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Autore: Sam Lackheart    17/12/2012    2 recensioni
Non riusciva a capire perchè ogni volta si ubriacasse in quel modo.
Di sicuro non era per dimenticare i suoi problemi, visto che se li ricordava benissimo, da sobrio come da brillo.
UKxScotland
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non riusciva a capire perchè ogni volta si ubriacasse in quel modo.
Di sicuro non era per dimenticare i suoi problemi, visto che se li ricordava benissimo, da sobrio come da brillo.
L' unica cosa di cui era certo era che sarebbe sempre venuto da lui, in parte perchè si vergognava a farsi vedere dalla sua nuova piccola colonia in quello stato deprorevole, in parte perchè - forse - era l' unico che gli era rimasto, dopo l' estenuante battaglia con il francese e la conseguente inimicizia che si era guadagnato. Non brillava per simpatia, proprio no. 
"Oh, Arthur ... sai di non reggere l' alcool. E poi sei un piccoletto ... Dovresti saperlo" sussurrò lo scozzese, facendolo sdraiare sul divano, lentamente. Una delle cose positive di averlo in casa in quelle condizioni era di poterlo prendere in giro e magari sfogarsi un pò: tanto non avrebbe ricordato nulla la mattina dopo, e gli sarebbe rimasto solo un vago sentore di alcool, un bel doposbronza e un imbarazzo latente che ormai riusciva a gestire con la sua arroganza aggressiva.
Tranquillo, forse più del solito, il rosso continuò a leggere annoiato il suo libro, non avendo niente di meglio da fare in un' afosa notte d' Agosto. Ogni tanto si alzava, controllava lo stato dell' inglese e, quasi senza accorgersene, spinto da secoli di ricordi, lo circondava di piccole ma utili attenzioni, come una benda fresca sulla fronte, un cuscino morbido sotto la testa o un tè freddo a protata di mano.
Poggiò il pesante volume sul tavolo, consapevole del fatto che avrebbe passato l' ennesima notte a parlare ad un ubriaco addormentato - o forse in coma etilico, questo avrebbe potuto stabilirlo solo il mattino dopo.
Si sedette, stanco, su una sedia accanto al divano e osservò annoiato i lineamenti familiari di Arthur, così simili ai suoi ma nei quali non riusciva più a riconoscersi: il tempo, le decisioni divergenti e la differente importanza dei due li aveva divisi da ormai troppo tempo, anche se c' era qualcosa che continuava a tenerli legati, un legame così fragile ma essenziale, pronto a collassare ma che sembrva più solido che mai nelle situazioni di mutuo aiuto.
"Allora ... sei ancora convinto di potercela fare da solo?" sussrrò, accarezzandogli il braccio. Non gli piaceva vederlo in quello stato, la sua fragilità lo spaventava a morte perchè in fondo lui era alle sue dipendenze, e non aveva problemi ad ammetterlo.
Per risposta ricevette dei versi indecifrabili. Non era in coma etilico, almeno, quindi poteva risparmiarsi la sfacchinata dal medico. 
"Guarda che lo so che non mi senti, è solo che quando sei sobrio non ti si può parlare senza rischiare di essere soffocati dalla massa informe di fumo che ti esce dalle orecchie. Ti arrabbi spesso, ma in fondo lo sappiamo tutti che non sei cattivo dentro ... Forse un pò autolesionista sì, però" concluse amaramente, scendendo dalla sedia e sedendosi a terra, con la testa poggiata sul divano e le braccia incrociate.
Altri mugolii senza senso provenirono dalle labbra secche.
"Forse ha caldo" pensò, iniziando a togliergli la giacca e la camicia.
Dall' ultima volta, aveva guadagnato due piccoli lividi sulle spalle, forse per colpa di quella peste extralarge che si autoimponeva di protare sulle spalle.
Gli tolse le scarpe, annoiato, fissando un punto indefinito della fantasia del divano, con il peso del vuoto che lo opprimeva e un gran bisogno di distrazione, una qualunque, per quanto malsana potesse essere.
Proprio mentre gli sfilava i pantaloni vide i suoi occhi aprirsi lievemente. Non era poi così ubriaco se riusciva a farlo, pensò a malincuore, e avrebbe potuto tranquillmente lasciarlo fuori dalla porta, ma ormai era troppo tardi.
