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Autore: nightswimming    23/12/2012    10 recensioni
“Mi dica, il suo amico viene picchiato spesso? Perché non mi sorprenderebbe.”
“Lei stia zitto e pensi a guidare. E la smetta di mettere le corna a sua moglie.”
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: fossero miei, che vita meravigliosa sarebbe. Invece sono di sir Arthur Conan Doyle e di quella pregevole fusione supersayan che è il Mofftiss, e io non ci guadagno nulla di nulla se non un po’ di sollievo dall’attesa per la S3, che spero di riuscire a vedere prima che mi vengano i capelli bianchi. Pie illusioni. XD
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Un momento, tutto questo è ridicolo!” disse l’uomo, slanciandosi fuori dalla casa circondata da volanti della polizia.
Sherlock si voltò ed emise un sospiro esasperato. John guardò il suo volto contratto dall’irritazione illuminarsi a intermittenza sotto le luci delle sirene e si preparò al peggio.
“Non è niente di così impossibile, signor Steiner. Sua moglie ha ucciso - abbastanza goffamente, se me lo concede - il suo psicanalista, con cui aveva una relazione da sei mesi, tramite strangolamento.” Agitò una mano in aria in preda a quello che sembrava vero e proprio sdegno, inesprimibile se non a gesti. “I tiranti delle tende. Disgustosamente prevedibile.” Ricominciò a camminare lungo il viottolo di ghiaia, chinandosi con grazia per superare il nastro della scientifica, la voce baritonale forte e chiara nell’aria mentre riprendeva a esporre le sue impressioni sul caso. “L’uomo aveva posto termine alla loro storia adulterina adducendo scrupoli deontologici, ma la vera motivazione era ovviamente la fidanzata molto cattolica e molto ricca che lo aspetta tuttora Belfast. Sua moglie non ne sapeva niente. Beh, almeno fino a pochi minuti prima di decidere di ammazzarlo, presumo.”
L’uomo, che aveva in viso un’espressione fra l’orripilato e lo stupefatto, continuava a seguirli per tutta la scena del crimine come un’anima in pena, boccheggiando e balbettando cose come “Impossibile… La mia Gwendolen… No…”. John provò pena per lui e tentò di zittire l’amico con un minaccioso “Sherlock, ti avviso-” ma il detective sembrava inarrestabile.
“Movente: banale. Modus operandi: banale.  Tentata costruzione di un alibi credibile: raccapricciante,” concluse arricciando le labbra in una smorfia di sincero disgusto. John digrignò i denti e lo fulminò con un’occhiata – il signor Steiner aveva cominciato non a piangere, non a singhiozzare, no, proprio a frignare – cui Sherlock rispose alzando il sopracciglio con l’aria di chi fosse tediato fino alle lacrime. “Complessivamente, una noia di proporzioni bibliche.”
“M-ma… Non è possibile… Io… Gwendolen…” Il signor Steiner occhieggiò con disperazione la macchina contro cui sua moglie era stata spinta da Donovan, la quale la stava al momento ammanettando. “Credevo… Pensavo che fosse felice insieme a me.” Tirò rumorosamente su col naso. John gli diede una pacca imbarazzata sulla spalla; Sherlock alzò gli occhi al cielo.
“Errato, era sessualmente insoddisfatta sin dalla vostra prima notte di nozze.” Si infilò i guanti con gesti svelti e pratici. “Sarebbe evidente persino a un bambino come abbia cercato altrove quello che lei non ha saputo darle.”
L’uomo inspirò violentemente e divenne bianco come un cencio. John gli si fece subito vicino, temendo che fosse sul punto di svenire.
“Sherlock, chiudi quella maledetta bocca! Non vedi che è sconvolto?” urlò con voce colma di rabbia il dottore, sostenendo il signor Steiner con un braccio attorno alla vita dopo averlo visto ondeggiare pericolosamente sul posto. “Piantala di girare il coltello nella piaga-”
“Non è vero! Lei mente!” sbraitò d’un tratto l’uomo, che sembrava aver raccolto le poche forze rimaste all’unico scopo di dirigerle con violenza verso il detective. Sherlock non fece una piega di fronte a tanta aggressività; si limitò a sorridergli con aria paternalistica. “Lei non fa altro che mentire!”
