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Autore: Erica_A7X    15/12/2012    0 recensioni
"E' terribilmente complicato lasciare i propri amici in una città e doversi trasferire, ma c'è un lato positivo: quando tornerai saranno ancora lì ad aspettarti, se sono veri amici.
Mi chiamo Alex, Alexander William Gaskarth e qualche anno fa vivevo a Baltimora, ma i miei hanno deciso di trasferirsi a New York così ho dovuto lasciare tutti i miei amici nella vecchia città."
Genere: Generale, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BALTIMORE.

 
E' terribilmente complicato lasciare i propri amici in una città e doversi trasferire, ma c'è un lato positivo: quando tornerai saranno ancora lì ad aspettarti, se sono veri amici.
Mi chiamo Alex, Alexander William Gaskarth e qualche anno fa vivevo a Baltimora, ma i miei hanno deciso di trasferirsi a New York così ho dovuto lasciare tutti i miei amici nella vecchia città.
 
9.30 a.m - 3 Dicembre 2012 – New York, Camera di Alex
-Alex, muoviti-
-Si mamma, ho finito con gli scatoloni- che palle fare i traslochi -adesso li porto nel camion!-
Iniziai a scendere le scale dell'appartamento dove vivevamo e i traslocatori mi guardarono subito male.
-Alex, tesoro, digli alla nonna che le vogliamo bene e chiamaci quando arrivi. Ti adoro William-
-Okay mamma, ci vediamo-
 
Salii sul treno che mi avrebbe portato nella mia nuova, ma vecchia, casa: Baltimora. Il pensiero di ritornare a casa riuscì a riscaldarmi il cuore che ormai per troppo tempo aveva smesso di battere, mi erano mancati moltissimo i miei amici e quelli che mi ero fatto a New York non erano come loro, nessuno era come Jack, come Zack o come Rian.
La stazione di Baltimora era come la ricordavo, gialla, quasi allegra, piena di gente e di vecchi treni scassati che passavano in continuazione; ad aspettarmi fuori c’era mia nonna in macchina che mi aspettava.
-Ciao nonna!- l’abbracciai –Mi sei mancata-
-Ciao Alex, anche tu piccolo. Come sei cresciuto mentre eri a New York- il sorriso della nonna era come lo ricordavo, piccolo, appena accennato ma che rispecchiava il carattere mite e saggio della donna. Io adoravo mia nonna, mi aveva sempre curato lei da piccolo, quando ero malato o quando i miei genitori erano troppo occupati per degnare me e mio fratello di attenzione.
-Andiamo?- le dissi esibendo il sorriso più grande della mia vita.
-Certo piccolo-
 
 
7.00 p.m – 3 Dicembre 2012 – Baltimora, Camera di Alex
La mia nuova camera era esattamente come la ricordavo, era solo cambiato il colore delle pareti che però avrei presto modificato nuovamente.
Durante il viaggio in macchina, la nonna mi aveva informato del fatto che l’indomani sarei dovuto andare a scuola e che non avrebbe accettato repliche o poteste, quindi dovetti rassegnarmi all’idea di dormire sul divano perché i traslocatori, e il mio letto di conseguenza, non erano arrivati.
 
Non avevo fame, seppur la cucina della nonna mi era mancata, andai dritto in doccia, preparai quelle due cose per la mattina successiva e mi sistemai tranquillo sul divano a guardare la tele per poi cadere preda del sonno in breve tempo.
Mia nonna mi svegliò alle 9 dicendomi che c’era qualcuno che mi voleva al telefono, pensai fosse ia madre ma mi accorsi 30 secondi dopo che mi stavo sbagliando. Di grosso anche.
-Pronto, mamma si lo so che non ti ho chiamato, ma sono crollato sul divano e dormivo fino a qualche secondo fa-
-Alex?- la voce dall’altra parte della cornetta non era di una donna, bensì di un uomo.
-Si, chi parla?- chi cavolo era? Stavo a Baltimora da troppo poco perché i miei vecchi amici sapessero che ero tornato.
-Sono Rian, non tua madre e per la cronaca se non l’hai ancora chiamata dovresti farlo- Rian? Il mio vecchio amico Rian? Come faceva a sapere che ero tornato?
-Rian? Quel Rian?-
-Beh si. Quanti altri Rian di Baltimora conosci?-
-Rian! Mi sei mancato amico. E scusa per aver pensato fossi mia madre. Ma come fai a sapere che sono qui?-
-Hai presente vero che le anziane pettegole sono dappertutto a Baltimora?-
-Avevo dimenticato questo dettaglio-
-Beh sta di fatto che t’hanno visto entrar in casa di tua nonna e hanno avvisato la mia, che alla fine l’ha detto a me. Così ho pensato di chiamarti-
-Hai fatto benissimo-
La conversazione andò avanti per 15 minuti buoni nei quali ci accordammo per la mattina seguente a scuola; Rian diceva che m’avrebbe aspettato davanti alla scuola alle 8.00 e che mi avrebbe accompagnato in giro per l’istituto. Non gli chiesi degli altri, ero troppo preso a sentire Rian parlare di scuola e avvertire l’ansia crescere, diciamo pure che i primi giorni di scuola erano una delle cose più brutte che l’uomo avesse potuto inventare.
Chiusa la chiamata andai a fare la doccia e a mettermi in pigiama, con il quale verso le 9.30 mi riaddormenti sul divano.
 
