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Autore: nuttyshake    17/12/2012    1 recensioni
"Era come se l'avesse già vista da qualche parte. Forse di sfuggita, in città o a un bar, ma Jace era sicuro che in quel caso l'avrebbe ricordata. C'era qualcosa, in lei, qualcosa che non riusciva ad afferrare, che lo fece sentire come se la conoscesse da sempre, come se sapesse tutto di lei. " Il primo incontro di Jace e Clary dal punto di vista di Jace.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jace era già stato molte volte al Pandemonium Club. Il locale era molto gettonato tra i demoni, che non avevano nemmeno bisogno di un incantesimo di camuffamento per confondersi tra la folla; quegli stupidi mondani avrebbero scambiato il loro aspetto per un costume. Jace, Alec e Isabelle si erano imbattuti anche in molti Nascosti che non volevano aspettare la sera di Halloween per poter uscire indisturbati. In effetti, la loro presenza al Pandemonium (chiunque avesse dato quel nome al club doveva avere il senso dell'umorismo) era così fissa che si chiedeva perché i demoni continuassero ad attaccare i mondani sperando di passarla liscia. Non li aveva mai trovati molto intelligenti.

Quando quella sera captarono l'ennesimo segnale di attività demoniaca proveniente dal Pandemonium, Jace fu più che felice di infilarsi la tenuta da Cacciatore e riunire tutte le spade angeliche. Aveva giusto bisogno di un po' d'azione, in una serata che si prospettava una noia mortale all'insegna della disastrosa cucina di Isabelle. Amava l'adrenalina della battaglia; amava sentire il sangue che gli pompava nelle vene, il cuore battergli contro la gabbia toracica, ricordandogli che era vivo, più vivo di quanto non avrebbe voluto essere.

Come al solito, usarono una runa per rendersi invisibili agli occhi dei mondani. Isabelle indossava il suo miglior vestito, un lungo abito bianco di seta per coprire i marchi su tutto il corpo, e si era cosparsa del profumo più invitante che avesse. Si infiltrarono indisturbati tra i mondani in fila davanti al Pandemonium ed entrarono facilmente nel locale.
Jace tirò fuori il suo sensore e lo spostò da una parte all'altra della stanza, come se stesse cercando campo per chiamare qualcuno anziché rilevare una frequenza demoniaca. Alec e Isabelle lo seguirono mentre si faceva largo tra la folla, evitando i mondani che ballavano sotto le luci colorate da discoteca che si rincorrevano sulla pista. Dal sensore di Jace partì improvvisamente una leggera vibrazione che si perse tra la musica martellante che rimbombava dagli altoparlanti. Erano sulla pista giusta.
Quando le pulsazioni del sensore sembrarono impazzire, Jace passò lo sguardo sulla folla e si rimise il sensore in tasca. "Eccolo lì."

Jace aveva combattuto demoni per tutta la vita, e ne avrebbe riconosciuto uno se l'avesse visto; a poca distanza da loro, un ragazzo alto, coi capelli blu e gli occhi troppo verdi per essere una colorazione naturale, si guardava attorno circospetto, accarezzando una spada. Un eidolon, suppose Jace. Un mutaforma.

Seguirono il solito piano. Isabelle si lisciò le pieghe del vestito, scosse i capelli per renderli più voluminosi e ordinò ai suoi fratelli di restare indietro, mentre si avvicinava al demone esibendo la sua perfetta camminata da modella.

Jace e Alec restarono a guardare la scena, ridendo della facilità di quella missione. Lo sguardo del demone incontrò quello di Isabelle, e lo sostenne come se ne fosse completamente ipnotizzato. I demoni si nutrivano di energia vitale e, dopo aver vissuto per sette anni con Isabelle, Jace doveva ammettere che la ragazza ne era piena fino a scoppiare. Era sicuro che l'Eidolon potesse percepire la sua energia come un fiammella bruciante, calore che si riversasse da tutti i pori di lei.

