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Autore: s_smile    14/12/2012    5 recensioni
I ricordi di Mirai Bulma sul primo Natale passato con Vegeta.
"..Oh lo ricordo bene, Vegeta, come fossero passati giorni, invece che mesi. Anni.
Seduta su di una poltrona sgangherata in quello che era il nostro salotto, sorrido ripensando a te, che mi guardi schifato mentre decoro una piccola casetta di marzapane. 
Quello era stato l’ultimo Natale passato assieme, prima di quel giorno di maggio.."
Buona lettura ;)
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ricordi di un inverno.


Una fredda giornata di dicembre, ecco quello che per te era sempre stata. Solo un fredda, stupida, giornata di dicembre.

Non era altro!

Quello che per tutti era “il giorno più bello dell’anno” per te era solo un insulso giorno come gli altri su questo schifosissimo pianeta.

-“L’atmosfera è circondata da una magia incredibile e le persone sono tutte più buone”.. Stronzate!- ripetevi sempre parafrasando le mie parole, cercando di imitarmi con una vocetta stridula che non somigliava affatto alla mia.

 Si, ti eri sempre lamentato in quel modo, principino, quando quel giorno “nefasto” si avvicinava.

Nonostante fossero ormai alcuni anni che avevi deciso di vivere sulla Terra, nella mia casa che, pian piano, era diventata anche la tua, non ti eri ancora abituato a quelle usanze e di solito il commento finale era sempre lo stesso: “Non avete ancora imparato voi terrestri che le persone malvagie restano tali anche durante questa stupida festa? Non c’è niente di magico! Siete solo voi troppo stupidi a crederci!” ed ogni volta io, fregandomene dei commenti e delle battute acide, mi dedicavo ad addobbare la casa di festoni e a decorare un albero di due metri come minimo.

Oh lo ricordo bene, Vegeta, come fossero passati giorni, invece che mesi. Anni.

Seduta su di una poltrona sgangherata in quello che era il nostro salotto, sorrido ripensando a te, che mi guardi schifato mentre decoro una piccola casetta di marzapane.

Quello era stato l’ultimo Natale passato assieme, prima di quel giorno di maggio.

Oh Vegeta, non sai quanto mi manchi..

La neve, che vedo scendere candida da fuori la grande finestra di questa cupola semi-distrutta che un tempo era la CC, sembra la stessa di sempre, eppure così diversa.

Sai cosa mi ricorda? Il mio Natale più bello, il primo con te.

Te lo ricordi anche tu, vero?

Era la sera della vigilia, il primo anno in cui ti ospitavamo.

Avevo sempre adorato il Natale, per il clima di pace che si respirava, per la gioia, per l’amore che ci circonda in quel periodo, e poi le luci, le decorazioni, la neve!

Ma quel giorno si era rivelato tutt’altro che gioioso.

Quella sera di dicembre la rabbia e la frustrazione che avevo in corpo mi accecarono.

E dire che solo qualche ora prima ero al settimo cielo all’idea che avrei trascorso il Natale con lui.

Quel viscido traditore!

 Sapeva che stavo arrivando e se ne era fregato. Sapeva che stavo arrivando e aveva comunque deciso di farlo, sotto i miei occhi.

Era stata una pugnalata al cuore, più forte di qualsiasi colpo che tu potessi infliggere ad un tuo nemico.

E appena entrata in casa sua, la porta d’ingresso socchiusa, lui che pompava sopra una biondina con lo sguardo ebete, il mio Natale rovinato.

Tutto in un momento..

Non dissi niente quando lui si interruppe scorgendomi da dietro la porta.

Non dissi niente quando lui mi urlò, nudo, dalla porta d’ingresso del suo appartamento di tornare indietro.

Non dissi niente, ma morì dentro. Non ero abbastanza, pensavo, non ero sufficiente!

Doveva davvero  ricorrere ad una stangona col cervello di gallina per soddisfarsi?

Non ero abituata a sentirmi così, così inutile.

Adesso forse capisci cosa mi era preso quando, tornata a casa, mi ero semplicemente seduta sul divano del salone a rimirare quell’albero che avevo addobbato con tanto zelo.

