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Autore: hummelssmythe    20/12/2012    24 recensioni
SHIP: Kurt/Sebastian;
RATING: T (giallo) - NC-17 (rosso, ad un certo punto della storia).
PLOT:‘Mi sembrava di correre lungo il ponte verso il nulla mentre crollava a pezzi alle mie spalle.’
Il liceo è finito. Tutti stanno organizzando i propri progetti per l’estate, quando Sugar propone di passare le vacanze nella sua villa a mare in California.
Ma, nel gruppo, c’è qualcosa di inaspettato che non dovrebbe decisamente esserci.
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Dal Capitolo 4:
In realtà, non si trattava di un’esplosione vera e propria, ma di una bomba ad orologeria: Kurt continuava ad avere quella strana sensazione, come se stesse per accadere qualcosa, ma non potesse dedurre di più, ad esempio di cosa si trattasse. Tutto quello che sapeva era quanto fosse imminente.
Non era accaduto nulla realmente ed aveva già cominciato a svegliarsi in modo diverso, sentendosi diverso.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ROAD TO NOWHERE
prologo
summertime sadness

Se il professor Schuester era serio riguardo al concetto di saper dire addio, allora erano tutti sulla strada sbagliata.
 
Avevano passato giorni interi a parlare dei propri progetti estivi, a rinfacciarseli semplicemente per scoprire chi avrebbe tirato fuori il più bello, il più invidiabile.
 
Rachel voleva, ovviamente, passare un po’ di tempo a New York, per abituarsi alla città dei suoi sogni visto che ci avrebbe vissuto. Non c’era bisogno neanche di aggiungere il nome di Finn perché, ormai, facevano praticamente ogni cosa assieme. Dove era Rachel, c’era anche lui, inseparabili.
 
Tina e Mike avrebbero passato la loro estate insieme, prima che il ragazzo andasse al college, semplicemente stando insieme ogni singolo giorno dei successivi mesi. Una cosa piuttosto sensata.
Brittany era stata per qualche giorni in una sottospecie di campus veterinario al solo scopo di esaminare i bisogni dei gatti perché sosteneva che Lord Tubbington avesse qualcosa di strano recentemente. Quando era tornata però, aveva trovato un programma da piscina, sole, abbronzatura e cocktail organizzato dalla sua ragazza.
 
Quinn Fabray, perché a quel punto il cognome suonava importante, stava ripassando nozioni generiche perché ci teneva a fare bella figura aYale. Voleva essere la migliore, aveva trovato di nuovo la determinazione e la carica giusta e non le importava molto di oziare durante l’estate, nonostante l’anno piuttosto tragico che aveva vissuto.
 
Cooper aveva insistito affinché Blaine lo raggiungesse per una settimana a Los Angeles. E Kurt aveva pensato di poter sopportaresette giorni senza di lui. Non era nulla in confronto ai tre mesi che avrebbero passato insieme.
 
Rory avrebbe passato l’estate con i suoi, in Irlanda, dopo esser riuscito ad ottenere il permesso per fare il terzo anno al McKinley.
 
E il resto era decisamente ancora confuso. L’idea di un torneo online non-stop di una settimana a Call Of Duty entusiasmava soltanto Artie e Puck e non riusciva neanche a coinvolgere tutto il gruppo come programma estivo. Sembrava che, non potendo più essere un’alternativa valida allo studio, i videogiochi avesse perso parte del loro fascino.
 
Il colpo di genio lo ebbe Sugar.
 
Ma non era davvero un colpo di genio perché, appunto, testimoniava soltanto che non erano assolutamente capaci di dividersi, neanche per l’estate. Erano tranquillissimi, seduti fuori dal Lima Bean, chi col suo caffè, chi solo per ozio, quando scattò, facendo venire un colpo a buona parte di loro, alzandosi in piedi sulla panchina.
 
“Ho un’idea s-t-u-p-e-n-d-a!” starnazzò, battendo le mani in aria. Senza sapere neanche quale fosse il piano, Brittany la imitò, non riuscendo a trattenere una risata. Rivolsero immediatamente tutti lo sguardo verso di lei.
 
Santana afferrò all’istante il braccio di Brittany, tentando di evitare che saltasse sulla panchina insieme a Sugar, quasi fosse un istinto naturale preoccuparsi di ogni cosa facesse.
 
“Volevo dire qualcosa di cattivo, ma devo ammettere che mi piacciono le tue idee, riccona!” commentò, però, ripensando a San Valentino e lo Sugar Shack. Che ricordasse, era stato il San Valentino più bello della sua vita.
 
“Questa è SUPER!” esclamò ancora Sugar, indicandola soddisfatta per il fatto che cominciasse già ad ottenere approvazione.
 
“Ho paura di sentire.” Commentò Quinn, mentre se ne stava in piedi, tra Joe e Sam – che teneva un braccio avvolto intorno alle spalle di Mercedes – con il caffè tra le mani.
 
Kurt si sporse oltre Blaine e Puck per osservare la ragazza, ma la prima cosa che si ritrovò davanti fu Sebastian Smythe che si avvicinava al locale. Avvolse all’istante un braccio attorno a quello di Blaine che si voltò verso di lui. Kurt si assicurò del fatto che Sebastian li avesse notati, prima di baciare dolcemente Blaine sulle labbra. Il suo ragazzo chiuse agli occhi all’istante, ma lui non poteva permetterselo: il suo sguardo vagò all’istante, deciso, sull’altro che però gli stava semplicemente rivolgendo il suo solito ghigno divertito. Continuò a portarselo sul volto finché non entrò nel Lima Bean, ignorandoli. Kurt si domandò come mai avesse deciso di non torturarli, ma decise di ignorare quel pensiero, visto che le sue labbra erano ancora incollate a quelle di Blaine che Sugar stava però strattonando.
 
“Dovette ascoltarmi quando vi parlo!” gli disse, facendo scoppiare a ridere Anderson. Le loro labbra si staccarono, ma non fu una tragedia: Kurt aveva comunque raggiunto il suo scopo, far capire a Sebastian che Blaine era suo.
 
“Hai trenta secondi, poi accetto la proposta per il torneo” rispose Puckerman, mentre si voltava verso Artie, estremamente soddisfatto a quella considerazione.
 
“Si dal caso che la mia famiglia ha una villa in California,” cominciò la ragazza, mentre Santana si era già illuminata alle parole ‘villa’ e ‘California’. “e che per quest’estate avevamo deciso di non andarci il che vuol dire …” fece con teatralità, prendendosi un momento di pausa, per creare suspense. Ovviamente l’unica ad ondeggiare con le mani in attesa del continuo fu Brittany. “… che la villa è totalmente libera!”
 
“E’ fantastico!” esclamò all’istante Tina, battendo le mani e saltellando sul posto. Partì un applauso di gruppo in onore della famiglia Motta. Sembrava un progetto molto allettante: una dozzina di adolescenti con una villa al mare a disposizione significava svago incontenibile.
 
“Beh, non aggiungeteci alla lista.” Fece immediatamente Rachel, attirando gli sguardi su di sé e alzando il proprio verso Finn che, quasi sotto una specie di controllo ipnotico, annuì all’istante. “New York è la prima meta per me, non mi farete cambiare idea con una banale vacanza a base di abbronzatura e bagni.”
 
Santana si sporse immediatamente in avanti, portando le braccia in aria con fare scenico.
 
“Guarda che non moriremo senza di te, Evita Peròn!” le fece immediatamente presente per contrastare l’evidente arroganza con la quale pensava che non sarebbero andati in California per lei.
 
“Quando?” chiese Blaine, facendole sorvolare su quella discussione. Sugar sorrise all’istante, entusiasta del prossimo annuncio.
 
“Possiamo stare quanto vogliamo, ma sarebbe meglio partire questa settimana, in effetti. Più colgo di sorpresa papà, meno sa dirmi di no!” i ragazzi si batterono il cinque e sembrava decisamente il piano migliore del mondo perché, considerata la ricchezza della famiglia Motta, non riuscivano neanche ad immaginare quanto grande potesse essere la loro villa a mare in California.
 
“Questa settimana devo andare a Los Angeles con Coop” fece all’istante Blaine, arricciando le labbra. Quinn lanciò il bicchiere di cartone nell’immondizia e fece qualche passo in avanti, sedendosi accanto a Santana e Brittany.
 
