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Autore: StoryGirl    19/12/2012    2 recensioni
Gli Shinigami della morte riusciranno a fermare le lancette dell'orologio e dargli qualche attimo di vita in più?
Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } .
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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TITOLO: Soulmates.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: Oneshot. Au. DeathFic. Angst. Romantica. Introspettiva.
RATINGS: PG.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } .
RIASSUNTO: Gli Shinigami della morte riusciranno a fermare le lancette dell'orologio e dargli qualche attimo di vita in più?
NOTE: Questa oneshot è dedicata a Eleonora (HaruHaru 19 su EFP). Oggi è il suo compleanno! *____* TANTI AUGURIIII! Questa oneshot non è niente di che, ma mi avevi richiesto personalmente qualcosa ispirato al nuovo video degli SHINee e bhe, come potevo farmi sfuggire quest'occasione? E' una delle prime volte in cui nella storia vi è solo la OnHo come coppia e sono agitata per questo! Tu mi avevi dato carta libera sulla scelta delle coppie e... io non ho resistito XD!
Quando è stato il mio compleanno mi hai dedicato una OnHo dolcissima e poi quel ritratto della OnHo che si abbracciava... insomma, la fine del mondo ;__; Sei stata bravissima e spero di esserlo stato altrettanto io con questa oneshot. Ti auguro un sacco di cose belle, palloncini colorati che volevano verso l'alto, torte giganti da mangiare, e ovviamente di superare il primo anno di Università nel migliore dei modi! Questo è il tuo giorno speciale, cerca di godertelo al meglio **! Ciancio alle bande non sono molto brava nelle dediche, ma spero che possa piacerti ;___;!
ULTERIORI NOTE: Mi sono presa qualche licenza stilistica in questa fanfiction. Minseok, che nella realtà è il fratello maggiore di Minho, qui è più piccolo di lui. Changsun (Joon) che nella realtà NON è il leader degli MBLAQ qui lo è. Ha spodestato Seungho dal suo trono X°D. Questo non pregiudica però la storia in sé, o almeno credo.
THANKS: A [info]yuya_lovah, perchè l'ha betata, as always.
PAROLE: 4299 con il conteggio di word.

Soulmates

"Dovete darmi ancora un po' di tempo, non posso lasciarlo proprio ora... Devo essergli vicino, è un momento importante per lui!"
Un uomo stava pregando tre ragazzi, un'espressione di pura frustrazione sul volto. Quando vide il più basso annuire lentamente, controllando il suo orologio, capì di essere riuscito ad ottenere più tempo.
"Hai ancora un giorno, non di più. Riesci a fartelo bastare?"
Annuì ringraziandoli di cuore prima di voltarsi e correre via per quanto le sue gambe potessero essere veloci. I tre ragazzi lo osservarono finché non lo videro sparire dalla loro vista.
"Sei sicuro che abbiamo fatto bene, hyung?"
Jonghyun annuì guardando il ragazzo che aveva parlato. Indossava un capello e sul volto i suoi lineamenti erano contratti dall'ansia.
"Ne sono sicuro Tae, ne sono sicuro."

"Minho? Sei... Sei proprio tu? Come è possibile? Non dovresti essere qui... E' la mia mente, vero? Mi sta giocando qualche brutto scherzo..."
Minho aveva scosso la testa. I corti capelli scuri non si mossero rimanendo al loro posto ad incorniciargli il bel volto nonostante le rughe, e quegli occhi dolci che erano sempre piaciuti all'altro. Dopo essersi seduto accanto a lui, lo guardò negli occhi abbassandosi come per sfiorarlo per poi cambiare idea e raddrizzarsi all'improvviso.
"Shh, va tutto bene Jinki. Non potevo lasciarti solo."
Jinki aveva sorriso, il ronzio delle macchine attaccate al suo corpo, che l'aveva sempre infastidito, ora non era che un rumore sottile all'angolo della sua coscienza.
"Grazie di essere venuto, grazie di essere qui con me."
Minho scosse piano la testa, una piccola lacrima che sfuggiva dall'angolo dei suoi occhi.
"Non potevo non esserci, lo sai."
Jinki annuì guardandolo negli occhi, allungando stanco una mano verso di lui non riuscendo però a raggiungerlo. La lasciò ricadere vicino al suo corpo prima di prendere di nuovo parola con un tono malinconico nella voce.
