4°
CAPITOLO
TITOLO
UNA
TRISTE VERITà
Il
cielo era plumbeo, le nuvole erano tutte amasse tra loro, la pioggia scendeva
ininterrottamente. Non era il panorama che Meri si aspettava al suo ritorno a
casa; dal finestrino della limousine poteva già riconoscere in lontananza la
sua maestosa villa che emergeva in modo più imponente rispetto alle altre: era
costruita su de piani situata in un enorme giardino, all’ interno del quale si
innalzava una piccola cunetta sormontata da un esemplare di Elaeagnus
lavorato a palchi dando all’ ambiente quel tocco di raffinatezza in più.
Quando la vettura entrò nel vialetto Meri non riusciva a trattenersi dalla
contentezza, tra poco avrebbe riabbracciato il suo amato, non appena questo
pensiero le attraverso la mente, un lampo di tristezza misto ad un forte
timore le si dipinse sul volto; era molto felice di rivedere il suo Nick, ma
allo stesso tempo temeva di trovalo nelle stesse terribili condizioni di
quando era partita.
“E’
triste signora Namura? “ Chiese l’autista spegnendo i motori dell’auto,
guardandola con occhi espressivi dallo specchietto retrovisore.
“Cosa
Kaito?” Domandò la donna con voce incolore, una volta rinsavita dai suoi
pensieri.
“La
vedo molto malinconica signora, per caso il convegno che ha tenuto in Italia non
è stato abbastanza soddisfacente?” Aggiunse il giovane con un tono
leggermente preoccupato.
“No
Kaito quello è andato bene” Disse Meri con voce rassicurante, poi
aggiunse: “E’ solo che…” Non finì la frase, perché venne assalita da
un forte sconforto ed abbassò la il capo, Kaito notò la reazione della donna,
comprese e, appoggiandosi la mano sulla fronte in segno di perdono
esclamo,:
“Mi
scusi signora, non volevo ferirla” poi per rimediare a quello che aveva detto
aggiunse balbettando: “Sono sicuro signora che suo marito guarirà, abbia fede
in dio, e vedrà che prima o poi tutto si sistemerà; ne sono più che
sicuro.” Nonostante quelle parole cercassero di tirarle su il morale, Meri le
percepì come una di quelle frasi fatte che si dicono per far credere al diretto
interessato, che la giustizia divina avrebbe compiuto un miracolo portando
cosi tutto alla normalità. Per qualche istante, Meri avrebbe voluto
chiedergli rabbiosamente:
[Tu
che credi in dio, mi spieghi perché ha scelto propri noi? Perché proprio Nick!
Cosa abbiamo fatto di male per meritarci questo?], ma dopo aver riflettuto un
attimo, capì che infierire contro il suo autista non avrebbe avuto senso. Meri,
una volta aver aperta la portiera dell’auto, scese incurante della pioggia e
non valsero a nulla i tentativi dell’uomo per fermarla:
“Aspetti che predo
l’ombrello signora! Non vede che fuori diluvia?” Disse il giovane
uscendo rapidamente dalla vettura, dopo averla raggiunta con l’ombrello in
mano aggiunse con espressione preoccupata :
“Signora
voleva prendersi un malanno? Lasci che l’accompagni sotto casa” Meri annuì
debolmente, con tutte le preoccupazioni che le attanagliavano il cervello, la
possibilità di ammalarsi, soprattutto in questo momento non la sfiorava
neppure, anzi se solo avesse potuto avrebbe preso il posto del suo Nick per
alleviarle tutte le sofferenze fisiche psicologiche con le quali era costretto a
vivere da settimane. Era cosciente che stare rilegata e debilita in un
letto tutto il giorno potesse essere estremamente straziante e dilaniante, ma
per il suo Nick sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa, anche sacrificare
la sua stessa vita.
Per
quanto le vite di Miki e di Meri stessero avendo un percorso totalmente diverso,
entrambe avevano lo stesso comune denominatore - mentire- con l’unica ma
sostanziale differenza, che l’amica doveva combattere contro se stessa per
cercare di salvare un matrimonio che per colpa delle sue isterie era destinato a
fallire, lei invece doveva farsi forza tutto il giorno, fingere davanti al
mondo intero che stava vivendo uno dei momenti più idilliaci della sua
esistenza, ma soprattutto doveva assolutamente far credere a suo marito che
questa sua perenne stanchezza sarebbe passata presto. presto quando? Questo
neanche lei lo sapeva, solo dopo aver preso visione degli ultimi referti del
dottor Cantaro avrebbero potuto darsi quella risposta tanto attesa.