“Non vedo perché dovrei,” rispose il detective con sfibrante lentezza.
“Gwendolen era frigida. Lei non- il sesso non le è mai piaciuto, l’ha sempre vissuto come un sacrificio- Perchè mai avrebbe dovuto prendersi un amante, andavamo d'accordo, io...” raspò l’uomo, gli occhi spalancati, la mascella rigida per lo shock.
John, a quelle parole,  potè quasi giurare di vedere la signora Steiner, seduta all’interno della volante a pochi passi da loro, alzare gli occhi al cielo con una smorfia sarcastica sulle labbra.
Il ghigno sul viso di Sherlock era meno largo, ma non per questo meno crudele.
“Non è quello che ho potuto concludere dall’evidenza dei fatti,” rispose con il migliore dei suoi toni educatamente arroganti.
“Non-”
“Una soluzione a questa inutile querelle sarebbe riconoscere la palese verità, signor Steiner. Per quanto dura risulti da accettare.”
John fece un passo verso di lui.
“Sherlock” chiamò, la voce mortalmente calma. Il detective lo guardò brevemente negli occhi e ignorò con uno sbuffo il suo avvertimento.
Il signor Steiner sembrava a metà fra il perdere i sensi e l’avere una crisi di nervi.
“E sarebbe?!” urlò, le unghie piantate a sangue nei pugni chiusi.
Sherlock allargò il suo sorriso.
“Che evidentemente era frigida solo con lei.” Aggrottando le sopracciglia, si rivolse con aria profondamente concentrata a John, che si era preso il viso fra le mani. “John, ricordami di controllare se esistano casi di indotta frigidità sessuale, perché se non ne trovo questo sarebbe un ottimo primo-”
Le sue parole vennero troncate un sonoro crack, che suonava molto come la sua mascella impegnata a protestare per l’impatto deciso e inaspettato con cinque nocche chiuse a pugno.
 
*
 
Ahia!”
“Piantala di lamentarti e sta’ fermo.”
“Mi stai facendo male, John.”
“Sbagliato. Il pugno che ti sei preso da Steiner – e che ti sei assolutamente meritato, per la cronaca – ti sta facendo male. Io sto soltanto cercando di capire quale sia l’entità del danno.”
“Non è niente. La mascella non è dislocata, il naso non è rotto, lo zigomo destro non è incrinato. Ho solo un labbro spaccato.”
“A casa te lo medico.”
“Sarà meglio.”
“Ti conviene rispondermi con più grazia, altrimenti potrei essere molto distratto e cucirti insieme le labbra. Diventerei l’Uomo Che Zittì Per Sempre Sherlock Holmes e quindi un eroe. Fama, popolarità, eterna gratitudine…”
“Patetico. AHIA!”
“Oh, scusa, ti è ricominciato a scendere sangue dal naso. Volevo solo tamponare il flusso.”
“Brutto-
“Mi dica, il suo amico viene picchiato spesso? Perché non mi sorprenderebbe.”
“Lei stia zitto e pensi a guidare. E la smetta di mettere le corna a sua moglie.”
 
*
 
“Dopo tutti questi anni, la stupidità di certe persone riesce ancora a lasciarmi allibito,” mormorò Sherlock lasciandosi andare con un respiro stanco contro lo schienale della poltrona.
 John ridacchiò in risposta da qualche parte della cucina. Il detective sorrise e chiuse gli occhi.
Immerso nell’oscurità dietro le sue palpebre, avvertì con impressionante chiarezza i passi tranquilli e decisi di John avvicinarsi a lui.
“Penso che a volte la gente semplicemente non voglia capire,” commentò con una traccia di pensoso divertimento nella voce.
Sherlock sentì che avvicinava qualcosa alla poltrona, e poco dopo il suo peso che si posava sul legno di una sedia, facendone scricchiolare piano le gambe. Deglutì e sentì l’improvviso bisogno di parlare per distrarsi.
Impossibile, la mia Gwendolen, bla bla bla… Ha! Scempiaggini.” Fece roteare con lentezza le spalle, sgranchendosi i muscoli. Era teso e rigido e non dormiva da settandue ore; senza contare che la faccia gli tirava dolorosamente da ogni parte come se volesse strapparsi. “Come si fa a essere così ottusi.”