Isabelle gli passò accanto, lanciandogli uno sguardo seducente da sopra le spalle. Proprio come previsto, il demone fu attirato verso di lei come tirato da una corda invisibile. La seguì senza esitazioni, incoraggiato dal sorriso civettuolo e sarcastico che lei gli rivolse, fino a che la porta di un magazzino in disuso non si chiuse dietro di loro.

A quel punto, Jace fece segno ad Alec di seguirlo. Si appostarono proprio dietro alla porta, ascoltando la conversazione che stava avvenendo dall'altra parte.

"Come ti chiami?"

"Isabelle."

"Bel nome."

Jace estrasse un coltello dalla tasca della giacca, e lo affilò per bene tra le mani. "Come sempre, Alec. Lasciamo che se ne occupi Isabelle, lo immobilizziamo e lo uccidiamo."

Alec annuì. "Cioè, lo uccidi tu."

Jace sorrise. Alec non era mai stato in grado di uccidere un demone, non perché non ne fosse capace, quanto più perché la sua priorità non era uccidere, ma proteggere, difendere i suoi fratelli. E Jace sospettava che la coscienza di Alec fosse troppo pura per essere macchiata di un crimine, non importa di quale origine. Ma a Jace non poteva importare molto della purezza della propria anima, se era già stata corrotta in ogni caso facendolo nascere Nephilim. Uccidere era sempre stato il suo unico scopo.

Aprì la porta con uno scatto e lui e Alec si infilarono nel magazzino in silenzio, senza farsi notare. Era una stanza abbastanza grande, fredda nonostante fosse piena estate e le alte finestre fossero sbarrate e che odorava di vernice.  Dei cavetti elettrici erano sparsi sul pavimento, ricoperto di polvere.

Isabelle rideva davanti al demone, brandendo contro di lui la frusta dorata sempre assicurata al suo polso. L'altra estremità della corda si arrotolò attorno alle caviglie del ragazzo coi capelli blu e lo fece cadere per terra, contorcendosi e sibilando come un serpente. Isabelle strinse la presa e sorrise innocentemente. "E' tutto vostro, ragazzi."

Finalmente. Jace ridacchiò. Moriva dalla voglia di entrare in azione. Senza farselo ripetere due volte, lui e Alec irruppero nella scena; si chinarono sul demone, mettendogli le mani addosso, lo tirarono su e lo sbatterono contro il muro, immobilizzandolo.

Jace lo fissò, e per un momento provò pena per lui. Da vicino non sembrava molto forte, o molto sveglio. L'avrebbero finito in meno di un minuto. Chissà che cosa aveva fatto nella sua miserabile vita, di quanti mondani si era nutrito. Quando scorse Jace, sembrò spaventato.

"Allora," Jace incrociò le braccia e sorrise soddisfatto "ce ne sono altri con te?"

"Altri cosa?" Il demone finse di non sapere di cosa stesse parlando, in un patetico tentativo di evitare la morte, ma Jace non aveva voglia di giocare. Non senza le sue regole.

"Finiscila." Jace si abbassò le maniche della maglietta e gli mostrò le mani, dove erano incise rune di velocità, forza, precisione. I segni distintivi di un Cacciatore. "Sai cosa sono."

Il demone fissò i marchi a occhi spalancati, il sudore freddo che gli impregnava la fronte, e ringhiò. "Uno Shadowhunter." Sputò la parola come se fosse veleno.

Jace avvicinò il proprio viso a quello dell'Eidolon e sorrise. "Beccato."

Si staccò con forza dal muro, per far innervosire il demone che si stava dimenando per liberarsi, e cominciò a camminare avanti e indietro. Il tutto era molto divertente, ma stava perdendo la pazienza.

"Allora? Non mi hai ancora detto se qui ci sono altri come te."

"Non so di cosa parli." Dalla sua voce traspariva terrore.

"Demoni." Jace tracciò la parola nell'aria come se stesse insegnando a scrivere a un bambino delle elementari. "Cittadini dell'Inferno e servi di Satana, secondo la religione. Ma, secondo il Conclave, tutti i tipi di spirito, potere o principio malevolo che si trovi fuori dalla nostra dimensione originaria…"

"Basta così, Jace." lo interruppe Isabelle.