Improvvisamente, Meri sentì una mano appoggiarsi sulla sua spalla che la riportò
bruscamente alla realtà, si voltò di scatto e vide un guizzo di sorpresa
nell’ espressione di Kaito ed esclamò leggermente agitato:
“Mi
scusi, non volevo spaventarla”.
“No
scusami tu, la colpa e mia che ero soprapensiero, ero cosi assorta nel mio
mondo, che non mio sono neanche accorta di essere arrivata davanti alla porta di
casa.” concluse Meri con le labbra curvate in un sorriso. Dal canto suo il
ragazzo balbettò con il volto paonazzo:
“Se
non ha più bisogno di me, posso andare prendere le valige in macchina?”
Meri
annui
Proprio
mentre Kaito era a pochi passi dall’auto si ricordò che non aveva dato alla
donna una cosa alla quale lui teneva molto, dopo aver fatto dietro front corse
rapidissimo verso Meri prima che quest’ultima entrasse in casa, urlando:
“Aspetti Meri!Mi sono dimenticato di darle una cosa!"
l’eco
delle parole del ragazzo fecero fare a Meri un balzo indietro, si voltò e
quando vide il giovane che correva verso di lei, visibilmente preoccupata
chiese:
“Kaito
che succede?" Il giovane dopo averla raggiunta replicò con un tono
affannato:
“Meri,
mi scusi se ho urlato in questo modo, ma mi sono ricordato solo ora che ho una
cosa per lei.” detto ciò, estrasse dalla tasca dei pantaloni una piccola
statuetta a forma di gatto mostrandogliela, Meri osservò lo strano oggetto
strabuzzando gli occhi, poi con voce mista tra la sorpresa e lo sgomento domandò:
“Questo
cos’è?”
“Questo
signorina è un gatto portafortuna 'Maneki-neko' l’ ho
acquistato un paio di giorni fa, mi farebbe piacere regalaglielo” Meri
con il cuore colmo di gioia lo prese e dopo averli dato un bacio d’ affetto
sulla guancia gli sussurrò:
"Grazie
Kaito…grazie dal profondo del cuore” sulle prime, il ragazzo rimase
impietrito col volto paonazzo e con il cuore che galoppava nel petto, poi quando
riprese il controllo di se annaspò qualche risposta:
“beh
ecco io… sono contento che le piaccia, se non le dispiace vado a prendere le
valigie" senza dare il tempo a Meri di aggiungere altro, fuggi via come un
fulmine, la giovane sorridendo tra se pensò:
[povero
Kaito non volevo metterlo in imbarazzo, non penavo minimamente che un piccolo
bacio innocente avesse potuto avere su di lui quest’effetto]
non
appena quel piccolo momento di distrazione svanì, Meri dovette tornare a
fare i conti con la triste realtà che l’attendeva aldilà di quella porta.