Due metri e poco più di lucine, palline variopinte e nastri sgargianti. Nemmeno quello era abbastanza?

Non volevo piangere, non dovevo.

Perché? Perché era andato tutto storto? Perché?

Il mondo mi era crollato addosso.

Tutte le mie certezze si erano infrante tra i gemiti di una sgualdrina! Perché proprio a me?

Perché proprio quella sera?

Poi sei arrivato tu, come se tutto quello non bastasse.

Ti sentì entrare con il tuo solito passo fiero e spedito.

“Donna ho fame!” dicesti semplicemente, con quel tono freddo più della neve che ricopriva il tetto, ma in quel momento non riuscivo a pensare, figuriamoci sopportare il tuo solito atteggiamento.

Rimasi immobile.

Volevo che te ne andassi, che mi lasciassi sola con i miei dubbi e il mio risentimento.

Tu invece sei rimasto.

La tua richiesta morì lì quasi subito, probabilmente quando ti accorgesti che c’era qualcosa di insolito in me, in quella donna che ti urlava contro in ogni occasione e che ora rimaneva inerme, in silenzio.

Mi studiavi.

Sentivo il tuo sguardo sulla schiena, percorrermi e trafiggermi.

Appoggiato alla parete dietro il divano, mi studiavi, aspettavi, forse non sapevi nemmeno tu bene cosa.

Quello sguardo così invadente ed indesiderato in quel momento. Perché non mi lasciavi in pace?

Ti ho odiato.

In quel momento ti ho odiato davvero troppo. Non riuscivo nemmeno a pensare sentendo il tuo sguardo addosso!

-          La smetti di fissarmi??- ero scattata in piedi, gli occhi pieni di rabbia, e di lievi limpide lacrime.

Silenzio. Silenzio? Perché ora non parlavi?? Perché non dicevi niente, eh? Ti piaceva vedermi in quello stato scommetto, così vulnerabile, come mai prima.

-          Sei uno stronzo! Sei solo uno stronzo senza cuore! Tu e quel puttaniere di Yamcha!! Non pensate mai che le vostre azioni possano mettere a disagio la gente, che possano ferirle a morte?? Eh? Rispondi adesso!! Dannazione rispondimi!

Ero a pezzi. Ero semplicemente a pezzi.

Le mie certezze, i miei sogni, tutto! Tutto era crollato! Tutto.. non era rimasto più niente di me, della mia sicurezza, della mia spavalderia, del mio orgoglio!

Niente più Bulma Brief, solo uno spettro.

Lo spettro di Natale.

Ti avvicinasti a me, lentamente. Lo ricordo come fosse ieri, vorrei che fosse stato ieri.

Ti sei avvicinato e mi hai baciato, così, semplicemente, come se non ci fosse stato niente di strano.

Forse te ne eri accorto.

Si, probabilmente lo sapevi già da molto tempo. Ma era così evidente?  Era così evidente che io provassi qualcosa per te?, qualcosa che va oltre la semplice attrazione fisica.

Forse di questo anche Yamcha si era accorto, forse è per quello che lo aveva fatto.

Voleva farmi soffrire come soffriva lui ogni volta che ti guardavo, che ti parlavo, anche solo per rivolgerti un insulto o un rimprovero.

Perché io in realtà volevo te, Vegeta, ho sempre voluto te, ma tu questo già lo sapevi.

Fu un bacio casto, senza che tu pretendessi niente o che ti prendessi troppe libertà.

Semplicemente posasti le tue labbra sulle mie e mi desti quella risposta che cercavo.

Tutto quello era successo affinchè  noi potessimo trovarci, ecco perché.

Ti staccasti da me dopo alcuni lunghissimi secondi e mi guardasti ancora, ma questa volta non con un fare meschino o ironico.

I tuoi occhi neri come la pece bollente si erano persi nei miei, blu come il mare, per la prima volta, ma non l’ultima.

-          Tsk, voi terrestri siete davvero esseri stupidi. La verità è che vi importa troppo dell’opinione degli altri quando, in realtà, l’unica cosa che importa è quello che si pensa di se stessi.

Parole semplici, elementari, eppure quelle parole avevano su di me l’effetto dei fagioli di Balzar.