"Ti ricordi come ci siamo incontrati la prima volta? Anche allora è stato in un ospedale..."
Minho annuì. Non si sarebbe mai dimenticato l'espressione sofferente di Jinki quella mattina di Dicembre.
I bambini dell'ospedale erano sdraiati nel loro letto, sotto le coperte, e guardavano ostinatamente fuori dalla finestra. La neve cadeva lenta ricoprendo le strade e rendendo il paesaggio indimenticabile.
"Hyung, quando potremo uscire per correre tra la neve? Appa mi ha promesso che saremo andati al parco a fare un pupazzo di neve!"
Il medico si avvicinò al bambino che aveva parlato e gli accarezzò con dolcezza la testa. Il cuore gli batteva all'impazzata ogni volta che metteva piede in quel reparto: vedere quei bambini piangere e lamentarsi gli straziava l'anima. Se solo avesse potuto, avrebbe barattato qualche anno della sua vita per riportarli in salute.
"Taejoon uscirai presto da qui, te lo prometto. Le analisi stanno andando molto bene e entro il fine settimana potremo toglierti questa flebo. Devi solo avere ancora un po' di pazienza."
Il bambino annuì sotto le cure del più grande e gli sorrise dolcemente mostrandogli il dente mancante sulla parte davanti. Era ancora piccolo, non gli si erano ancora formati tutti i denti eppure era lì, in quel letto d'ospedale, a combattere per la sua vita.
Tutti quei bambini erano malati di leucemia. Alcuni, come Taejoon, ce l'avrebbero fatta nonostante le conseguenze disastrose delle cure, come la perdita dei capelli, la debolezza degli arti e dei muscoli... mentre altri erano condannati a non crescere mai.
Quando si voltò, quasi cadde per la disperazione della scena che si ritrovò davanti. Minseok, uno dei ragazzini più grandi e più malati, stava singhiozzando in silenzio come se non volesse disturbare gli altre, le coperte quasi tirate sopra la testa. Lo raggiunse velocemente e gli prese una mano per stringerla tra le sue facendogli capire che era presente e che non si sarebbe mosso da lì finché non si fosse ripreso.
"Shh, sono qui, sono qui!"
Non era suo figlio, non era suo fratello, non era un suo parente - come tutti gli altri bambini -, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per vedere un suo sorriso.
Tutti gli dicevano di tenere troppo al suo lavoro, che non poteva continuare a tornare a casa portandoselo dietro, ma Jinki non poteva fare altrimenti. Vedere quei bambini straziati dalla malattia ti cambiava la vita.
"Hyung... Hyung... è ancora via! E'... E' ancora a f-fare il militare. Hyung... voglio vederlo prima di morire! Voglio vederlo!"
Sapeva bene di chi stava parlando. Minseok aveva un fratello maggiore, più o meno della sua stessa età, che non era ancora riuscito ad andare a trovarlo. Il bambino sapeva che non ce l'avrebbe fatta a resistere ancora per molto e nonostante i suoi genitori andassero a trovarlo ogni giorno, rimanendo con lui finché l'ospedale non chiedeva loro di uscire, Minseok aveva bisogno di suo fratello.
"Sono sicuro che è riuscito ad ottenere un permesso e che presto sarà qui a tenerti tra le braccia, devi solo avere speran-"
Non poté finire la frase perché vide gli occhi del bambino allargarsi a dismisura e dovette subito prendere lo stetoscopio per auscultare il cuore e controllare che non avesse un principio di convulsioni o un infarto. Quando comprese che il bambino era evidentemente emozionato e non stava avendo un attacco, si guardò intorno e lo vide: Un ragazzo alto dai capelli scuri e gli occhi enormi, come quelli di Minseok. Indossava la mimetica militare e lo guardava respirando affrettato. Jinki si alzò, andò da lui, lo prese per la mano e lo accompagnò al letto del fratello minore.
"Cosa ti avevo detto Minseok? Basta avere speranza..."
Notò i due guardarlo e sorrise prima di congedarsi da loro per permetterli di avere la privacy che meritavano.

"Minseok aveva resistito per te, perché voleva vederti e farsi tenere tra le tue braccia..."
Minho annuì ricordando quel giorno ed il modo in cui suo fratello minore era spirato tra le sue braccia, mentre lo stringeva a sé. Era come se avesse saputo che stava per andarsene ed avesse chiesto qualche ora in più solo per rivederlo.
