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Autore: Milla Chan    15/12/2012    3 recensioni
Olanda vide una nuvoletta candida trottolargli incontro, inciampando più volte nella veste bianca dentro la quale sembrava annegare, tanto era vaporosa. Quando finalmente si fermò, era proprio davanti a lui, a fissarlo con degli occhi enormi, di un viola tanto intenso e brillante da non riuscire a togliergli lo sguardo di dosso.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Islanda, Paesi Bassi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Olanda vide una nuvoletta candida trottolargli incontro, inciampando più volte nella veste bianca dentro la quale sembrava annegare, tanto era vaporosa. Quando finalmente si fermò, era proprio davanti a lui, a fissarlo con degli occhi enormi, di un viola tanto intenso e brillante da non riuscire a togliergli lo sguardo di dosso.
 
-Giochiamo?- squittì all’improvviso, le mani dietro la schiena e il faccino sorridente.
-Sono qui per Danimarca.- rispose serio l’altro, non proprio sicuro di come si dovesse parlare ad un bambino e sentendosi un po’ a disagio.
-Perché?- chiese immediatamente, la voce squillante, mentre se ne stava dritto in piedi, guardando verso l’alto per vedere la faccia di quell’uomo così grande.
Lui rimase un attimo in silenzio, preso alla sprovvista.
-…Pura formalità.-
Si rese conto di star parlando esattamente come se avesse dovuto parlare con qualcuno di molto più maturo, più grande, adulto.
Qualcuno che almeno non gli arrivasse al ginocchio, insomma.
-Perché?- ripeté ancora con il suo tono curioso, tenendo gli occhioni spalancati.
Olanda  sbatté le palpebre e socchiuse la bocca, cercando di essere paziente. -Perché ce n’è bisogno.-
-Perché?-
-…Perché sì?- rispose, allargando un poco le braccia e alzando le sopracciciglia.
Il bambino inclinò la testa sulla spalla, aggrottando la fronte e sforzandosi di capire. -Ma perché?-
L’uomo scosse la testa, decisamente turbato. -E tu chi diavolo saresti?-
-Ísland!- urlacchiò contento, alzando le braccia al cielo e saltellando. –Tu sei amico di pabbi?-

Lui sospirò ed annuì. -Chiamami Jan, se vuoi.-
Il piccolo lo fissò come se avesse detto la cosa più spettacolare del mondo.
-Jan! Giochiamo!-
L’olandese se lo ritrovò attaccato alla gamba, saltellante e contento oltre l’inverosimile.
Non aveva mai avuto a che fare con i bambini, lui. Si occupava di ben altre cose, di incontri, di scambi, di procedure necessarie anche se un po’ noiose, di ambascerie, non certo di intrattenere piccoli pargoli non autosufficienti.
-Oh, direi di no.- rispose, le braccia conserte e gli occhi concentrati sul portone -come se ignorarlo potesse invogliarlo a sparire- e chiedendosi se e quando sarebbe riuscito ad entrare.
In ogni caso, lui non aveva tempo di giocare, era venuto per un normale incontro e…
-Jan.- lo richiamò ancora, tirandogli un poco la stoffa del mantello e facendogli abbassare la testa verso quella testolina argentea.
Si ritrovò davanti, di nuovo, quegli occhi magnetici e lucidi che lo supplicavano.
-…Mi prendi in braccio?- chiese con un tono tremendo, fine e tremolante, sporgendosi verso di lui. –Pabbi lo fa sempre sempre.-
 
Jan capì che la sua battaglia contro quell’esserino era ormai persa.
 
Tirò un lungo sospiro, abbassandosi  e sollevandolo senza fatica. Lo tenne contro il petto, stringendolo saldamente con entrambe le braccia per il terrore di sentirlo scivolare.
Bene. E ora…?
 
Studiò i tratti del bambino, mentre lui parlava ininterrottamente di tutti i giochi che conosceva e di quanto pabbi fosse forte e gli portasse i regali.
Osservò il nasino all’insù e gli occhi che, così da vicino, sembravano ancora più innaturali, incorniciati dalle ciglia chiare. Si soffermò sui capelli, altrettanto irreali, il corpicino tutto avvolto dal vestitone bianco di chissà quanti strati che lo faceva sembrare impacciato.
Pareva finto, quel bambino. Oppure magico. Suggestivo, ecco.
I lineamenti dolci e particolari, tanto che non gli sembrava di averne mai trovati di simili.
Richiamava il nord profondo.
Non si ricordava neanche che a casa di Danimarca ci fosse un bambino, in realtà, tantomeno così piccolo. Forse aveva solo una vaga reminescenza, probabilmente era giusto una provincia ed era certo di non averla mai vista.
Ísland? Era un’isola, magari? Era davvero lontano?
Era un piccolo tesoro?
 
-…E tu hai gli occhi verdissimissimi e sono davvero davvero belli!- concluse il bimbo sorridente, risvegliandolo dai suoi pensieri e distogliendolo dalle sue ipotesi quando appoggiò una manina, minuscola, sulla sua faccia.
Jan prese quelle dita nella sua mano e la differenza era tale che si stupì di quanto fosse davvero piccolo.
-…Grazie.- gli rispose con un abbozzo di sorriso –…Anche i tuoi sono belli.-

L’islandese gli mostrò un sorriso enorme e gli buttò le braccine al collo, abbracciandolo e quasi soffocandolo con quelle maniche candide ed ingombranti.

-Ho un nuovo amico!-
 
   
 
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