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Autore: Edoatar    18/12/2012    1 recensioni
Piccola storia extra della mia precedente fanfiction "Un'estate indimenticabile" in versione natalizia.
Dopo aver visto che già qualcuno preparava delle ff su Percy in tema natalizio, mi sono detto: E perché no?
Quindi questo è quello che ne è uscito. Spero vi piaccia e recensite!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Annabeth Chase, Percy Jackson, Poseidone, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I racconti di zio Edo'
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Natale al

Campo Mezzosangue

 

So che molti di voi forse non ci crederanno, ma è vero.

Anche nella mitologia greca si festeggia il Natale.

E come? Bé... questa festività è totalmente identica a quella cristiana, solo che qui si rende omaggio agli dei.

 

Per chi ha già letto la mia altra fanfiction (Un'estate indimenticabile) mi conosce ed ha già presente i personaggi della storia.

Per le persone che invece non hanno idea di chi sia quel rintronato mentale che narrerà le prossime vicende mi ripresento.

Mi chiamo Edoardo e sono nato in Italia, ma a causa del lavoro di mia madre mi sono trasferito a New York e quindi parlo abbastanza bene l'inglese. Dopo il mio arrivo al Campo Mezzosangue ho scoperto di essere figlio di Poseidone, il dio dei mari. Ho fatto amicizia con il mio fratellastro Percy e con molte altre persone.

Ok, ora che sapete qualcosina sul sottoscritto possiamo continuare.

 

 

Quella mattina mi svegliai per le otto e mezza. Anche se non avevo dormito molto quella notte, non mi sentii particolarmente stanco. Ma lo sarei stato molto presto.

Rammentai le parole che Chirone aveva detto al falò ieri sera.

Disse che in questi giorni ci saremmo dati parecchio da fare con i preparativi in vista dell'ormai imminente Natale.

Quindi mi alzai dal letto, mi vestii e osservai Percy che dormiva ancora beatamente, poi mi avviai verso la mensa.

Di solito, se le arpie cuoche non sono dell'umore giusto, ti ritrovi sul tavolo solo una scodella di ambrosia e un calice di nettare.

Tuttavia quella mattina dovevano essere serene, perché al tavolo di Poseidone c'erano vassoi carichi di brioches e tazze di cioccolata calda.

Mangiai in tranquillità, soprattutto perché molti degli altri ragazzi stavano ancora dormendo.

Il resto della mattinata passò in fretta. Avevo aiutato alcuni ragazzi di Atena, Apollo ed Efesto a decorare un po' l'enorme albero di natale posto tra il falò e la casa grande.

Osservai il lavoro appena concluso. Sull'albero erano state messe delle palline colorate. Una per ogni ragazzo del campo, ognuna con il rispettivo colore e simbolo del genitore divino.

Anche i satiri avevano una loro pallina. Fissai le palline di Poseidone. Erano blu con un tridente verde pitturato sopra e dalla parte opposta c'era il numero tre scritto in greco antico, a indicare la casa.

Percy spuntò al mio fianco:”Hei, ciao.”

-”Ciao.“ Gli risposi io, “Hai già fatto colazione?”

-”Sì. Era tutto ottimo.”

Annuii, “Volevo chiederti una cosa. Perché sull'albero ci sono tre palline di Poseidone anziché due?”

-”Oh. E' la pallina di Tyson, il nostro fratello ciclope.” Mi rispose.

-”Ah sì, me ne hai già parlato.” Infatti, ora che ci facevo caso, una era più grande delle altre due ed aveva anche un singolo occhio pitturato.

Voltai le spalle a mio fratello e cominciai a camminare verso la mia capanna, pensando a come sarebbe stato curioso incontrare Tyson, quando qualcosa mi arrivò forte e veloce proprio sotto al collo, sulla schiena. Mi voltai e vidi Percy che sorrideva e che si chinava a raccogliere un po' di neve, per poi appallottolarla nelle mani.

-”Non sei stato leale! Ero girato di sp...” Non terminai la frase, ero troppo occupato a schivare i colpi di quel testa d'alghe di mio fratello.

Quando finì le munizioni allora mi rispose: “Che lagna sei. E' solo neve.” E detto questo ricominciò a fabbricare palle di neve.

Solo neve, pensai. Fissai il suolo imbiancato ed ebbi un'illuminazione.

Poteva funzionare, oppure no. Non avevo niente da perdere.

D'altronde la neve era sempre acqua.

Avevo fatto molta pratica quell'estate con l'acqua del laghetto, quindi ci provai.

Mi concentrai, liberando la mente. Sentii la solita morsa allo stomaco e un brivido mi percorse il corpo. Quando riaprii gli occhi, dieci chili abbondanti di neve stavano fluttuando nell'aria.

Mio fratello lasciò cadere le proprie palle di neve per lo stupore.

-”E' la resa dei conti.” Gli dissi.

-”No, aspetta Edo...pensaci solo un attimo...”

-”Ora!”

Il manto bianco che fino a un momento prima si trovava sopra di me, ora viaggiava sparato ad almeno 50 Km orari. Velocità di impatto, insomma.

Ora, mi piacerebbe poter dire che mio fratello ricevette quel che si meritava. Che si ritrovò addosso la mia furia vendicatrice. E invece no. Purtroppo riuscì a scansarsi all'ultimo secondo e il treno di neve da me lanciato travolse una povera ragazza che camminava pochi metri dietro a Percy.

-”Oddei!” Esclamai, “Ehi...ehm, scusa, non volevo. Stai bene? E' tutto a posto?”

Feci per avvicinarmi, ma mi fermai quando vidi chi avevo atterrato. Aveva all'incirca la mia stessa età. I capelli castano chiaro inumiditi dalla neve gli ricadevano sulle spalle. Aveva gli occhi verde acqua.

