Videogiochi > Kingdom Hearts
Ricorda la storia  |      
Autore: GemmaD    13/12/2012    0 recensioni
In una città metropoli fredda e inquinata, Saïx è disperato. Xemnas vorrebbe aiutarlo, ma il passato è sempre pronto a tornare...
AkuSai o XemSai? Decidetelo voi! E poi fatemelo sapere nei commenti :)
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Saix, Xemnas
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nessun gioco
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa è la prima fanfic che pubblico su EFP!
Spero solo che vi piaccia, e anche voi vi facciate intrigare dalla complessità dei sentimenti e della mente umana.
Tengo molto a questa storia, ci ho messo davvero del mio... E spero anche che mi facciate sapere le vostre impressioni e per quale delle due coppie tifereste! XD la scelta non è ovvia, e la situazione è davvero complicata per Saïx...


LUCE VS. FUOCO


Saïx si stropicciò le mani sporche, nervosamente. Lo metteva a disagio starsene seduto sul divano immacolato della rispettabile casa di Xemnas, lui, che invece era un poveraccio.
Xemnas continuava a comportarsi con lui in modo normale, come se si trovasse di fronte ad un suo pari, ma la loro posizione era tutto fuorché sullo stesso piano. Saïx era una sottospecie di senzatetto, visto che ormai il suo appartamento era stato colonizzato da amici della peggiore compagnia, drogati, alcolizzati, sostanzialmente nullafacenti. Saïx, che aveva sopportato la loro presenza solo perché conoscenti del suo migliore amico e a causa dell’insistenza di quest’ultimo, a poco a poco si era fatto contagiare dal loro degrado, complice il fatto che non fosse riuscito assolutamente a trovare un lavoro con una laurea in argomenti particolarmente complicati ed astrusi ai più. Nessuno era stato disposto ad aiutarlo, non aveva famiglia, né amici che non si trovassero più o meno nella sua stessa situazione, così erano mesi che si stava trascinando in una situazione terribile. Non gli era mai mancata forza o intelligenza, eppure queste non gli avevano evitato un destino disastroso. Vedeva di non avere certezze, neanche di un futuro, e non aveva più fiato.
Xemnas,al contrario, era un rispettabile quarantenne, incontrato per caso, che sebbene all’inizio fosse stato molto recalcitrante ad avere a che fare con un miserabile, era diventato il nuovo amico di Saïx –o meglio, il suo nuovo punto di riferimento. Non avendo molto in particolare da fare, né una casa da curare (ci tornava sempre più di rado e vi trovava una rovina senza speranza), si frequentavano praticamente quasi tutti i giorni, approfittandone anche per discutere spesso di sublime e letteratura, che Saïx amava dall’università, ed era stato quello il principale motivo a indurre Xemnas ad approfondire la conoscenza di quel rifiuto della società.
“Prendi.” Xemnas tornò dalla cucina con del tè caldo. Saïx bofonchiò un ringraziamento e prese la tazza calda fra le mani, scaldandole. “Beh, visto che siamo stati fuori tutto il giorno, possiamo anche prenderci una pausa.”
Saïx annuì, gli occhi fissi sulla tazza fumante. “Sì, certo. Vuoi vedere un film?”
“Mi basta anche passare la sera parlando un po’, se non ti dispiace.” Rispose, rilassato nella sua poltrona.
L’altro annuì un’altra volta, leggermente sorpreso. Pensava che fosse esausto, avevano trascorso l’intero pomeriggio all’inaugurazione di una mostra di arte contemporanea e si erano scambiati commenti ed opinioni per tutta la giornata.
“Interessante, no?” cominciò Xemnas, sorseggiando il tè. “La mostra.”
“Sì… Insolita.”
“Ha fatto bene a segnalarmela, la mia studentessa.” Xemnas era professore in un’università di lettere e filosofia, anche piuttosto prestigiosa.
“Quale studentessa era?” chiese Saïx, rialzando lo sguardo.
“Dunque… E’ sempre seduta sulla destra, nella terzultima o quartultima fila. A volte porta un registratore a lezione.”
“Ah, sì, me la ricordo.” Saïx aveva partecipato a una lezione di Xemnas ed erano soliti citarla abbastanza spesso. Del resto, era stata piuttosto memorabile: si erano stupiti tutti, perfino l’uno dell’altro, mentre manifestavano la loro cultura in un avvincente dibattito sull’Elena di Euripide. “Prendeva mezza riga di appunti, poi cominciava a disegnare una caricatura di te con un costume da zebra. Chissà cosa vuol dire?”