“Beh, puoi sempre raggiungerci una settimana dopo. E’ pur sempre in California.” Fece presente la bionda, mentre ad arricciare le labbra era Puck questa volta.
 
“Se siamo abbastanza sobri da riconoscerti. Perché possiamo sbronzarci, vero?” domandò rivolgendosi a Sugar che annuì all’istante.
 
“Dovremmo fare provviste però!” rispose la padrona della villa – villa,villa,villa, suonava così bene – mentre Rachel scuoteva il capo, quasi sconvolta da quella proposta. Ricordava ancora perfettamente come era andato il party a casa sua. Sì, era stato divertente, ma aveva avuto parecchie conseguenze, e pensava avessero deciso di non bere più.
 
“Non è un problema, vero, compare?” chiese Puck, rivolgendosi a Sam che gli fece un’espressione di rimprovero: non voleva fare brutta figura con Mercedes e il nuovo ragazzo, Joe, anche perché si sentiva come un fratello maggiore per lui: voleva dargli l’esempio.
 
“Bene, quindi siamo tutti dentro, a parte Pinocchio e l’Orca?” domandò Santana, ricevendo un grido di approvazione, mentre Rachel faceva una smorfia – non troppo infastidita, vistosi il miglioramento del loro rapporto – a quelle parole.
 
“Bene,” fece l’ispanica, alzandosi dalla panchina, continuando a tenere la mano di Brittany “Vado a prendermi un altro caffè!” disse, prima di scattare insieme alla sua ragazza in direzione dell’interno del Lima Bean. Kurt si sporse appena per guardarla con la coda  dell’occhio. Sapeva che si stava perdendo un bello scontro verbale in cui sperava che Santana demolisse Sebastian dopo che le aveva dato a parlare per prenderla in giro.
 
“Quindi andremo a mare ogni giorno?” domandò Tina, mentre portava naturalmente un braccio dietro la schiena di Mike.
 
“Beh, se vogliamo, altrimenti ci sono la piscina interna e quella esterna che …” dal silenzio che seguì, era evidente che stesse per partire una serie illimitata di domande.
 
“E l’idromassaggio?” domandò Mercedes, già intenta a gonfiarsi il petto, sentendosi  una vera Mariah Carey soltanto al pensiero.
 
“Ovviamente!” precisò Sugar, quasi fosse offesa da quella domanda.
 
“E la spiaggia?” chiese, poi, Joe, prima che Sugar potesse sbuffare.
 
“Privata, che domande sono?” non fece in tempo a dirlo che Puck stava già saltellando sul posto. Sembrava una moda quel giorno.
 
“Possiamo fare il bagno nudi di notte!” esclamò puntando l’indice contro Kurt che arricciò all’istante le sopracciglia chiedendosi perché lo indicasse. “Non vedo l’ora!”
 
Ci fu ancora un momento di silenzio, poi Puck si rese conto del fatto che era stato frainteso.
 
“Ho un dubbio che mi assale da quattro anni …” specificò senza continuare la frase, non solo perché sapeva che non ce n’era bisogno e che tutti avevano capito cosa volesse dire, ma perché ormai era legato a Kurt, non gli andava di prenderlo in giro. Aveva smesso di tentare di infilarlo con la testa nel water o di gettarlo nell’immondizia. Ma a volte non poteva fare a meno di chiedersi cosa avesse davvero tra le gambe.
 
“Sì, che possiamo!” tornò all’istante Sugar sull’argomento principale.
 
“Strip poker?” domandò Artie, quasi la stessero testando per verificare quanto fosse fattibile quella proposta, come se non fosse già stato fin troppo educato da parte sua invitarli.
 
“Non obbligatorio!”
 
Puckerman e Artie si diedero nuovamente il cinque, sicuri del fatto che sarebbero riusciti quantomeno a convincere Santana a giocare.
 
“Sesso?” chiese ancora Puck e Sugar spalancò la bocca, stupita per quella proposta.
 
“Non dovete chiedermi queste cose! Dovete farle nella discrezione, io non posso darvi il permesso!” commentò indignata, mentre Puck non poteva trattenere una risata.
 
“Con Santana e Brittany in una villa con l’idromassaggio difficilmente riuscirai ad evitarlo.” Fece presente Sam, mentre Sugar sbuffava.
 
“Ti giuro che non spacceremo droga però!” ironizzò Puck, mentre la porta d’ingresso si apriva poco distante da loro. Santana venne fuori tenendo la mano di Brittany con la propria, mentre con l’altra teneva un altro caffè.
 
La prima cosa che Kurt pensò era che fosse tornata fin troppo presto per un battibecco e ci rimase male. In un certo senso, aveva sperato di vederla uscire da quel locale con aria trionfale e con un sorriso lampante in volto. Poi realizzò che forse Sebastian non era interessato a prenderla in giro, visto che erano in tregua e che non erano più in competizione con i Glee Club, almeno non per l’estate.
 
“Quanti posti ci sono?” chiese l’ispanica, guardando Sugar. “tipo, stanze, posti letto, non so.”
Sugar fece spallucce, con aria innocente. “Avanzerà qualche posto mi sa.” Fece vanitosa, fiera del proprio sfarzo.
 
“Vale.” Rispose semplicemente Santana e poi, stranamente, per il resto della discussione, in cui Sugar continuava a vantarsi di ogni dettagli di quella villa, rimase in silenzio, semplicemente coccolando Brittany, senza aggiungere nient’altro. Si vedeva che mancava qualcosa a quella discussione, erano fin troppo amichevoli tra di loro, senza la voce di Santana che veniva fuori all’improvviso per prendere in giro qualcuno. Rimasero su quell’accordo e sapevano che avrebbero discusso i dettagli il giorno dopo.
 

 


 
Kurt stava già cominciando a fare le pile di vestiti, totalmente indeciso sul cosa portare o meno. Blaine se ne stava disteso sul letto, alle sue spalle, visibilmente turbato dall’improvviso calore estivo che aveva assalito Lima. Dal modo in cui sbuffava Kurt era incerto sul se fosse per il caldo e il fatto che si sudasse stando fermi, o semplicemente perché si stava pentendo di aver promesso quella settimana a Cooper. Comunque non sarebbe venuto meno alla sua parola. Ci teneva a non deludere suo fratello.
 
Kurt fece passare le dita tra un paio di camicie aderenti, osservandole compiaciuto, prima di ripiegarle con eleganza per infilarle nella valigia. Quando rialzò lo sguardo, si accorse del fatto che Blaine lo stava osservando, con le labbra arricciate.
 
“A cosa ti servono?” chiese, poggiandosi improvvisamente sui gomiti per sollevare la schiena e guardarlo meglio. Kurt seguì il suo sguardo verso le camicie, confuso da quella domanda.
 
“Per … indossarle?” domandò, ironicamente, non potendo fare a meno di sorridergli.
 
“Sono … un po’ … provocanti”
 
Il tono di voce col quale Blaine stava pronunciando quelle parole gli fece produrre una risatella. Era davvero geloso? Se ne sarebbero stati tra di loro nella villa di Sugar, erano tra amici. Si avvicinò rapidamente al letto e cominciò a gattonare per raggiungerlo. Blaine stava tenendo un muso adorabile e non poteva resistergli.
 
“A volte Puck mi preoccupa, e poi da ubriachi si è confusi. Pensavo mi piacesse Rachel.” Gli fece presente, mentre osservava Kurt infilarsi tra le sue gambe e circondare il suo addome con le proprie braccia.
 
“Le porto per quando torni tu” gli fece Kurt, tentando di rincuorarlo, ma Blaine non sembrava calmarsi facilmente, non quel giorno.
 
“E se c’è qualche bel ragazzo la sera sulla spiaggia?” domandò, mentre osservava Kurt avvicinarsi sempre di più col volto al proprio.
 
“E’ privata.” Gli riportò alla mente Kurt, prima di allungare definitivamente il collo per baciarlo. Al primo contatto, Blaine gli sembrò rigido: era evidente che ci stava pensando ancora, quindi si staccò da lui.
 
