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Autore: Marge    17/12/2012    0 recensioni
Dopo la partenza di Midori per Unima, Take è rimasto da solo, alle prese con una tesi che non lo convince e una grande, immensa gelosia per lei che si trova così lontana.
Quarto episodio (secondo per la cronologia della trama, almeno per il momento) di “Gotta heal ‘em all”, la serie che ho creato ispirandomi al mio OC Midori, allenatrice e (futura) dottoressa di pokémon. Questo episodio è decisamente più godibile se avete letto anche gli altri!
Scritta con il prompt “Un telefono che non squilla” della piscinadiprompt per il 6° turno della Staffetta, e con il prompt n° 68 della Maritombola 2012.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
- Questa storia fa parte della serie 'Gotta heal 'em all!'
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- GOTTA HEAL ‘EM ALL! -


TELEFONATA




La giornata non accennava ad una svolta.
Difficile, quando la tua ragazza è a migliaia di chilometri di distanza, con chissà chi, talmente impegnata nei suoi esperimenti da dimenticarsi perfino che tu esista.
Take finì con cura il ghirigoro che aveva tracciato nell’angolo della pagina, tutt’attorno al dieci che segnava il limite, finora imbattuto, della lunghezza della sua schifosa tesi.
Non sarebbe stata così male, se Midori avesse potuto leggerla, commentarla come faceva lei: e cioè, normalmente, con appunti talmente fuori luogo e senza senso che scioglievano ogni dubbio di lui a riguardo. Una volta, leggendo una sua relazione sul ruolo dei grossi pokémon volanti nella storia dei secoli antecedenti la scoperta degli aereoplani, lei aveva notato che le selle forgiate in cuoio per i grossi Charizard utilizzati dai Conquistatori del Sud erano davvero carine, e non sarebbe stato male poterle avere ancora a disposizione. “Però la mia la vorrei decorare con dei fiori” aveva aggiunto, e non era stata in grado di tirare fuori nessun altro parere sul suo lavoro.
Quel giorno Take si era quasi risentito: tanta fatica nello scriverla, e lei non sapeva dire altro! Ma ora avrebbe dato qualsiasi cosa per averla lì davanti a lui, assorta con un indice sul labbro.
Basta, si disse. Se cominciava a pensare alle sue labbra, la giornata di studio sarebbe definitivamente andata. Sollevò lo sguardo dai fogli e lo fissò su Eevee, invidioso: dormiva nella pace dei sensi ai suoi piedi. Lei –perché il suo Eevee era una femmina- non passava certo la giornata ad aspettare la telefonata di qualcuno che non si ricordava della sua esistenza; era paga solo mangiando ed allenandosi, ed era diventata molto forte, nell’ultimo periodo. “Sarà perché ho talmente tanto tempo libero, da quando Midori se n’è andata, che ho passato molti più giorni in palestra.” Presto sarebbe venuto il momento di farla evolvere, e lui aveva delle idee molto precise in merito. Midori non sarebbe stata felice.
“Non me ne importa nulla di quello che pensi tu” disse ad alta voce, fissando il telefono muto in un angolo della scrivania. Eevee alzò un orecchio.
“Lo sai che preferisco i pokémon fuoco. E non posso certo immortalare il mio Eevee alla tua ricerca.”
Incrociò le braccia sul petto, fissando l’apparecchio ostile.
Quando, pochi minuti dopo, squillò vivace, la sua mente non registrò subito l’implicazione di quel suono e rimase a fissarlo a bocca aperta per diversi secondi. Poi si precipitò a rispondere.
“Midori!”
“Take! Come sapevi che ero io?”
Non rispose. “Puoi accendere lo schermo, sei da sola?”
“Sì. Aspetta che non trovo il bottone… Eccolo. Ciao!”
Sul piccolo schermo comparve il suo sorriso lieto. Midori agitò una mano, poi la visuale venne occupata da un verde brillante.
“Oddish, spostati! Non si vede nulla così…”
Take ridacchiò. Non aveva ancora detto nulla, ed il suo umore era già cambiato vorticosamente: ora era alle stelle.
Riconosciuta la voce, Eevee balzò in braccio a lui.
“Eevee! Ciao, come stai?” trillò lei, dall’altra parte.
“Stiamo tutti molto male” esordì Take. Lei strinse le labbra facendo sporgere quello inferiore.
“Su, abbiamo pochi momenti per parlare, tra qualche minuti la mia pausa pranzo finirà. Sto facendo un esperimento b-e-l-l-i-s-s-i-m-o! Praticamente devo arrampicarmi sugli alberi e prelevare dei campioni di corteccia che…”
“Midori, tanto non ci capisco nulla. Raccontami qualcos’altro.”
Lei alzò gli occhi al cielo, in cerca di ispirazione. Era chiaro che la ricerca impegnava la maggior parte della sua energia mentale.
“Ti stai ambientando con i colleghi?” chiese lui. Una domanda innocente, forse, o magari un approccio alla lontana per capire se avesse conosciuto qualcuno di interessante.