Dopo aver fatto un profondo respiro, girò energicamente la manopola della porta
ed entrò. Varcata la soglia ci mise qualche secondo per realizzare che era
davvero a casa. Percorse il lungo corridoio come per ispezionarla. Passo dopo
passo Meri constatò che non era cambiato nulla, tutto era perfettamente al suo
posto: quei splendidi soprammobili 'Swarovski ' popolavano i ripiani dei
mobili di tutto il salotto, quella vetrina in cristallo che emergeva sul lato
destro in fondo alla stanza perfettamente lustra, come del resto lo era
tutta la mobilia in radica di tutta la casa, la donna per la prima volta in
tutta la sua vita provò una sensazione di vuoto, quasi di disgusto nel dover
osservare tutte quelle meraviglie che circondavano casa sua, avrebbe
voluto essere una di loro, così perfette e inanimate, incapaci di provare le
sofferenze più agonizzanti che invece l’essere umano doveva provare almeno
una volta nel corso della vita. Molte persone credenti, tali tormenti, li
avrebbero associati ai cosiddetti segni del signore, perché secondo loro,
ognuno di noi aveva un compito da svolgere sulla terra. Dal canto suo Meri non
credeva in nessuna religione, né tanto meno credeva nell’esistenza di una
forza soprannaturale la quale disegnava per tutti gli esseri viventi presenti
sulla terra particolari compiti da svolgere; la donna pensava che, a volte,
avesse davvero che nei confronti della fede un atteggiamento troppo cinico ed
irremovibile, però purtroppo non poteva pensarla diversamente, perché gli
eventi del suo passato l’avevano fatta soffrire troppo fin dalla più
tenera età per poter credere che potesse esistere un'entità superiore che
agiva secondo saggezza e giustizia. In quel momento, riaffiorarono nella sua
mente una miriade di flashback di quando era bambina, erano perfettamente nitidi
dentro di lei i pianti sconsolati che avevano caratterizzato gran parte delle
sue giornate, rinchiusa in camera sua. Si era sentita sola, aveva voluto
disperatamente stare con i suoi genitori, ma loro non c’erano quasi mai,
dicevano che erano sempre impegnati con il lavoro per avere tempo di giocare con
loro figlia. Meri, a causa di quelle perenni assenze delle figure più
importanti della sua vita, era giunta alla conclusione che i genitori davano più
importanza loro carriera, che a lei. Nonostante i suoi genitori non fossero
stati capaci di rivestire tale ruolo, era stata molto fortunata perché a
seguirla giorno dopo giorno fin da quando era nata, era stata la sua governante.
Sapeva che non era sua madre, però, ai suoi occhi, era come se lo fosse, se era
diventata la donna che era, lo doveva solo a lei. Purtroppo però, la giovane si
dovette separare molto presto dalla sua più fedele amica e confidente,quando
iniziò a frequentare il ginnasio, perché a detta dei genitori era abbastanza
grande per non aver più bisogno della governate. Erano passasti
vent’anni da allora, tuttavia, il ricordo di quell’addio era ancora molto
vivo dentro di lei, quante lacrime avevano versato quel giorno,si erano
abbracciate entrambe con tutto il calore possibile, per far in modo che quel
momento fosse rimasto impresso per tutta la vita nei loro cuori, perché erano
coscienti che dopo quel giorno non si sarebbero mai più riviste. Quando Meri si
ritrovò da sola con se stessa cadde in un baratro di acute sofferenze; solo
dopo aver fatto la conoscenza di Miki che al ginnasio frequentava la sua stessa
classe ritornò a sorridere spensierata come era giusto che fosse, però
raggiunse la felicita completa solo quando conobbe il suo Nick. Un giorno per
caso in biblioteca quando tutti e due frequentavano il liceo Toryo: Meri
frequentava il primo anno mentre Nick frequentava l’ultimo. Fin dalla prima
volta che si erano scambiati i primi sguardi e le prime battute si erano
subito accorti che erano fatti l’uno per l’altra. Una volta che i due
iniziarono la loro storia d’amore dovettero fare i conti con i genitori della
ragazza, perché secondo loro il ragazzo non poteva aver nessun futuro con
la loro figlia. Nonostante tutti gli ostacoli presenti sul loro cammino la loro
storia d’amore trionfò; mentre Meri rivedeva davanti agli occhi le immagini
del loro matrimonio, un lampo improvviso squarciò il cielo terso la riportò e
alla realtà e Meri pensò:
[Meri
che stai facendo? Ti sembra questo il momento di catapultarsi nel passato?
