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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    14/12/2012    1 recensioni
[JulianxSorrento]
La tempesta aumentò d’intensità, ormai non aveva più nemmeno sensibilità alle mani, tutto attorno a lui aveva il sapore di un sogno: era scoppiata talmente all'improvviso che non era riuscito a mettersi in salvo prima che la lingua di terra su cui era uscito a passeggiare dopo colazione diventasse un vero e proprio inferno di acqua e vento.
Una nuova ondata lo ghermì, mandandolo a cozzare con violenza contro gli scogli come se fosse stata una vecchia bambola di stracci: il dolore intenso alla caviglia, che seguì la botta, non era rassicurante, urlò, ma nessuno poteva udirlo e l'oceano lo azzittì senza pietà.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Poseidon Julian Solo, Siren Sorrento
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Saint Seiya
Rating:
Verde
Personaggi/Pairing:
Julian Solo, Sorrento di Siren, JulianxSorrento
Tipologia:
OneShot
Genere:
Fluff, Sentimentale
Avvertimenti: Shonen-ai
Disclaimer:
Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

PLACANDO LA FURIA DI POSEIDON

Con malinconia, Siren fissava fuori dalla finestra, lo sguardo era rapito dal continuo picchettio delle gocce di pioggia sul vetro e dalle ondate che s'abbattevano di continuo sulla scogliera.

Sospirando, il giovane austriaco spostò la propria attenzione sulle mani: malgrado il lungo bagno caldo fatto poco prima, le sentiva ancora impregnate di sale, e incredibilmente gelate...

Scosse violentemente la testa nel tentativo di scacciare i pensieri cupi che, lo sentiva, si stavano affollando alla sua mente, poi s'alzò in piedi.

Con lo sguardo, indugiò qualche istante sugli alti scaffali che lo circondavano, osservando con attenzione le coste dei libri dai colori scuri come i panneggi di pesante velluto alle finestre, il tutto leggermente illuminato da numerose lampade, poste in cima a ogni libreria.

Certo che quella biblioteca era davvero immensa, era quasi intimorito.

Non doveva essere tanto più grossa di quella di Villa Solo, ma c'era qualcosa in lei, forse il silenzio, che la rendeva inquietante.

Si sfregò gli occhi, trattenendo a stento uno sbadiglio, mentre i suoi passi lenti e misurati lo conducevano attraverso gli stretti corridoi, portandolo nella dimensione di un sogno ad occhi aperti; con le dita, sfiorava le copertine ora di questo ora di quel volume, ascoltandone i sospiri e i sussurri.

Ti senti meglio, ragazzo?”.

L'uomo che si era immediatamente materializzato alle sue spalle indossava una strana divisa militare, decorata da medaglie e lustrini di tutte le forme e colori, con stemmi ricamati su tutta la superficie delle braccia e con un bastone da passeggio di legno bianco stretto nel pugno: lo osservava con vivo interesse negli occhi, di un bel verde speranza, i quali erano incastonati in un volto grasso e pieno, che metteva allegria tanto era luminoso e pieno di gioia.

L’accostamento di colori che indossava lo faceva somigliare a una sorta di Arlecchino del Carnevale: gli spessi occhiali cerchiati di metallo nero potevano benissimo essere la sua maschera da festa e la coppola nera, con un po’ di fantasia, poteva rassomigliare vagamente al buffo cappello con cui veniva sempre raffigurata la maschera più birichina tra tutte.

Nell'insieme, era bizzarro, molto bizzarro, ma il suo sorriso era rassicurante, in un certo senso.

Sorrento annuì, accennando un lieve inchino: “Non ho più freddo, grazie a lei.” cercò di mostrarsi allegro, ma con estrema difficoltà, “La gamba ha anche smesso di farmi male.” precisò.

Già... Mentre stava affogando, ricordava vagamente di aver sbattuto la caviglia contro lo scoglio.

L'uomo gli fece cenno di sedersi accanto al caminetto scoppiettante, dove c'erano due poltrone morbidissime che sembravano aspettare solo loro.