"Che ... cosa stai ... facendo?" chiese a fatica, poggiandosi sui gomiti e ricavandone solo un conato di vomito che finì nel secchio che, previdente, lo scozzese gli aveva poggiato accanto. 
"A te cosa sembra stia facendo?" rispose Scozia acido. Il fatto che fosse sveglio rendeva tutto più difficile.
"Mi stai spogliando" 
"Congratulazioni Sherlock, bello spirito d' osservazione. Pensavo avessi caldo, non temere, deve ancora arrivare qualcuno così coraggioso da raccogliere il tuo fiore gratis"
Sospirò, rimpreverando se stesso. Non doveva essere cos' cattivo, lo sapeva, ma non poteva semplicemente farne a meno.
"Potrei pagarti" rspose Arthur, con una semplicità disarmente, che lasciò perplesso il rosso. Poi si ricordò che era ubriaco, e lasciò cadere il discorso.
"Davvero ... potrei farlo"
"Non parlare, sei ubriaco, e non vorrei mi vomitassi sul tappeto. Non di nuovo, almeno. Sai quant' è difficile togliere le macchie di vomito?"
"No ... devi ascoltarmi. Io ... ti ... io ti voglio bene" 
Lo scozzese sospirò, sedendosi nello stesso punto in cui era prima, rassegnato a dover ascoltare l' ennesima dichiarazione d' amore di un inglese ubriaco.
Che cosa aveva fatto di male? Insomma, non brillava per bontà, gentilezza e tutte quelle cose carine che fanno di una persona una bella persona, ma non meritava tutto quello, proprio no.
"Sì, lo so che mi vuoi bene" disse "Però adesso devi riposare"
"No ... tu non mi credi, lo so che non mi credi. Ma tanto lo so che anche tu mi vuoi bene"
"Sì, te l' ho appena detto. Anche io ti voglio bene"
"Non dirmelo con quel tono!" urlò, guardandolo negli occhi "Non usare quel tono falso da accondiscendente con me! Io ti voglio bene!"
"Perchè tutto questo a me?" pensò sconsolato, senza però rispondere. Non sapeva davvero cosa dire.
"Abbracciami, fa freddo" sussurrò l' inglese, prima di riaddormentarsi.
Contento che per il momento quell' incubo fosse finito, lo scozzese si alzò diligente e lo coprì con una coprta. Era distrutto, si accorse in quel momento: aveva le palpebre pesanti e gli occhi che gli bruciavano, la testa ciondolante e i pensieri vaghi.
"Good night, my dear" gli sussurrò all' orecchio, e poi cadde in un sonno profondo.
L' inglese si alzò nel cuore della notta con un urlo perforante. Allo scozzese venne un infarto, poi un attacco di panico e infine una crisi di nervi. Decise che doveva prendersi una vacanza da tutto quello.
"Che diamine hai?! Volevi uccidermi?!"
Arthur non accennava a calmarsi: aveva il fiatone ed era completamente sudato. Tremava come una foglia.
"Sei vivo! Oh grazie, sei vivo!" disse con una voce stranamente acuta. Nei suoi occhi aleggiava ancora l' ombra di un incubo troppo reale.
"Ancora per poco" pensò ironicamente, mettendosi a sedere: dalla stanchezza, infatti, si era addormnetato sul tappeto.
"Oh, per fortuna sei vivo!" continuò imperterrito l' inglese, abbracciando l' altro che, stupito, fece un balzo all' indietro, finendo a terra con il corpo caldo dell' inglese sopra.
"Arthur, ti prego, sei sudatissimo" disse lo scozzese irritato, cercandolo di toglierselo di dosso, ma era stranamente forte. Quanto lo odiava quando faceva così.
"Ho sognato che ... eri morto e il tuo corpo veniva trascinato dalle onde ... e io volevo venirti a prendere ... ma non avevo le scarpe e non potevo tuffarmi ..."
"Sì, lo so, è sempre lo stesso sogno, adesso calmati però" gli sussurrò, comprensivo, accarezzandogli i capelli bagnati.
Come spinto da una forza nuova, l' inglese si alzò e a fatica si rimise sul divano, con gli occhi spalancati.