"Isabelle ha ragione." concordò Alec. "Qui a nessuno serve una lezione di semantica…e neppure di demonologia."

Oh, andiamo. Si stava solo divertendo un po'. Non c'era gusto nell'uccidere a sangue freddo, al contrario di quello che aveva tentato di insegnargli suo padre.

Jace sorrise al demone con aria di superiorità. "Isabelle e Alec pensano che io parli troppo. Anche tu pensi che io parli troppo?"

"Potrei darvi delle informazioni." biascicò l'altro, continuando a lottare contro le corde. "So dove si trova Valentine."

Jace quasi scoppiò a ridere. Guardò Alec, che alzò le spalle. Stava usando la scusa più vecchia di sempre. So dov'è Valentine. Come se potesse sperare di intimorirli con quel nome.Un nome famigerato, oscuro, ma in quel momento insignificante."Valentine è sottoterra. Questo coso ci sta prendendo in giro."

"Uccidilo, Jace. Non ci dirà niente."

"Valentine è tornato!" gridò il demone di rimando. "Lo sanno tutti i Mondi Infernali…io, io lo so…e posso dirvi dove…"

A quel punto, Jace perse davvero le staffe.  Nessuno poteva prenderlo in giro, tantomeno uno stupido demone. Gli sembrava forse uno sciocco? "Per l'Angelo, ogni volta che catturiamo uno di voi bastardi dite sempre di sapere dove si trova Valentine. Beh, lo sappiamo anche noi dove si trova. All'Inferno." Alzò il coltello su di lui, pronto finalmente a colpire. Non c'era motivo di tenerlo ancora in vita se tutto quello che aveva erano false informazioni con cui sperava di raggirarli. "E tu puoi raggiungerlo."

Un urlo alle sue spalle lo fece immobilizzare col coltello a mezz'aria. "Fermi! Non potete farlo!"

Jace trattenne il respiro e si voltò di scatto, aspettandosi un altro demone o peggio. Istintivamente cercò di riagguantare il coltello e armarsi, ma questo gli cadde di mano quando vide cosa aveva davanti. E definitivamente non era un demone.

Era una ragazza. La sua corporatura magrolina e la sua bassa altezza non le davano più di quattordici anni; Jace era sicuro di superarla di almeno una ventina di centimetri. Il suo volto era tempestato di lentiggini e i lunghi capelli rossi le ricadevano in onde sulle spalle; sembravano così soffici e luminosi che Jace provò lo strano desiderio di passarci le dita, di giocare coi suoi riccioli. Ma era un'idea così folle che si stupì anche solo di averla pensata.  I suoi occhi verdi risplendevano di una luce fiera, nonostante la sua espressione spaventata. Doveva avere fegato, pensò Jace, o essere completamente pazza. Non sembrava una Shadowhunter, né un vampiro o una fata o qualunque altro Nascosto. Era come se fosse capitata lì per caso, eppure riusciva a vederli. Il suo sguardo li stava penetrando tutti, lui, Alec e Isabelle, che esibivano espressioni sorprese come quella di Jace. Una mondana non ci sarebbe riuscita.

La ragazza gli sembrava familiare, realizzò Jace. Era come se l'avesse già vista da qualche parte. Forse di sfuggita, in città o a un bar, ma Jace era sicuro che in quel caso l'avrebbe ricordata. Non perché la trovasse carina (e lo era davvero, anche se non era certo una delle ragazze più belle che avesse mai visto) ma perché c'era qualcosa, in lei, qualcosa che non riusciva ad afferrare, che lo fece sentire come se la conoscesse da sempre, come se sapesse tutto di lei. Lei lo stava guardando allo stesso modo, facendolo sentire stranamente vulnerabile. Una comune mondana non avrebbe neanche dovuto essere in grado di vederlo.

La voce di Alec lo risvegliò dai suoi pensieri. "Cos'è?"

Jace si ricompose, prendendo fiato. Sperò che l'agitazione che provava non fosse evidente nella sua voce e la mascherò con il suo solito sarcasmo.