A quell'epoca non credeva che una cosa fosse possibile e pensò fosse stato il destino ad ottenere per loro quel momento insieme. Solo ora capiva che non era stato il destino, ma la bontà d'animo di uno, o più, traghettatori dell'aldilà.
"Quando è morto non erano ancora arrivati i miei genitori e tu sei stato con me. Sei riuscito a non farmi crollare del tutto!"
Jinki socchiuse gli occhi, le rughe che si distendevano leggermente mentre tornava con il pensiero a quel giorno e a quella scena.
Un urlo aveva rotto la cappa di silenzio che circondava l'ospedale ed in particolare quell'area. L'ennesimo bambino era morto e l'ennesimo parente stava soffrendo per quel triste destino.
Jinki aveva fatto di tutto per salvarlo, per permettere al cuore del bambino di battere di nuovo, ma era stato tutto inutile ed in quel momento stava accompagnando fuori dalla stanza il ragazzo in lacrime.
"Min-Min-Minseok!"
Non aveva detto nulla ben sapendo che le parole in un momento simile non sarebbero servite. Non vi sarebbe stato un lieto fine per quella famiglia, non serviva dirgli che il tempo avrebbe alleviato quella ferita o che Minseok non aveva sofferto. Non aveva senso ripetergli quanto fosse dispiaciuto per la sua perdita, Minho poteva scorgere il suo dolore nel profondo dei suoi occhi e non aveva bisogno di nient'altro per sentirlo in qualche modo vicino.
Lo cullò stringendolo a sé per tutto il tempo di cui aveva bisogno. Per lui il tempo si era fermato: vi era una famiglia da consolare ed il suo ruolo di medico gli imponeva di riuscire a regalargli un po' di pace.
"N-Non ha... a-altri pazienti? Le sto facendo perdere te-tempo. L-La mia famiglia s-s-sarà qui tra poco..."
Jinki ormai non si stupiva più di come anche i ragazzi più stoici, come quello che teneva tra le braccia, singhiozzassero balbettando disperati alla morte di un famigliare vicino.
La morte era come una mantello nero che riusciva ad oscurare tutta la felicità intorno ad una persona in pochi istanti, era un abisso in cui si poteva cadere e non uscirne più.
"In questo momento lei ha bisogno di me, non la lascerò solo. Venga, le offro un caffè."
Minho annuì cercando di asciugarsi le lacrime con il braccio, finendo per inzuppare la sua mimetica mentre lo seguiva verso le macchinette dell'ospedale.
"P-Possiamo darci del tu. S-Sono Minho e... m-mio fratello mi parlava spesso di te... Di come riuscissi a farlo sorridere n-n-nonostante tutto!"
Jinki non sorrise, anche se in un altro momento lo avrebbe fatto. Era consapevole del fatto che Minho non avesse voluto farlo sorridere con quel commento, ma solo metterlo a conoscenza di ciò che sapeva.
"Ecco a te, Minho"
Dopo avergli messo tra le mani un bicchiere di caffé caldo, appoggiò la propria mano sulla spalla del ragazzo stringendogliela tra le dita.
Fu in quel momento che il loro legame si strinse, destinato ad aumentare sempre più.

"Non avrei mai pensato che quello sarebbe stato l'inizio tra noi. Dovremmo ringraziare tuo fratello perché è stata la luce che ci ha unito."
Minho sospirò. I loro ricordi insieme iniziarono a passare nella sua mente come fossero state scene di un film e lui ridacchiò ripensando al loro primo appuntamento.
"Stai ripensando al nostro primo appuntamento, vero? Aish... Minho!"
Minho ormai aveva iniziato a ridere e sembrava non riuscire a fermarsi.
"Pensavi fosse un karaoke. Pensavi fosse un posto dove potevi cantare..."
Jinki lo guardò male prima di mettere un finto broncio, le rughe che si tiravano insieme alle sue labbra dandogli un aspetto ancora più buffo del solito.
"Non c'erano transenne sul palco e nemmeno degli addetti che mi hanno impedito di salirci!"
Avevano preso a telefonarsi. All'inizio perché Minho voleva sapere da Jinki i momenti di suo fratello in ospedale, non potendogli essere stato vicino di persona, poi solo perché amavano ascoltarsi a vicenda.
Il loro primo appuntamento fu durante un periodo di pausa nel servizio militare che teneva Minho lontano da casa.