Una volta sprofondatosi in quella più vicina alle fiamme, Siren scorse davanti a sé un basso tavolino invaso da tazze, chicchere, teiere e dolci di ogni genere.

Tieni, ti farà bene mangiare qualcosa.” disse l'uomo, versandogli una tazza colma di tè, “Attento che scotta” si raccomandò, vedendolo portare subito il contenitore alle labbra, “Pensavo di trovarti a letto a riposare ancora un po', ma Christaki mi ha detto di averti visto dirigerti qui.” proseguì, passandogli un pezzo di galaktoburiko dall'aspetto estremamente invitante.

Solo in quel momento il giovane si rese conto di quanta fame veramente avesse.

Il musico annuì: “Non riuscivo a stare sdraiato, mi sembrava di avere ancora l'acqua in gola...” ridacchiò forzatamente.

Da quando aveva così paura dell'oceano?

Quando finirà questa burrasca, farò venire un medico per darti un'occhiata. Fino ad allora, ti conviene stare il più possibile a riposo.” l'uomo lo scrutò da dietro le spesse lenti con apprensione quasi paterna.

N-Non si preoccupi, non voglio esserle di peso. Una volta finito di piovere, cercherò di tornare a casa.”.

Non mi sembra sia saggio, figliolo... Il mare da queste parti sa essere tremendo... Le famiglie che vivono nella zona hanno alle spalle un passato trascorso sui flutti, regno di Poseidon, e a nessuno verrebbe mai in mente di sottovalutare la potenza di queste tempeste. So che le persone che ti ospitano saranno preoccupate, ma finchè sei qui, stai al sicuro. Quando anche la linea telefonica si deciderà a tornare a funzionare, li avvertiremo.”.

L'austriaco sapeva che era giusto così, ma l'orrenda sensazione di disagio all'altezza dello stomaco non l'aveva abbandonato.

Non fare quel muso, il vecchio Stratonikos è conosciutissimo. Quando tornerai, ti accompagnerò io, vediamo se qualcuno avrà voglia di sculacciarti.” rise di gusto, allungandosi a scompigliare i ciuffi ancora umidi del suo giovane ospite.

Questi arrossì, abbassando lo sguardo e svuotando per metà la tazza piena di liquido bollente.

§§§

Gli occhi bruciavano e la pelle del viso era arrossata, sferzata dalle instancabili raffiche mentre le orecchie, piene del grido senza speranza delle acque e dell’aria, erano ormai insensibili a qualunque stimolo e la sua mente era avviluppata dal terrore mentre una nuova ondata lo agguantava senza pietà tanto più provava a riguadagnare la spiaggia.

Si dibatteva, la gola si riempiva d'acqua salatissima e soffocante e non c'era un singolo frammento del suo corpo che non reclamasse riposo e pace, che non invocasse Poseidon perchè lo salvasse.

La tempesta aumentò d’intensità, ormai non aveva più nemmeno sensibilità alle mani, tutto attorno a lui aveva il sapore di un sogno: era scoppiata talmente all'improvviso che non era riuscito a mettersi in salvo prima che la lingua di terra su cui era uscito a passeggiare dopo colazione diventasse un vero e proprio inferno di acqua e vento.

Una nuova ondata lo ghermì, mandandolo a cozzare con violenza contro gli scogli come se fosse stata una vecchia bambola di stracci: il dolore intenso alla caviglia, che seguì la botta, non era rassicurante, urlò, ma nessuno poteva udirlo e l'oceano lo azzittì senza pietà.

Risospinto verso la riva, sentiva gli abiti pesantissimi ma tutte le sue forze erano concentrate nel tentativo disperato di nuotare e se avesse smesso, era certissimo che sarebbe stato risucchiato dalla corrente e condotto sott'acqua.

Non poteva fare altro che proseguire.

Ciononostante, ogni suo sforzo risultò vano, era stremato e non avrebbe potuto resistere ancora a lungo: ormai le forze lo stavano abbandonando.

L'ultima cosa che sentì, prima di perdere infine conoscenza, fu una mano massiccia che gli afferrava i capelli.

§§§

JULIAN-SAMA!”.