Mi avevi donato nuova forza, nuova vita. Chissà se ti eri reso davvero conto di ciò che avevi fatto.

Tu, uomo sadico e spregevole, avevi appena consolato una donna stupida ed insignificante, che piangeva per un uomo che non amava, che odiava l’uomo che amava, che ama ancora.

Ti guardai allontanarti ed avviarti alla porta.

Sarebbe finita lì? Avrei sofferto ancora? Chiedertelo? No, non potevo farlo. Ti sarei sembrata ancora più patetica di quanto già non fossi.

Poi, sulla soglia, ti vidi girare lievemente la testa, senza guardarmi.

-          Ah.. Buon Natale Bulma.- esclamasti con le labbra leggermente increspate, per poi proseguire per la tua strada.

Non potrei mai dimenticarlo.

Alla fine ciò che dicevi sempre non l’avevi dimostrato bene: a Natale anche le persone malvagie possono diventare buone, almeno per un giorno.

Era forse un sorriso quello che mi avevi rivolto? Un sorriso. A me. Non avrei scelto regalo migliore per quell’anno.

Alla faccia di stupidi cosmetici e scialbe borse con cintura abbinata! Un tuo sorriso valeva mille volte tutto questo.

Sai, in quel momento mi sono sentita felice, ma di quel tipo di felicità per cui senti che potresti scoppiare.

Ogni dubbio si era dissolto.

Io forse non ero abbastanza per Yamcha, ma ero più che abbastanza per te, e questo mi bastava.

Dopo che te ne andasti mi sedetti di nuovo sul divano, a fissare l’albero.

Incantevole. Era magnifico.

E dire che fino a poco prima avrei voluto gettarlo a terra e calpestarlo.

Pensavo incarnasse il mio non-essere-abbastanza e invece rappresentava il mio essere speciale. Speciale per te.

Forse mi prenderai per pazza, ma anche quest’anno ho fatto l’albero.

Si, la nostra casa è ridotta ad un cumulo di macerie ma io ho fatto l’albero!

Certo, non è alto due metri come quello sotto al quale mi hai baciato, ma guardandolo sento come se stessi rivivendo quell’emozione adesso.

Forse sono davvero pazza. Pazza di te, Vegeta.

Dopo tanti anni, per la prima volta sento come se tu fossi ancora qui con me, anche se non è così.

Non più.

Sono passati anni, sedici per essere precisi, ed il nostro Trunks è grande ormai.

Ora è fuori, e io sono in pensiero per lui.

Sai, si è messo in testa di volerli sconfiggere, i cyborgs, tutto da solo. So che è assurdo, ma infondo è sempre il figlio del principe dei Sayan, no?

Oh Vegeta, vorrei che fossi qui con me, che mi confortassi, che mi dessi forza, come quella sera.

Non ti ho mai ringraziato per tutto ciò che hai fatto per noi, per me.

Ti sei imposto nelle mia vita nel tuo solito modo irruento e prepotente e mi hai lasciato una cicatrice indelebile di un amore mai cancellato.

Io però ero troppo orgogliosa per ringraziarti. Ero come te.

Ora non posso farlo più, purtroppo.

Ormai esisti solo nei miei ricordi e nelle mie silenziose lacrime, ma tu sai bene che io non mi darò per vinta!

Non te l’ho detto, ma sto costruendo un’altra invenzione. Una macchina del tempo, per salvare il nostro passato da questo ignobile futuro.

Se non altro in un’altra dimensione sarà così, ed io potrò finalmente ricambiare il regalo che mi facesti tu quella sera.

 Buon natale anche a te, Vegeta.

 Buon Natale amore mio.
    


Note: Spero che questa piccola storia vi sia piaciuta.
Personalmente adoro il Natale quindi non potevo non scrivere una fict che c'entrasse con il (secondo me) periodo più bello dell'anno.
Spero che qualcuno recensisca per farmi sapere se sto migliorando oppure se la scrittura non fa per me. Accetto le critiche molto volentieri perchè sono un buon modo per migliorarmi e per fare in modo che anche voi possiate avere il paicere di leggere delle belle storie.
Detto questo vi saluto e buon Natale anche a voi!
S ;)
   
 
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