Minho era passato a prenderlo, non svelandogli niente di ciò che sarebbero andati a fare quella sera e quando Jinki si era ritrovato in un locale con la musica a palla e quel palco completamente vuoto, credette fossero in una specie di serata karaoke e che nessuno avesse il coraggio di prendere in mano il microfono.
Jinki amava cantare. Se non avesse deciso di intraprendere la professione di medico, avrebbe sicuramente cercato di sfondare come cantante e quindi non poté non cogliere la palla al balzo. Sicuro di poter sorprendere Minho con una canzone adatta alla nuova relazione che stava nascendo lentamente tra loro, gli sorrise emozionato prima di lasciargli la mano e salire sul palco.
"Questa canzone la dedico ad una persona speciale."
Nessuno gli aveva impedito di salire, di posizionarsi davanti al microfono e dire certe cose. Non c'era nessuna transenna a fargli capire che non era un locale karaoke, ma un locale e basta, persino Minho non aveva avuto il tempo materiale di bloccarlo troppo stupito. Nessuna delle persone del pubblico gli disse di scendere e, prima che lui potesse chiedere la canzone che tanto desiderava per dedicarla all'altro, salirono i veri cantanti: rimase a bocca aperta di fronte a loro.
"Oh... Questo non è un locale karaoke, vero?"
Il leader aveva scosso la testa porgendogli una mano, divertito da quell'inaspettato avvenimento. Non erano poi così famosi e quindi un inconveniente del genere potevano trasformarlo in qualcosa di avvincente per i fan.
"Sono Lee Changsun, meglio conosciuto come Joon. Leader degli MBLAQ e tu, caro mio, oggi canterai con noi. Quale canzone volevi dedicare alla tua persona speciale?"
Jinki era arrossito rivelando di voler cantare "In your eyes" e dopo che quel cantante ebbe approvato ed iniziato a suonare la chitarra a ritmo, lo spettacolo ebbe inizio.

"Alla fine però hanno cantato con me e mi hanno persino fatto i complimenti!"
Fece la linguaccia a Minho proprio come facevano quando erano più giovani e sorrise divertito rannicchiandosi meglio tra le coperte, infreddolito.
A quell'appuntamento ne erano poi susseguiti tanti altri e ricordandoseli non poté fare a meno di socchiudere gli occhi, felice.
"Ricordo con precisione ogni nostro appuntamento. Le volte in estate in cui condividevamo un gelato, quelle in inverno in cui era una cioccolata calda a farci compagnia. Oppure in primavera quando ce ne stavamo seduti su di una panchina al parco e ridevamo per ogni più piccola sciocchezza! Sei stato il mio ossigeno per tutti gli anni che abbiamo passato insieme, Minho. Lo sai questo, vero?"
Minho aveva annuito senza rispondere. Jinki aveva imparato a comprendere i silenzi di Minho ed ormai sapeva con precisione ciò che l'altro voleva dire anche se non apriva bocca. Non lo infastidiva il carattere introverso dell'altro ragazzo perché sapeva che era solo un modo per nascondere i suoi sentimenti. Minho si imbarazzava spesso per ciò che provava e non sapendo come fargli capire tutto al meglio, restava in silenzio a rimuginarci sopra.
"Ti amo, Jinki."
E poi se ne usciva con frasi del genere e scuoteva il cuore di Jinki facendogli sentire tutto il suo calore.
"Essere un avvocato non ha mai fatto per te... Non capisco perché i tuoi genitori abbiano insistito così tanto all'inizio. Hai sempre avuto tanto amore da dare, Minho. Non solo a me, ma a tutto il mondo!"
Minho prese a guardare la stanza come se non riuscisse a bloccare lo sguardo sul corpo magro di Jinki.
"Perché loro pensavano che così sarei stato bene per tutta la vita. Un lavoro rispettabile che mi avrebbe portato ad ottenere l'attenzione di qualsiasi ragazza mi interessasse, ma non è andato niente come nei loro piani e l'unica persona che volevo con me eri tu..."
Minho finì il suo servizio e tornò a casa iniziando a lavorare come avvocato, odiava il suo lavoro e non finiva giorno in cui non lo ripetesse fino alla sfinimento al telefono con lui.