-”Arianna!” (Vedi altra fanfiction) Il suo nome mi uscì fiacco dalla gola. Per chi non la conoscesse, Arianna è la mia fidanzata ed è la figlia del dio Ermes.

Ora la mia ragazza si era rimessa in piedi e si toglieva un po' alla volta la neve che gli era rimasta addosso.

Cercai di giustificarmi subito.

-“Io...io...è stata colpa di Percy!”

-”Cosa?” Replicò quello, “Ah no, fratellino. La montagna di neve l'hai creata tu e tu ne rispondi delle conseguenze.”

Avei voluto saltargli addosso e sbranarlo.

-”Sta tranquillo Percy.” Disse Arianna, “So benissimo chi è il responsabile.” Mi lanciò un'occhiata congelante.

-”Ma dai tesoro. Non volevo. Non arrabbiarti” Mi scusai.

-”Non sono arrabbiata.” Mi assicurò, ma dal tono della sua voce non ne ero per niente certo.

-”Quindi, senza rancore?”

-”Senza rancore.” Ripeté lei. Un sorrisino malvagio le comparve sul viso. Tradotto, niente di buono.

Aspettò che io abbassai la guardia per mettere in atto il suo piano di vendetta.

Quando me ne accorsi era già troppo tardi. La vidi scaraventarmi contro la stessa quantità di neve che prima io le avevo scagliato contro, solo che lei riusciva a tenerla tutta nelle braccia.

In un attimo mi ritrovai sommerso. Ero rimasto praticamente sepolto vivo sotto una montagna di neve.

Sarò pure stato il figlio di Poseidone, ma là sotto stavo morendo di freddo. Quando finalmente la mia testa sbucò in superficie, udii delle grasse risate provenire poco distante da me.

Misi a fuoco e vidi Arianna e Percy che ridevano...di me.

-”Ok.” Mi rialzai, “Questa non te la perdono.” Le dissi in tono minaccioso, ma in realtà non c' e l'avevo con lei.

-”Oooh, ma che paura.” Detto questo, sfrecciò nella foresta. Una parte di me diceva: Lascia perdere, non la puoi battere. Mentre un'altra diceva: Che cosa aspetti? Forza, inseguila.

Decisi di dare retta alla seconda. Partii anch'io, nella speranza di riuscire a starle dietro. Quando gli passai vicino, Percy mi provocò: “Non la prenderai mai.”

-”Anche l'ultima volta hai detto così.” Gli risposi. Un attimo dopo ero sulle tracce della ragazza più veloce del campo.

Ma la neve mi aveva bagnato, e l'acqua mi dava energia.

Scelsi di attraversare il bosco dove la vegetazione era più fitta. Sapevo esattamente dove andare. Come sempre, Arianna sarebbe andata a riposarsi ad un ruscello ben riparato e circondato dagli alberi. Anche lei sapeva che io ci sarei giunto ed ero sicuro che fosse li. Perché voleva farsi trovare.

Arrivai a destinazione e, come volevasi dimostrare, Arianna si trovava proprio al ruscello. Aveva le braccia incrociate e un sorriso spavaldo gli era comparso sul volto.

-”Certo che c' e ne hai messo di tempo. Dovresti allenarti di più.”

Mi incalzò e io non cercai di replicare.

D'accordo, questo te lo concedo. Ma ora preparati a ricevere il mio stesso trattamento, per la seconda volta di seguito.”

Immaginai che ora avrebbe ricominciato a correre, distaccandomi per poi farsi prendere ancora. Ma non accadde.

-”Ok. Hai vinto.” Mi disse e poi si sedette sulla neve con le gambe incrociate e tenendo le mani dietro la schiena.

Arianna che si arrendeva? No, c'è qualche cosa che non quadra.

Non crederei a questo nemmeno se me lo confermasse Zeus in persona.

Mi avvicinai a lei con passo deciso e solo dopo mi accorsi della sua trappola. Le mani che fino ad un momento prima erano rimaste timidamente nascoste, successivamente sbucarono cariche di neve.

Le due palline mi colpirono entrambe sul petto, facendomi barcollare, ma non più di tanto. Ora era il mio turno. Mi aiutai con le mani a raccogliere la neve per poi appallottolarla. Ne avevo già fatte cinque, ma anche Arianna era a buon punto.

Stanco di creare palle di neve, decisi di scaricare quelle che avevo già preparato contro il nemico.

La colsi di sorpresa e la tempestai con tutte le mie palle di neve, e quando le terminai utilizzai anche le sue. Mi sentivo cattivo.

Nel momento in cui tutto finì, la vidi a terra, ricoperta di neve ma soprattutto che non si muoveva. Sapevo che stava fingendo. Ma volli darle una soddisfazione. Volevo cadere accidentalmente nella sua trappola. Quando le fui vicino mi chinai e, prevedibilmente, si destò e mi fece perdere l'equilibrio.

Ora mi trovavo disteso sulla neve con la mia ragazza sopra di me che rideva.

-”E adesso che cosa vorresti fare?” Le chiesi.

-”Niente di diverso dalle situazioni in cui ti sei già trovato, mia piccola preda.” Da certi punti di vista il termine sembrerebbe offensivo, ma a me era piaciuto.

-”Se io sono la preda, tu sei la cacciatrice.” Dissi, avvicinandomi con la mia testa alla sua.

-”Vedo che afferri il concetto.” Si portò verso di me e le nostre labbra si incontrarono. Solo gli dei sanno per quanto tempo restammo così.

Il tempo era passato in fretta e quel giorno era stato più divertente di quanto mi fossi aspettato.

  
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