7.30 a.m – 4 Dicembre 2012 – Baltimora, Casa della Nonna di Alex, nonché anche casa di Alex
Mia nonna venne a svegliarmi dicendomi che era tardi e che dovevo fare colazione per poi andare a scuola, disse anche che lei non mi avrebbe accompagnato perché avrei dovuto cavarmela da solo e mi mollò in mano una mappa di Baltimora. In quale mondo io, Alex Gaskarth, so come si usa una mappa? In questi momenti amo il mio iPhone.
-Grazie nonna- le dissi con un po’ di sarcasmo.
Almeno mi aveva preparato la colazione, disse che i traslocatori sarebbero arrivati quella mattina e che avrebbe fatto portare tutto in camera mia ma che poi avrei mettere a posto le mie cose da solo. La nonna voleva rendermi la vita difficile.
Alle 7.45 ero fuori di casa. Non avevo prestato molta attenzione al mio abbigliamento quella mattina, ma sono sicuro che a Rian non importerà un fico secco.
 
8.00 a.m – 4 Dicembre 2012 – Scuola superiore di Baltimora
Alex era in ritardo, non era mai stato molto puntuale quel ragazzo e anche se avessi fatto un po’ di ritardo, non sarebbe dispiaciuto a nessuno e i professori non m’avrebbero detto nulla, tanto mi adorano.
Chissà se l’avrei riconosciuto, chissà come se l’era passata a New York. Io, Jack e Zack ci eravamo rimasti davvero molto male, quando se n’era andato via passammo due mesi da schifo. Soprattutto Jack, insomma lui lo conosceva fin dall’asilo, erano fratelli praticamente dalla nascita.
-Rian- era lui, capelli spettinati di un castano molto chiaro, giubbotto blu e verde, jeans chiari, cappello e sciarpa. Non male come abbigliamento.
-Alex- mi abbracciò. Era da troppo tempo che non ci vedevamo, parlavamo o che non ci scrivevamo nemmeno.
-Andiamo, siamo in ritardo-
Andammo in segreteria per ritirare l’orario di Alex e i libri, aveva parecchie lezioni con me e tante altre con Jack e qualcuna con Zack. Perfetto, in nessuna classe sarebbe stato solo. Avevamo anche una classe dove eravamo tutti e quattro insieme.
-Allora Alex, la tua prima lezione è con me, andiamo l’inglese ci attende- lo osservai mentre camminavamo, si guardava intorno ammirando le pareti coperte di armadietti verdi e blu.
-Rian, dov’è il mio armadietto?-
-Ah già! Scusa m’ero dimenticato. Comunque è il numero 345, quasi alla fine di questo corridoio, sei fortunato è una bella posizione- mi guardò con fare interrogativo, avrebbe presto capito perchè era una bella posizione.
Il suo armadietto era anche vicino alle scale, una fortuna che non capita a molti, mise giù i libri.
-Andiamo?-
-Si, Alex-
In aula c’era un silenzio tombale, evidentemente tutti si stavano addormentando visto l’effetto soporifero di Mr Sockdane.
-Salve, Dawson è in evidente ritardo- odio quel professore.
8.35 a.m – 4 dicembre 2012 – aula d’inglese
-Lei sarebbe il signor Gaskarth?-
-Si signore- metteva paura quel tipo, a giudicare dai colori dei suoi vestiti e dall’umore della classe prima dell’entrata mia e di Rian doveva essere piuttosto noioso.
-Lei è la causa del ritardo del signor Dawson?-
-Si signore-
-Iniziamo male signor Gaskarth. Vada al suo posto- Rian era riuscito ad accaparrarsi gli ultimi due banchi in fondo e aveva fatto spostare due ragazze su cui aveva evidentemente fatto colpo, ovviamente queste due avevano fatto spostare tutta la classe mentre il prof mi rimproverava.
Avrei dovuto scusarmi con Rian, dopotutto era colpa mia se aveva fatto tardi.
-Ehi Rian, scusa per il ritardo-
-Alex, ma sei scemo? Non m’importa. Tanto ho i voto alti, che mi frega se arrivo in ritardo una volta tardi!-
La lezione era quasi finita e il professore aveva deciso che al suono della campanella doveva parlare con me e Rian per darci due foglietti rosa per la punizione pomeridiana. Fanculo. Il mio primo giorno ed ero già in punizione, alla nonna non sarebbe di certo andata a genio ‘sta cosa. Riuscimmo ad essere congedati prima che i due minuti di pausa tra un lezione e l’altra finissero.
 