“Lo so, ma se …” tentò di rispondere Blaine anche se era evidente che si stesse rendendo conto del fatto che il suo discorso non avesse alcun senso logico. “Okay, okay.” Fece immediatamente quando incontrò lo sguardo severo di Kurt. “Forse sto un po’ esagerando …”
 
Hummel gli sorrise dolcemente e questa volta gli lasciò un bacio a labbra dischiuse sul mento, prima di risalire rapidamente verso le labbra, questa volta più disposte a quel contatto.
 
“Non preoccuparti” gli fece Kurt con un tono rassicurante, mentre sollevava un braccio per poggiare una mano dietro il suo collo. “questi sette giorni passeranno in fretta e ti unirai alle nostre partite di strip poker.”
 
Blaine strabuzzò gli occhi e tornò  fare muso a quelle parole.
 
“Tu non giochi, vero?” gli chiese, visibilmente preoccupato. Kurt pensò che doveva essere un giorno no perché solitamente non era così geloso.
 
“Decisamente no” Blaine sorrise a quelle parole e Kurt pensò che fosse troppo facile che stesse già sorridendo. “Io mi spoglio direttamente.”
 
Vide Blaine osservarlo a bocca aperta e seppe che il suo discorso stava avendo l’effetto sorpresa che desiderava.
 
“Ora, però.”
 
Le labbra di Blaine si curvarono nuovamente in un sorriso, questa volta più ampio, prima che Kurt potesse costringerlo a richiuderle con un altro bacio.
 


 
Il giorno dopo avevano un altro appuntamento, nel medesimo posto.
 
Sugar era seduta sola sulla panchina, all’esterno del Lima Bean, si era stranamente preoccupata di presentarsi in anticipo. Non era molto nel suo stile perché solitamente era una ritardataria cronica.
 
Ma quel progetto estivo la entusiasmava da morire. Prima di tutto, perché sapeva che l’avrebbe resa più popolare ed amata tra i suoi amici e non era certo una cosa da niente. Poi perché la vacanza si prospettava decisamente estrema, se messa in quei termini.
 
Le prime a raggiungerla furono Santana e Brittany che sembravano particolarmente entusiaste dei piani. Non appena si sedette accanto alla più piccola, Brittany cominciò a tentare di convincerla a poter portare Lord Tubbington con sé. Quella pratica durò per diversi minuti e l’unico modo che Santana riuscì a trovare per farla smettere, fu farle capire che probabilmente il suo gatto obeso avrebbe avuto paura di starsene in una gabbietta in aereo, e avrebbe rischiato di farsi venire un infarto.
 
Brittany arricciò le labbra, ancora poco convinta, ma quando Santana le fece notare ancora che l’obesità poteva aumentare il rischio di un attacco di cuore, la bionda desistette, convincendosi del fatto che la sua ragazza tentasse sempre di convincerla della cosa migliore. Anche perché non aveva idea del risentimento profondo che c’era tra Santana e Tubbs.
 
Quando Kurt arrivò, tuttavia, il dibattito era ancora parzialmente aperto perché Britt stava discutendo delle pappe per il gatto, quindi stava evidentemente riconsiderando l’idea di convincere la propria ragazza.
 
“E’ vero che nei posti vicino al mare i gatti muoiono più facilmente?” porse quella domanda senza senso al ragazzo che si era appena avvicinato a loro. Per un istante, Kurt,non seppe cosa rispondere perché non aveva idea di quale fosse il discorso o di quale risposta Santana si aspettasse da lui. Poi la vide fargli un occhiolino e capì, dalla faccia speranzosa di Brittany, che dove deludere le sue aspettative a fin di bene.
 
“Oh sì” si inserì immediatamente, scuotendo la testa, quasi dispiaciuto per quell’informazione. “E’ una cosa terribile. Ho sentito che ieri sono morti ben cinquantatre gatti sulle spiagge della California.”
 
Santana gli sorrise soddisfatta non appena riconobbe l’espressione sconvolta sul volto di Brittany: la missione era compiuta.
 
“Davvero?” domandò ingenuamente la bionda, mentre Sugar arcuava le sopracciglia e scuoteva il capo: per lei non era un problema che portasse il suo gatto anche se, considerata la stazza, probabilmente avrebbero avuto bisogno di occupare una camera da letto in più. Non era un problema, ne avanzavano ancora.
 
“Claro que sì, mi amor” rispose l’ispanica prima di stamparle un bacino sulla guancia. Si voltò quasi immediatamente verso Kurt, come se avesse ricordato qualcosa durante quel processo iniziale di coccole. A Kurt non piaceva affatto quando Santana ricordava qualcosa. Certo, ormai l’adorava – nonostante Santana non si facesse scrupoli ad attaccarlo nuovamente quando si trattava di Brittany, ma solo in quel caso -, e aveva capito che era forse la persona più simile a lui in quel gruppetto, sotto certi aspetti.
 
“Perché non mi vai a prendere un caffè, Porcellana?” gli fece, cominciando a cercare gli spiccioli nelle tasche della giacca di jeans. Avevano deciso di adottare ancora quel soprannome per lui e lui era d’accordo semplicemente per il fatto che sapeva che gli sarebbero mancate tutte le battute della Sylvester. Scosse il capo, fermando quella ricerca.
 
“Offro io” neanche a dirlo e le labbra di Santana erano già curvate in un sorriso spontaneo. Diede uno sguardo a Brittany e Sugar chiedendo con gli occhi se volessero qualcosa. Sugar alzò la mano, chiaramente un ‘no, sono apposto, non preoccuparti’, e Brittany stava già sorridendo, pensando a cosa volesse.
 
“Prendile un lecca-lecca” la anticipò Santana, che ormai sapeva leggere ogni sguardo sul suo volto, ogni movimento dei suoi muscoli. Infatti, la bionda annuì all’istante, soddisfatta per quell’idea.
 
Kurt fece spallucce e si incamminò verso l’ingresso del Lima Bean. Era strana la loro dipendenza da quel posto perché, durante l’anno, avevano la scusa di concedersi un break dal liceo lì, ma in estate avrebbero potuto passare il tempo altrove, magari in piscina, magari a fare qualche folle escursione. E invece, la loro meta era sempre il Lima Bean, quanto meno per cominciare a fare i programmi.
 
Quando entrò, fu immediatamente sollevato dall’aria condizionata: un comfort che l’esterno non aveva potuto riservargli. Ma sapeva anche che avrebbero sicuramente causato troppo baccano tutti insieme all’interno. Non si rattristò neanche dell’idea di doversi mettere in fila perché significava soltanto che avrebbe passato più tempo a rilassarsi sottoquell’aria artificiale ma piacevole. E cominciò a vagare con la mente altrove: la vacanza, New York, e qualsiasi cosa potesse distrarlo da quell’attesa in solitudine.
 
“Stai prendendo un caffè?”
 
La voce che sentì alle proprie spalle gli suonò vagamente familiare. Una di quelle voci che sai di conoscere, ma che ti sfuggono in un determinato momento perché probabilmente non le senti da un po’. Prima ancora che potesse girarsi, avvertì un senso di fastidio, quasi il suo corpo reagisse automaticamente a quel tono, prima che potesse farlo il suo cervello.
 
Quando incontrò quegli occhi verdi, già odiosamente pieni di ironia, si voltò immediatamente, intenzionato ad ignorarlo. Non aveva nessuna intenzione di sopportare il suo sarcasmo scadente anche d’estate, era davvero il colmo. Il suo mento si sollevò istintivamente, anche se non lo stava guardando più e stava avanzando in fila, quasi fosse spontaneamente pronto a trattarlo con aria di superiorità.
 
“Perché non credo che dovresti, sai, i tuoi occhi comincerebbero ad aprirsi troppo per l’adrenalina e non riusciresti a coprire le borse neanche con tutto il correttore che usi.”
 
Un tentativo piuttosto vago di attirare le sue attenzioni. Bastava spegnere la mente, fissare il vuoto, e la sua voce era soltanto uno spiacevole ricordo.
 
Non aveva idea del perché il destino fosse così crudele da farglielo incontrare così spesso. Poi ci pensò: non era il destino, semplicemente Sebastian viveva lì, quindi non c’era bisogno di essere sfortunati per incontrarlo. Era al Lima Bean ad ogni ora e giorno della sua esistenza.
 
“Lo dico per te, eh. Non vorrei che tu sprecassi tutte le ore che dedichi alla cura della tua pelle invece di tentare di dare un senso alla tua inutile e fastidiosa esistenza, Casper.”
 
