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Autore: fumiko    30/06/2007    2 recensioni
Una viziata bimba italiana sballottata in giro per il mondo. E' carina. Leggetela!
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è una storia scritta da me l’anno scorso, che mandai ad un concorso di scrittura della Zanichelli.
Naturalmente non vinse, ma è una storia carina, così sono andata a ripescarla e ve la voglio proporre.
Ditemi cosa ne pensate.




Il sole non era ancora alto nel cielo, quando una dolce bambina iniziò a correre e saltare in un prato, intenta a raccogliere fiori da donare alla madre. Il suo nome era Elena, i suoi capelli biondi erano raccolti in due graziose trecce e il suo volto era illuminato da un grandissimo sorriso.

Elena voleva portare a sua madre i fiori più belli del prato per farle una sorpresa e, avendone raccolti ancora pochi, camminava, guardava e sceglieva quelli che le piacevano di più. Ad un tratto scorse tra gli altri il fiore più strano che ella avesse mai visto: era grande quanto le sue mani e aveva solo tre petali di tre colori diversi.

Avrebbe voluto metterlo insieme agli altri, ma fu più forte di lei staccare dal fiore reciso: quello rosso.

Appena lo ebbe staccato, un vortice d’aria l’avvolse. Elena si mise le mani davanti agli occhi, lasciando cadere i fiori. Ebbe il coraggio di guardare solo quando si rese conto di avere i piedi nuovamente per terra.

Davanti a lei comparve una grande città, dove non comprendeva le scritte sui cartelli e dove i palazzi erano diversi da quelli che vedeva di solito. Inoltre, scoprì di avere caldo. Ma, la cosa che più la stupì, furono delle mucche ferme al centro di una strada e le macchine che aspettavano pazientemente che gli animali si togliessero. Capì di non essere più in Italia anche dal colore scuro della pelle della gente.

Cominciò a camminare, guardandosi intorno.

All’improvviso vide un bambino e gli si avvicinò, chiedendogli:

- Scusa, perché quelle mucche sono ferme in mezzo alla strada?-

Il bambino si voltò verso di lei, con un’espressione stupita in volto.

- Sei straniera?- le chiese

- Sì. Vengo dall’Italia!-

- Dall’Italia? È così lontana!-

- Perché, dove siamo?-

- Siamo in India- rispose disorientato – a Nuova Delhi. E quelle mucche stanno indisturbate in mezzo alla strada perché per la nostra religione sono sacre. Loro nella prossima vita saranno la perfezione!-

- Tu vivi qui? E ti piace ?- chiese Elena guardandosi intorno

- Oh! No, io non vivo qui. Vivo in una baraccopoli poco lontana da qui. Sai, vivo in una stanza costruita da mio padre, che condivido con i miei cinque fratelli.

- Cinque fratelli! – ripeté sorpresa Elena – io sono figlia unica! Mi fai vedere casa tua? Sono così curiosa!


Pian piano il paesaggio cambiò, diventando sempre meno rassicurante, fino a quando arrivarono in un posto che lasciava trasparire tutta la povertà di quella gente. A lato di una grande strada si estendevano, proprio come in una città metallica, vere e proprie baracche costruite con alluminio, cartone, tende e tanti altri materiali reperiti in un posto non diverso da una discarica.

Quando il bambino disse che finalmente erano arrivati a casa sua, Elena non riuscì a dire niente, ma semplicemente annuì.

Entrarono in una di quelle baracche e la bambina si disgustò vedendo quel monovano senza bagno, lavastoviglie e televisione.

Decise di scappare.

E così, dicendo a quel povero bambino felice che i suoi genitori l’aspettavano, corse via, vergognandosi di provare tanto disgusto.

Elena si nascose dietro un vicolo, prese il fiore e, pensando che quella fosse l’unica via per tornare a casa, staccò il petalo blu. Al contrario di come la bambina sperava, non tornò a casa, ma si ritrovò in un posto dove il sole picchiava forte e case basse e chiare erano le uniche nel giro di chilometri. C’era una gran folla di persone che camminava su e giù per la strada. Notò che la carnagione era più chiara di quella delle persone che abitavano a Nuova Delhi e che tutte le donne portavano un velo sulla testa.

Sussultò sentendo una voce femminile chiamarla dalle spalle:
- Ehi, piccola! Che ci fai qui?-

Era una giovane donna, molto bella, che portava uno scialle bianco sulla testa, coprendo i capelli e il collo.