"E' una ragazza." rispose, constatando l'ovvio. "Sicuramente ti sarà già capitato di vederne qualcuna, Alec. Tua sorella Isabelle, ad esempio."

Fece un passo verso la ragazza per osservarla più da vicino. Strizzò gli occhi, percorrendola con lo sguardo. I suoi abiti erano normali, nessun marchio era visibile sulla sua pelle pallida, non aveva segni demoniaci.

"Una mondana." decretò infine. "E ci può vedere."

"Certo che vi posso vedere." La voce della ragazza tremava leggermente. "Non sono mica cieca."

"Oh, sì che lo sei. Solo che non lo sai." Jace si abbassò per riprendere il coltello. Sapeva che era una bugia. Quella ragazza decisamente non era cieca. "E'meglio che tu esca di qui, te lo dico per il tuo bene."

"Non vado da nessuna parte! Se me ne vado, voi lo ucciderete." indicò il demone, ancora legato al pilastro, che sembrava svenuto.

Jace era moderatamente sorpreso. Se i mondani avessero potuto assistere alla scena, se la sarebbero data a gambe. Non avrebbero avuto la determinazione e il coraggio necessari per irrompere in una situazione del genere. "E' vero. E a te perché dovrebbe importare se lo uccidiamo o no?"

"Perché…non si può andare in giro a uccidere le persone."

"Hai ragione. Non si può andare in giro a uccidere le persone." Si voltò verso il demone e glielo indicò. "Ma quello che vedi non è una persona, ragazzina. Può anche avere l'aspetto di una persona, e parlare come una persona e magari anche sanguinare come una persona. Ma è un mostro."

"Jace, basta così." Isabelle lo avvertì di stare zitto. Era contro la Legge svelare i segreti del Mondo Invisibile ai mondani, e Jace lo sapeva, ma se quella ragazza poteva già vedere loro…

"Tu sei pazzo." Lei scosse la testa, indietreggiando. "Ho chiamato la polizia. Saranno qui da un momento all'altro."

"Sta mentendo." disse automaticamente Alec, anche se sembrava dubbioso. "Jace, tu…"

All'improvviso, il demone dai capelli blu riuscì a liberarsi dalle corde con un urlo disumano e si avventò su Jace, colpendolo alle spalle. Lo scaraventò a terra, finendogli addosso, e rotolarono per alcuni minuti, ognuno cercando di prendere il sopravvento sull'altro. Il demone immobilizzò Jace sul pavimento, brandendo un coltello sul suo petto. Jace sentì il cuore battere dolorosamente contro le costole mentre cercava di liberarsi. Isabelle e Alec corsero in suo aiuto, frustrando un'altra volta il demone in modo da distrarlo e consentire a Jace di rialzarsi. Senza aspettare un secondo di più, Jace prese il suo coltello e lo conficcò nel cuore del demone. Dal punto in cui lo aveva colpito sgorgò del sangue nero, che gli impregnò e scurì la maglietta.
Il demone ebbe il tempo di sibilare le sue ultime parole. "Così sia. Il Rinnegato vi prenderà tutti."

I suoi occhi si chiusero e il corpo si immobilizzò, ripiegandosi su se stesso finchè non scomparve del tutto, non lasciando neanche una chiazza di sangue al suo posto. Alec corse verso Jace, tirandogli su la manica per controllargli le ferite. Il braccio era ricoperto di graffi nei punti in cui il demone aveva affondato le sue unghie affilate, ma non gli facevano troppo male. Sarebbero andati via facilmente con un iratze.

Isabelle, nel frattempo, aveva bloccato la ragazza dai capelli rossi, che stava tentando di darsela a gambe. "Stupida piccola mondana." sputò. "Avresti potuto far uccidere Jace."

"E' pazzo." Con grande piacere, Jace notò che sembrava terrorizzata per la prima volta da quando era entrata nella stanza. "Siete tutti pazzi. Cosa credete di essere, dei giustizieri della notte? La polizia…"

"La polizia non interviene se non c'è nessun cadavere." le fece notare Jace. Si avvicinò al punto in cui poco prima c'era il demone e vi si inginocchiò accanto, seguito da Alec. "Quando muoiono tornano alla loro dimensione originaria, nel caso te lo stessi chiedendo."