Avrebbe voluto girarsi per dirgli che se la sua esistenza era tanto fastidiosa, poteva semplicemente andarsene da qualche altra parte e smettere di disturbarlo mentre attendeva pazientemente il suo turno. Ma non voleva dargli quella soddisfazione. Semplicemente fece un passo avanti, rivolgendosi al ragazzo del bancone, anzi quasi attaccandolo, ma non aveva scelta: voleva scappare semplicemente.
 
“Un caffè, un latte macchiato scremato e …” si fermò all’istante e seppe che la coda dell’occhio si stava sporgendo più in là per guardarlo. Non poteva sapere che espressione avevo in volto, ma era certo del fatto che se la stesse ridendo già soltanto per il fatto che avesse la possibilità di prenderlo in giro. Figurarsi se gli avesse dato quella possibilità. Si fermò qualche istante, chiedendosi se non dovesse lasciare stare, ignorare la richiesta di Santana e limitarsi a quell’ordinazione. Non era una scelta semplice considerato il fatto che l’ispanica sarebbe andata su tutte le furie. Deglutì appena quando si rese conto del fatto che il ragazzo al bancone stava aspettando che finisse l’ordinazione. Poi sospirò e si arrese all’imminente umiliazione.
 
“.. e un lecca-lecca, possibilmente alla vaniglia”
 
Kurt arrossì all’istante, non appena ebbe pronunciato quelle parole. Pasticciò con le labbra abbassando lo sguardo perché sentì una risata soffocata venir fuori dalla persona spiacevole che aveva accanto. E si impose di non guardarlo fino al giorno della sua morte.
 
Il ragazzo al bancone annuì e si allontanò un istante.
 
“Non vedo Blaine” gli fece Sebastian, con un pizzico di ironia nella voce, che faceva chiaramente intendere che era ancora divertito e non era disposto a sorvolare su quello che aveva sentito.
 
“Questo motiva la tua ordinazione. Non pensavo fossi così ninfomane. Insomma, pensavo che tu fossi puro, immacolato e ancora da scartare.”
 
Avrebbe voluto dirgli quanto era disgustoso, ma si limitò semplicemente a fingere di non conoscerlo.
 
Sapeva che attendere quei caffè sarebbe stata una delle sfide più impegnative della sua vita, quindi non poteva permettersi di deconcentrarsi.
 
“Anche se non posso negare che mi fa felice il fatto che Blaine non sia qui. Magari posso approfittare per una scappatella al volo, visto che tu sei qui. Magari gli mando un sms per sapere cosa sta facendo …”
 
Doveva ignorarlo. Era la cosa più giusta da fare. Inspirò lentamente ma con fare teatrale, per fargli capire che non stava facendo altro che annoiarlo.
 
“Non devi essere geloso, vedi, è solo l’inevitabile. E’ già durata troppo, presto Blaine si accorgerà di aver sprecato non so quanto tempo con te e passerà ad una vita migliore.”
 
Il tono di superiorità col quale si stava permettendo di fare quelle insinuazioni lo infastidiva profondamente. Ma Kurt era certo del fatto che, malizia e sguardi seducenti a parte – erano volti a confondere proprio perché sapeva che non poteva farne a meno per prolungare le discussioni – Blaine non avrebbe mai potuto essere interessato ad una persona come quella. Aveva pensato persona? Doveva chiedere scusa al genere umano per un’offesa come quella. Davvero increscioso.
 
“Continuerai ad ignorarmi a lungo?”
 
L’insistenza di Sebastian cominciava a diventare snervante: perché non si trovava semplicemente un passatempo migliore? Il volto di Kurt si illuminò di nuovo quando il ragazzo al bancone gli porse i due bicchieri e il lecca-lecca.
 
Kurt afferrò all’istante il tutto, lasciando anche una mancia sul bancone, prima di allontanarsi rapidamente in direzione dell’uscita.
 
“E’ per te quel lecca-lecca?”
 
No, davvero. Non poteva aver perso il proprio posto in fila per cominciare a seguirlo. Non poteva crederci.
 
“No!” si voltò all’istante verso di lui, quasi lanciandogli contro quella parola. “E’ per Brittany!” si affrettò a precisare, semplicemente perché lo aveva stancato.
 
L’espressione sarcastica sul volto di Smythe si spense appena a quelle parole, ma Kurt seppe che faceva semplicemente parte di un copione inventato al momento, magari meditato al bancone mentre le offese venivano fuori dalla sua bocca senza che dovesse neanche sforzare il cervello.
 
“Proprio ora che cominciavo a pensare che forse potessi essere una persona interessante.”
 
Sebastian inarcò le sopracciglia, incrociando le braccia al petto e Kurt ebbe l’improvvisa sensazione che stesse tentando di tirarla per le lunghe. Possibile che non avesse mai nulla da fare?
 
“Sono lusingato.” Rispose all’istante, facendo capire a Sebastian che aveva decisamente sbagliato a lasciarsi andare a quel commento, benché chiaramente ironico.
 
“No, ma figurati” replicò l’altro, con un sorrisetto sul volto, prima di fare un passo in avanti. “Non potrei mai pensarlo sul serio, lo sai. Sei uno degli esseri viventi più irritanti e noiosi che io abbia mai conosciuto.”
 
Kurt fece spallucce per fargli capire che non lo toccavano neanche le sue considerazioni. Non gli importava neanche sapere.
 
“Per non contare i dubbi evidenti che continuo ad avere sulla tua sessualità. Saresti un caso molto interessante per le scienze moderne, magari procureresti un Nobel in anatomia a qualche scienziato pazzo.”
 
Kurt arricciò le labbra, come per fingersi pensieroso. In realtà sapeva esattamente cosa doveva rispondergli.
 
Non era un peso farlo, sicuramente, perché non era all’altezza, ma non poteva negare che fosse una perdita di tempo notevole perché continuava ad insistere, perché voleva sempre avere la meglio pur non potendo. E lui non aveva voglia di perdere tempo d’estate.
 
“Ti assicuro che la mia anatomia è più a posto di quanto non lo sia la tua, giraffa” gli rispose, facendogli un cenno per indicare la sua altezza. “E quando dico a posto, intendo che non solo ogni cosa è al suo posto, ma funziona decisamente più che bene.”
 
Lo stupì vedere l’espressione sorpresa sul volto di Sebastian. Poté giurare di averla vista soltanto un altro paio di volte e gli fece capire all’istante che si era spinto un po’ oltre le loro consuetudini. Stava per abbassare lo sguardo quando vide che le labbra di Smythe si stavano già curvando nuovamente in un ghigno malefico, quindi stava tornando alla normalità.
 
Ci fu un momento di silenzio durante il quale tentò di teletrasportarsi o di riuscire a fare qualsiasi cosa. Non che gli interessasse cosa pensasse Sebastian di quello che gli diceva, ma neanche voleva abbassarsi ai suoi livelli. Per quanto educate, quelle parole gli erano sembrate fin troppo simili allo stile del suo nemico. Non era da lui adattarsi.
 
“Io-io volevo …” odiava quando balbettava perché sapeva che si esponeva troppo. E non aveva idea di cosa voleva, quindi quelle parole erano decisamente fuori luogo. E mai avrebbe pensato che sentire la voce di Sebastian potesse essere un sollievo. Eppure, gli sembrò concedergli la grazia di cambiare argomento.
 
“State organizzando l’estate?” gli chiese improvvisamente con un’aria fin troppo sospetta per uno che non doveva saperne niente. “Tu e il resto del club degli sfigata di Lima, ovviamente …”
 
Sorrise appena a quella frase perché quell’offesa non lo toccava. Il fatto che gli altri li considerassero sfigati li aveva sempre portati a vincere.
 
Non era di certo una male.
 
“Non vedo perché dovrebbe interessarti” rispose Kurt, tenendo stretti i bicchieri tra le mani, quasi li stesse usando come oggetti di sfogo. Cominciava a sentire il peso dell’osservare troppo il suo volto.
 
Era così infastidito da non poterne più.
 
“Mi interessa più di quanto tu non creda”
 
Kurt stava già per rispondere in automatico, poi però si fermò. Aveva pensato di congedarlo prima ancora di ascoltare cosa avesse da dire, ma le sue orecchie avevano inevitabilmente captato quel messaggio con qualche secondo di ritardo. E la sua bocca era rimasta aperta, pronta ad emettere un suono che ormai non ricordava più. Il sorrisetto sul suo volto gli faceva intendere che ci aveva messo volutamente qualcosa di enigmatico in quella frase, ma non riusciva a capire cosa fosse.
 