“Ehm…” Xemnas pensò che prima o poi gli avrebbe raccontato la sua figura all’ultima festa dell’università. Ma non quel giorno. “Alla tua università erano sempre tutti attenti?”
Saïx sorrise, facendo luccicare i ferini occhi gialli. “Sembrerebbe che tu voglia indagare quale sia il comportamento normale degli studenti per metterlo a confronto con quello dei tuoi durante le tue lezioni.”
Xemnas tossicchiò leggermente. “Una cosa così stupida!”
“Nessun uomo è immune da stupidità.” Proseguì Saïx, sempre ironico.
“Forse stupidità non è il nome giusto” commentò pensosamente Xemnas.
“E qual è?”
“Ci sto pensando, ma non è facile. Forse ci sono più nomi.”
Saïx lo lasciò elucubrare, mentre si alzava in piedi e andava vicino alla finestra. “Dovresti mettere qualcosa sul divano. Un telo, per esempio, o un cuscino.”
“Per cosa?”
“Per me.” Rispose, serio.
“Aaah, vuoi fare anche la star, adesso…”
“No, sai cosa intendo.” Saïx si voltò, guardandolo intensamente. “Sono… Sporco.”
Xemnas quasi rabbrividì. “Che affermazione forte. Non m’importa, al limite laverò le federe. Non c’è certo qualcuno che si possa lamentare, se ho delle macchie sul divano.” Xemnas non era sposato, ma non aveva voluto spiegare il perché a Saïx. Forse era qualcosa di traumatico. Non frequentava spesso neanche i suoi amici. “Calmati e siediti, avevamo detto che volevamo riposarci un po’, no?”
Saïx avanzò di nuovo verso il divano, ma per lui quel tipo di proposito era più che difficile da realizzare. Non riusciva mai a rilassarsi, rifletteva sempre sugli stessi cupi argomenti, che non mancavano mai di farsi vivi nella sua mente.”Scusa, hai ragione. Sono solo un po’ stanco… Comunque è vero, è stata una bella giornata.”
“Piena, soprattutto. Da quanto tempo non torni a casa?”
Saïx fu abbastanza stranito del cambio di argomento. “Due giorni… Perché?”
“Credi che si lamenteranno che sparisci così?” chiese Xemnas, curvando la schiena in avanti, verso di lui.
“Ma figurati!” sorrise, ironico. “Posso andare dove mi pare, sono come un gatto randagio. La gente può sparire per un po’ di giorni, ma che io sappia non si distrugge dalla preoccupazione nessuno.”
“Allora vi fidate, l’uno dell’altro.”
“Fiducia… E un po’ di rassegnazione!”  esclamò Saïx con leggerezza.
“Dovresti allontanarti da loro.” Affermò Xemnas, serio. Calò un silenzio teso. “Non fanno per te, senza contare che ti portano solo danno.”
“Questo lo so.”
“Lo dico solo per te. Può anche darsi che siano delle brave persone, in fondo, ma così ti porteranno giù e basta.” Guardò Saïx e sembrò che i suoi occhi dicessero: Più in giù di così. Come reazione, Saïx si sentiva quasi umiliato, ma cercò di non dare peso a ciò che poteva pensare Xemnas.
“E’ stato Axel a portarli a casa mia.”
“Sì, e penso che sia soprattutto con Axel che dovresti rivedere la tua amicizia.” Continuò serio, ma allo stesso tempo come se le sue parole fossero ciascuna un piccolo peso da portare avanti mentre guardava negli occhi il suo interlocutore. Neanche fosse stata la prima volta che parlavano di Axel.
Saïx cominciò, stancamente: “E’ da un bel po’ che non lo vedo. Di solito, ci vediamo per poco perché lui è sempre in giro oppure non ci incontriamo mai.”
“Be’, è anche per questo che è un influsso negativo, per te” cercò di farlo ragionare Xemnas, poggiando la tazza quasi vuota sul tavolino per gesticolare in modo più ampio. “La vostra amicizia sembra a un punto critico.”
“Sì, è che adesso va sempre in giro con Roxas.”
“Mi hai parlato poco anche di lui.”
“E’ un suo amico” spiegò brevemente Saïx. Non aveva descritto molto nel dettaglio la sua situazione a Xemnas, visto che era una persona abbastanza riservata, né ne andava particolarmente fiero. “L’ha conosciuto quando ormai mi aveva già convinto ad ospitare un po’ dei nostri amici a casa, e in breve l’ho visto sempre di meno a causa sua. Ormai è un’abitudine, però, quindi non m’importa più.”