Jinki, ormai esasperato, riuscì a fargli ottenere un colloquio per lavorare in ospedale come animatore e Minho fu finalmente felice. I suoi genitori all'inizio non la presero bene, era pur sempre uno smacco famigliare che il loro ragazzo, dopo anni di studio, avesse mollato un lavoro così ben retribuito e di successo ma capirono il motivo per il quale Minho preferiva quel lavoro all'ospedale a quello in ufficio, la prima volta che passarono a trovarlo.
Minho era vestito da clown ed il suo naso rosso faceva ridere tutti i bambini presenti nella camera. Sapeva fare piccoli trucchi di magia che li sorprendevano facendoli sorridere.
I suoi genitori non poterono, ovviamente, non pensare all'altro loro figlio e a quanto sarebbe stato contento se avesse avuto un clown personale ad allietargli la giornata proponendo ogni volta giochi diversi.

"Alla fine hanno capito quanto fosse importante per te... Mi ricordo i loro visi emozionati ogni volta che parlavano ai loro amici del lavoro che faceva il loro prezioso bambino!"
Jinki ridacchiò prendendolo leggermente in giro ed un colpo di tosse lo fece tremare da capo a piedi spezzandogli il respiro per qualche secondo.
"Anche durante la nostra prima volta il tuo respiro si è spezzato. Certo, per un motivo diverso, ma le tue guance si erano colorate comunque di rosso mentre cercavi ossigeno prezioso!"
Jinki lo guardò imbarazzato, distogliendo subito dopo lo sguardo da lui per poterlo posare sulle lenzuola bianche che ricoprivano il suo corpo.
"Hai sempre avuto questa magnifica abilità di dire la cosa più imbarazzante nel momento più sbagliato di una conversazione!"
Minho sorrise sistemandosi meglio sulla sedia.
"E' la mia specialità, lo sai!"
Jinki grugnì senza rispondergli. Il pensiero della loro prima volta lo aveva reso parecchio silenzioso a causa della timidezza.
"Oh, avanti, non dirmi che non ti piace ripensarci di tanto in tanto. Eravamo entrambi così emozionati che sento il cuore battermi più forte se solo torno con la mente a quell'attimo paradisiaco!"
Era ormai da mesi che uscivano, che si scambiavano baci e coccole sempre più intime, ed alla fine la passione aveva preso il sopravvento su entrambi e si erano ritrovati a rotolare tra le lenzuola del letto di Jinki.
Dopo aver bloccato il più grande sotto di lui, Minho aveva preso a baciargli il collo dolcemente godendo della facilità con cui riusciva a farlo gemere. Accarezzandogli con le dita i fianchi, intrufolò una mano tra loro andando ad accarezzargli il membro già mezzo eretto. Completamente nudi, si guardarono l'uno negli occhi dell'altro finché Jinki non interruppe quel momento silenzioso, in cui riecheggiavano unicamente i loro gemiti di piacere, con una preghiera.
"Ti prego Minho! T-Ti prego!"
Minho non poteva farlo attendere di più e, dopo avergli aperto meglio le gambe, portò una mano alle sue labbra con la libidine che gli rendeva gli occhi più scuri del solito.
"Lecca Jinki, lecca per bene!"
Jinki aprì le labbra rosse e gonfie, a causa dei baci che gli aveva donato l'altro, per far fuoriuscire la lingua rosea e risucchiare all'interno della sua bocca quelle dita, lambendole una ad una sensuale come non mai. Minho rimase ad osservarlo anche quando le sue dita furono completamente ricoperte di saliva, e quindi pronte, solo per il gusto di osservare Jinki provocarlo.
Dopo avergli baciato il collo, gli portò quelle stesse dita alla sua apertura inserendone una cercando di capire quanto fosse elastica l'entrata dell'altro, che aveva già prontamente ricoperto di lubrificante. Controllando gli occhi di Jinki per capire se provasse o meno dolore, inserì un secondo dito ed un terzo.
Avvertì all'istante il bacino dell'altro inarcarsi verso l'alto, Jinki che si pizzicava il labbro con i denti.
"Fa... m-male!"
Minho annuì portando la mano libera al membro del più grande, iniziando a masturbarlo al ritmo delle spinte che dava con le tre dita all'interno del suo corpo. Sentiva il sangue defluire per concentrarsi sul suo di membro, che se ne stava completamente eretto nonostante Jinki non lo avesse nemmeno toccato. Se non avesse amato il più grande, se ne sarebbe fregato altamente di prepararlo a quel modo. Andava bene il non fargli male, ma a quel punto avrebbe già cercato di entrare dentro di lui dicendogli che presto avrebbe provato piacere.