La sua faccia diceva tutto, eppure non diceva nulla.
 
Odiava il fatto di essere rimasto immobile mentre quel secondo di silenzio si moltiplicava senza che potesse farci nulla.  Gli aveva quantomeno dato la soddisfazione di coglierlo impreparato. Batté le palpebre rapidamente e scosse il capo.
 
“Andiamo in California, insieme.” Non aveva idea del perché glielo stesse dicendo, ma non aveva più importanza perché, per la prima volta, si era sentito sconfitto in quel tipo di discussione, con lui. E non aveva idea del perché si sentisse così spaesato. Sì, era stata una frase ambigua, ma non c’era niente di particolare, niente che motivasse quel suo irrigidirsi improvviso. “Sarà un’estate fantastica.”
 
Una parte di sé avrebbe voluto aver il coraggio di scuotere di nuovo il capo per rispondergli ‘soprattutto perché starò lontano da te’, ma l’altra parte voleva semplicemente scappare via, sfuggire al suo sguardo trionfante. Che non era però tanto trionfante, dovette ammettere, quando si decise finalmente ad esaminarlo col proprio. I suoi occhietti verdi brillavano di una lucetta che non avrebbe saputo spiegare, né a se stesso, né a chiunque altro, e quel sorrisetto non spariva. Ma del resto non spariva mai. Gli era difficile ricordare il suo volto senza collegarlo istintivamente a quel ghigno.
 
“Ci puoi scommettere” gli rispose Sebastian, e Kurt si sentì nuovamente a disagio. Non aveva idea di cosa diavolo volesse dire, non lo sapeva. Ma l’espressione sul volto dell’altro non cambiava. Ed era soltanto più strano che dicesse tutte quelle cose vaghe e confuse restando semplicemente se stesso.
 
Kurt non ebbe materialmente il tempo di pensare ad una risposta a livello perché Sebastian aveva già alzato le spalle con fare teatrale e si era allontanato da lui, lasciandolo come un idiota, pietrificato in mezzo a quel locale, ancora a bocca aperta.
 
Si domandò istintivamente se non gli avessero drogato qualche caffè precedente, o peggio, se non se lo fosse drogato di sua spontanea volontà. Solitamente non si perdeva in quelle cose confuse semplicemente perché era troppo preso a offenderlo, o almeno a provarci. Batté ancora una volta le palpebre, per risvegliarsi del tutto e riuscì a voltarsi in direzione della porta.
 
Kurt odiava essere così scosso perché erano i momenti in cui perdeva ogni facoltà di opposizione e si sentiva debole, vulnerabile ed esposto. Solitamente ci sarebbe passato sopra, limitandosi a maledirsi per un giorno o due, ma non poteva sopportare quell’idea se era esposto a lui.
 
Dovette aiutarsi con i fianchi per riuscire a spingere la porta di ingresso, visto che aveva entrambe le mani occupate. Si infilò nello spazio stretto che era riuscito a procurarsi con un movimento rapido e notò all’istante che si erano uniti al trio anche Quinn e Sam.
 
Allungò il braccio di direzione di Santana, porgendole il bicchiere di cartone col lecca-lecca poggiato sopra. L’ispanica gli sorrise, ringraziandolo semplicemente con un cenno della testa.
 
“Hey Kurt” gli fece Sam, salutandolo con uno dei suoi sorrisi raggianti. Quinn, in stile Santana, gli rivolse un cenno con la testa. Kurt ricambiò all’istante.
 
“Dove hai lasciato il tuo gemello gay tascabile?” gli domandò Santana, mentre poggiava il bicchiere a lato, sulla panchina, e cominciava a scartocciare il lecca-lecca, perché, evidentemente, Brittany non sapeva farlo.
 
“A fare le valigie” le fece presente Kurt, anche se non riuscì a trattenere un briciolo di amarezza per il fatto che avrebbero dovuto passare quella settimana divisi. “Dovrebbe partire domani per Los Angeles.”
 
“Oh, il pensiero di stare una settimana senza di lui mi uccide” fece ironica la Lopez, porgendo il lecca-lecca alla sua ragazza, che lo sfilò all’istante dalle sue dita.
 
“Poi ci raggiungerà, vero?” chiese invece Sugar, col sorriso sulle labbra, voltandosi verso Kurt.
 
“Voglio che sia tutto perfetto, un’estate fantastica!”
 
Kurt arricciò le labbra nel sentire quelle parole, visto che gli avevano ricordato all’istante quel dialogo recente che aveva tentato di rimuovere per la pessima figura che aveva fatto.
 
“Certo!” rispose dopo essersi ripreso da quella riflessione. “Certo che sì! Ci raggiungerà il prima possibile!”
 
“E io che mi ero quasi illusa di potermene liberare per tutta l’estate!” commentò, sospirando rumorosamente, senza farsi molti problemi sulla propria sensibilità. Mancata sensibilità.
 
“E tu stai preparando le tue?” domandò improvvisamente Sam, dando una pacca sulla spalla a Kurt, avvolgendo affettuosamente il braccio attorno alle sue spalle.
 
“Già fatto” gli rispose Kurt, alzando la testa verso di lui e sorridendo. “Sono un ragazzo molto diligente io.”
 
Quinn si accomodò accanto a Sugar, stufa di stare in piedi, rivolgendo comunque lo sguardo ai due ragazzi.
 
“Perché non vai a Los Angeles con Blaine?” chiese, facendo un cenno della testa a Kurt. “Non credo sia un problema se ci raggiungete entrambi tra una settimana.”
 
Sugar annuì all’istante, quasi pensando di dovergli dare il proprio permesso, ma Kurt scosse immediatamente il capo.
 
“Non è per quello!” spiegò all’istante, sapendo che comunque la spiegazione sarebbe sembrata quantomeno un po’ stupida. “E’ che Blaine non vuole che io passi troppo tempo con Coop. Dice che vado in modalità fan girl, che sono un po’ terrificante e cose così.”
 
E in realtà, la cosa che dava più fastidio a Blaine era che Cooper se ne approfittava e non poco per prenderlo in giro. E a Kurt sembrava piuttosto normale che due fratelli tentassero di competere su ogni singola cosa.
 
“Se fossi in te, sarei già passato al migliore degli Anderson, come biasimare Blaine” commentò Santana, sorseggiando il suo caffè. Kurt le rivolse uno sguardo severo inarcando il sopracciglio, ma gli altri scoppiarono a ridere.
 
Qualche minuto dopo erano nuovamente tutti riuniti lì, esclusi Rachel e Finn, che stavano progettando il viaggio a New York, e Blaine, preso con i preparativi per Los Angeles. Ci volle un gran bel dibattito per decidere chi avrebbe dovuto prenotare i biglietti per l’aereo online, ma alla fine decisero di optare per Sam. Il ragazzo fece schioccare le dita, quasi per darsi la carica e fu il primo ad allontanarsi dal gruppo.
 
Decisero che, biglietti permettendo, sarebbero partiti nel giro di due giorni in modo da potersi procurare tutto l’occorrente per la permanenza nella villa Motta.
 
Kurt fu il secondo a lasciare il gruppo: era l’ultimo giorno che poteva passare con Blaine prima che partisse per Los Angeles. Non che sette giorni fossero molti, ma dovevano quantomeno salutarsi decentemente.
 
Il viaggio in auto fu tranquillo, la sua mente era rilassata, già in modalità spiaggia e mare, e guidava cautamente senza però la solita meticolosa attenzione che ci metteva. Non gli andava neanche di essere agitato per la guida, insomma, tutto era calma totale accanto a lui.
 
Da: Sam (19:34):   Wow, che fortuna! Sono riuscito a trovare i biglietti! La gente non viaggia molto quest’estate, stiamo peccando e schiaffando in faccia al mondo la nostra finta ricchezza!
 
Mercoledì, 19:34
 
Kurt osservò quell’sms inviato a destinatario multiplo e sorrise per gli stupidi sensi di colpa di un bravo ragazzo come Sam. In realtà quel messaggino non era stato proprio il massimo, più che altro per il momento nel quale era arrivato. Nonostante dovesse ammettere che era molto felice dell’idea che avesse trovato i biglietti, non avrebbe fatto i salti di gioia per il fatto che aveva interrotto un momento molto, molto piacevole.
 