John emise uno sbuffo divertito e gli poggiò due dita leggere sulla fronte.
“Reclina la testa,” disse in un sussurro affezionato. Il salotto era talmente silenzioso e tiepido e tranquillo e lui si stava talmente rilassando, che quel suo gentile ordine lo scosse fin nelle fondamenta, come se fosse stato urlato. “Così sto più comodo mentre ti disinfetto questo macello.”
Sherlock ubbidì pensando che non gli serviva nessuna stupida ragione per seguire le direttive del suo dottore.
“Bravo, così.”
Lo sentì schiarirsi la voce e lavarsi le mani in quella che doveva essere una bacinella d’acqua preparata in precedenza alla scopo. Un brivido d’aspettativa lo attraversò da capo a piedi, indesiderato, imbarazzante, irrazionale . Il pensiero dell’imminente contatto fisico, anche se del tutto spogliato di qualsivoglia contenuto erotico dal suo scopo medico, lo stava eccitando contro la propria volontà.
I trucchetti che Madre Natura aveva escogitato per mantenere in vita la specie umana erano veramente detestabili. Non sarebbe bastato, nel momento in cui si fosse avvertito questo sopravvalutato bisogno di riprodursi, recarsi in una struttura specializzata, scambiarsi fluidi corporei in un ambiente sterile e igienico attraverso qualcosa di funzionale come una siringa, e aspettare il lasso di tempo prestabilito? Era così difficile adempiere ai propri obblighi biologici tramite qualcosa che non comportasse una dose di piacere e di gratificazione? Senza l’orgasmo, pensò, il genere umano (che si vantava instancabilmente di quanto fosse evoluto e progredito e ormai ben poco animalesco) si sarebbe estinto da tempo. La gente era troppo stupida per pensare efficientemente al futuro della propria specie. Dio solo sapeva se lui non era stato più volte testimone degli innumerevoli sforzi che le persone mettevano in atto per farsi del male a vicenda. No: mantenersi in vita e perpetuarla a propria volta, seguendo un ragionamento valido come la sopravvivenza della propria specie negli anni a venire, andava di gran lunga oltre le capacità dell’uomo e della donna medi. Ci voleva il premietto, come con i cani.
Dannazione, si disse Sherlock, tutta questa pantomima del sesso era davvero insopportabile. Perché accidenti era necessario volere qualcun altro oltre sé stessi per sfogare appieno i propri bisogni carnali? Non esisteva uno stratagemma per mantenersi al di sopra di quegli stimoli umilianti senza ammalarsi ed uscirne fisicamente frustrati? Ci doveva essere, perché venire catturati in quel modo non era accettabile. Inseguire in quel modo degradante pochi effimeri secondi di piacere e oblio… Ridicolo, semplicemente ridicolo. Inutile.
Come lo era ritrovarsi intrappolati mente e corpo in una spirale di calore e fremiti e possessività feroce al solo pensiero di-
John gli passò il pollice sul labbro tagliato e Sherlock ebbe l’impressione che qualcuno gli avesse risucchiato con estrema violenza l’aria dai polmoni.
Riaprì gli occhi di scatto e vide John che lo guardava con evidentemente preoccupazione.
“Fa così male?” chiese, apprensivo. “Scusami. Volevo solo tastare quanto fosse gonfio.”
Sherlock richiuse le palpebre e sospirò. Magari fosse stato famigliare, semplice, banale dolore quello che aveva appena provato.
E John poteva anche piantarla di usare parole così sfacciatamente ambigue per riferirsi al suo labbro, grazie mille.
“Non è nulla,” mormorò, tornando a rilassarsi contro lo schienale della poltrona. Di fianco a lui, il dottore stava armeggiando con qualcosa, e Sherlock approfittò della sua distrazione per cercare di nascondere lo stato di pazzia in cui versava al momento la sua circolazione. Dio, gli sembrava che le sue vene fossero sul punto di scoppiare per l’afflusso spropositato e velocissimo di sangue. Soprattutto quelle di un organo molto particolare.