L'urlo di Siren ruppe per un attimo il silenzio che regnava nella grande biblioteca mentre il nordico, con aria smarrita e confusa, gli occhi gonfi di sonno e lo stomaco sottosopra, tornava alla realtà con estrema difficoltà.

Doveva essersi addormentato.

Tremando, il biondo si guardò attorno, riconoscendo l'ambiente in cui si trovava solo dopo parecchi minuti: perchè gli sembrava di essere ancora in balia della furia degli elementi?

L'ululare del vento giungeva attutito a lui attraverso il vetro, questo si, ma non poteva essere solo quello a suggestionarlo in quel modo.

Scosse violentemente la testa, cercando di ricacciare i brutti ricordi e si concentrò su ciò che stava facendo prima di addormentarsi.

Ricordava di essersi messo a leggere un volume.

Eccolo, a terra, abbandonato sui propri piedi.

Con un sospiro cupo, si chinò a riprenderlo, ripulendolo dalla polvere e osservandolo con malinconia: Julian-sama gli mancava.

Nel profondo del cuore, si era sempre chiesto quando il semplice legame che univa un Marinas al suo signore si fosse tramutato in un amore sincero, tenero e fragile come lo erano le loro nuove esistenze da mortali, fragili al punto che, se in un passato lontano, affrontare le onde non avrebbe portato alcuna conseguenza, quell'ultima volta aveva rischiato seriamente di affogare.

Premendo le dita agli angoli degli occhi per impedire di far sfuggire le lacrime, il giovane austriaco poggiò nervosamente il pesante volume sul primo tavolino capitatogli a tiro prima di avvicinarsi con titubanza al fuoco nel caminetto per scaldarsi.

Si sentiva così stanco...

Avrebbe voluto tanto addormentarsi, lì su quel tappeto così morbido e invitante, raggomitolato come un gatto, eppure qualcosa gli sussurrava all'orecchio di alzarsi, lo spronava gentilmente ad aprire gli occhi, a non farsi vincere dal sonno, che c'era bisogno di lui.

Che qualcuno aveva bisogno di lui, in quella ululante tempesta che imperversava sull'Oceano, che l'Oceano stesso stava soffrendo.

Debolmente, Sorrento si tirò seduto, con l'espressione pensierosa e confusa allo stesso tempo concentrata sulle fiamme danzanti nel caminetto.

Poi, un tuono particolarmente forte lo fece sobbalzare con violenza, terrorizzandolo e lasciandogli addosso l'orrenda sensazione che qualcosa non andava, che...

Julian-sama...” le sue labbra si lasciarono sfuggire quel nome dall'intonazione simile ad una supplica sull'orlo delle lacrime.

Barcollando, il musico si aggrappò alla balaustra della finestra, poggiando la fronte contro il vetro.

Aguzzando la vista nella tempesta, cercando disperatamente di non perdere a propria volta la bussola in quell'inferno di acqua e vento gelido, il suo cuore ebbe letteralmente un tuffo quando gli occhi distinsero i lunghi capelli biondi aggrovigliati per il salino mischiarsi con l'ocra scuro della spiaggia.

Poteva vederlo come se fosse a pochi centimetri da lui, poteva distinguerne il volto sofferente e le labbra screpolate che sussurravano con le ultime forze il suo nome.

Julian Solo era lì fuori.

Ragazzo, che succede? Perchè piangi?”

Giratosi di scatto, a Sorrento mancò improvvisamente l'equilibrio, si vide cadere in avanti e venir afferrato dalle braccia forti del suo ospite, che lo guardava preoccupato mentre gli occhi venivano invasi dalla tristezza.

E'-E' là fuori...” singhiozzò debolmente il flautista, afferrando con le mani tremanti il colletto della giacca dell'uomo sopra di lui: “Devo andare a prenderlo...”

Chi devi andare a prendere?” gli sussurrò, accarezzandogli la schiena con fare protettivo.

J-Julian-sama... Julian-sama è là fuori... Sulla spiaggia... Devo andarlo a prendere... Mi lasci, la prego.”

Mi vuoi dire che c'è un altro ragazzo là fuori?” la preoccupazione dell'uomo era palpabile anche nell'intontimento che l'aveva attanagliato.