Lanciò il cellulare sul comodino e sollevò la testa verso quella di Blaine, restando ancora poggiato sul suo petto. Da qualche minuto erano distesi lì, sul letto in camera sua, a scambiarsi effusioni e, proprio nel momento in cui le cose stavano per farsi davvero interessanti, una vibrazione,Evans, l’aveva interrotto.
 
“Sam è molto maleducato” fece però Blaine, già con un briciolo di malizia nella voce. Kurt sorrise, restando col mento sollevato per incontrare il suo sguardo. Le sue dita scivolarono rapidamente sul petto di Blaine, picchiettando contro il tessuto sottile della sua t-shirt estiva, prima di cominciare ad accarezzarlo dolcemente.
 
“Mmmh” rispose Kurt fingendosi pensieroso, mentre si portava sul lato e una gamba si poggiava su quella di Blaine, attirandola a sé, quasi fosse un invito poco fraintendibile. “Non credo sapesse.”
Anche se avesse saputo, comunque Sam si sarebbe divertito ad interrompere un momento come quello. E poi era un messaggio di gruppo  a scopo informativo, era suo dovere inviarlo.
 
La mano di Blaine avvolse la spalla di Kurt, prima di salire lentamente e passare tra i suoi capelli morbidi. Si allungò appena fino a raggiungere la sua fronte con le labbra, sfiorandola appena. Kurt si allontanò un po’, indietreggiando con la testa per incontrare lo sguardo di Blaine: era un misto tra dolce e perverso che non avrebbe saputo decifrare esattamente.
 
“Peccato, abbiamo perso l’attimo” commentò ironicamente, così da poter capire in quale delle due direzioni lo sguardo di Blaine si sarebbe mosso più precisamente. E non divenne poi tanto dolce.
 
“Gli attimi si creano” gli rispose, evidentemente tentando di trattare l’affare e non lasciarlo lì in sospeso. Ma Kurt sapeva che era appena un briciolo di malizia iniziale, non era ancora esattamente immerso nella situazione.
 
“Non lo so …” si finse pensieroso Kurt, distogliendo lo sguardo dal volto del suo ragazzo. “Mi sembra un po’ troppo … poco spontaneo.
 
Non fece in tempo a dirlo che Blaine aveva già afferrato il suo mento tra le dita per sollevarlo e costringere Kurt a guardarlo di nuovo negli occhi. E allora Kurt poté riconoscervi quella malizia più convinta nei suoi occhi inscuriti improvvisamente. Sorrise appena a quella visione e seppe che non doveva rispondere, non ancora, perché le labbra di Blaine si avventarono fameliche sulle sue, cominciando a succhiare prima il suo labbra inferiore – un’evidente provocazione – per contornare entrambi con la punta della lingua.
 
“Okay, okay, questo è un po’ più spontaneo” commentò, sussurrando appena, Kurt, mentre sentiva la mano di Blaine tornare  sulla propria schiena. Fece una leggere pressione, appena accennata, ma fu sufficiente affinché Kurt capisse. Scattò da quella posizione, portandosi rapidamente sopra di lui, con le mani poggiate sul cuscino attorno alla testa del suo ragazzo, che aveva già spalancato gli occhi a quel movimento e Kurt riuscì perfettamente a distinguere le sue pupille dilatate. Si abbassò cercando le sue labbra e le trovò in un bacio carico di passione che li portò contemporaneamente a dischiudere le labbra per fare incontrare le lingue.
 
Kurt era molto più tranquillo da quando Blaine si era calmato e sembrava essersi convinto del fatto che non avesse intenzione di mollarlo a Settembre per andare a New York. Ed era tornato tutto ad essere privo di ogni tipo di tensione.
 
E quella sera era il saluto perfetto perché si diede da fare in modo che Blaine non potesse pensare ad altro che quella situazione per il resto della settimana. Non gli ci volle molto per realizzare che non si era mai scatenato tanto a letto ed era certo del fatto che Blaine avrebbe avuto i segni che gli aveva lasciato per un bel po’. Ed era soddisfatto del fatto che, in giro per Los Angeles, avrebbero dovuto vedere tutti che aveva già un impegno piuttosto serio.
 
Il fatto che Blaine avesse aspettato dolcemente che si addormentasse appoggiato a lui prima di sgattaiolare via in silenzio – non proprio in silenzio, Kurt era sicuro di aver sentito le sue labbra poggiate contro la sua fronte – non faceva altro che renderlo più felice.
 
Andare a New York sarebbe stato difficile, lo sapeva. Un rapporto a distanza non era la cosa più semplice né per lui, né, tantomeno per Blaine, ma si trattava soltanto di resistere un anno, poi si sarebbero ritrovati. E in quel momento sentiva che la loro relazione era su di una barca sicura, quindi non lo spaventava l’idea della sopportazione.
 
Nel momento in cui chiuse definitivamente gli occhi pensò che doveva soltanto godersi quell’estate rilassante, perché la sua vita da adulto stava per cominciare.
 


 
Il pomeriggio successivo, aveva ricevuto già diversi messaggi da Blaine sul viaggio e tutto quello che era accaduto nei dettagli, cosa aveva mangiato e via dicendo. Si sentiva sollevato, quindi non si fece problemi ad accettare la proposta di shopping di Rachel e Mercedes, che avevano bisogno del suo giudizio – soprattutto Rachel che doveva andare a New York. Camminare per quei negozi del centro commerciale di Lima con Rachel non era semplice: Mercedes era molto più sicura di sé, quindi bastava un piccolo consiglio d’accordo per convincerla; ma Rachel non era affatto una missione semplice: cercava qualcosa che si abbinasse alla sua pelle, ai suoi occhi e ai suoi capelli … contemporaneamente.
 
Il momento migliore fu quando si sedettero, finalmente, ai tavolini della piazzetta centrale a mangiare un gelato. Era l’unico momento in cui poteva rilassarsi – dopo aver comunque speso molte energie a costringere le altre a scegliere gusti sani e dietetici – magari per una chiacchierata tra … ragazze.
 
“Sentiremo la tua mancanza …” confessò Mercedes ad un certo punto, facendo un cenno con la testa in direzione di Rachel che sorrise a quella piccola confessione, sentendosi già al centro dell’attenzione. “Ed è molto difficile da ammettere, ma la tua voce petulante è diventata un’abitudine!”
 
Rachel cercò anche lo sguardo di Kurt che scrollò le spalle rassegnato. Purtroppo era un dato di fatto innegabile.
 
“Beh, posso sempre telefonarvi ogni tanto, se non sono troppo impegnata a girare per i teatri di New York!” rispose la Berry, puntando un indice contro Kurt. “Dovresti venire con noi a studiare il territorio, traditore!”
 
Kurt ci pensò un istante: avrebbe avuto tutto il futuro da passare a New York, perché mai non avrebbe dovuto concedersi un’ultima vacanza con tutti i suoi amici e il suo ragazzo?
 
“Passo, mi dispiace” rispose alzando la mano con fare teatrale e tornando al suo gelato, ma Rachel sembrò fulminarlo con lo sguardo.
 
“Dai, Rach, sono d’accordo con lui. Tu e Finn siete i traditori!” commentò Mercedes, prendendo come sempre le difese di Kurt. Rachel fece spallucce, senza pensare di difendere lei e il suo ragazzo neanche per un istante.
 
“Blaine è arrivato a Los Angeles?” domandò la ragazza di colore rivolgendosi nuovamente a Kurt.
 
“Lo sto invidiando profondamente in questo momento!”
 
“Io no. Vado a New York.”
 
Rachel fu prontamente ignorata e Kurt annuì con un cenno rapido. In realtà avrebbe voluto essere con lui, sempre e comunque, ma se non poteva abituarsi ad una settimana, figurarsi un anno. Dovevano vedersi ogni sette giorni in media, quindi era l’allenamento perfetto.
 
“Sei angosciato per sette giorni, Kurt?” gli domandò ancora Mercedes, sporgendosi verso di lui con le braccia poggiate sul tavolo, visibilmente preoccupata. Anche Rachel si interessò improvvisamente di più alla discussione.
 