“Abbastanza. Ieri sono stata a cena da uno di loro.”
Un collega? Take si sforzò di mantenere il tono della voce leggero: “Ah, bene. È…”
Lei non gli diede tempo di finire e scoppiò a ridere: “Sua moglie ha cucinato benissimo, davvero! Non credevo che ad Unima avessero dei piatti così buoni.”
“Ottimo!” concordò lui. Pericolo scampato.
“Ha invitato anche altri due ragazzi, che sono dei ricercatori come me. È stato molto gentile, non trovi?”
“Ricercatori?”
“Sì! Un ragazzo ed una ragazza, molto simpatici.” Uscì per un attimo dalla visuale dello schermo.
“Stanno insieme?” chiese lui, quasi un sussurro. Una speranza remota, però, magari…
“Ma figurati! Lei è qui da mesi, segue un progetto sui Bulbasaur, interessantissimo.” Ricomparve con un panino in mano e continuò dopo aver staccato un bel morso: “Lui invece è appena arrivato, come me. Pensa che, poverino, ancora non ha trovato una stanza in affitto e dorme al Centro Pokémon.”
“Poverino” concordò Take, stringendo il pelo di Eevee tra le dita tanto da provocarle un guaito.
“Ha seguito un progetto simile al mio nella sua regione, quindi probabilmente lavoreremo insieme, per un certo periodo. Per fortuna, perché da sola sarei persa.”
“Già, che fortuna.”
Quella telefonata stava cominciando a fargli saltare i nervi. Era quasi meglio stare ad aspettare che squillasse, senza sapere di colleghi tanto bravi e poverini.
“Tu che mi racconti?”
“Nulla.”
“Ma dai! Come va la tua tesi?”
“Male.”
Midori non chiese più nulla, terminò di mangiare il panino e bevve un sorso da un bicchiere. Sembrava stesse rimuginando.
“Mi dispiace, Take. Magari puoi mandarmela, e ti scriverò una lunghissima lettera con i miei commenti. Lo prometto.”
Incrociò indice e medio davanti al video, strappandogli un sorriso.
“Dai, che manca poco. Ancora un paio di mesi e…”
“Un paio di mesi non è affatto poco.” Take sospirò, ma si pentì di aver parlato quando vide gli occhi di lei adombrarsi. “Scusami, non volevo. È solo che tu sei tanto entusiasta, la tua ricerca, il posto nuovo e tutto il resto… Invece io sto qui e non concludo nulla. È frustrante.”
“Ma il tuo lavoro è bello, io lo so! Devi solo trovare la chiave che…”
“Ed inoltre è molto difficile concentrarsi se penso a te, laggiù, e tutti i colleghi che potresti conoscere…”
Midori sorrise, trionfante ed intenerita: “Ma allora è questo il problema: sei geloso!”
“Certo che lo sono” ribadì, arrossendo lievemente ma con fierezza. “Chi non lo sarebbe?”
Midori sorrise ed sembrò illuminare la stanza. Accidenti, pensò Take. Se fosse qui ora…
“Mi manchi.”
“Anche tu. Ma non serve a niente.”
Quanto avrebbe voluto toccarla! La sua voce era lì, attorno a lui, sembrava veramente che, come da anni, bastasse allungare una mano per sentire la sua intrecciare le dita come era solita fare.
Alzò lo sguardo e lo piazzò in quello di lei, cercando di non farle capire quanto si sentiva solo e disperato, ed allo stesso tempo, fare in modo che lei si imprimesse per bene la sua immagine nella mente, per averla sempre presente di fronte a qualsiasi collega.
Quanto sono stupido, si disse. Stiamo parlando di Midori. Noi non abbiamo bisogno di questo.
“Take” lo risvegliò la voce di lei. Scosse la testa e tornò a metterla a fuoco.
Midori sorrise, e sembrava quasi imbarazzata. Si guardò intorno furtivamente, poi avvicinò la bocca allo schermo e si protesse con una mano: “Sei la mia luce, ed io il tuo Sunflora.”
Lui sorrise. Quello era il suo modo di dirgli che l’amava, ed andava bene così; lui, del resto, non aveva mai utilizzato neanche perifrasi. Noi non abbiamo bisogno di questo, noi siamo noi.
“Mi chiami domani?” chiese, infinitamente più sollevato. Era uno stupido che doveva crescere un po’: ancora un paio di mesi e l’avrebbe raggiunta – in tutti i sensi.
“Ma certo, a domani” sorrise lei, ed agitò ancora una mano. Poi si voltò, attirata da un rumore improvviso, e spalancò gli occhi.
“Oddish, scendi di lì!” la sentì urlare; Midori corse via, e poco dopo lo schermo divenne nero.



***
Questa storia fa parte della serie “Gotta heal ‘em all!”, che appunto narra la vita di Midori, un’allenatrice di pokémon vissuta anni ed anni dopo le avventure di Ash e Pikachu. Questa storia è sicuramente quindi più godibile se avete letto anche le altre!

Per scrivere questo episodio mi sono ispirata ai seguenti prompt:
Piscinadiprompt, per il 6° turno della Staffetta: Orfano, Un telefono che non squilla.
Maritombola: 68. "Mi manchi." "Anche tu. Ma non serve a niente."
Grazie di aver letto, ogni commento/suggerimento/critica sarà immensamente apprezzato! See ya!
  
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