"Jace, attento a quello che dici."

Jace alzò gli occhi al cielo. "Ci può vedere, Alec. Sa già fin troppo." Tanto valeva raccontarle tutto e capire se poteva essere pericolosa. Ma Jace lo dubitava. Era completamente ignara.

"E allora, cosa vuoi che faccia di lei?" gli chiese Isabelle, già pronta a scuotere la sua frusta.

Jace guardò la ragazza, che cercava di nascondere i brividi di paura dietro una maschera di sicurezza. Niente di tutto questo era stata colpa sua. Non poteva biasimarla per essere entrata in quello sgabuzzino; Jace stesso veniva attirato da ogni tipo di pericolo. Ma lui aveva sempre saputo di essere uno Shadowhunter, mentre lei si era cacciata involontariamente in qualcosa di molto più grande di lei. Non aveva conoscenze, armi, abilità particolari. "Lasciala andare."

Isabelle lo guardò, stupefatta. Jace non provava mai compassione, per nessuno, ma si sentiva stranamente connesso alla ragazza coi capelli rossi. Lei lo guardava come se fosse un ragazzo normale, senza poteri straordinari o marchi. Come se non uccidesse demoni ogni giorno. Era la prima volta che qualcuno lo guardava in quel modo, ed era strano, ma piacevole. Era come se il suo muro di protezione fosse sparito tutto d'un tratto.

"Forse dovremmo portarla via con noi." propose Alec. "Scommetto che a Hodge piacerebbe farci due chiacchiere."

Sì, gridava il cuore di Jace. Dovette trattenersi dal gridarlo davvero. Portiamola con noi. Non voglio che se ne vada via. Mise a tacere la voce insistente dentro la sua testa.

"Non esiste che la portiamo all'Istituto." intervenne Isabelle, infrangendo i suoi sogni. "E' una mondana."

"Ne sei sicura?" Jace si aggrappò a quel briciolo di speranza. Iniziò a considerare tutte le opzioni. "Tu hai mai avuto a che fare coi demoni, ragazzina? Te ne sei andata in giro con gli stregoni? Hai parlato con i Figli della Notte? Hai…"

"Non chiamarmi ragazzina" ringhiò lei. "E non ho idea di cosa stia parlando." La sua voce si spezzò leggermente. "Io non credo nei…nei demoni o in qualunque cosa voi…"

"Clary?" Un ragazzo dai capelli castani e gli occhi scuri, nascosti dietro un paio d'occhiali, entrò nella stanza. Dietro di lui c'era uno dei buttafuori del Pandemonium. "Tutto bene? Cosa ci fai qui da sola?" Perlustrò il magazzino. Jace si irrigidì, temendo che l'avrebbe visto, temendo che il loro incantesimo fosse scomparso per qualche motivo, ma non fu così. Lo sguardo del ragazzo lo attraversò senza vederlo. "E cosa è successo ai tizi…i tizi con i coltelli?"

La ragazza guardò prima il suo amico, poi Jace, incredula. Quindi era così che si chiamava. Clary. Quel nome lo stava praticamente pregando di essere pronunciato, di rotolare sulla sua lingua come se fosse zucchero. Le sorrise innocentemente.

Clary sospirò rassegnata e si voltò di nuovo verso il ragazzo e il buttafuori. "Credevo fossero entrati qui. Ma mi sa che mi sono sbagliata. Mi spiace. Mi spiace davvero, sì."

-

Jace diede inizio alle conversazioni non appena furono fuori dal Pandemonium. "Clary è…interessante."

"E' una mondana." ripetè Isabelle. "Una che ha il dono della Vista, certo. Ma pur sempre una mondana."

"Io non credo. C'è qualcosa di speciale, in lei."

Alec irruppe bruscamente nella conversazione. "Che cosa vuoi dire?"