Siren non potè fare altro che annuire, prima di perdere definitivamente i sensi in una vertigine di dolore intenso al punto da strapparlo senza troppi complimenti alla coscienza.

Sentì unicamente una voce lontana bisbigliare qualcosa e quell'ultimo tuono, così violento da farlo tremare.

§§§

Le gocce d’acqua sui capelli…

La sensazione di un respiro caldo sul viso…

E quei ciuffi biondissimi che gli danzavano davanti al naso…

Due occhi di un azzurro particolarmente intenso lo fissavano con affetto mentre una mano andava a sfiorare la sua…

E un sorriso pieno di luce gli faceva battere il cuore…

Una voce familiare gli sussurrava qualcosa all’orecchio, che però non capiva, il rumore della pioggia copriva ogni cosa, e lui si sentiva il corpo incredibilmente pesante nel tepore che quel sorriso gli trasmetteva…

E un nome che gli saliva alle labbra…

Al risveglio da quel sogno, la prima cosa che Julian percepì fu il picchettare leggero della pioggia sul vetro della finestra.

Si rannicchiò maggiormente sotto le coperte, tenendo gli occhi saldamente ben chiusi nel tentativo di riprendere le fila di quelle immagini che stavano inesorabilmente sbiadendo senza che lui potesse fare alcunché per trattenerle; e rimasero solo dei pallidi flash iridescenti, come brani di arcobaleno strappati via e ormai privati della loro luce.

Peccato…

Con un sospiro rassegnato, Solo si rigirò sulla schiena, portando il braccio a coprire gli occhi e parte del viso e rimase così, ad ascoltare i suoni che permeavano la mattina: era un pensiero rassicurante sapere di essere lì al sicuro mentre fuori continuava a piovere.

Julian-sama…”

Un bisbiglio assonnato lo distolse dai suoi pensieri mentre una mano sottile come la sua andava a sfiorargli le dita, serrandole poi con forza: “Julian-sama...?” ripetè quella voce così familiare, così cercata...

Stanco come mai si era sentito in vita sua, il greco sollevò lievemente le palpebre, distinguendo nella fioca oscurità un ciuffo biondo poggiato sul cuscino accanto al suo, riconobbe quel volto stanco che lo fissava e riconobbe ugualmente il calore di quel corpo stretto al suo.

Non disse nulla mentre affondava il proprio volto nei capelli spettinati dell'altro, che ancora odoravano di salsedine e tempesta.

Non disse nulla mentre lo abbracciava, baciandolo piano sul viso che sapeva di salino, e non solo per il mare che l'aveva travolto.

Non disse nulla, lasciò che fosse il suo corpo a parlare per lui.

§§§

Oh, ha smesso di piovere...”

Aprendo la finestra che dava sul terrazzo dinanzi alla propria stanza, il vecchio Stratonikos inspirò a pieni polmoni la frizzante aria mattutina dal forte profumo di mare, salutando con la mano alzata il sole che, tiepido, cominciava a fare appena appena capolino dalle nuvole mentre gli occhi vagavano senza posa sul mare ancora in parte agitato la cui furia però stava scemando sempre più, così come il grido del vento che non fischiava più così intensamente alle orecchie.

Per un attimo, si attardò a osservare con orgoglio malcelato i pescherecci che già cominciavano a solcare i flutti, socchiudendo gli occhi e tendendo l'orecchio, come se volesse udire una qualche parola sussurrata dal vento: era una persona pragmatica, poco incline alle superstizioni, ma era molto sensibile all'amore, e ricordava chiaramente il delirio nella voce del più giovane tra i suoi due ospiti quando l'aveva trovato inginocchiato a terra in biblioteca, ricordava l'ultima immagine che aveva avuto di lui e dell'altro ragazzo che i suoi servitori avevano portato dentro casa dalla spiaggia, un'immagine tenera nell'abbraccio che si erano scambiati nell'incoscienza.

Forse è stato il loro amore a placare lo stesso Poseidon.” si ritrovò a pensare con un sorriso mentre rientrava.

   
 
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