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Autore: Partenope    30/06/2007    8 recensioni
Camminare vicini toccandosi appena.
Distanti ma vicini abbastanza perché le braccia si sfiorino ad ogni passo.
Un andamento studiato per far apparire quel toccarsi un gesto maledettamente casuale.
A volte bisogna avere coraggio per essere felici...
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lightly Touch – Sfiorarsi

Camminare vicini toccandosi appena.
Distanti ma vicini abbastanza perché le braccia si sfiorino ad ogni passo.
Un andamento studiato per far apparire quel toccarsi un gesto maledettamente casuale.
E questo la faceva impazzire.
Volente o nolente se lo trovava sempre affianco, la sfiorava ma non la toccava.
Pensava che stesse immaginando tutto, forse si stava semplicemente impressionando.
Ma se una volta è un caso, due volte sono un indizio, e tre volte, dannazione, è la legge.
Era tutto un gioco di sguardi, di parole sussurrate, di tocchi che sembravano così maledettamente casuali.
Pensare che all’inizio non l’aveva nemmeno notato. A lei piaceva il suo amico. E a lui piaceva la sua amica.
I migliori gruppi di studio nascono così.
Litigavano spesso, perché avevano un modo opposto di approcciarsi alle cose. Opposto ma sorprendentemente equivalente.
Andava tutto maledettamente bene.
Lei che cercava di farsi notare dall’amico di lui, lui che faceva il cascamorto con l’amica di lei, e loro due che litigavano sempre su questioni di studio e non.
Poi lui smise di interessarsi alla sua amica, e cominciò a parlare davvero con lei, mostrandole una dolcezza che lei non credeva potesse appartenergli.
E lei cominciò a guardarlo con altri occhi.
La cosa che si sorprese di non aver notato prima erano le sue labbra. Piccole come le sue.
Per lei baciarsi molto spesso significava essere divorata, la sua bocca si perdeva sempre in quella dell’altro.
Pensò che con lui non sarebbe stato affatto così, e che le loro labbra si sarebbero unite in maniera perfetta.
Un bacio perfetto.
Ma le cose perfette non esistono, non per lei.
Non litigavano più. Si scambiavano le opinioni in maniera civile, apprendendo molto l’uno dall’altro.
Lei aveva imparato a sopportare i suoi scatti di nervosismo, e lui aveva imparato a leggere tra i silenzi di lei.
Li si vedeva spesso insieme, seduti ad un tavolo anche a studiare materie diverse, o camminando per il campus distanti ma non abbastanza per evitare di sfiorarsi.
Passo studiato per far sembrare tutto maledettamente casuale.
A volte lei si poggiava sulla spalla di lui.
Era solo per leggere meglio il libro che dividevano, mica per stargli vicina…
Lui non si ritraeva.
Oppure capitava che in fila per la mensa gli stesse così vicino da sfiorargli la mano.
Era la gente che spingeva, non era certo lei a volerlo.
Lui non si scansava, né le prendeva la mano. Rimaneva immobile nella sua posizione. E questo la faceva impazzire.
Però quando camminavano insieme continuava a sfiorarla.
Casualmente, ovvio.
Poi lei vide quello che non avrebbe mai voluto vedere.
Camminavano, lei era tra lui e la sua amica. Spedizione dal prof per farsi spiegare uno dei mille esercizi che non avevano capito. Poi lui notò qualcosa.
Qualcuno.
Fece finta di niente continuando a camminare.
Sfiorandola sempre.
Poi ci ripensò.
“Andate voi, ci vediamo ai distributori più tardi”
E scappò via.
“Allora ci andiamo a prendere questo caffè?” l’esortò l’amica appena uscite dall’ufficio del prof.
“hm.. si” rispose assente lei.
Camminava, e sentiva la mancanza di quel contatto.
Casuale ovviamente.
Poi li vide.
Le davano le spalle, erano seduti. Lui aveva un braccio dietro di lei ma non la toccava. Lei era protesa verso di lui ma non lo sfiorava.
Distanti eppure vicini. O forse il contrario, non lo sapeva.
E sentì qualcosa dentro di lei spezzarsi e fare crack.
Seguì la sua amica e si mise in fila per il caffè.
Scambiarono un cenno di saluto con lui.
L’altra la guardava,
La guardava male.
Lei la osservò. Era bruna ma non naturale
E lei lo era.
Non poteva osservare bene il fisico dato che stava seduta, ma le era sembrata abbastanza alta e magra.
E lei si era alta, ma non poteva definirsi magra.
Aveva gli occhi spenti.
I suoi brillavano sempre invece. Anche quando non dovevano.
Pensò, peccando, di essere più bella.
Ma tanto non era a se stessa che doveva piacere…
Scambiò uno sguardo d’intesa con la sua amica e decisero di lasciarli soli avviandosi in aula studio.
Un silenzio tombale era calato. L’amica aveva capito fin troppo bene.

