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Autore: transatlanticism    14/12/2012    2 recensioni
Affascinante come non mai, il professor Mancini era intento a spiegare la propria materia allo schermo gigante posizionato davanti alla platea piena di giovani uomini alle prese con i primi doveri.
Caterina Borghese fissava i movimenti dell’uomo in un modo che avrebbe fatto intender che non avesse mai visto un essere di sesso maschile in tutta la sua vita.
Fingeva di prendere qualche appunto, alzava lo sguardo per non dare troppo nell’occhio e, non appena il professore si fu voltato, sbirciava anche il suo lato posteriore. E no, non era una stalker o cos’altro. Semplicemente apprezzava il bello della vita.
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«Almeno dimmi che stasera verrai al cinema con me»
La giovane Borghese annuì istintivamente, portandogli le braccia al collo: era una vita che quei due correvano intorno ad un mondo pieno di gente strana e diversa da loro.
Erano diversi, particolari ed uguali tra loro. Amici per la pelle e per le palle, secondo Giorgio: entrambi dimostravano sempre di avere la capacità di battere chiunque con una semplice parola.
Battuta pronta, parole taglienti, sorriso furbo.
Borghese e Tanica erano la coppia di amici diversi, uguali e simili al tempo stesso.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Italia 1999
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Affascinante come non mai, il professor Mancini era intento a spiegare la propria materia allo schermo gigante posizionato davanti alla platea piena di giovani uomini alle prese con i primi doveri.
Disegno tecnico era seguito da ragazzi e ragazze di ogni età, chi un po’ in anticipo e chi, al contrario, fuori corso. Sempre attenti a prendere ogni minimo appunto su quell’importante materia per cui sarebbe stata d’obbligo la frequentazione, duecento menti giovani vagavano alla ricerca di una x o di un qualunque asse sul piano. Ovviamente non tutti potevano vantare una genialità tale da poter trovare quell’incognita in un nulla, per questo il professor Mancini prestava aiuto a chiunque ne avesse bisogno. Non aveva un motto, ma se proprio glielo si dovrebbe attribuire di certo sarebbe qualcosa tipo “sono bello e posso permetterti di distrarti”. O almeno le giovani donne che frequentavano il suo corso la pensavano a quel modo.
In particolare, al solito posto in fondo alla sala, settima della fila, Caterina Borghese fissava i movimenti dell’uomo in un modo che avrebbe fatto intender che non avesse mai visto un essere di sesso maschile in tutta la sua vita.
Fingeva di prendere qualche appunto, alzava lo sguardo per non dare troppo nell’occhio e, non appena il professore si fu voltato, sbirciava anche il suo lato posteriore. E no, non era una stalker o cos’altro. Semplicemente amava il bello della vita.
Sappiamo comunque per certo che Caterina non era nemmeno una ragazza di quelle geniali: frequentava il corso solo perché era obbligatorio – aveva ringraziato il cielo anche per quello – e per il suo insegnante. Non aveva ottime aspettative per il voto finale all’esame, perciò si faceva passare gli appunti da qualche suo amico.
Mancini passava tra i banchi, rimproverando di tanto in tanto qualche laureando perché stava utilizzando il cellulare a sua insaputa, cosa che, a detta sua, risultava «scortese e poco consono alla situazione».
Avanzava lento, correggendo gli appunti di qualcuno e sorridendo – che sorriso – agli allievi eccellenti. Molleggiava sulle gambe lunghe e spostava di tanto in tanto gli occhiali, portandoli più su sul naso.
Caterina stava letteralmente impazzendo, così come altre cento ragazze lì dentro. Aveva perso anche il conto di tutte le volte che lo aveva scoperto senza occhiali a mostrare l’azzurro limpido dei suoi occhi sottili, messi in evidenza dalle lunghe ciglia nere. Ora, per esempio, si trovava a giocherellare con gli occhiali tra le mani.
Arrivò all’ultima fila, passando dietro alle sedie. La ragazza iniziò a sudare freddo, cercando in ogni modo di contenersi e non sembrare arrossata o quant’altro.
Dalla sua destra arrivò un bigliettino che aprì immediatamente.
“Arriva. Attenta che hai un po’ di mascara fuori posto! P.s.: hai visto il golfino che ha oggi? Quant’è bello!”
Non fece in tempo a sistemarsi o pensare chi le avesse mandato il biglietto o semplicemente a richiuderlo: Mancini era arrivato alle sue spalle e aveva puntato il foglietto verde acqua su cui c’era scritto il messaggio in una calligrafia perfetta. Aveva allungato la mano e aveva preso il foglietto, senza mostrare qualsiasi emozione: niente. Era rimasto impassibile anche quando aveva letto tutto e si era controllato per vedere se effettivamente quel golfino appartenesse a lui. Guardò Caterina che nel frattempo era rimasta immobile con lo sguardo perso e continuò il suo giro.
Non la sgridò, non le disse niente. Eppure Caterina ci era rimasta male: almeno un minimo di considerazione, almeno un rimprovero per cui valesse la pena vantarsi con le amiche perché finalmente le aveva rivolto la parola. Niente.
La lezione, per giunta, non era stata delle migliori: non lo aveva fissato abbastanza per i suoi gusti e, nonostante la figuraccia, lo osservò camminare ancora lentamente. Ovviamente non potendo fare a meno di farne un’altra, perchè il professore si girò verso il suo lato e la beccò.
Colpita e affondata.

