Where the rain won't hurt
Pioveva. Il
ticchettio della pioggia sul vetro era sufficiente per impedirgli di dormire.
Come se quella situazione non fosse già abbastanza difficile da sola. Quella
notte il letto pareva più scomodo che mai, continuava a rigirarsi tra le
coperte, così come quel nome gli rigirava nella mente. Tom…
Solo quel
nome.
Quel nome,
lui. Suo fratello. Così vicino, e lontano allo stesso tempo. A portata di mano e
impossibile da afferrare. Che
assurdità. Come aveva solo potuto pensare che una cosa del genere fosse
possibile?! Come?! Che amare il suo gemello fosse normale? Che pensare a
lui, e a nient’altro fosse
ragionevole? Che desiderarlo così ardentemente nella notte, tra le coperte,
fosse pensabile?? Eppure, non riusciva a dormire, il cuore gli faceva male, i
pugni stringevano lembi di lenzuola bianche, sporcate dal trucco che colava, e
gli occhi umidi e lucidi trattenevano a forza le lacrime….Si mise a sedere sul
letto, affannando. Aveva la sensazione di soffocare, che una stretta gli
togliesse il respiro. Si infilò le scarpe e uscì dalla camera d’albergo diretto
verso il terrazzo. Le gocce di pioggia gli ricadevano lievemente sulle
guance, rendendo quel volto ancor
più avvilente di quanto già non fosse. I capelli discendevano scialbi sulle
spalle e una sensazione di mancanza fece capolino in lui. Si mise a sedere sull’orlo del
davanzale, in bilico. Pensando a come si era ridotto, a dove quella situazione
lo stava portando, a cosa ne sarebbe stato di lui se fosse andato avanti in quel
modo. Si dondolava avanti e dietro sull’ estremità del terrazzo, cingendosi le
braccia per il freddo. Osservava il cielo, con gli occhi pallidi e vuoti, e
debolmente si lasciò scappare dalla bocca quel nome, come a invocare una
stella.
-Tom…-
D’un tratto
si sentì sfiorare da dietro, i capelli, poi il viso…teneramente.
-Bill…sono qui. Sono qui, sempre. Per te. – Quella voce.
Quel suono tanto familiare e conosciuto, gli procurava gioia smisurata, e allo
stesso tempo era come una profonda ferita che pian piano si riapriva, e che
probabilmente non si sarebbe mai rimarginata.
- Tom, io…io non riuscivo a dormire…-
disse, come a giustificarsi.
- Già…neanch’io. – Continuava ad
accarezzargli il collo, con un tocco tenue e premuroso.
- Non possiamo più, Tom… non possiamo più
andare avanti così. Mi sto annientando. A lungo andare cadrò a pezzi. E anche
tu. – Sapeva che dicendo quelle cose lo avrebbe ferito, ma stava colpendo
per primo se stesso. Si stava facendo male. Eppure doveva andare così.
- Bill, standoti accanto io mi terrò sempre in
piedi, solo guardandoti e avvertendo la tua presenza io mi sento bene, mi sento
vivo. Ma è guardandoti che io ho bisogno di stringerti, ho la necessità di
sapere che tu hai bisogno di me, che mi vuoi. Come io voglio te. E se tutto
questo è sbagliato, dimmi se è giusto tradire il proprio cuore. Perché io devo
sapere, ho bisogno di sapere dove
il tuo cuore ti sta portando, adesso – Gli occhi di Tom si tenevano
immobili, fissi su quelli di Bill. Dal suo volto trapelava la passione e la
spavento al tempo stesso.
- Tom…il mio cuore ha bisogno di te. IO ho
bisogno di te. – si avvicinava lentamente al fratello, con l’espressione
incantata. Gli sfiorò il volto con l’indice, mentre le gocce continuavano a
bagnare la loro pelle.
- Se tu non esistessi, probabilmente il mio
cuore non batterebbe…non velocemente come adesso. – Gli prese una mano,
poggiandola delicatamente sul suo petto. Tom poteva avvertire quel palpito
accelerato sotto il suo palmo. Sorrise, e le sue lacrime si fusero con la
pioggia. Ma non sfuggirono allo sguardo di Bill, che amorevole come mai, asciugò
con un bacio morbido e devastante.
- Bill…io ti amo. – Per Tom pronunciare
quelle parole, fu come liberarsi di un ponderoso macigno che per tutto quel
tempo aveva compresso il suo stomaco, il suo cuore.
- Si…io ti amo-.
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