“E’ la sua ex” rivelò
“Oh” rispose lei fingendo disinteresse.
“Sta con un altro ora”
“Ah…”
“Però continua a vedersi con lui”
“Bella personcina!” commentò sarcastica lei.
“Credo sia solo questione di sesso ormai”
“Rettifico, belle personcine entrambe!”
“Che io sappia a lui non sta bene questa situazione”
“Oh si certo. E poi c’era la marmotta che incartava la cioccolata…”
“…”
“Se non gli stesse bene questa situazione, non ci si troverebbe in mezzo”
Cinica.
Fredda.
Spietata.
Semplicemente Incazzata.
Quello stato d’animo perdurò anche al ritorno di lui. Ricominciarono a litigare nuovamente. O meglio era lei che litigava con lui.
Lui la cercava con lo sguardo. Lei gli sfuggiva.
Lui le sfiorava le mani e lei non si ritraeva ne l’afferrava.
Come stesso lui le aveva insegnato a fare.
E rimasero soli.
“Su chi ti ha fatto arrabbiare?” le chiese lui.
“Nessuno…” mentì lei.
“Dai su dimmelo. Dimmi chi è che lo vado a picchiare”. La guardò dolcemente e le sorrise.
Dannatamente dolce, come il latte e miele.
“Nah è colpa mia, sono una vera stupida a volte”
Si entusiasmava troppo facilmente per cose capitate casualmente.
“Non sei stupida. Però per piacere, smettila di essere arrabbiata, non mi piace vederti così.”
Cos’era quella sensazione di calore al cuore?
“Ok”
Forse davvero non gli stava bene quella situazione…