"Che non mi sembra una mondana. Dovremmo parlarne con Hodge."

Isabelle sembrava scioccata. "Ma perché? Cosa ce ne importa?"

"Potrebbe essere importante."

"Potrebbe essere pericolosa." lo corresse Alec, che sembrava sul punto di esplodere. "Perché ti interessa tanto?"

Jace alzò le spalle. A dire il vero, non lo sapeva neanche lui. Non sapeva perché Clary l'avesse così colpito. Era solo una ragazza. Una sconosciuta, per di più. "E' più di un secolo che non nasce un mondano con la Vista. Non è strano averne incontrato uno, che tra l'altro sembra non avere la minima idea di cosa sia il Mondo Invisibile? Come se questa fosse la prima volta che riesce a vedere attraverso l'incantesimo?"

Alec era palesemente irritato. "Beh, cosa credi che sia, allora?"

"Non è una Nascosta. Non ha i marchi demoniaci tipici degli stregoni, se fosse un vampiro o un licantropo lo saprebbe…"

"E non è abbastanza bella per essere una fata." concluse Isabelle. "Quindi?"

"Forse è una Shadowhunter."

Isabelle scosse la testa. "Non ha marchi."

"E se non sapesse di esserlo?" insistette Jace. "Ha lo spirito di una Shadowhunter. Insomma, è entrata da sola in quel magazzino, senza un'arma, senza un aiuto. Ha cercato di impedirci di uccidere il demone. Ha fegato."

Quella frase non sembrò gradita ad Alec, che si incupì. "Jace, stai bene?"

Jace si voltò verso il suo parabatai, confuso. "Mai stato meglio. Sentirò cosa ne pensa Hodge di tutto questo. Probabilmente i genitori di Clary erano Shadowhunters. O anche solo uno dei due. Deve avere sangue del Conclave, altrimenti non riuscirebbe a vederci."

"Jace…"

"Forse posso convincere Hodge a mandarmi a cercarla. Dovremmo davvero portarla all'Istituto e metterla sotto osservazione. Interrogarla. Potrebbe esserci utile. Se la addestrassimo un po'…"

Jace si perse nei suoi pensieri senza volerlo. Immaginò di disegnare la prima runa sul braccio di Clary, di regalarle la sua prima stregaluce, di allenarsi insieme, insegnarle tutte le tecniche di combattimento e di difesa che conosceva. Provò a concentrarsi su quello che gli stavano dicendo i suoi fratelli, a pensare ad altro, perché quello che stava succedendo era un'assurdità, perché era solo un'estranea, ma non ci riuscì. Per tutta la sera, un solo nome fu sulle sue labbra e nella sua testa.

Clary. Clary. Clary…
 
A/N: Molte di queste battute vengono dal primo capitolo di Città di Ossa, altre invece sono inventate da me. Questa OS è basata su alcuni riferimenti che vengono fatti durante la serie, per esempio quando in Città di Vetro Isabelle menziona che Jace non ha fatto che parlare di Clary per tutto il ritorno a casa, o in Città degli Angeli Caduti quando Jace ricorda che ha voluto passare le dita tra i capelli di Clary dalla prima volta che l'ha vista, ma che ha lasciato perdere perché era assurdo volere una sconosciuta.
In più, Cassandra Clare originariamente aveva scritto un prologo di COB dal punto di vista di Jace in cui sognava una ragazza dai capelli rossi (probabilmente Clary) che riusciva a vederlo attraverso l'incantesimo, e che era una sensazione strana ma piacevole (potete trovarlo qui http://www.shadowhunters.com/mortalinstruments/deleted-bones.php) e ho deciso di considerarlo canon per questa OS. Ho pensato che Jace dovesse avere un minimo ricordo di quel sogno che lo portasse a trovare Clary familiare, visto che Jace menziona continuamente nella serie che vedere Clary è stato come trovare un pezzo perduto della sua anima.
Ultima cosa, ho paura che Jace sia leggermente OOC. Potrei avere un vostro parere? Le recensioni sono molto gradite :D Spero che la storia vi sia piaciuta.
  
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