“Sì, non fa niente” gli venne incontro Xemnas, “è solo che mi spiace che uno come te sia finito in una vita simile. Vorrei cercare di procurarti un lavoro all’università, se riesco.”
L’idea portava un piccolo vento di freschezza che alleggeriva il cuore di Saïx. “Sarebbe bello.” Commentò semplicemente, un po’ perché l’idea lo commuoveva troppo, un po’ perché mostrando troppo entusiasmo aveva timore di far sembrare che fosse diventato amico di Xemnas solo avere un favore.
“Sarebbe davvero la cosa giusta, per te.” Gli disse Xemnas. Poi aggiunse, imperiosamente: “Non voglio vedere quest’intelligenza sprecata.”
Saïx apprezzò il complimento, ma non lo fece vedere apertamente. “Be’, è tutto in forse, comunque. Dobbiamo vedere se…” si bloccò perché d’improvviso il suo cellulare aveva cominciato a squillare.
Lo prese e guardò il numero: Axel. Strano, quasi spaventoso, era da mesi che non riceveva una sua chiamata.
“Pronto?” esclamò Saïx, all’erta.
Dall’altra parte, si sentiva solo silenzio assoluto.
“Pronto?” Nulla. “Pronto? Axel?” Xemnas si irrigidì sulla poltrona, anche se Saïx di spalle non poteva vedere la sua reazione ansiosa.
“Axel, sei a casa?”
Alla fine si sentì una risposta sommessa: “Sì…”
Saïx dopo un istante si infilò di nuovo il telefono in tasca e si voltò verso Xemnas, con un sorriso impacciato. “Scusa…”
“Ho capito, devi andare.” Anche Xemnas sorrideva in modo comprensivo, ma la sua espressione era anche piuttosto abbattuta. Sembrava spezzargli il cuore l’idea che Saïx dovesse andar via da lui all’improvviso per Axel.
Nonostante ciò, lo lasciò andare, in qualche modo fiducioso, lo osservò scendere in fretta le scale del palazzo del condominio per scendere di corsa in strada e prendere la stazione della metro più vicina. Dopo cinque o sei fermate, Saïx si diresse a passo veloce a casa sua.
Trovò Axel che lo stava aspettando lì davanti. Era stravaccato su dei gradini, con addosso una specie di tuta da lavoro, con il capo chino, come se stesse male.
“Axel!” gli si avvicinò Saïx, allarmato. “C’è qualcosa che non va? Stai bene?”
L’uomo con la folta capigliatura rossa rialzò il viso. “Yo, sei arrivato, amico” lo salutò Axel, tenendo però la voce stranamente fioca. “Hai fatto veloce, eh.”
“Sì, ero da Xemnas.”
“Chi?”
Probabilmente l’ultima volta si erano parlati così in fretta che Axel non aveva memorizzato niente del loro discorso. “Lascia stare, è un mio amico.” Si guardò attorno stranito, come se mancasse qualcosa. “Dov’è Roxas?”
“E’ andato via, è arrabbiato.” Axel si alzò in piedi stancamente, in silenzio. “Vieni, camminiamo.”
Saïx non aveva capito granché della situazione. Infilò le mani nella tasca della sua grossa felpa nera, mentre cominciavano ad avanzare verso i quartieri della città che Axel frequentava di solito e che invece non erano la zona abituale di Saïx. Si sentiva abbastanza disorientato.
“Allora, senti, è successa una cosa.” Cominciò Axel, che a quanto pareva si era deciso a smettere di fare il misterioso. Parlava anche a voce più alta, risoluta; al suo fianco, Saïx lo ascoltava con attenzione. “Prima ero in giro con Roxas… Presente?”
“Sì, niente al di fuori dell’ordinario.”
“Allora, dicevo, eravamo fuori e lui ad un certo punto vuole farmi un discorso serio.” Saïx era tutto orecchi. “Mi ha detto che… Prova dei sentimenti per me.”
“Oh.” L’aveva anche immaginato, ma Saïx non credeva che fosse possibile. “Accidenti, cosa gli hai risposto? Non era ubriaco, vero?”
“No, no, non avevamo ancora toccato niente!” giurò Axel solennemente. “Io, all’inizio, ero molto contento di quello che mi aveva detto.”
Saïx era ancora più stupito. “Non credevo che fossi gay.”