Se Sherlock fosse stato un romantico e un sentimentale, avrebbe detto il cuore - ma Sherlock non lo era.
E quindi.
Sentendosi fastidiosamente come l’acqua sul punto di ebollizione, Sherlock tentò di nuovo di distrarsi e riprese ad imitare in tono petulante quell’idiota di Steiner.
La mia Gwendolen non ha mai voluto nessun altro, lei è un bastardo,” recitò a labbra strette mentre le sue dita affondavano nei braccioli della poltrona. John aveva preso a detergergli il sangue secco dalle guance con una pezza bagnata.
“Beh, su una cosa non ha tutti i torti.”
“Come si fa a negare l’evidenza sino a questo pun- ehi.”
“Sull’altra cosa temo però che abbia preso una cantonata. Non sarò te, Sherlock, ma da quello che ho potuto personalmente dedurre dalla settimana di appostamento che abbiamo fatto, la sua Gwendolen non è proprio frigida – è la cosa più simile a una cavallerizza da rodeo che io abbia mai visto in vita mia.”
Sherlock emise una risata bassa, di gola, il petto che sobbalzava piano su e giù. Per quanto trovasse divertente l’immagine, l’idea di John che commentava l’entusiasmo sessuale di chicchessia – l’idea di John associata all’entusiasmo sessuale, punto – era l’ultima cosa di cui avesse bisogno in quel momento.
Riusciva quasi a sentire il sorriso di John e i suoi occhi lucidi di ilarità e stanchezza fissi su di sé mentre continuava a medicarlo con così tanta delicatezza, con tanta squisita cura. Dannata iper-sensibilità sensoriale. Per il suo lavoro era una benedizione, ma per quanto riguardava John e quello che John gli suscitava, era una tortura.
“E comunque, non penso che Freud avesse quello in mente quando aveva deciso che un lettino sarebbe stato comodo da tenere in studio.”
A Sherlock venne quasi da piangere. Se John non si fosse deciso a cambiare discorso, le cose sarebbero andate a finire molto male. Ci mancava pure la fantasia del lettino-
“Freud aveva solo quello in mente, John. È abbastanza risaputo.”
“Beh, allora è l’unico uomo a essere considerato un genio per non aver fatto altro che pensare a scopare ogni giorno della sua vita, e averne poi scritto generalizzando ampiamente. Beato lui.”
Sherlock emise un gemito di sconforto e di tutt’altra natura insieme.
Perfetto. Pure il turpiloquio. Fosse maledetto John e il suo facile umorismo da camerata militare. Se prima si teneva aggrappato a qualche vana speranza di riuscire a nascondere la propria erezione, beh, ora si sentiva schiavo della vergogna.
“Sherlock, dimmi esattamente quanto ti fa male, per favore. A meno che tu non faccia questi versi per farmi pena.”
Magari. Magari!
“Datti una mossa e basta. Sono in grave carenza di sonno e devo riposare,” ordinò, secco. La gola gli raschiava e cominciava a vedere le stelle dietro agli occhi che persisteva tenere forsennatamente chiusi.
John gli asciugò con lentezza fronte, guance e mento, tamponandoli con un asciugamano asciutto.
“Fortunatamente l’emorragia del labbro si è fermata prima che salissi sul taxi: significa che non è grave. Non penso che dopotutto ti servano dei punti. Forse te la cavi facendotelo incollare e basta,” commentò con voce calma e professionale.
Sherlock annuì con lentezza. Ripensò a come, poco prima, John gli avesse retto amorevolmente la testa fra le mani per fermare il flusso del sangue, ripetendogli in una litania a metà fra l’incredulo e l’esasperato quanto fosse un coglione senza nessun tatto e quanto se la fosse cercata. Se si concentrava bene, riusciva ancora a sentire le sue mani che gli scostavano i capelli dalla fronte, e la sua voce leggermente più roca del solito intimargli di tenere la testa giù e di pigiarsi il suo fazzoletto sulla bocca.
Sherlock non aveva mai amato così tanto ricevere un pugno in faccia come quella sera.
“Quindi il responso è…?” lo incalzò impaziente.
John sospirò.
“Che sei un idiota e che avresti potuto benissimo evitartelo.”
