Kuroro salì fino sul tetto dell’edificio: nonostante si sentisse un po’
indolenzito, percorrere quelle scale lo rilassava. Tutto sommato, il
combattimento con gli Zoldyk non lo aveva poi spossato così tanto. Però il
taglio sulla gota era profondo e gli bruciava un po’.
Bah! Che razza di
famiglia! Non erano capaci di un pizzico di organizzazione. Lui pagava Illumi
per uccidere gli anziani, e padre e nonno si facevano pagare da questi ultimi
per ammazzare lui. Un pessimo senso degli affari: in un modo o nell’altro,
almeno uno di loro era destinato a non essere pagato.
Tuttavia, quello
scontro gli aveva fatto bene: aveva sfogato un po’ di dolore, ed ora si sentiva
come svuotato...
Si sedette sul tetto, appoggiando i gomiti a terra e
riversando il capo all’indietro. Il cielo era veramente bello. Pessimo per un
furto, con quella luna così piena e così lucente, ma la brigata fantasma non si
lasciava certo influenzare dalle condizioni atmosferiche.
Beh, lui, fra
tutti, forse un po’ sì.
Era per via della sua passione per le cose belle, a
cui un bel cielo non faceva eccezione.
In quel momento avrebbe voluto un
libro, ma i suoi compagni sarebbero tornati tra poco, e non gli piaceva essere
interrotto quando leggeva.
...
"Al volo, capo!"
La mano di Kuroro si
mosse impercettibilmente poco sopra la testa per afferrare l’oggetto che
Uborghin gli aveva appena lanciato. Non aveva nemmeno alzato gli occhi dalla
scacchiera, dove Pakunoda stava facendo la sua mossa.
"Già di ritorno?
Immagino che allora non ti sia divertito per niente..."
Nobunaga fece una
risatina
"Che ne dici se al prossimo lavoro dessimo un preavviso? Così
qualcuno si prodigherà per farci trovare avversari alla nostra altezza. Così è
una noia!"
Uborghin storse la bocca in un ghigno
"Comunque, capo, quello
l’ho preso per te. Visto che ti piace questa roba..."
Kuroro srotolò
l’involto di carta di giornale, e tirò fuori un grosso volume rilegato in pelle:
lo esaminò girandolo più volte tra le mani e sfogliando lentamente le pagine. La
fattura era veramente pregevole, e l’edizione molto antica.
"Questa ‘roba’
non dovresti usarla come arma da lancio, Ubor..." e sulle sue labbra comparve un
sorriso "E’ molto bello, ti ringrazio"
...
Uborghin non era solo il
più forte dei suoi. Era quello che si entusiasmava di più ogni volta che
correvano un pericolo: aveva bisogno delle sfide e il rischio lo faceva andare
su di giri. Non brillava in intelligenza, né in strategia. Era irragionevole e
avventato.
Ma era anche l’unico che gli avesse mai fatto un regalo.
Kuroro
si rese conto che gli era di nuovo sfuggita una lacrima. Se ne accorse per il
fatto che se la sentì scivolare sopra la ferita, e nell’asciugarsela il sangue
gli macchiò il dorso della mano.
Quali sono i desideri dei morti?
Non
aveva voglia di pensarci, ma quel maledetto cielo era troppo bello e quel tetto
troppo silenzioso.
Dannazione.
Il capo della brigata fantasma non dovrebbe
farsi influenzare dalle condizioni atmosferiche.
E neanche dalle cose
belle.
...
Quella volta era notte, e nevicava.
Il loro covo non
aveva vetri alle finestre, e il mondo fuori, sotto quel mantello bianco,
sembrava morto. Morte le strade, morto il cielo sbiadito, morta la gente.
Una
notte veramente meravigliosa.
"Capo, leggi?"
Kuroro guardò Ubor di sbieco:
esser disturbato quando aveva tra le mani un libro lo infastidiva proprio, era
come una violazione di intimità.
"E tu non dormi?" disse secco "Vi ho detto
che potevate riposare tranquilli..."
"Mpf. La tranquillità, la detesto.
Troppo silenzio mi fa saltare i nervi"
"Bisogna imparare a starci, nel
silenzio. Un giorno staremo in silenzio per l’eternità....e per te sarà un
problema!"
"Tanto morirò molto tardi!"
Uborghin rise, e si sedette a gambe
incrociate per terra.
"Ti secca leggere ad alta voce, capo?"
Bah, quella
si che era una richiesta insolita!
"Non credo che..."
‘...Non credo che tu
possa capirci qualcosa’ - pensò.
"Non credo che t’interessi..."
"Infatti
no. Te l‘ho detto: è il silenzio che mi irrita"
Kuroro riabbassò gli occhi
sul libro, e cominciò a leggere. Andò avanti qualche tempo, poi si fermò: aveva
la gola secca e gli era venuta sete.
"Capo" disse Ubor "la tua voce è
diversa..."
"Ah si?" questa, non l‘aveva mai sentita"perché ‘diversa’
?"
Ubor esitò un attimo, come se stesse per dire qualcosa di cui non era
troppo convinto.
"E’ triste." sentenziò "Capo...la tua voce quando leggi...è
molto triste"
...
Kuroro rientrò nell‘edificio, ascoltando i suoi
passi echeggiare per le scale.
Anche gli altri dovevano essere rientrati, e
lui adesso aveva bisogno di compagnia.
Quando era nelle visti del leader
della brigata, non era abituato a stare solo, e quando lo rimaneva troppo a
lungo, era come se avvertisse un senso di incompletezza. Uborghin era uno che
faceva sentire in modo forte la sua presenza. Ci sarebbe voluto un po’ per
adattarsi.
Quel corridoio era terribilmente silenzioso.
Chissà se i morti
stavano davvero in silenzio.
Povero Ubor.
"Capo!" Pakunoda gli corse
incontro "Ma dov’eri finito? Nobunaga voleva quasi usare l’EN per
trovarti!"
"Ho preso un po’ d’aria"
La donna osservò il taglio sul viso,
la camicia e i pantaloni strappati, e i graffi sul suo corpo.
"Accidenti, ma
come sei conciato? Sei ferito?"
"Niente ferite. Solo esausto"
"I ragazzi
hanno portato da bere. Va’ a darti una sistemata, eh?"
Gli appoggiò le mani
sulle spalle, e un attimo dopo le ritrasse,
pensierosa.
"Kuroro..."
"Dovresti imparare a non leggere la mente degli
amici, Paku" la interruppe, con un sorriso "Non sempre è piacevole..."
La
donna annuì
"Va’ a darti una sistemata" ripeté "ti stanno aspettando
tutti..."
Kuroro lasciò cadere a terra la camicia lacera e macchiata di
sangue. Frettolosamente indossò la lunga giacca e si passò una mano tra i
capelli. Gli altri lo stavano aspettando. Era sicuro che avrebbero bevuto, riso,
e avrebbero parlato dei prossimi piani. Come se ci fosse ancora anche
lui.
...
"E’ per questo che ho bisogno di credere all‘esistenza
dell‘anima, signorina Nostrad..."