“Che diavolo stai dicendo?! Non sono mica gay, amico!” esclamò con violenza. Poi riprese, come niente fosse: “Mi faceva piacere che Roxas ricambiasse i miei sentimenti, e ho pensato che potevamo anche celebrare la cosa subito. Quindi, per prima cosa, ho cercato di baciarlo... Ma… Non ci sono riuscito!”
Saïx aveva notato che Axel, probabilmente per l’agitazione, aveva accelerato il passo. “Perché?” chiese attentamente.
“Che fosse Roxas, o un altro, io non ci potevo riuscire” spiegò, irrequieto. Saïx guardò stupito Axel: che accidenti voleva dire quel discorso? Si dovette bloccare perché Axel si era buttato a sedere su un gradino di un altro palazzo.
Saïx si mise velocemente di fianco a lui. “Perché, amico? Non interrompere a metà il discorso. E’ successo qualcosa di grave?”
Axel scosse la testa, guardando il duro asfalto ricoperto di cicche di sigaretta. Ci fu una pausa di silenzio. Saïx aspettò pazientemente, attendendo che l’amico raccogliesse abbastanza coraggio per andare avanti.
“E’ che -è che…” cominciò turbato, Axel, con gli occhi disperati. Saïx stava per incoraggiarlo, ma lui riprese: “… Mi venivi in mente tu.”
A quella frase, Saïx richiuse la bocca e sgranò gli occhi, facendo corrucciare la cicatrice sulla sua fronte.
“Non potevo combinare niente con Roxas, sebbene l’avessi voluto fino ad un momento fa. Roxas… Mi è sempre piaciuto, è un così gran problema. Avrei voluto non avere un cuore, Saïx” continuò, ormai disperato, con le lacrime agli occhi, mentre l’altro lo fissava sgomento senza dire niente, “Se non avessi avuto un cuore, l’avrei baciato, sarei con lui e sarebbe tutto a posto… Invece, Saïx, l’ho dovuto allontanare per qualche motivo che non riesco a capire, ed è andato via, furioso, ed ora… Non lo so, non so nulla… Non so cosa fare… ”
Axel aveva seppellito il viso ancora giovane fra i palmi ruvidi, mentre Saïx, vicino a lui, rimaneva in silenzio. E in seguito, Saïx non riusciva a spiegare bene neanche a se stesso come fosse finito schiacciato contro Axel in fondo ad un vicolo qualsiasi della città, incollato alla sua bocca, mentre lo premeva contro la parete di un edificio. Riusciva quasi a sentire le sue stesse labbra diventate rosse per la passione dei baci.
Eppure, non riusciva a comprendere come avesse fatto a finire lì. Da quando Axel era gay, e da quando provava dei sentimenti per lui? E da quando lui provava dei sentimenti per Axel? Sì, il suo legame con lui era sempre stato molto forte, ma si spingevano addirittura fino a questo? E che cos’altro, altrimenti, poteva spingerlo, come si chiamava, questo sentimento così contraddittorio, che lo faceva agire al di là di ogni possibile buonsenso, qual era il suo nome…
Gli sembrava di essere così sciocco, baciava a occhi chiusi, ma in realtà era sempre cieco. Le sue mani, a forza di restare sigillate contro la parete per tenere stretto a sé Axel, erano diventate gelide. Ricordava quando era andato a casa di Xemnas, non appena aveva afferrato la tazza, il calore si era diffuso su tutte le sue dita… Come un’eclissi. E adesso, era così squallido, con i palmi graffiati poggiati sulla parete ruvida…
Eppure, perché continuava ancora a tenervisi così stretto, e le sue labbra  traditrici, sospiranti, che avevano promesso solo pochi minuti fa, con ogni buona intenzione, di tagliare ogni rapporto con Axel, lo intrappolavano lì, più rapito e più distante che mai? Il sorriso buono e giusto di Xemnas, il suo sguardo santo e forte, con un’aureola di capelli argentati, mentre parlava di cosa sarebbe stato meglio per lui, e il fuoco accecante di un bacio, che lascia con gli occhi chiusi e consuma ossigeno, una visione confusa di ciocche rosse acuminate come punte. Strinse più forte le mani di Axel nelle sue, non sapeva se per accettarle, controllarle o ucciderle. Avrebbe voluto soltanto un nome. Ma trovava in sé soltanto rabbia crescente, furibonda, spietata, e distinto, il sentimento di essere un nessuno. 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: GemmaD