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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    13/12/2012    5 recensioni
[Velatamente SanzoxGoku, GojyoxHakkai]
Accadeva di rado, ma accadeva.
Nelle notti stellate e silenziose, quando il loro campo era immerso nella tranquillità dopo una cena condita di punzecchiamenti e risate, a volte Goku si svegliava e osservava il cielo.
Non si alzava, si limitava a stare sdraiato, con il mantello da viaggio a fargli da coperta e il braccio piegato all'indietro come cuscino, e guardava le stelle tenendo gli occhi appena appena socchiusi, come se volesse guardarle e lasciarsi cullare di nuovo nel sonno da loro.
Ma in realtà, quello che faceva, era ascoltare.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cho Hakkai, Genjo Sanzo Hoshi, Sha Gojio, Son Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Saiyuki
Rating:
Verde
Personaggi/Pairing:
Velato SanzoxGoku, HakkaixGojyo
Tipologia:
OneShot
Genere:
Fluff, Sentimentale
Avvertimenti: Shonen-ai
Disclaimer:
Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

SOMETHING IS CALLING FOR YOU

Accadeva di rado, ma accadeva.

Nelle notti stellate e silenziose, quando il loro campo era immerso nella tranquillità dopo una cena condita di punzecchiamenti e risate, a volte Goku si svegliava e osservava il cielo.

Non si alzava, si limitava a stare sdraiato, con il mantello da viaggio a fargli da coperta e il braccio piegato all'indietro come cuscino, e guardava le stelle tenendo gli occhi appena appena socchiusi, come se volesse guardarle e lasciarsi cullare di nuovo nel sonno da loro.

Ma in realtà, quello che faceva, era ascoltare.

Durante i lunghi anni della prigionia, tutto quello che aveva fatto era stato chiamare, chiamare e chiamare inconsciamente qualcuno che lo liberasse, e solo di recente aveva riscoperto il piacere di ascoltare.

Non i rumori della notte, erano tutti uguali in ogni luogo in cui si fermavano e non attiravano minimamente il suo interesse.

No: quello che veramente ascoltava, quello che, notte dopo notte, lo spingeva a stare sveglio per ore era ben altro.

Il respiro di Sanzo ad esempio, che sembrava quasi inesistente ma che lui aveva imparato a riconoscere ad occhi chiusi quasi come se fosse stato un sussurro mormorato al suo orecchio.

Il russare irregolare di Gojyo, che dormiva sempre nella stessa posizione rincantucciata accanto ad Hakkai, che sembrava quasi singhiozzare nel sonno, e i versetti soddisfatti di Hakuryu sulla sua pancia.

Erano tutti lì, attorno a lui, e al solo pensiero, il cuore di Goku faceva un balzo nel petto: dalla sua posizione accanto a Sanzo, avrebbe potuto vederli, se solo si fosse messo seduto, però l'incanto di quel momento, quella comunione di respiri e battiti del cuore che pareva chiamarlo a gran voce nel silenzio, era troppo bella e preziosa per infrangerla.

O almeno così pensava, fino a quella notte.

Perchè il bisogno fisico che sentiva, quella notte, era tale da spingerlo non solo a mettersi seduto ma pure ad alzarsi e portarsi al centro dell'accampamento.

Con cautela, nel tentativo di non far aprire la ferita che si era beccato sulla schiena solo poche ore prima, Goku strisciò fino a giungere a pochi passi dal focolare ormai spento e si attardò ad osservare quello che lo circondava.

Non ricordava di essere riuscito a stare sveglio per più di un'ora dal momento in cui Gojyo, furente, aveva trapassato da parte a parte il demone che aveva deciso di giungergli alle spalle per impalarlo ben bene e Hakkai l'aveva accolto premurosamente tra le braccia mentre cadeva a terra.

Non ricordava neppure di avere mangiato, tra parentesi, e il suo stomaco reclamava cibo, malgrado la febbre e i brividi di freddo che lo avevano attanagliato nel momento in cui aveva abbandonato a terra la coperta, restando a torso nudo con solo le bende a coprire la pelle martoriata.

Ricordava però tanti piccoli particolari, come la mano leggera che gli accarezzava burbera la fronte, lo scintillio di una lente o un vago lampo rosso nella luce morente del focolare e quel calore fortissimo nel petto che gli avvolgeva il cuore, un calore che soppiantava anche il dolore più intenso.

Sì, doveva ammetterlo, ad un certo punto stava soffrendo così tanto per quella ferita che avrebbe potuto tranquillamente lasciarsi andare: doveva essere fin troppo più seria e grave rispetto ai graffietti che solitamente riportava in combattimento, in quel lungo viaggio verso Ovest, eppure qualcosa non aveva fatto altro che chiamarlo, che tenerlo ancorato lì, a quella realtà fatta di momentaneo dolore.