“Non credo sia una novità, ” interruppe Mercedes prima che Kurt potesse rispondere “Insomma, non sei sopravvissuto alle due settimane che ci sono volute per farlo riprendere dall’attentato di Sebastian?”
 
Kurt alzò la testa irritato soltanto a sentire il suo nome. Gli tornò immediatamente alla mente il giorno prima e quella risposta che gli aveva dato e quello sguardo sorpreso e in parte compiaciuto. Era sicuro del fatto che la smorfia che avesse prodotto fosse appena accennata, ma, chiaramente, le sue migliori amiche la colsero all’istante.
 
“Kurt, ignoralo. Ormai dovresti esserti abituato ad evitare abilmente di ascoltare qualsiasi cosa lui dica.” Gli fece Mercedes, mentre affondava nuovamente il cucchiaino nel gelato.
 
“Pensavo vi foste concessi una tregua” si lamentò quasi Rachel, attirando gli sguardi di entrambi su di sé. “Sì, per gli insulti, sai, le Regionali, Karofsky, Born This Way Foundation, tutte quelle cose.”
 
Kurt alzò lo sguardo, evidentemente turbato da quella discussione.
 
“Lo abbiamo fatto, ma è durata tre giorni. Poi è tornato all’attacco.”
 
Odiava quell’idea. Odiava il fatto che si divertisse a prenderlo in giro avanti agli altri, odiava ogni singola cosa che faceva, e, più di tutto, odiava il fatto che seguisse Blaine come fosse la sua ombra. Si sarebbe quasi aspettato di vederlo salire su di un aereo per seguirlo a Los Angeles, appena avesse saputo che Kurt invece era lì.
 
“Hey, ho capito!” esclamò improvvisamente Rachel, quasi saltando dalla sedia e facendo sobbalzare entrambi. “Kurt, non dirmi che sei preoccupato per il fatto che, mentre tu sei a New York, Sebastian potrebbe rubarti Blaine?”
 
Kurt pasticciò all’istante con le labbra perché odiava il fatto che Rachel gli riportasse sempre certe cose alla mente. Proprio quando si era rilassato e aveva tentato di scacciare quel pensiero: bam! Rachel Berry all’attacco. Mercedes scosse il capo, guardandola come per rimproverarla, ma Rachel stava già partendo.
 
“E’ un’idea assurda! Blaine non lo farebbe mai, mai, mai!” guardò Kurt quasi come se gli stesse dicendo che era stato uno stupido già solo a pensarci. “Tu e Blaine siete anime gemelle, non esiste che Blaine si faccia distrarre da una persona con un profilo così basso!”
 
“Lo so.” Rispose Kurt, tentando di nascondere il fatto che, in realtà, non lo sapeva per niente. Non solo non ne era certo, ma ne era terribilmente spaventato. Ma, fortunatamente, era un bravo attore, e quando si impegnava, neanche le sue migliori amiche potevano accorgersi di nulla. “Mi infastidisce la sua insistenza tutto qui.”
 
Rachel e Mercedes si cambiarono uno sguardo come per verificare se potevano credergli o meno. Kurt osservò la scena augurandosi che fosse così e che non dovessero continuare quella discussione. Era l’argomento che odiava di più, gli metteva un’ansia incredibile, ogni singola volta.
Fortunatamente per lui, le sue qualità avevano fatto nuovamente strike: era riuscito e convincerle, almeno a giudicare dai loro sorrisi smaglianti.
 
“Beh, come mi sta quel vestito verde?” domandò quindi Rachel, pronta a cambiare argomento. Gli occhi di Kurt si illuminarono all’istante.
 
“Non si addice ai tuoi occhi.” Commentò però Mercedes, facendo calare il silenzio improvvisamente. Si guardarono, Kurt andò in panico per l’eventuale reazione di Rachel. “Hey, scherzavo, è per-fet-to!”
 
Scoppiarono tutti e tre a ridere all’istante.
 
Kurt era decisamente lieto di aver superato ancora una volta quella discussione senza che emergesse il fatto che le sue preoccupazioni erano sempre presenti. Preferiva nasconderlo, preferiva sembrare certo.
 
Anche se gli costava poco trattenersi ancora un giorno: l’indomani sarebbero partiti per la California e Mercedes non era petulante come Rachel; sapeva capire e, soprattutto, sapeva ascoltare senza giudicare. Rachel gli avrebbe sicuramente fatto una predica illimitata sul quanto si stesse preoccupando inutilmente. Invece, una volta arrivata in California, Kurt sapeva che avrebbe potuto contare su Mercedes se gli fosse venuto qualche dubbio sentimentale improvviso.
 
Il resto della serata passò tranquillo, tra chiacchiere e progetti e altre cose meno impegnative per la mente di Kurt dal punto di vista emotivo. Salutarono con affetto Rachel prima di ritirarsi a casa, visto che non avevano idea di quando l’avrebbero rivista di nuovo. Poi si diedero appuntamento per il giorno dopo all’aeroporto.
 


 
Svegliarsi presto la mattina non era un trauma per lui: ci era piuttosto abituato a causa dei suoi frequenti rituali di idratazione.
 
Suo padre si era offerto di accompagnare lui, Mercedes, Quinn e Tina, in modo da poter riportare indietro l’auto. Quindi Kurt non ci mise molto prima di trascinare giù per le scale il trolley e lasciarlo nel cofano della macchina. Suo padre era già pronto alla guida che lo aspettava. Un qualsiasi altro padre si sarebbe lamentato di quella seccatura, o avrebbe quanto meno sbadigliato. Ma lui era Burt Hummel.
 
“E’ necessario metterci così tanto?” gli chiese scherzoso, visto che Kurt era lento nei preparativi, e lo aveva fatto aspettare un bel po’ in auto. “Rischi di far perdere l’aereo alle tue amiche.”
Kurt si limitò ad arricciare il naso, una volta salito in auto e si mise all’istante la cintura sotto lo sguardo, in quel caso serio, di suo padre.
 
Non gli ci volle più di un quarto d’ora per raccogliere tutt’e tre le ragazze e stavano viaggiando in autostrada quando ebbe la brillante idea di accendere la radio.
 
Il primo pezzo era qualcosa di indefinibile, un brano di rumori più che altro, quindi, non appena partì un lamento indefinito ed incontrollato da parte delle ragazze, Kurt cambiò stazione radio. E rimase per un istante pietrificato quando sentì ‘Don’t Stop Believing’ a fare da sottofondo a quel viaggio. Una parte di lui gli suggerì che era meglio cambiare stazione, ma poi si decise all’idea che non poteva farlo ogni volta che l’ascoltava fino al giorno del suo funerale, quindi lasciò perdere. Era comunque sicuro del fatto che sui sedili posteriori si fosse scatenata la stessa reazione.
 
Diede uno sguardo allo specchietto retrovisore, certo del fatto che i propri occhiali da sole impedissero alle ragazze di vederlo. Ma anche loro indossavano prontamente gli occhiali e fu molto dispiaciuto di non poter leggere nei loro occhi se stavano provando lo stesso angosciante senso di nostalgia che stava avvertendo lui.
 
Non ci volle molto prima che arrivassero e fu certo del fatto che quando scesero dall’auto, tutti e quattro muniti di occhiali da sole, avessero dato l’impressione di essere delle celebrità di basso profilo. Si affacciò di nuovo all’interno dell’auto dopo aver chiuso lo sportello.
 
“Non scendi?” domandò a suo a padre che gli rivolse subito uno sguardo rassicurante.
 
“Se non riesco a trattenermi dal seguirti fino a sotto l’aereo e magari corrergli dietro mentre decolla, come farò quando andrai a New York?”
 
Gli sorrise teneramente per quel pensiero dolce e si fece coraggio, prima di riuscire ad allontanarsi definitivamente dall’auto. Non appena cominciò a trascinarsi il trolley in giro, seguito dalle tre ragazze, il cellulare di Quinn cominciò a squillare. La bionda mollò all’istante la valigia e, fortunatamente, Tina l’afferrò al volo.  Senza esitare un istante, quando vide il numero sullo schermo, rispose.
 
“Santana?” chiese, inarcando le sopracciglia. Quell’espressione dubbiosa fece sussultare Kurt che cominciò a chiedersi se non ci fosse qualche problema improvviso e inaspettato. “E non potevate aspettarci?”
 