Muoviti! Vai dal tuo Nick che ti starà aspettando] nel momento in cui la
giovane si stava accingendo a salire le scale senti una voce familiare provenire
dal piano di sopra:
“Meri
finalmente sei tornata” la ragazza alzò lo sguardo e riconobbe subito
suo marito, non appena lo vide lì in piedi a pochi metri da lei corse più in
fretta che poteva sulla lunga scalinata che li separava. Una volta che lo ebbe
raggiunto, marito e moglie si abbracciarono con ardore, come se non si vedessero
da secoli, Meri provò un tumulto di emozioni contrastanti: da un lato era
felicissima di poter riabbracciare la sua unica ragione, dall’altro però
comprese, con enorme dispiacere, che durante la sua assenza le sue condizioni di
salute non erano per nulla migliorate, anzi sembravano a dirittura peggiorate:
il viso era scavato e pallido come la cera, quelle braccia forti e muscolose che
un tempo la facevano sentire al sicuro erano diventate fragili e delicate come
quelle di un neonato. Possibile che settimana dopo settimana Nick fosse
diventato sempre più deabilitato? Perché i farmaci e gli antibiotici non
avevano effetto su di lui? Quel terribile virus poteva avere la forza di ridurlo
in quello stato? Alla vista di quel viso cosi stanco e cagionevole, la
moglie non poté fare a meno di pensare alle cose più macabre e raccapriccianti
[Cos’hai Nick? Quale male ti sta divorando l’ anima? Non dargliela
vinta, tu sei più forte di lei! Combatti, non permettere alla morte di portarti
via da me] quella parola - morte- cominciò a rimbombarle senza stregua per
tutto il corpo, non aveva mai lontanamente pensato ad un eventualità del
genere, eppure ora l’ aveva fatto, brividi di freddo gelido si impossessarono
di lei. Senza nemmeno rendersene conto dal volto iniziarono a scenderle delle
lacrime come risultato di tutta la rabbia, del dolore e della frustrazione che
erano celati al suo intermo, era consapevole che prima o poi tutto sarebbe
saltato alla luce, tuttavia quello era il momento meno adatto per metterete a
nudo tutto quello che provava, soprattutto non di fronte a Nick in quelle
condizioni. Non appena il giovane si accorse di quelle lacrime ebbe un
tuffo al cuore, avrebbe fatto qualsiasi cosa per non essere costretto a vedere
la sua amata consorte dilaniata dal dolore che cercava con tutte le sue forze di
nascondergli, perché il suo unico obiettivo era quello di non farlo preoccupare
ulteriormente, cercando come poteva di minimizzare la realtà facendogli credere
che quella malattia che lo aveva colpito fosse come tutte le altre, ma lui
sapeva che la realtà era ben diversa, per smorzare la situazione l'uomo chiese
scherzosamente:
Meri
cos’è quella caricatura di cane che hai in mano? La giovane abbassò lo
sguardo, constatando con occhi sgranati che stringeva ancora tra le mani
l’oggetto donatole da Kaito, dopo aver alzato lo guardo si sforzò di
sorridere e replicò:
“Dici
questo?”
si…
cos’è quel coso? l’hai acquistato in uno dei più costosi negozi milanesi?
Chiese lui ghignando
“No,
nessun acquisto questo gattino portafortuna è di manifattura giapponese, me lo
ha regalato Kaito il mostro autista” precisò la donna cercando di mantenere
lo stesso tono sarcastico. Improvvisamente, Nick si fece serio e volle sapere
“a parte Kaito chi sa di me?” sulle prime, Meri rimase sorpresa da quella
domanda,ma subito dopo, una volta ripresa dal momento di smarrimento rispose
rassicurandolo “lo sanno anche il giardiniere e il maggiordomo, non temere
sono tutte persone fidate” poco dopo un forte senso di malinconia si
impossesso nuovamente di lei, ancora una volta riecheggiò nella sua mente
quella raccapricciante parola -morte-, Nick dal canto suo, quando vide questo
improvviso rabbuiamento da parte della moglie, le appoggiò le mani sulle spalle
e le sussurro amorevolmente:
“Non
ti preoccupare, niente e nessuno ci separerà” detto ciò, Meri rimase
esterrefatta, quelle parole cosi semplici e dirette erano esattamente tutto
quello che la donna aveva bisogno di sentirsi dire. Possibile il giovane ora
avesse anche la facoltà di leggerle nel pensiero? Dopo aver accarezzato
dolcemente la guancia del marito come per dare assenso alle parole che aveva
appena pronunciato, si accorse che quest’ ultimo scottava tremendamente
e strabuzzando gli occhi ed esclamò:
“Ma
tu scotti! Hai la febbre! Su forza ti accompagno a letto” detto ciò, la donna
prese delicatamente il braccio ed insieme a lui si incamminò verso il lungo
corridoio che conduceva dritto nella loro camera.