 
Rian mi accompagnò alla mia prossima classe dove avrei visto Zack e avremmo seguito insieme la lezione di letteratura.
Aula 16B al secondo piano, ovviamente io non avevo idea di dove fosse, ma Rian si.
-Grazie Rian-
-Prego Gaskarth. Ah guarda ecco Zack-
Vidi un ammasso di muscoli avvicinarsi tranquillo alla classe senza notarmi molto.
-Ehi Rian oggi pomeriggio..- aveva girato la testa facendo rientrare anche me nella sua visuale, gli cadde lo zaino –Oh mio dio! Alex, sei tornato a casa!- mi abbracciò chiudendomi in una morsa mortale.
-Ehi Zack, mollami, non respiro!- dissi a fatica –Anche tu mi sei mancato e sono davvero felice di vederti. Hai messo su parecchi muscoli eh?-
-Eh si. Dai andiamo. Ci vediamo dopo Rian-
-Ciao ragazzi- Rian si mise a correre per raggiungere la prossima classe.
Zack mi raccontò degli ultimi tempi qui a Baltimora, di come hanno trascorso le loro vite e di come erano diventati. Ora lui suonava il basso e Rian la batteria. Non mi parlò di Jack. Possibile che nessuno mi aveva ancora nominato Jack?
La lezione di letteratura fu una pacchia, la professoressa parlava di cose che io avevo già fatto e che ormai sapevo a memoria.
Zack poi guardando il mio orario mi fece notare che avevo un’ora libera, diede il numero di cellulare di Rian, in modo che chiamandolo avrei potuto raggiungerlo.
Fino ad adesso era andato tutto bene.
Il resto della giornata la passai in compagnia di Rian e Zack, persino alle punizione c’eravamo tutti e tre.
 4.30 p.m – 4 dicembre 2012 – punizione
-Ragazzi ma che fine ha fatto Jack?- chiesi
-Beh lui sta bene. In questi giorni è malato, ma se vuoi finito il supplizio potremo andare a trovarlo- disse Zack
-No tranquilli, devo andare a casa a mettere a posto i miliardi di scatoloni del trasloco-
-Veniamo ad aiutarti allora- Rian sorrise. Cavolo con quei denti avrebbe tranquillamente potuto fare una pubblicità della mentadent.
 
 
La giornata finì bene. Avevamo quasi finito con gli scatoloni ma essendosi fatto tardi i miei amici dovettero andare a casa e io, avrei dovuto continuare da solo. Avrei, ma non l’ho fatto. Il lato positivo è che potevo dormire nel mio letto.
 
10.00 a.m - 9 dicembre 2012 – Blatimora, Camera di Alex
La luce del sole di Baltimora, passava attraverso le tende quella mattina. Era molto bella, ma diciamo non molto simpatica se andava a finire direttamente nei tuoi occhi ancora chiusi. Nemmeno di domenica avevo la possibilità di dormire fino a mezzogiorno, fanculo.
Mi alzai solamente per togliermi quel fastidioso bagliore dagli occhi, ma ogni piccola parte del mio corpo mi diceva di tornare al caldo sotto le coperte e di non uscire al freddo di dicembre.
Ma purtroppo stare in casa mi procurava qualche scompenso, mia nonna non era esattamente delle migliori compagnie e avrei decisamente preferito andare fuori a riscoprire la città con le cuffiette e qualche canzone dei Fall Out Boy nelle orecchie. O magari qualcosa di più pesante.
Il resto della settimana era passato molto in fretta e la routine si era fatta strada nella mia vita, Rian e Zack mi avevano fatto conoscere un sacco di gente, ma Jack non si era ancora visto a scuola.
Mi vestii, mettendo un paio di pantaloni della tuta verdi, un paio di Converse scassate e una felpa che tanto nessuno avrebbe visto a causa del mio giubbotto.
-Nonna esco!-
-E dove vai?-
-A fare colazione da qualche parte e poi a fare un giro-
Infilate le cuffiette dell’iPhone, aprii la porta quando mi ricordai della cuffia che mi aveva regalato la nonna, quindi lo presi dall’appendiabiti e me lo infilai in testa facendo attenzione a non scompigliare troppo i miei capelli.
 