Il giorno prima dell’esame tutti e quattro si incontrarono a casa di lui per l’ultima ripassata. Tra un esercizio e una distrazione ben presto si fece sera.
“Hm io dovrei proprio andare” disse l’amica guardando l’ora.
“Ti riaccompagno” si propose lei
“Oh no, l’accompagno io” interruppe l’amico di lui “abitiamo dalla stesse parti. Tu allungheresti.”
“Rimani ancora se vuoi” sussurrò lui.
E rimasero soli.
“Continuiamo a studiare?” propose lei un po’ in imbarazzo.
“No-ooh!” disse lui mettendo il broncio. Le sue labbra sembravano fatte a posta per quell’ espressione, era davvero adorabile.
Lei sorrise “E cosa proponi di fare?”
“Beh potremmo vederci quel famoso film, dato che scordo sempre di portarti il dvd...”
“Ottima idea.”
“Andiamo in camera mia”
Entrare nella sua stanza le fece uno strano effetto. Ogni cosa parlava di lui, delle sue passioni, dei suoi sogni.
Le fece cenno di accomodarsi sul letto, notò che non v’era altro modo per vedere la tv. Si accomodò accanto a lei e avviò il film.
Lei si rabbuiò al pensiero di quante ragazze lui avesse portato in quella stanza, in quel letto. E se tra quelle c’era anche la ragazza che aveva incontrato al campus.
“Non molte...” disse lui
“Non molte cosa?” chiese stupita lei.
“Non ho portato molte ragazze in questa stanza, se è questo che vuoi sapere...”
Lei si meravigliò di come le avesse letto nel pensiero “Ma io non stavo pensando a questo!” mentì.
“Si certo, come no...” Sorrise. “Ce l’hai scritto in faccia. Ora però rilassati per piacere, eh?”
“Sono rilassata!” ribattè lei. “Perché non dovrei esserlo scusa?”
“Sarà. Allora se è così non avrai problemi a metterti comoda...” Lui si stese sul lettino facendole segno di sdraiarsi accanto a lui.
“Infatti non c’è nessun problema!” disse lei accettando l’invito.
Testarda e orgogliosa. Lui sapeva come prenderla.
Lui le cinse la vita. Stavolta non in maniera casuale. Lei lo fece fare.
“E lei ce l’hai portata qui?” sussurrò lei.
Quella stanza diceva troppo di lui.
“Lei chi?” lui fece finta di non capire.
“La ragazza con cui stavi l’altro giorno...”
Quella alta, magra, dagli occhi spenti.
“Oh lei…”
“Si lei.”
“Beh... si...”
Faceva ancora male pensarci.
“Ah…”
“Abbiamo avuto una storia..”
Storia. Parola grossa.
“E poi cos’è successo?”
“Ha scelto un altro.”
Aveva sempre scelto l’altro.
“Mi dispiace...”
Quel dispiacere era candido come la neve. Troppo bianco.
“Si vede che doveva andare così.”
Lui era attratto dal buio.
“Lei continua a cercarti?”
“Si.”
Ogni. Maledetta. Sera.
“E tu?”
“L’accontento”
Continuava a cadere nel buio.
“Perché?”
Una luce sembrava spuntare in quell’oscurità.
“Non lo so”
Erano gli occhi di Lei.
“Dovresti dirle di no”
Lei era lì e gli tendeva una mano.
“A volte non è facile. Forse me lo merito...”
Salvami.
“Non è vero. Nessuno merita una cosa simile!”
Era così promettente quella luce...
Lui le sorrise. Tracciò con le dita una linea immaginaria sul volto di lei, sfiorandole la fronte, il naso e poi le labbra.
“Sai cosa mi piace di te?” sussurrò lui.
“No. Cosa?”
“Gli occhi. Hanno sempre qualcosa da dire. Sono decisamente vivi”
Quelli dell’altra erano terribilmente spenti.
Forse poteva afferrarla quella mano.
Non poté far altro che unire le sue labbra a quelle di lei.
E come lei sospettava, quello fu il bacio perfetto.
Non riuscì a smettere per tutta la notte. Una volta presa quella mano gli fu impossibile staccarsi da lei.
Si risvegliarono la mattina seguente, ancora abbracciati. L’idillio durò poco in quanto si resero conto di essere in ritardo per l’esame.
Arrivati all’università miracolosamente in tempo si avviarono verso l’aula.
Camminavano distanti ma abbastanza vicini per sfiorarsi. Passo studiato per sembrare maledettamente casuale.
Questo appariva agli occhi degli altri, ma ormai lei sapeva che non era così.
Quando lei finì il compito si meravigliò di non trovarlo ad aspettarla fuori l’aula. Aveva consegnato 15 minuti prima di lei, eppure non era lì.
Trattenne l’impulso di chiamarlo, qualcosa le diceva che era meglio non farlo.
I suoi due amici uscirono dall’aula, e lei si confrontò in maniera distratta con loro.
Vide due persone avvicinarsi. Camminavano l’una accanto all’altra, non troppo vicini, ma quanto bastava per sfiorarsi ad ogni passo.
Quello era il LORO passo studiato per sembrare maledettamente casuale.
Fu un attimo. Le mancò il respiro, il cuore smise di battere per un brevissimo istante.
E lei sentì di nuovo crack.
Lui e l’altra si avvicinarono al gruppo. La ragazza osservava i quattro silenziosa.
E le mandava sguardi di fuoco.
Lei cercava lo sguardo di lui, ma lui la evitava. Parlava con distacco del compito.
Era luglio eppure sentì un brivido freddo percorrerle la schiena.
L’altra reclamò l’attenzione di lui. Lui si voltò arrendendosi. La ragazza gli stampò un bacio sulle labbra.
Avido, prepotente, freddo.
Non era perfetto.
Stavolta fu lui a ricercare lo sguardo di lei. E lei lo evitò accuratamente. Inconsciamente si strinse all’amico di lui.
Aveva bisogno di un appiglio per non cadere nel vuoto.