Arrivati
in camera, Meri aiutò Nick a stendersi sul letto dopo avergli rimboccato
premurosamente le coperte gli mise un pezza bagnata sulla fonte e con voce fioca
e tranquillizzate disse:
“E’
stata una giornata pesante per te, ora è meglio che riposi” [povero Nick
chissà quanto starai soffrendo se solo potessi prendere il tuo posto…] mentre
Meri era li per aprire la porta e uscire dalla stanza affranta dalle sue
solite preoccupazioni la voce affaticata del marito la frenò bisbigliandole con
un tono che le risuonò un tantino implorante:
“Meri
aspetta! Non andartene via” la donna si voltò e con gli occhi velati di
lacrime replicò:
“Nick
hai bisogno di riposare, devi rimetterti in sesto, non temere, se hai bisogno di
me sono al piano di sotto” quelle parole che aveva appena pronunciato avevano
un significato duplice: da un lato voleva uscire da quella stanza per
permettergli di riprendere le forze, dall’altro desiderava abbandonare al più
presto quella maledetta stanza per andare a rifugiarsi in un piccolo angolo di
quell’enorme villa e dar sfogo a tutta la sua sofferenza, ma soprattutto
voleva fuggire via, perché non riusciva più a sostenere la vista del marito in
quelle condizioni, non sapeva perché provasse questa insensata repulsione nei
suoi confronti, però dannazione, questa era una realtà alla quale non poteva
più sottrarsi, Meri non appena si rese conto di quello che le era balenato
nella mente, una cosa orribile, si senti una persona indegna, suo marito non se
lo meritava; per darsi delle attenuanti plausibili Meri pensò che forse era
talmente innamorata di lui, che vedendolo così debole e fragile, forse era una
visione insostenibile persino per una persona caparbia come lei, tuttavia questo
non cambiava di certo le cose, comportandosi in questo modo non era di aiuto.
“Una
dormita non mi farà di certo guarire! Questo lo sappiamo entrambi” dopo una
breve pausa per riprendersi da quello che per lui era diventato uno sforzo
monumentale aggiunse:
“una
delle poche cose che possono giovare davvero alla mia salute sono la tua
voce, il poter sentire la tua voce soave, e il privilegio di osservare i
tuoi splendidi occhi” a quelle parole così semplici e dirette, ma cosi
inspiegabilmente profonde, non seppe resistervi. Dopo essersi seduta sulla
sponda del letto, iniziò a raccontare del convegno omettendo quello che le era
stato chiesto dal quel giornalista impertinente, per poi passare a descriverli
della stupenda gita in piazza Duomo in compagnia di Miki e Yuri. Quando il
marito le chiese se anche loro provano gli stessi sentimenti di un tempo
Meri mentì, precisando che nonostante fossero passati dodici anni i due amici
erano rimasti fisicamente e spiritualmente quelli di sempre. Nick notò uno
strano bagliore negl’occhi della moglie, mentre gli esprimeva tutta la gioia
che aveva tra le braccia il figlio della coppia; proprio in quel momento vedendo
e Meri così felice come non era più da molto tempo, da quando lui si era
ammalato gravemente, le chiese improvvisamente Nick con voce ferma interrompendo
il racconto della moglie:
“Meri..."
“si?”
rispose lei con un po’ di titubanza
“Sai,
in questo periodo di totale immobilità ho riflettuto molto su di noi, credo
proprio che quando mi sarò completamente ristabilito mi piacerebbe prendere in
considerazione l’ idea avere un nostro bam…” l’uomo non terminò la
frase,perché inaspettatamente qualcuno bussò alla porta, a quel punto Meri
un po’ indispettita rispose:
“avanti”
una volta che la porta si aprì fece capolino sulla soglia il loro maggiordomo,
che dopo essersi schiarito la voce annunciò con voce solenne:
“ Scusate se vi
disturbo signori Namura, volevo informare la signora Meri che il dottor Cantaro
l’attende in salotto” udito quel nome, la donna salto giù dal letto e
chiese speranzosa: "vuoi
dire che il dottor Cantaro è proprio qui in casa nostra?"
“Si signora è quello che ho detto” precisò il maggiordomo
“Perfetto! Avvisalo che scendo immediatamente" gli raccomandò
la giovane ancora di più in estasi
“D'accordo” disse l’uomo andandosene via chiudendo dolcemente
la porta. Quando marito e moglie si ritrovarono soli, ambedue trassero un
profondo respiro di sollievo, poi Meri si voltò in direzione del marito ed
esclamò in lacrime dalla gioia:
“Nick finalmente il dottore ha trovato una cura definitiva contro
questo dannato virus che si è introdotto dentro di te” dopo aver raggiunto la
porta si voltò nuovamente e aggiunse:
“Non
temere amore mio tornerò presto a darti la grande notizia!”