 
Iniziai a camminare verso una direzione sconosciuta e pensai a Jack; come mai non era ancora venuto a scuola? Era così grave la malattia? Rian e Zack dicevano che presto gli sarebbe passato tutto ma io non facevo a meno di pensare che forse era per me che non veniva.
Stupido Alex, che cazzate vai a pensare, Jack non farebbe mai così.
La mia mente vagò ancora un po’ nei miei pensieri, finché non venni brutalmente riportato alla realtà.
-Ehi stai un po’ attento!- mi disse il tipo che mi era venuto addosso. Aveva una voce da ragazzo ed era giovane direi, magari qualcuno che frequentava il mio liceo.
-Scusa, ero sovrappensiero- gli risposi, intanto lui si era già alzato e mi diede la mano perché mi alzassi anche io.
-Non ti preoccupare, volevo  solo farti spaventare. Tu sei?- non l’avevo ancora visto in faccia, ma quando riuscì a vedere sotto il suo cappuccio..
-Jack…- rimasi senza parole. Lui mi guardò un attimo e poi sospirò.
-Alex-
Ci guardammo negli occhi per qualche minuto, cercando di realizzare che ci eravamo rincontrati. Finalmente. I suoi occhi erano esattamente come li ricordavo: marroni, caldi, amichevoli e quella volta piacevolmente sorpresi e spaventati.
-Come..- cercai di parlare ma lui mi abbracciò di colpo. Era un abbraccio trattenuto da troppo tempo, piansi. Rimanemmo così per un quarto d’ora, poi ci staccammo.
-Jack-
-Alex-
-Mi sei mancato troppo-
-Anche tu-
-Vieni con me a fare colazione?-
-Si, direi che mangio volentieri qualcosa e poi abbiamo molti argomenti di cui parlare-
Andammo in un piccolo bar vicino al centro, un luogo piuttosto appartato malgrado la sua posizione nell’affollato centro. Ordinammo brioches e caffè, un classico di New York e di tutto il mondo presumo.
Dopo un po’ d’imbarazzo iniziale io Jack cominciammo a parlare come facevamo anni prima. Jack mi disse di come aveva vissuto mentre io ero a New York, della sua passione per la chitarra, del fatto che lui, Rian e Zack vorrebbero mettere su una band, ma che non riuscivano a trovare un cantante. Io gli raccontai delle mie lezioni di chitarra, del fatto che mia madre mi aveva fatto cantare nel coro della sua chiesa, della perdita della mia fede, dei bulletti che a scuola mi tormentavano.
Jack era molto interessato al mio racconto, a tal punto che sembrava riuscisse a percepire la mia tristezza e la mia frustrazione, la mia rabbia e la rassegnazione che mi avevano perseguitato in quegli ultimi anni.
Arrivò mezzogiorno in qualche modo e noi eravamo ancora seduti al bar a parlare e a scambiarci quelle occhiate sincere, dolci e affettuose che da troppo tempo non ci scambiavamo.
 
12.17 p.m – 9 dicembre 2012 – Baltimora, Bar del Centro
-Alex, adesso mi è tornata la fame e poi non possiamo stare ancora qui, il padrone sta iniziando a guardarci male-
-Bassam piantala di fare il noioso!-
-Tu ricordi ancora il mio secondo nome?-
-Certo Jack. Avevamo un patto noi due: migliori amici per sempre. Io mantengo le mie promesse e poi i nostri nomi in codice non si possono dimenticare!- gli dissi ridendo.
-Alex, mio dio perché sei andato via? In questi anni io ho avuto tanto bisogno del mio William, ma lui non c’era. Era sparito a New York con i genitori. Qualcuno mi aveva tolto la parte più importante di me portando via il mio William, la mia anima-
-Andiamo a fare due passi-
 
 
Il parco era meraviglioso quel 9 dicembre. Io e Jack eravamo insieme, contava solo questo per me.
 
 
Ci furono periodi nella mia vita che mi fecero troppo contento per poter durare per sempre. Ci furono periodi che mi misero in grandi difficoltà, periodi bui nei quali credevo che la mia unica ancora di salvezza fossero i miei migliori amici. Ma poi tornando a casa, nella mia Baltimora, tornarono i momenti felici, tornarono i miei vecchi amici, scoprimmo di essere una grande band insieme, anche se non credevo di essere così bravo come cantante. Tornarono quei momenti di gioia che sapevo di dover apprezzare al massimo, perché avevo capito che la vita non andava vissuta a periodi ma al momento. Vivi il giorno o muori rimpiangendo. Questa era la nuova filosofia di vita di Alexander William Gaskarth.

 
Salve.
Questa è una FF nata per caso, nata una sera ascoltando una delle mie band preferite, così ho deciso di pubblicarla anche se non sono al massimo della soddisfazione.
Spero vi piaccia.
Se volete commentarla scrivetemi su Twitter ( https://twitter.com/ArcticRomance ) oppure lasciate una recensione :3
Ah oggi è il compleanno di quell’amore di Alex! (teoricamente essendo più di mezzanotte sarebbe già domani, ma in America è pomeriggio, quindi vada per il fuso americano!)
Baci :3
Erica
  
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