Invece con Jinki voleva che fosse quest'ultimo a pregarlo di entrare dentro di lui, a dirgli che non poteva resistere senza essere completamente suo.
"O-Oddio! Lì! Oddio!"
Minho sorrise sentendo Jinki urlare tutto il suo piacere: a quanto pareva era riuscito a toccare il suo punto debole. Estraendo le dita, prese a lubrificare il proprio membro stando attento a versarne una dose abbondante di modo che l'entrata in Jinki fosse più semplice. Dopo essersi posizionato ed aver portato le gambe del più grande sulle sue spalle, si spinse arrivando ad entrare completamente in lui.
Lo guardò notando le ciglia di Jinki tremare e si abbassò su di lui per coinvolgerlo in un bacio appassionato, di modo che l'altro si concentrasse su di esso e non sul dolore. Si sforzò di non muoversi nonostante la tentazione fosse alta ora che era circondato dal calore di Jinki.
"Puoi muoverti Minho. Se non ti muovi non potrò mai arrivare a provare il piacere di prima. Devi muoverti e... toccare di nuovo quel punto!"
Grazie alle suppliche del più grande, capì che poteva muoversi liberamente e non si trattenne più spingendo veloce e con forza nel suo corpo. Incavò appena le unghie nei fianchi di Jinki mentre se lo portava ancora più vicino. L'unico rumore che si poteva avvertire, oltre ai loro gemiti e respiri affannosi, era lo scontrarsi dei loro corpi.
Osservò Jinki prendere le lenzuola del letto tra le mani e tirarle forte, le labbra aperte mentre gemeva con forza. Ora che Minho aveva trovato il ritmo giusto, era in grado di colpire il punto più sensibile di Jinki ad ogni spinta provocando così un piacere infinito per entrambi.
Quella passione, però, non durò a lungo. Entrambi troppo sconvolti per la loro prima volta insieme, non riuscirono a trattenere i rispettivi orgasmi per molto e vennero quasi all'unisono, come in uno di quei film sdolcinati che Jinki adorava guardare di sera con una bacinella di pop-corn tra loro.
"Jinki! Ti... Ti... Ahhh..."
Minho non riuscì a finire la sua confessione a causa dell'orgasmo che lo aveva colpito. Il suo cervello si resettò, gli occhi vedevano solo bianco ed il suo corpo sembrava essere diventato di gelatina. Jinki, dopo aver riconquistato il fiato, riuscì a finire la sua frase prima che lui avesse il tempo di riprendersi.
"Anche io ti amo, Minho!"

"Quella è anche stata la prima volta che confessavamo ad alta voce i nostri sentimenti... ricordi?"
Jinki annuì. La loro vita era stata intensa e piena d'emozioni. Dopo la prima volta a letto, erano andati a vivere insieme e ad essa ne erano susseguite tante altre.
Avevano festeggiato innumerevoli feste e desiderato una famiglia tutta per loro che però non era mai arrivata. Non erano riusciti ad adottare e per questo i bambini dell'ospedale che entrambi curavano, erano diventati come loro figli.
Jinki non si sentì più rimproverare il fatto di tenere troppo al proprio lavoro, questa volta la persona che condivideva la vita con lui era nella sua stessa situazione.
Minho osservò il corpo dell'amato e seppe che stava arrivando il momento. Poteva sorridere e fare finta di niente quanto voleva, poteva continuare a ricordare altri avvenimenti della loro vita insieme, ma sapeva che non avevano più tempo.
"Minho..."
Minho si abbassò su Jinki notando la difficoltà che aveva nel respirare. Sapeva bene cosa si provava quando il tempo veniva a mancare. Sapeva cosa passava nella testa nel momento in cui ci si rendeva conto di stare per morire.
"Sto morendo, vero?"
Minho annuì, gli occhi gonfi di lacrime. Sapeva che presto Jinki l'avrebbe raggiunto e non poteva sopportarlo. Certo, sarebbero potuti stare insieme, ma l'idea che il suo unico amore morisse… gli spezzava il cuore.
"Fa male?"