Mentre Meri stava
scendendo le scale, il suo stato d’ animo era a dir poco euforico, non aveva
ricevuto ancora il responso delle analisi, tuttavia era certa, che qualunque
cosa le avesse detto il dottore, sarebbe stata senz’altro ottima, non sapeva
da dove nascesse tutta questa sua sicurezza, però da quando il maggiordomo era
entrato in stanza per informarli dell’arrivo del dottor Cantaro, si era innescata dentro di le lei una meravigliosa sensazione.
No! Non era frutto delle sue speranze,se lo sentiva davvero, molto presto lei e
Nick avrebbero potuto riprendere a condurre una vita felice e spensierata,
pensando seriamente all’ idea di mettere al mondo un figlio.
In salotto il dottor Cantaro
era seduto su quello splendido divano in camoscio in quella enorme villa,
che le dava un senso di pressione e soffocamento accompagnata da una forte
sudorazione : tutti sintomi che si manifestavano in lui in maniera
incontrollabile, quando era obbligato a dare delle notizie cosi agghiaccianti
come questa. Nonostante facesse questo lavoro da quasi trent’anni non aveva
imparato a rimanere distaccato nelle situazioni più terribili, come del resto
facevano i suoi colleghi. Mentre l’uomo lottava con se stesso per cercare di
riprendere il controllo, improvvisamente in salotto comparve Meri che con un
sorriso a trentadue denti stampato sul volto lo salutò:
“salve dottore come va?
“bene grazie” rispose lui cercando di mantenere la voce ferma
che però gli usci stridula per l’emozione
“Le faccio portare qualcosa caffè, te?” Meri avrebbe preferito
passare subito al dunque, però per quanto fremesse non voleva risultare
maleducata ai suoi occhi, l’uomo rispose balbettante:
“no gra-zie “ poco dopo ci furono un paio di minuti di
silenzio, a quel punto Meri comprese che era giunto il momento di introdurre
l’argomento e iniziò a dire cercando di mettere a freno l’entusiasmo:
“Dottor Cantaro, immagino che se lei è venuto qui abbia da darmi
buone notizie?" Poi costatando che l’ uomo non accennava nessuna reazione
continuò:
“dottore mi dica di che malattia soffre mio marito?” Se
alla prima domanda l’uomo aveva fatto appello a tutte le sue forze per tentare
di nascondere le forti preoccupazioni che lo attanagliavano, a quella seconda
domanda per poco non svenne, tentennando sempre di più rispose:
“Signora questa è una faccenda molto delicata c’è un posto più
tranquillo per poter parlare lontano da orecchie indiscrete?” detto ciò, Meri
scatto in piedi ed esclamò:
“Certo andiamo nel mio studio! Mi segua” presa la sua cartella
il dottor Cantaro la seguì. Mentre Meri si stava dirigendo verso il suo studio
non ne capiva la motivazione, tuttavia aveva la netta sensazione che l’ uomo
stesse facendo di tutto per temporeggiare, poi penso tra se [ se i miei sospetti
sono fondati, forse la malattia di Nick è più grave del previsto? No Meri non
iniziare a immaginare cose che non esistono, vedrai che sarà una
sciocchezza]
arrivati a destinazione, Meri continuava a formularsi nella mente
le ipotesi più assurde senza riuscire però a darsi risposte concrete. Il
dottor Cantaro nel frattempo, si chiedeva quale strategia adottare per rivelare
alla donna la triste verità [ è meglio che ci arrivi per gradi, oppure arrivo
subito al dunque senza troppi preamboli?] dopo vari ripensamenti optò per la
prima soluzione. Una volta accomodati sulle sedie, l’uomo si sentì
tremendamente a disagio, non avrebbe mai voluto distruggere le speranze della
donna che aveva davanti a se, ma non poteva tacere in eterno, doveva dirglielo a
tutti costi. Dopo aver aperto la sua cartella estrasse un fascicoletto,
che successivamente porse gentilmente alla giovane. Nel momento in cui l’uomo
ebbe consegnato nella mani di Meri l’orrenda verità che solo lui conosceva,
sperò con tutto se stesso che quello che le stava per dire di li a poco non
avrebbe disintegrato totalmente il suo spirito combattivo, perché sapeva
benissimo che per far fronte a una malattia come quella, prima di qualsiasi cura