 

 

«Tanica, ho un mal di testa incredibile, smettila» aveva fermato il suo migliore amico Caterina.
Giorgio, d’altra parte, non potè fare a meno di sbuffare e dirle che se non l’avesse smessa con quelle sue inutili paranoie riguardo quel vecchio di Mancini l’avrebbe presa e chiusa in un manicomio.
«Divertente» rispose lei.
Lui sbuffò ancora. «Almeno dimmi che stasera verrai al cinema con me»
Caterina alzò lo sguardo e strabuzzò gli occhi. «Giusto!»
«Te n’eri dimenticata?» la guardò male.
Alla ragazza venne  spontaneo fare una boccaccia per nascondere la verità e ciò fece ridere il ragazzo.
«Quindi cosa c’è?»
«La vita è bella»
Caterina lo guardò mentre, con nonchalance, il ragazzo portava  la sigaretta alle labbra.
«La vita non è bella»
Giorgio rise, soffocandosi con il fumo e tossendo. C’erano i momenti in cui Caterina era pessimista, ma da quella mattina lo era stata fin troppo per i suoi gusti.
«Non ho voglia di fare filosofia o psicologia, smettila» tagliò corto infatti.
La ragazza sbuffò e gli rubò la sigaretta seppur non fumasse. Ne prese un tiro e tossì convulsivamente.
La scena fu una delle più divertenti: lei che soffocava e lui che se la rideva dandole pacche sulla schiena, stando però attento a non essere troppo manesco.
«Ma vuoi ammazzarmi?» chiese lei alzando il tono di qualche ottava di troppo.
Il ragazzo scrollò le spalle. «Sei tu che mi hai preso la sigaretta senza permesso»
Rimasero un po’ a guardarsi in cagnesco, momento della giornata solito tra loro, e dopo un po’ ripresero a parlare come se niente fosse, come se il loro amore-odio non ci fosse mai stato.
«Antonio mi ha chiesto di te» esordì Giorgio buttando la sigaretta a terra e aggiustandosi gli occhiali da sole finti.
Caterina alzò lo sguardo e si illuminò. «Il maggiore dei Tanica mi reclama?»
«No, era per prenderti per il culo»
Ed ancora così, si punzecchiarono fino alla fine. Fino all’ultimo secondo in cui si lasciarono, quando lui le chiese «Allora, ci sei?»
Magari le sarebbe servito per svagarsi e mangiare un po’ di pop-corn, che non era una cattiva idea.
La giovane Borghese annuì istintivamente, portandogli le braccia al collo: era una vita che quei due correvano intorno ad un mondo pieno di gente strana e diversa da loro.
Persino la loro risata era diversa dal resto. Loro lo erano, nel loro piccolo, a dimostrazione che non tutto può avvenire secondo uno standard preciso per cui, a volte, la gente crea pregiudizi inutili.
Erano diversi, particolari ed uguali tra loro. Amici per la pelle e per le palle, secondo Giorgio: entrambi dimostravano sempre di avere la capacità di battere chiunque con una semplice parola.
Battuta pronta, parole taglienti, sorriso furbo.
Borghese e Tanica erano la coppia di amici diversi, uguali e simili al tempo stesso.

  
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