"Non vogio perderti, non voglio, no, non posso perderti"
"Non mi perderai, stupido idiota, e adesso dormi. Proprio non ti capisco, sai? Sei tutto preso dai tuoi nuovi impegni, uh, il signorino Inghilterra con tutto il suo potere e quei campi sterminati in un altro continente ... e poi ti ubriachi come l' ultimo dei perditempo e vieni sempre a casa mia sperando che io mi prenda cura di te, ma sai qual' è il vero problema? Che lo faccio, perchè è l' ultima volta, mi dico, e può capitare a tutti, ma tu hai un problema serio! Parla con qualcuno, damn it!" 
"Baciami"
Ma perchè continuava a parlare con un ubriaco? Cosa sperava di ottenere?
"Ma non ce l' hai una ragaaza, o qualunque cosa tu abbia bisogno?"
"Ho te"
"Oh, certo"
"Tu sei quello di cui ho bisogno"
Lo scozzese alzò gli occhi al cielo, cercando inutilmente di reprimere un sorriso e di fermare il rossore. Quanto era stupido.
"Sai, di solito la gente è più simpatica quando è ubriaca, non più maniaca" gli disse, riprendendo un pò del suo contegno. Perchè avrebbe dovuto prendere per vere le parole di un ubriaco? Stava diventando patetico, lo sentiva, e ne era pienamente consapevole.
"Non cambiare discorso"
"Non mi sembra tu ne abbia iniziato uno. E poi sei ubriaco, non puoi pretendere che ti ascolti"
"Ma se non sono ubriaco non mi ascolti"
"Forse" iniziò, urlando. Poi si calmò: doveva essere calmo, entrambi avevano bisogno di una persona calma "Forse è perchè se non sei ubriaco non mi parli" non era riuscito a nascondere il risentimento nella voce.
"Mi dispiace"
"A me no, perchè ..." si bloccò di nuovo, cercando di calmarsi "Perchè quando non ci sei, va tutto a meraviglia nella mia vita. Poi arrivi e con una notte mi rovini"
"Come posso farti questo effetto?"
"Dormi" disse lo scozzese, secco, alzandosi da terra e andando in camera sua. Sentiva la rabbia crescere insieme al rancore. Non poteva credere di aver davvero detto quelle cose, non ad alta voce, non a lui. Anche lui aveva bisogno di parlare con qualcuno, ma era totalmente solo. Gli faceva fatica ammetterlo, nonostante fosse una persona molto realistica in genere, e non si vergognava di ammettere le verità più imbarazzanti: era solo al mondo, se si eliminava il biondo che stava dormendo ubriaco sul suo divano. Era questo il vero problema. Lui lo metteva davanti alla realtà, e non quella che sta in superficie, lo spingeva sotto insieme a lui, e sapeva di non poter fare a meno di affogare insieme.
Si buttò sul letto, cercando di dimenticare, almeno per un attimo, tutto quello che lo circondava. Non doveva abbandonarsi a tutto quello, tutti quei rimpianti e ricordi.
Si decise.
"Che cos'è che vuoi?" chiese aspramente, appoggiato alla porta del soggiorno.
"Cosa?"
"Che cosa vuoi da me"
L' inglese sembrò pensarci un pò su, sembrò sul punto di aprire la bocca un paio di volte, ma la richiudeva sempre. Forse erano i conati di vomito, pensò il rosso. Non avrebbe dovuto fargli quelle domande da ubriaco, ma allora quando?
Di colpo, si alzò, forse troppo di scatto per un ubriaco, visto che iniziò a tentennare e sarebbe sicuramente caduto rovinosamente a terra, se lo scozzese non l' avesse ripreso.
"Non alzarti, idiot" gli sussurrò, rimettendolo in piedi.
"Baciami"
Si bloccò. In effetti i loro visi erano molto vicini, molto più di quanto non lo fossero qualche istante prima.
"Tu ... mi hai chiesto quello che voglio"
"Lo so. Verosimilmente c' ero anch'io quando te l'ho det-"
Gli avrebbe detto sicuramente qualcosa di cattivo che magari l' avrebbe anche azzittito per un pò, se le sue labbra non fossero state catturate improvvismente da quelle dell' inglese.
Alcol. Lo sentiva bene, fin troppo bene. Cercava di rimanere concentrato sul fatto che era ubriaco, ma non riusciva ad essere molto razionale. 
Di colpo lo prese per le spalle e lo mise a sedere. Lo guardò per un paio di secondi negli occhi, vuoti e vacui. 
Poi semplicemente, se ne andò. 
"Tu mi hai chiesto quello ... che voglio" ripetè l' inglese, non esattamente conscio della situazione. Era pur sempre ubriaco.
