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Autore: Chanelly    21/12/2012    1 recensioni
La triste storia di Alice Brighenti, omicida involontaria, amante per sopravvivenza, carica di una passione febbrile e infine... Visto con gli occhi di una giovane anima gettata in un mondo di oscurità ed ingiustizie, dove il bene si mischia con il male, dove non si riesce più a capire cosa sia giusto e sbagliato.
Reato di Omicidio colposo
Fonte Codice penale italiano
Articolo 589
Competenza Tribunale monocratico
Procedibilità ufficio
Arresto Facoltativo
Fermo no
Pena prevista reclusione da sei mesi a cinque anni (art 589, 1º comma) / da 2 a 7 anni (art. 589, 2º comma) / da tre a dieci anni (art. 589, 3º comma)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 1
L’aria fredda mi penetrava nei polmoni con l’impeto di mille aghi. Tutto era avvolto da quella nebbia mattutina  che si forma solo all’alba, e quando è molto freddo, solitamente nei quartieri orrendi e malfamati. L’umidità era spossante, dalla mia bocca uscivano nuvolette di condensa che si disperdevano nell’aria gelata. La mia schiena era appoggiata su un freddo muro di mattoni della stazione, che, essendo fatto rozzamente, mi pungeva la carne sottile. Gli occhi erano chiusi, lo strato sottile delle palpebre mi proteggeva dal mondo esterno. Una presenza imponente grava su di me; il suo peso mi soffocava ma al contempo mi proteggeva dal freddo da cui ero circondata.
Il suo alito caldo aleggiava vicino al mio orecchio, facendomi cercare di avvicinarmi sempre più a lui per avvolgermi nel suo calore. Le nostre bocche si incontrarono, in modo indelicato e rozzo, insicuro ma coinvolgente. Mi aggrappai con tutte le mie forze alla sua schiena arcuandomi verso di lui. Cercando di divorarci a vicenda ci rotolammo contro la parete. Vi giuro che non me ne ero accorta. Quella porta non è mai stata aperta. Il piano sotterraneo della stazione è rimasto chiuso per lavori da sempre, non lo potevo sapere. Non l’ho spinto giù io. E’ stato un’incidente…
 
Seduta sulle sfasciate sedie del commissariato c’era una ragazza. Era tutta raggomitolata su sé stessa, e pareva così fragile che c’era da chiedersi come fosse finita lì. Solo avvicinandoti, ma con lentezza, sarebbe potuta fuggire come una gazzella selvatica, ti accorgevi che stava singhiozzando. Il suo sottile corpo era scosso da singhiozzi che lo facevano sobbalzare in modo preoccupante. La tristissima fila di sedie giallo spento sembrava non terminare mai. Ma una fine ce l’aveva, proprio di fronte a una porta, sul fondo di un corridoio. Il silenzio solenne che si era formato andò sbriciolandosi con l’apertura della porta. Un rumore secco e asciutto, che sarebbe potuto appartenere al movimento sincronizzato del collo della giovane verso quel  punto. Sulla soglia troneggiava un agente in uniforme, ma la sua attenzione si spostò subito sulle due figure tremanti che uscivano. Smise di piangere. I tre si fissarono per un attimo. Avanzarono verso di lei guardandola negli occhi. I loro erano pieni di rancore, rabbia repressa, disprezzo, arrendevolezza. Quando pensava che sarebbero finalmente giunti vicino a lei, mancava poco poco, erano lì, già si sentiva il sangue nella bocca, il rumore delle ossa rotte, gli urli di rabbia e di vendetta… Solo a quel punto i due voltarono bruscamente verso l’uscita. Non le chiesero spiegazioni. Non le chiesero aiuto. Non le chiesero soldi. Non le parlarono. Questo fece male più delle botte che si sarebbe aspettata di prendere.  Raccolse i lunghi capelli marroni in una coda cadente e disordinata. Con un fazzoletto si asciugò il viso, che lei vedeva ancora trasfigurato dal terrore.  Dalla stessa porta si affacciò una donna grassa e rubiconda
-Alice Brighenti, la prego di raggiungerci qui per sistemare le ultime carte.-
Tornò in quella terribile sala degli interrogatori, dove aveva passato la mattinata peggiore della sua vita. Firmò tutto quello che le passava sottomano. Omicidio  colposo, esonero dal processo,  piena responsabilità dei fatti precedentemente accaduti, confronto con i familiari, sconto di una pena… Non ascoltava ciò che l’assistente sociale si sforzava di inculcarle in quella “piccola testa vuota”. Guardava ma non vedeva.
  
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