Solo quando si era risvegliato, sotto le stelle, con la mano di Sanzo a pochi centimetri dalla sua, aveva capito.

E lì, rannicchiato accanto al focolare, l'unica cosa che riusciva a sentire era il loro respiro, e i loro cuori che battevano, erano loro che non avevano smesso un attimo di chiamarlo.

E lo facevano da sempre.

Era quel suono a svegliarlo ogni notte.

Non era più lui a chiamare, implorare, pregare che qualcuno lo tirasse fuori da quel piccolo mondo buio, guidandolo verso la luce del sole proveniente dall'altro mondo, quello luminoso, quello bello e caldo, quello dove il suo cuore malconcio da secoli di solitudine sapeva esserci una famiglia che lo aspettava, una famiglia che, forse, lo aspettava da sempre, che stava attraversando le ere nella speranza di riunirsi.

Adesso, non aveva più alcun motivo per farlo, dal momento che si erano ritrovati.

Goku...? Cosa fai in piedi...? Dovresti dormire...”

Il tiepido abbraccio di Hakkai lo fece sobbalzare, distogliendolo dai suoi pensieri, ma subito quel tepore lo spinse a rannicchiarsi contro il compagno alla ricerca di calore: “Vedi? Avresti dovuto restare sdraiato sotto la coperta... Hai ancora un po' di febbre...” la mano fresca che gli sfiorò la fronte gli concesse un po' di sollievo.

Con un fruscio, egli sciolse la stretta, andando a sedersi sul tronco al suo fianco: nel baluginio della brace, a Goku non sfuggì il sorriso affettuoso che ne ingentiliva ulteriormente il volto.

Ti fa ancora male da qualche parte?” gli chiese, avvolgendolo nella propria coperta.

Lui scosse la testa, scoccando un'occhiata tutto attorno, come a volersi sincerare della situazione.

Stai tranquillo, non c'è alcun pericolo. In questo momento, ciò che maggiormente mi preoccupa sono le tue condizioni.” lo rassicurò Hakkai, chinandosi a ravvivare le fiamme per fare un po' di luce: “Stenditi sul tronco a pancia in giù intanto, voglio controllare.”

Goku obbedì, sentiva dolore solo quando respirava o si muoveva ma era poca roba rispetto a ciò che aveva già provato.

Con mano abile, l'altro disfece le bende, passò dell'unguento sui tagli – quel contatto recò particolarmente dolore al ferito che dovette mordersi un labbro per non lasciarsi sfuggire nulla – e le riavvolse attorno al busto ancora più strettamente prima di aiutarlo a rimettersi seduto.

Stupida scimmia... Vedi di dormire prima che mi alzi e ti faccia passare la voglia di vagabondare, bucherellato come sei...”

Ridacchiando sommessamente per la voce ancora mezza addormentata di Sanzo, il moro diede un leggero buffetto sulla spalla al più giovane: “Vai da lui.” disse, spingendolo in avanti.

Barcollando, egli eseguì, cadendo in ginocchio per la stanchezza accanto al bozzolo che ospitava il bonzo.

Un attimo dopo, due braccia lo avevano sospinto sdraiato, facendogli poggiare la testa sul petto del monaco, e fu quel suono, ora distinto e cristallino come mai era riuscito a percepirlo, a farlo ripiombare nel sonno.

Dopo alcuni istanti di silenzio, anche Hakkai si alzò, osservando i due abbracciati sotto la coperta: “Buonanotte...” mormorò, dirigendosi verso l'angolo del campo che divideva con Gojyo, il quale lo aspettava, sveglio e vigile, con una smorfia divertita in volto, “Temevo preferissi quella stupida scimmia a me, stavo diventando geloso.” sussurrò lascivamente, cingendogli la vita con le braccia.

L'altro scosse la testa: “Avrei dovuto esserlo anche io per oggi, dal momento che non hai lasciato un secondo il fianco di Goku fino a quando non sono riuscito a stabilizzarlo.” dichiarò con un sorriso prima di poggiare le proprie labbra sulle sue.

Punto nel vivo, il demone sciolse l'abbraccio e si rannicchiò nella coperta, voltandogli le spalle e borbottando qualcosa tra sé e sé con tono imbarazzato.

Con un sospiro, dopo aver controllato un'ultima volta che i compagni stessero dormendo, il moro si accoccolò contro la schiena del rosso, chiudendo infine gli occhi.

   
 
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