Lo scozzese non ricordò una notte più tormentata d quella. Fortunatamente, il tempo non si dilatò, e passò discretamente in fretta. 
Il mattino dopo, nella casa aleggiava il silenzio. Nonostante fosse in genere molto mattituniero, decise di aspettare almeno fino alle undici per uscire dalla sua camera, sperando che Arthur se ne fosse andato.
Aprendo la porta, tirò un sospiro di sollievo non vedendo nessuno in salotto. Sentì un briciolo di delusione che non riusciva a scacciare, nonostante si ripetesse a bassa voce "era ubriaco, smettila"
"Non riesco a capire perchè ti ostini a non comprare un tè decente" 
Dannazione.
"Buongiorno anche a te, raggio di sole!"
Dannazione, dannazione, dannazione.
Cadde il silenzio nell' accogliente cucina verde pastello. Non riuscivano neanche  a guardarsi in faccia. 
"Chissà se ricorda qualcosa, almeno qualcosina" pensò lo scozzese, stanco di reprimere i suoi sentimenti. Lasciò dunque la speranza pervadergli il cuore e illudergli la mente. Ah, quella sensazione calda allo stomaco.
"Non vuoi il resoconto della nottata?"
L' inglese sobbalzò, visibilmente stupito.
"Se proprio vuoi ..." disse, poggiando la tazza di tè e mettendosi a guardar fuori la finestra, non perchè a lui il paesaggio fosse sconosciuto, ma perchè non voleva guardare quello che c' era dentro. 
"Niente di eccezionale, il solito"
"Bene"
Sembrava stessero parlando di chissà quale manovra militare.
"E ... anche questa notte ti sei dichiarato" disse, dopo un attimo di incertezza, chiudendo gli occhi.
"Imbarazzante?"
"Non più del solito, no. Ma non ricordi proprio nulla?"
"No"
"Beh, mi hai chiesto di baciarti"
"E ..?"
"Mh, strano. Ho un vuoto"
"Oh, andiamo. Se devo scusarmi per qualcosa, vorrei almeno sapere la versione integrale"
Voleva scusarsi? Era strano persino per lui. Che in fondo gli interessasse almeno un pochino?
"No, non ti ho baciato. Contento?" disse, alzandosi. "Quindi potresti anche guardarmi in faccia prima di andartene"
"Mi dispiace, comunque" disse Arthur, dopo un attimo di silenzio, con lo sguardo piantato a terra.
"Sai dov'è la porta" concluse lo scozzese, troppo stanco per parlare "Quindi non farti complimenti, puoi andartene quando vuoi"
"Dove vai?"
"A letto. Sai, potrà sembrarti strano, ma non ho passato una notte molto piacevole"
L' inglese si avvicinò alla porta, poggiò la mano sulla maniglia, ma non riuscì ad aprirla. Non voleva farlo, per la prima volta non voleva andarsene, non voleva rifugiarsi da qualche parte per far sparire la vergogna e l' umiliazione, voleva restare. Per la prima volta ... ricordava. 
Lo trovò nella sua camera, rannicchiato con la faccia verso il muro. 
"Cosa c'è?" chiese visibilmente irritato.
"Mi hai mentito"
"Di cosa stai parlando?"
"Tu ... io ... ci siamo baciati"
"Oh, no, mi hai scoperto! Questo cosa dovrebbe cambiare? Eri ubriaco, santo cielo, non scriverò sul mio diario il tuo nome con tanti cuoricini accanto, so che non l' avresti fatto se fossi stato sobrio"
"Perchè lo dici?"
"Vorresti smentire?"
L' inglese aprì la bocca per rispondergli a tono, ma la richiuse, facendone uscire solo un suono strozzato.
"Ecco, appunto. Quindi non per essere ripetitivo, ma sai dov'è la porta"
Sentì dei passi strascicati e la porta sbattersi, come sempre. Perchè quella volta ci aveva messo così tanto? Perchè aveva allungato l' agonia? Era una persona orribile, per questo la amava e la odiava così tanto da far apparire le due cose perfettamente identiche.
"Stupido idiota" mormorò, sdraiandosi supino a fissare il soffitto.
Lo odiava davvero tanto, su questo non c' era alcun dubbio.
Quindi fu solo un caso che, ritrovandoselo inaspettatamente appoggiato alla porta della sua camera, sorrise. 
 
  
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