medica il paziente e i suoi cari non dovevano assolutamente perdere le
speranze e continuare a combattere per la salvezza della propria vita, anche se,
non poteva di certo negare, che talvolta questa intensa lotta per la vita, non
dava sempre esito positivo. Mentre il dottor Cantaro era immerso nei suoi
pensieri, Meri continuava a girare febbrilmente le pagine di quel fascicolo
senza venire a capo di nulla, poi improvvisamente si bloccò e guardando negli
occhi il suo interlocutore chiese:
“Dottore io non sono un'esperta nel campo, però quello che posso
capire da questi esami è che mio marito ha solo alcuni valori leggermente
alterati, con una cura tutto tornerà come prima vero?" Sentendo quelle
parole cosi cariche di positività, non poté fare a meno di sentirsi un
tantino in colpa, quanto avrebbe voluto rassicurala prescrivendole la cura
adeguata da seguire, cosa che spesso faceva, ma in questo caso non esisteva una
cura più adeguata dell’altra, o meglio esisteva, però questa malattia era
uno di quei mali che non spariva entro una settimana o due, ma poteva cominciare
a ridimensionarsi solo dopo mesi dall’ inizio del trattamento. Facendosi
coraggio l’ uomo imboccò una strada senza via d’ uscita e incominciò a
dire con voce cupa:
“ si signora la cura esiste solo che…”
perfetto! Mi prescrivi pure qui l’ occorrente” esordì Meri
porgendoli la sua agenda, quest’ultimo intuendo che la donna aveva frainteso
le sue parole, la guardò negli occhi e aggiunse:
“No! Le cose non sono cosi semplici” udite quelle parole, Meri
si sentì gelare il sangue nelle vene, non sapeva ancora cosa stava cercando di
dirle il dottore, però aveva intuito che la situazione era più grave di quanto
immaginasse. L’ uomo, dopo aver fatto una breve pausa, continuò senza
abbassare lo sguardo:
“Dalle
analisi del sangue, ed in particolare l'emocromo, e gli indicatori del funzionamento di
reni e fegato hanno dato la certezza ai miei sospetti".
“cosa
vuole dirmi dottore? cerchi di essere meno enigmatico?” l’uomo abbassò il
capo mortificato e concluse:
“Mi
dispiace signora ma, tutti i sintomi emersi da suo marito:
l'affaticamento, il mal di testa, i dolori ossei e articolari, la perdita di
peso, la suscettibilità alle infezioni, la facilità al sanguinamento oppure
l'ingrossamento della milza e dei linfonodi, in modo particolare a livello del
collo e delle ascelle, sono tutti riconducibili a quello”
“Quello
cosa?" Domandò la povera Meri completamente in panico, quando incrociò lo
sguardo del dottore, un tuono squarcio il cielo, proprio in quel breve lasso di
tempo ebbe come un'illuminazione, una volta aver compreso quello che il dottore
le stava cercando di dirle, saltò giù dalla sedia con veemenza incominciando a
farneticare frasi incomprensibili in un misto di paura rabbia e frustrazione
“No,
non può essere vero! La prego mi dica che non cosi!” Meri vedendo che da
parte dell’ uomo non vi era nessun tipo di reazione, continuò a strepitare
disperata. implorate di conoscere la macabra verità:
“La
prego me lo dica! Devo saperlo, mio marito è affetto da leucemia?
Pronunciate quelle ultime parole, si accumularono in lei, un insieme indefinito
e spasmodico di emozioni, cosi strazianti e dilaniati che qualsiasi essere umano
non sarebbe riuscito a supportare: Meri non poteva credere a quello che aveva
appena udito, le sembrava di vivere in un terribile incubo il peggiore di tutta
la sua vita, purtroppo non era un incubo, era li davanti a colui che nella sua
mente da schizofrenica dipingeva come il suo aguzzino. Tutto ad un tratto, i
battiti del suo cuore da martellanti che erano, incominciarono a diminuire
vigorosamente, in concomitanza a quest’ ultime avvertì che le forze la
stavano abbandonando sempre più: le palpebre erano sempre più pesanti,
cosi come le gambe, senza neppure riuscire ad opporre alcuna resistenza cadde
rumorosamente a terra priva di sensi sotto lo sguardo attonito del dottore