La bambina non rispose, non sapendo cosa dire.

- Qui fa caldo, vieni dentro – e la donna la guidò in una casa modesta, ma fresca e offrì alla bambina un bicchiere d’acqua.

- Grazie – disse Elena, e poi bevve con piacere.

La giovane donna osservava con curiosità la bambina, così chiara e bionda, vestita con abiti così strani.

- Vengo dall’Italia – disse la bambina, quasi proteggendosi da quello sguardo indagatore.

- Dall’Italia? E dimmi, è bella? – chiese la donna col sorriso sulle labbra

- Sì, sì. È molto bella, e soprattutto non è così calda!

Seguì un secondo di silenzio, poi la bambina chiese:

- Quel velo lo porti per proteggerti dal sole? Non ti fa caldo?-

A quella domanda comparve sulle labbra di quella giovane donna un sorriso triste e malinconico.

- Questo è un segno della mia fede -

- E’ obbligatorio, quindi?-

La giovane annuì, camminò avanti e indietro per la stanza. Poi si fermò e mormorò alla bambina:

- Non sai quanto t’invidio -

La bambina rispose con uno sguardo interrogativo.

- Quando sarai grande, sposerai un uomo che ti amerà.

La bambina rimase zitta, in attesa che la giovane donna continuasse.

- Tra qualche settimana sposerò un uomo che ha già altre tre donne, capisci?

La bambina annuì, pensando alle situazioni che accadevano nelle fiction, che appassionavano tanto sua madre.

La giovane donna si sedette su una sedia e si prese il viso tra le mani.

- Ho sempre sognato di sposare un uomo che mi avrebbe amata, e non vista come un oggetto per produrre bambini – sospirò – Un uomo che si inebriasse del mio profumo, del mio volto. Non un uomo che non mi amerà mai.

Si alzò dalla sedia e fissò un punto imprecisato del paesaggio.

- Cos’è la vita, senza amore? -

- Scappa – disse Elena, sempre pensando alle fiction di cui la madre non perdeva una puntata e nelle quali le protagoniste avevano una spiccata tendenza alla fuga.

La giovane donna guardò la bambina incredula.

- Cosa?- chiese
- Scappa! Prendi il tuo vero amore per mano e vai lontano! -

La giovane donna sorrise tra le lacrime, si inginocchiò e abbracciò teneramente la bambina.

- Non credo sia possibile. Se poi mi trovassero, mi ucciderebbero -

La bambina si divincolò dall’abbraccio di quella giovane donna, che somigliava tanto a quello materno. Guardò la sua ansia, il suo dolore, e volle di nuovo scappare.
Borbottò anche questa volta qualcosa riguardo ai suoi genitori che l’aspettavano e si diresse all’uscita. Sentendo singhiozzare dalle sue spalle, si voltò dicendo:

- Sarai un’ottima mamma -
E uscì, lasciandosi circondare dal sole cocente.

Quando Elena staccò l’ultimo petalo dal fiore, quello giallo, venne trasportata in un luogo molto più caldo. Si trovava in un villaggettò di qualche decina di capanne.

Vide uomini, donne e bambini lavorare e si stupì alla vista delle donne che indossavano solo un gonnellino. Notò la pelle scurissima di quella gente e la loro incredibile magrezza. Si rese conto che quelle persone avevano fame, proprio come quelle in alcune pubblicità, dove chiedevano soldi per dare da mangiare alla povera gente e per far andare a scuola i bambini.

Stavolta non parlò con nessuno. Le bastò guardare quei volti scarni, desiderosi d’acqua, per commuoversi. Scappò subito da quello spettacolo, stringendosi al petto il fiore ormai privo di petali, e pianse desiderando di tornare in quel prato dove prima era tanto felice. Inciampò e cadde a terra.

Quando riaprì gli occhi, il clima si era fatto mite e sotto di lei era comparsa dell’erba.

Sentì la voce di una persona che le correva incontro.

- Elena! Elena! Ti sei fatta male? -

Era suo padre! Arrivò vicino a lei e guardò la figlia negli occhi gonfi dalle lacrime.
La sollevò e l’abbracciò.

- Ti sei fatta male? – chiese nuovamente

- Sì, papà. Mi sono fatta molto male -

E si abbandonò nelle forti braccia del padre.



FINE.
  
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