Jinki aveva paura. Sapeva che quello che stava accadendo nella stanza era una specie di gioco della sua mente. Minho era morto, ma la possibilità di potergli parlare ancora una volta e ricordare insieme a lui la loro vita insieme, era troppo allettante per scegliere di tornare nella realtà e capire che era tutta opera della sua immaginazione.
"No, non fa male. Non fa male, Jinki... Devi solo lasciarti andare. Devi abbandonarti al buio che sta venendo a prenderti e poi vedrai una luce. Segui quella luce Jinki e io ti prenderò tra le mie braccia. Sarai al sicuro!"
Minho aveva sentito la morte arrivare a prenderlo il giorno in cui aveva lasciato solo Jinki. In quella stanza d'ospedale c'era stato anche lui la sera prima, ma durante la notte le forze lo avevano abbandonato. Ora era lì per aiutare Jinki, il suo unico grande amore.
Osservò Jinki chiudere gli occhi, le labbra aperte alla ricerca di fiato ed il corpo che tremava. Lo vide battersi ed aggrapparsi con tutte le sue forze agli ultimi brandelli della vita che gli rimaneva ma quando sentì le macchine attaccate al suo corpo iniziare a suonare a vuoto, capì che era finita.
Chiuse gli occhi anche lui e dopo essersi alzato aprì le braccia e racchiuse il corpo di Jinki contro di lui.
Jinki era di nuovo lì ed avrebbe voluto tenerlo a sé ancora un po', ma non glielo permisero.

"E' ora, Minho. Dovete andare!"
Minho annuì ai tre ragazzi e, dopo aver preso la mano di Jinki, scomparve.
"Tu lo sapevi vero, hyung? Sapevi che sarebbe morto anche lui, per questo hai permesso a Minho di rimanere ancora un giorno!"
Jonghyun annuì guardando il più piccolo del trio.
"Sì, lo sapevo."
Kibum prese la parola sfogliando il libro della vita di Jinki e Minho. Ogni anima ne aveva uno personale, almeno finché non incontrava la propria anima gemella ed iniziava a condividerlo con essa.
"Sono anime gemelle Tae, cosa credi che succederà ora?"
Taemin sorrise guardando verso l'alto dove un centinaio di palloncini colorati si libravano verso il cielo: il loro personale regalo a quella coppia di anziani che fino alla fine avevano lottato insieme.
"Vivranno di nuovo. Una nuova vita, sempre insieme!"
Gli altri due annuirono e si guardarono.
"E' quando abbiamo incarichi simili che mi rendo conto di quanto mi piaccia il mio lavoro!"
Kibum aveva annuito stringendo la mano di Jonghyun e Taemin.



"Un gelato per favore!"
"Il solito?"
"Mi conosci bene..."
Era lo scambio di battute usuale tra due ragazzi. Ormai erano mesi che Jinki andava al parco sapendo esattamente dove avrebbe trovato il carro dei gelati che tanto adorava.
Oltre che i gelati, però, adorava anche il ragazzo che li vendeva. Dalla prima volta in cui era capitato di lì per caso, ci era tornato ogni giorno solamente per poter rivedere quei grandi occhi incontrare i suoi. Era come se lo avesse già visto anche se non sapeva dove.
"Uhm, ti va di prenderlo con me questo gelato? Offre la casa!"
Jinki lo aveva guardato stranito, immobile nell'atto di recuperare il suo cono, con già i soldi precisi nelle mani.
"Prenderlo con te?"
Il ragazzo annuì uscendo dal carro, un sorriso timido sul volto.
"Ormai è quasi la fine dell'estate e d'inverno non lavoro. Pensavo che... visto che ormai vieni qui ogni giorno, oggi avremmo potuto parlare un po'. Mi sembra di conoscerti da sempre!"
Aveva ridacchiato, ma Jinki non aveva sorriso e l'altro ragazzo lo aveva preso come un cattivo segno.
"Oh, scusa... Non vuoi, vero?"
Jinki scosse la testa, prese il cono dalle mani di Minho e gli sorrise timidamente allungandogli una mano.
"Mi chiamo Jinki!"
"Io sono Minho!"
Quando le loro mani si incontrarono per allacciarsi l'una all'altra nel solito segno di educazione, entrambi i ragazzi sentirono una specie di scarica elettrica attraversare i loro corpi e, quando i loro occhi si incontrarono per l'ennesima volta, non poterono fare a meno di ricordare stralci di una vita passata.
Una vita che avevano condiviso amandosi l'un l'altro.
  
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