“Non ti ho chiesto un giudizio sul mio comportamento. Cerca di rimanere distaccato, santo cielo, sei un maledetto dottore.”
Sherlock lo avvertì alzarsi e risistemarsi meglio sulla sedia.
Se c’è un Dio, per favore, fa’ che non si sia messo a cavalcioni.
“Il responso è che ora ti disinfetto e poi te ne vai a dormire, perché non ti sopporto più.”
Signore grazie.
Il detective accavallò le gambe con un’impercettibile smorfia di dolore. Per fortuna quel tormento stava per finire: presto si sarebbe ritrovato al sicuro nella solitudine della propria camera e avrebbe risolto l’inconveniente in solitaria, come aveva sempre fatto prima di incontrare John, e poi, con un po’ di fortuna, la stanchezza avrebbe avuto la meglio e lui avrebbe dimenticato, sebbene provvisoriamente, e tutto sarebbe tornato sotto il suo controllo fino al prossimo inevitabile contatto fisico.
Avvertì John togliere il tappo a una bottiglietta, poi il suono umido e ovattato di qualcosa di liquido versato su della stoffa, e infine il respiro caldo di John su una propria guancia.
“Ora sta’ fermo,” lo sentì dire, e l’impulso di aprire gli occhi fu irresistibile. John si era piegato su di lui, appoggiandosi con una mano a una sua spalla, l’altra che cominciava già ligiamente a disinfettare il taglio che si era fatto sullo zigomo; ed era solo a meri centimetri di distanza.
Sherlock prese un lungo respiro e decise di lasciarsi andare al suo destino. John era un uomo notoriamente rispettoso e discreto: anche se si fosse accorto del rossore che sentiva essergli salito sul collo, e del fatto che stava sudando, e del respiro che a volte gli mancava, e delle sue pupille che ormai dovevano essere larghe quanto piattini da tè, sapeva che non gliel’avrebbe mai fatto notare. Essendo John anche pudico e facilmente, deliziosamente imbarazzabile, Sherlock sapeva benissimo che avrebbe ignorato con fiera caparbietà la sua erezione ormai molto più che palese.
Perciò, siccome era davvero stanco, e la testa gli faceva male per la botta presa, e tutto quel desiderio e quel terrore di venire scoperto, ridicolizzato e respinto l’avevano totalmente spossato, Sherlock perse anche quelle poche inibizioni che gli erano rimaste e decise di fare quello che gli riusciva meglio: sfidare il rischio.
Allargò piano le gambe e prese a fissare John con uno sguardo che avrebbe fatto sentire nudo anche il più abile dei giocatori di poker.
La mano di John non perse nulla della sua fermezza e il dottore continuò nel suo compito, apparentemente per nulla toccato. Sherlock non aveva più voglia di distrarsi; il dottore non aveva più voglia di rimproverarlo e di ridacchiare alla sue battute. Il silenzio era denso e appiccicoso come resina e quella vicinanza era intossicante. Sherlock non credeva che il semplice sentire il respiro di un’altra persona sulla propria pelle fosse così straordinario.
“Il taglio non è profondo come pensavo. Per fortuna non resterà nessun segno evidente,” disse sottovoce John, e nessuno dei due riuscì a capire come mai avesse abbassato così tanto il tono. Sembrava che gli stesse confidando un segreto e Sherlock si sentì diventare più duro di quanto già fosse. Tutto quello era ridicolo, sì, ma Dio, quanto era coinvolgente. L’eccitazione gli pulsava, lenta ma continua, in ogni centimetro di pelle e il suo cervello intervallava il solito lineare ritmo da computer a pensieri sconclusionati e sporchi e stupidi e meravigliosi e-
“Per fortuna?” sussurrò Sherlock, gli occhi fissi sulle rughe che gli comparivano sulla fronte ogni volta che era molto concentrato su qualcosa. John alzò lo sguardò dal taglio sulla sua guancia, lo fissò per pochi, interminabili secondi, dopodichè tornò alla sua opera.
“Sì, per fortuna non resterà niente,” rispose pianissimo. Si schiarì la voce.
 “Perché?”
