora ne ha due.
«Come stanno?»  chiedo a Delly, domanda stupida ma per me è importante
«Perché non glielo chiedo tu stesso?» mi risponde lei, un osservazione giusta direi.
«Non posso» mormoro così a bassa voce che forse lei non mi ha sentito.
«So cos’è successo, e non è stata colpa tua» la sua risposta mi prende alla  sprovvista, alzo lo sguardo verso di lei e la guardo come se stesse scherzando.
Parlo un po’ con Delly, lei mi racconta della sua vita qui, e io le parlo di Johanna e della mia vita nel distretto 2.
«E’ meglio che vada, è stato un piacere rivederti Delly» le dico, e non mento.
Questa volta invece che fare un giro astronomico, passo per il centro del distretto, passeggio per le vie, guardando la gente che sorride, non c’è nessuno che muore di fame, nessun pacificatore in giro, solo persone felici.
Passo davanti al villaggio dei vincitori, vedo il vecchio Haymitch che dà da mangiare ad alcune oche, è invecchiato molto.
La casa affianco è diversa da come me la ricordavo, non ha l’aspetto delle vecchie case dei vincitori, è nuova.
Essendo Maggio molte case hanno le finestre aperte, così come casa Mellark.
So che è casa Mellark perché vedo Peeta, e se c’è Peeta ci sarà anche Katniss.
Mi avvicino alla porta d’ingresso, non so perché ma ho il bisogno di vederla.
Dalla finestra aperta sento uno pezzo di conversazione
«un vero soldato veterano della ribellione è venuto a scuola a parlarci, è stato interessante»  dice la piccola «Sul serio?» risponde Katniss.
La sua voce è piena d’amore e tenerezza.
«mamma,  conoscevi un soldato di nome Gale Hawthorne?»chiede Violet.
Silenzio.
Silenzio è quello che proviene da dentro casa, che proviene anche dentro di me.
è come se il mio cuore si fosse fermato, l’aria, il tempo fossero congelati.
“Mi conosci Katniss? Sono Gale, eravamo migliori amici, prima che si intromettessero gli Hunger Games, prima della guerra, prima della morte di Prim”
«Mamma?» la voce della bimba rompe il silenzio e ogni parte di me ritorna a battere.
«Come..» Katniss si interrompe «Come hai detto?» finisce la frase in un sussurro.
«Ti ho chiesto se conosci un soldato di nome Gale Hawthorne » ripete Violet.
«Io ..» lei non finisce la frase perché viene distratta dal suono del campanello.
Un secondo dopo mi rendo conto di essere stato io a suonare “stupido e ora cosa le dici?” penso, mentre la porta di casa si apre.
Sulla soglia c’è una donna, una bellissima donna, con i capelli scuri legati in una coda alta, gli occhi grigi che mi studiano , freddi.
Il viso rimane impassibile.
Indossa dei pantaloni neri, larghi e una maglia a maniche corte arancione e gialla, che mette in evidenza il suo fisico snello.
«E’ lui il soldato mamma» dice Violet, guardandomi con un sorriso.
Le sorrido di rimando.
«Chi è che ha suo.. » Peeta ci raggiunge e la sua voce si spegne appena mi vede.
Sulle spalle c’è un bambino di circa cinque anni.
Ha i capelli biondi e la faccia sporca di farina, mentre mi scruta con due occhi grigio perla.
«Gale» mi saluta Mellark, il suo tono è diffidente, ricambio il saluto.
Dovrei dire qualcosa, spiegare il perché ho deciso di venire a trovarla, ma le parole mi muoiono in gola.
«Violet tesoro, vieni con papà e mi aiuti a preparare il pranzo?» Peeta si rivolge alla figlioletta che annuisce contenta, poi sposta lo sguardo su Katniss
«Kat, il pranzo sarà pronto tra un ora, se vuoi puoi..  » lascia la frase in un implicita esortazione, lo guardo mentre la mia Catnip annuisce.
Saluto Mellark con un gesto del capo e seguo Katniss giù dagli scalini e sul vialetto di casa.