L’altra sbuffò e lo prese per mano. Lui salutò il resto del gruppo e s’incamminò con la ragazza.
Ora erano davvero vicini, non c’era bisogno di alcun passo studiato.
“Non prendertela così a male!” iniziò l’amica dopo che il silenzio l’aveva fatta da padrone per una buona mezz’ora.
“Per cosa dovrei prendermela?” chiese lei sforzandosi di non piangere.
“Non ne vale la pena per uno come lui...”
“Hai ragione... Ora scusami ma è meglio che torni a casa...”
S’incamminò per il viale alberato che conduceva fuori dal campus. Era luglio e faceva molto caldo, ma in quel viale si godeva di un piacevole venticello rigenerante.
Per un momento le sembrò di dimenticarsi di tutto, cullata da quella dolce brezza.
“Hey aspetta!”
Era la voce di lui. L’avrebbe riconosciuta tra mille. Avanzò il passo, non aveva nessuna intenzione di parlargli.
“Su, ti prego, aspettami!”
Continuò ad accelerare il passo. Ma ben presto una mano le afferrò il polso fermando quella passeggiata veloce.
“Hey…” provò lui.
Lei si girò con sguardo furente. Era davvero arrabbiata.
Gli occhi di lei avevano sempre qualcosa da dire.
“Lasciami andare!” disse lei infuriata.
Quello sguardo di fuoco diventò presto mare in tempesta.
Lui l’attirò a se e la strinse forte.
Anche il suo abbraccio era perfetto.
“Ti prego non piangere..”
Si stava così bene in quelle braccia.
“Perché?”
“Perché ti si scioglie il trucco, sciocchina!”
Ma lei non si arrese. “Perché?”
Lui sospirò. “Non posso darti quello che vuoi...”
Quando lui aveva lasciato andare la sua mano?
“Ieri sera però non eri di questo avviso...”
Perchè l’aveva presa la sua mano. C’era riuscito.
“Ho sbagliato.”
A volte bisogna avere coraggio per essere felici.
“Non ci credo, non è vero...”
E lui non ne aveva.
“Non posso fare a meno di lei. Non ancora, lo capisci vero?”
Era più semplice rimanere al buio.
“Non posso accettare questo.”
E guardare quella luce da lontano.
“Lo so. Non ti chiedo di accettarlo.”
La luce non sarebbe mai scesa a compromessi col buio.
Lei si sciolse dall’abbraccio.
“A questo punto credo che non abbiamo più niente da dirci.” Disse tenendo gli occhi bassi.
E lui avrebbe continuato a cadere nel vuoto. Solo buio.
“Io…”
Ormai la luce non si vedeva più
“Buona Fortuna” Lo interruppe. Era fredda. Distante.
Era troppo lontana, pensò.
“Perdonami se puoi” pensò lui.
Non si accorse invece che quella luce si era definitivamente spenta.
“Anche a te” Fu l’unica cosa che lei gli permise di dire.
Gli occhi di lei non brillavano più.
Lei gli passò accanto sfiorandolo.
Passo studiato per sembrare maledettamente casuale.
Lui avrebbe voluto prendere la sua mano.
Ma non voleva trascinarla nel baratro in cui stava precipitando.
Avrebbe voluto gridarle di fermarsi.
Ma infondo lui non aveva coraggio.
Avrebbe voluto guardarla negli occhi ancora una volta.
Quegli occhi che avevano sempre qualcosa da dire.
Lei pensò che gli sarebbe mancato.
Non avrebbe pianto. Questa volta no.
Pensò che lui le era diventato necessario come l’aria.
Necessaria si, ma inafferrabile.
Pensò che non avrebbe dovuto perderlo così.
Il buio non li avrebbe inghiottiti entrambi.
Così lei si fermò. Alzò il viso e lo guardò negli occhi.
Non avrebbe permesso a quella luce di spegnersi.
Gli tese una mano.
A volte bisogna avere coraggio per essere felici.
“Scegli me...” sussurrò lei.
“C-Cosa?” chiese lui spiazzato
E lei sarebbe stata coraggiosa per entrambi.
“Scegli. Me.” ripeté lei sorridendo.
La mano era ancora lì tesa. Nonostante tutto.
Lui schiuse le labbra come per dire qualcosa. Poi le richiuse incapace di ribattere.
“Tu non sei così...” continuò dolcemente lei. “Non sei come ti vuole lei.”
Arido, freddo, spento.
“Tu le rispetti le persone. Lei no. E vorrebbe farti diventare come lei.”
Ma lui non era così.
“Hai solo bisogno di un po’ di calore.”
Lei chiedeva semplicemente di essere il suo tutto.
“Lasciami provare.”
Tentazione dannatamente dolce, come il latte e miele.
“E se dovessi fallire, sarò stesso io ad andarmene. In punta di piedi, senza far rumore.”
La luce s’era di nuovo accesa. Brillava più forte di prima.
“Quindi… scegli me…” sospirò lei concludendo.
Era così difficile abituarsi al buio dopo aver visto la luce.
La mano era ancora tesa verso di lui.
Lui alzò gli occhi, una lacrima gli rigava la guancia.
Prendi. Quella. Mano.
Lei aveva il sole alle spalle, e guardandola quasi si accecò.
Non voleva tornare al buio.
Prese la sua mano e l’attirò a se, stringendola forte al petto.
“Grazie” sussurrò tra i capelli di lei.
Lei alzò il viso, gli sorrise e lo baciò.
Forse le cose perfette non esistono. Ma loro insieme si sentivano perfetti.


Fine



Dedicato a te che inconsapevolmente me l'hai ispirata,
con l'augurio che i tuoi desideri si realizzino
e che la luce delle stelle che tanto ami guardare ti accompagni sempre.


Ringrazio tutti coloro che hanno letto e che commenteranno.

Era da tempo che non pubblicavo quì su EFP, spero che il blocco dello scrittore mi sia passato ^_^'

Ciao a Tutti
Partenope


  
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