Tina, Mercedes e Kurt si scambiarono sguardi confusi, mentre Quinn passava dal nervosismo alla confusione nuovamente.
 
“Oh.” Commentò ad un certo punto, dopo un monologo lunghissimo, senza aggiungere altro, almeno non ad alta voce. Staccò la telefonata e riafferrò la valigia dalle mani di Tina. “Grazie.” Le fece con un sorriso, quasi non fosse neanche intenzionata a spiegare. Quando si fermarono tutti e tre, facendole capire che non avrebbero camminato senza spiegazioni, la bionda sbuffò e sollevò il mento, rassegnata.
 
“Santana ha detto che hanno già fatto il Check in, quindi ci aspettano oltre.” Confessò, non specificando altro. Ed era piuttosto sospetto perché Santana aveva parlato per un bel po’ di minuti. Ma Kurt pensò che  si trattasse di cose tra loro, visto che erano amiche da un bel po’, per quanto si potesse essere amici di Santana senza restarne scottati.
 
Si limitarono a non chiederle nulla e farsi strada verso l’aeroporto, superando quel tratto a piedi.
 
“Avrebbero potuto aspettarci.” Commentò Tina, scherzosa, ma fingendosi delusa per quel comportamento. Mercedes, però, la stava prendendo sul serio.
 
“Ovvio che sì! Avremmo dovuto varcare la soglia insieme!” esclamò, quasi sfogando la sua ira sul suo trolley fucsia.
 
“Non starete un po’ esagerando?” domandò con aria matura Quinn, prima di sbuffare di nuovo. “Avremmo sicuramente creato un bel disagio se ci fossimo accodati tutti contemporaneamente.”
 
Kurt non aveva idea del perché ma cominciava ad avere un brutto presentimento. Certo, immotivato, ma comunque spiacevole.
 
Gli ci vollero appena due minuti prima di raggiungere l’interno dell’aeroporto e cominciarono tutta la procedura del check in, imbarcando i bagagli e mostrando i documenti. Non gli ci volle molto, quindi Kurt cominciò a chiedersi quanto gli constasse davvero aspettarli. Ottennero i biglietti, dopo aver superato il metal detector  - che aveva quasi costretto Kurt a spogliarsi per tutti gli accessori che aveva addosso –, e si avvicinarono alla zona d’attesa, trascinando cautamente i trolley sul pavimento lucido e liscio.
 
Cominciarono a distinguere i primi volti: Sam se ne stava disteso a gambe spalancate, sbadigliando vistosamente – come dargli torto, erano le sette del mattino -, ma trasformò quella noia in un sorriso raggiante non appena li vide.
 
“Hey!” balzò quasi dalla sedia per catapultarsi verso Mercedes e stamparle un bacio sulle labbra. Kurt passò accanto ai due osservando la scena con un sorriso sulle labbra, mentre Sam gli faceva cenno con la mano di passare avanti e non fissarli. Kurt non poté controllare una risatella e si decise a guardare nella direzione in cui camminava.
 
E gli si gelò il sangue nelle vene.
 
Batté rapidamente le palpebre, augurandosi che quell’orribile visione sparisse, sperando di riaprirli e ritrovarsi di nuovo nel proprio letto, pronto a partire con suo padre e le ragazze. Ci provò due volte, ci provò tre volte, ma non cambiò nulla e gli ci volle un minuto buono prima di riuscire a spostare gli occhi per incontrare quelli scuri di Santana che lo stavano fissando.
 
In quel preciso istante capì perfettamente per qualche motivo Quinn non aveva detto nulla, e perfino perché avevano fatto il Check in senza di loro. Era, senza esagerare, una trappola, perché Santana era certa del fatto che se Kurt avesse visto prima ciò che stava vedendo, sarebbe andato in panico e si sarebbe assolutamente convinto a non voler fare nessun check in, a voler restare a casa per tutta l’estate piuttosto.
 
E la cosa che odiava di più era vedere quel sorrisetto compiaciuto sul volto dell’ispanica, quasi fosse addirittura fiera di averlo incastrato in quel modo. Era certo del fatto che la stesse pugnalando ininterrottamente con lo sguardo, senza farsi scrupoli, quando fu costretto a spostare gli occhi da lei perché Sebastian lo aveva notato e aveva smesso di chiacchierare come nulla fosse con Artie.
 
“Buongiorno, signorina.”
 
Odiava il fatto di essersi fatto sorprendere di nuovo, di non essere capace di rispondere, ancora una volta. Ma l’unica cosa che riusciva a pensare era che Santana avesse accettato di farlo venire soltanto perché era certa del fatto che avrebbe reso quella vacanza meno noiosa e più avvincente con un briciolo d’astio. Certo, perché per Santana Lopez non poteva passare tutti una vacanza rilassante, tra amici, ridendo e scherzando. No, doveva per forza esserci quanto meno qualcuno che si odiava e Kurt non capiva perché dovesse essere lui a pagare le spese di quel capriccio.
 
Dal momento in cui Sebastian distolse lo sguardo da lui per tornare a parlare con Artie, Kurt fu certo del fatto che sarebbe stata l’estate più deprimente della sua vita – soprattutto quando Blaine li avrebbe raggiunti e avrebbe dovuto badare a lui in ogni singolo istante per tenere Sebastian alla larga – o quanto meno la più frustrante.
 
Ma non aveva comunque idea di quanto sarebbe stata frustrante o di quanto gli avrebbe mandato il fumo in cervello, e non solo il cervello.


RENOCORNER

Uhm ... hello?
Sapete tutti che momento è questo, vero? Quando pubblico una long, sono piena di ansia, e sto molestando Alice su Facebook dicendole che farà schifo, ho paura, e tutte queste cose. Mi sento come se fossi sotto esame ogni volta che compio quest'operazione perché postare una long non è come postare una raccolta di oneshot o flash, quindi vado nel panico più totale e sicuramente dimenticherò di dirvi qualcosa.
Prima di tutto, importante: questa storia continuene slight-infidelity; il che vuol dire che l'infedeltà non arriva al punto da essere un vero e proprio rapporto sessuale. Tuttavia, il rating cambierà comunque con il corso dei capitolo, ma il sesso e l'infedeltà non si incontreranno. 
Diciamo che - per chi la legge - potete considerare questa fan fiction l'opposto di 7 Minutes in Heaven, perché qui in Kurt non c'è nessuna perdizione sessuale - oddio, nessuna, nel senso che non è così debole nella carne -, ma più che altro sentimentale.
Il primo capitolo è un po' più introduttivo, poi le cose cominciano a svilupparsi in ottica ship.
Come sempre, spero che vi piacciano le boiate che scrivo, perché so che sono soltanto sciocchezze e un modo per passare il tempo, quindi non ho idea di come facciate a sopportarmi ed essere così dolci con me. Come sempre, non vi merito.
Certo di aggiornare tutte le altre storie per domani, visto che poi ci sono le vacanze.
Grazie mille a chiunque deciderà di buttarsi con me in questa nuova storia - che è quella che aveva più mi piace al sondaggio come prima long 2013, quindi ve la posto prima perché  probabilmente l'1 non ci sarò -, io sono solo una ragazza a cui piace fantasticare. Siete voi che mi rendete molto di più di quello io non sia in realtà.
Vi amo <3 Ma non poco, tanto,
A presto,
xoxo RenoLover <3

PS: Questa fan fiction è stata - imbarazzo - ispirata vergognosamente da un livello di Crash Bandicoot: Road To Nowhere. Il prossimo probabilmente sarà Lost City. Sì, sono nerdissima. E' il primo Crash Bandicoot mai creato. Ero una bambina. Non sto bene. Lo so.
E grazie ad Aleuccia per il betaggio. My angel.

Poster

Soundtrack

Se vi interessa, questi sono i brani principali che uso per scrivere questa fan fiction. Non sono tutti, diciamo quelli portanti che poi vi inserirò anche nei capitoli. Ve li scrivo ora perché danno troppi feels e volevo condividerli con voi <3.
1. Nadia Ali - Crash And Burn

2. Finger Eleven - Paralyzer
3. James Vincent McMorrow - Wicked Game
4. Lana Del Rey - Summertime Sadness
5. Madilyn Bailey - Titanium (Acoustic)


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