Quando imbocca la strada per il centro capisco che non stiamo andando nei boschi, ma ci stiamo avvicinando alla panetteria chiusa per pranzo.
Ci sediamo all’ombra di un grande melo, nel cortile interno della panetteria.
Uno di fronte all’altro.
Da quando ha aperto la porta non ha ancora detto una parola, continua a fissarmi.
«Pensavo di non rivederti più » la sua voce rompe il silenzio.
Abbasso lo sguardo e le parole mi escono fuori, senza controllo.
«Scusami, io non so con che coraggio mi sono presentato alla tua porta, sono uno stupido, sono un codardo, sono scappato, non ti sono stata vicino nei momenti più brutti, non ci sono stato nei momenti più belli della tua vita, avrei voluto farne parte, che razza di migliore amico sono?» mi fermo per un secondo, poi riprendo, parlo come un fiume in piena «Mi sento responsabile della morte di Prim, ogni notte vedo una ragazzina che prende fuoco, non riesco a guardare delle donne dai capelli biondi e pensare “Prim avrebbe la stessa età, se non l’avessi uccisa” e lo so, sarei dovuto venire prima da te, chiederti di perdonarmi, ma non chiedo di tornare ad essere amici come un tempo, solo vorrei che il peso sul mio cuore si alleggerisse » improvvisamente sento due braccia che mi stringono al collo, la mia spalla destra che si bagna e il corpo di Katniss che trema tra le mie braccia.
Sta piangendo, ora sento i suoi singhiozzi.
La stringo a me, mi beo di quel contatto che mi mancava da 15 anni, inspiro a pieni polmoni l’odore dei suoi capelli, vaniglia e muschio, e lascio che una miriade di emozioni mi attraversi.
E’ lei la prima a staccarsi, si asciuga le lacrime e mi sorride «Scusa, non avrei dovuto» mi dice, scuoto la testa «no, scusami tu» le rispondo, dietro queste semplice parole si racchiudono un milione di significati.
«I primi tempi ero furiosa con te, ti addossavo tutta la colpa della morte di Prim, poi col passare degli anni ho capito che era ingiusto avercela con te per una cosa che neanche tu potevi prevedere, solo che avevo paura che tu non mi volessi più parlare.
E sì, sono ancora furiosa con te perché in 15 anni non ti sei fatto più sentire, ma neanche io se è per questo, e tu avresti tutto il diritto si essere furioso con me» Catnip finisce di parlare mentre si tortura le mani, mi fissa negli occhi, grigio contro grigio.
«Non potrei mai odiarti Catnip » le dico sorridendole, le ricambia e mi risponde «neanche io Gale, d’altronde non posso dimenticarmi del mio migliore amico» e dopo quella frase sento le ferite del mio cuore che si rimarginano, come per magia.
Guardo l’orologio che ho sul polso e noto che siamo in ritardo di cinque minuti.
Mi alzo e tendo la mano a Katniss, affinché si possa rialzare.
Lei la prende e la stringe, poi la lascia e parlando ci incamminiamo verso il villaggio dei vincitori.
«Domani pomeriggio parto, devo andare nel distretto 11» le dico, mentre arriviamo sotto il portico di casa sua.
Lei annuisce e poi mi chiede «domani a pranzo tu e Rory siete da noi, va bene?»
Sento un sorriso che mi nasce spontaneo e accetto volentieri.
«Mamma, mamma, il pranzo è pronto! » il bambino esce fuori da casa e si avvicina a Katniss, lei lo prende in braccio e dice «Arrivo subito ometto» poi si volta verso di me e, sorridendomi mi saluta «Ci vediamo domani Gale.» annuisco «Certo Catnip»
Mi volto per incamminarmi nel vialetto, quando noto i fiori che crescono lungo il perimetro del giardino, sono delle primule tutte colorate, che mettono spensieratezza, proprio come Prim.
E’ strano come i propositi per una giornata possano cambiare in modo così radicale, come delle semplici parole ti possano cambiare la vita.
Perché a volte è proprio un fulmine con il ciel sereno quel che serve.

   
 
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