John si fermò, sollevò la mano dal suo viso e lo guardò con una sorta di grave serietà. Sembrava soppesarlo attentamente con gli occhi, considerarlo in ogni sua parte con estrema attenzione, e Sherlock sentì un infantile brivido di piacere farsi strada in tutto il suo corpo al solo pensiero di essere guardato con così tanta abnegazione.
“Perché sarebbe stato un peccato se le tue labbra si fossero rovinate, dato che sono così belle,” rispose, con una voce che era praticamente una carezza in carne ossa da tanto era bassa e roca. Sherlock riusciva a sentire la frizione di quelle parole sulla propria pelle e Dio, non era possibile.
Tentò di processare con tutti i crismi quel che John gli aveva detto ma il suo cervello sembrava non voler collaborare. Non c’era alcuna risposta sensata a quell’analisi frenetica. I suoi neuroni non lo potevano aiutare in quell’ambito.
Sherlock si sentì solo e abbandonato e dolorosamente esposto - e la cosa gli piaceva più di quanto fosse lecito.
John aveva battuto piano le palpebre e aveva preso a tamponare con indescrivibile attenzione il taglio sul suo labbro.
Sherlock pensò a come la gente inseguisse scenari sessuali improponibili per eccitarsi, quando a lui bastava che John gli dicesse due parole di una castità e di una sdolcinatezza imbarazzanti e gli toccasse la bocca attraverso uno strato di stoffa per non capire più nulla.
“Avevi capito che il marito la considerava frigida e incapace di tradirlo. È per questo che l’hai tolto dalla lista degli indiziati. Tutti credevamo che fosse stato lui ad uccidere l’amante della moglie, e invece…” John sorrise, scuotendo piano la testa meravigliato. “Straordinario. Come hai fatto?”
Sherlock combattè l’impulso di umettarsi le labbra con la lingua e tentò di sistemarsi più dritto sulla poltrona.
“Conosco bene quel meccanismo mentale che porta gli idioti e i superficiali a giudicare una persona incapace di provare piacere fisico.”
La mano di John tremò impercettibilmente sulla sua pelle spaccata. Sherlock lo sentì deglutire.
“Ah sì?”
“Sì.”
“Alcuni non sono idioti e superficiali, però. Alcuni sono semplicemente scoraggiati da un atteggiamento che sembra impenetrabile e sprezzante. Hanno solo paura di sconfinare in territori che per l’altro sembrano fonte di… un qualche tipo di conflitto con sé stessi.”
Oh, John, che imparava così in fretta, che aveva dedotto cose su di lui che nessun altro prima aveva saputo indovinare.
 “Detesterei che tu mi considerassi impenetrabile, sai, John,” ribatte Sherlock con una risatina nervosa. Oh, il sarcasmo a sfondo sessuale, l’ultimo rifugio degli inconcludenti verbali.
“Ti posso assicurare che nei miei sogni non lo sei affatto.”
John non lo guardava, ma un largo sorriso gli occupava tutto il viso, impossibile da trattenere. Sherlock sorrise a sua volta, sentendo che tornavano giocare su un campo a loro conosciuto, fatto di un solido, innegabile affetto e di una buona dose di ironia.
“Per quanto tempo intendi temporeggiare inzuppando di ormai pleonastico disinfettante il mio povero labbro martoriato?”
Il dottore strinse la presa sulla sua spalla e continuò a sorridere.
“E perché hai messo di mezzo lo schienale della sedia? Pensavi che provocarmi divaricando le gambe fosse una scusa sufficiente per frapporre un ostacolo così fastidiosamente solido fra me e te?”
“Fossi in te, non parlerei di cose fastidiosamente solide. Né accuserei chicchessia di aver divaricato le gambe per provocare - perché in tutta sincerità, Sherlock, se non ti sono saltato addosso è solo perché mi vincola il giuramento di Ippocrate.”
“Parla quello che fino a poco tempo fa mi tastava per sentire quanto fossi gonfio.”
“Ti è piaciuto quel tocco di classe, vero?”
“Delizioso. E comunque, non ricordo che il giuramento di Ippocrate contempli l’astenersi dal proporsi sessualmente a un ferito lieve.”
John si convinse infine ad abbassare la mano che reggeva la pezza bagnata e si prese il viso nell’altra, ridendo incontrollabilmente.
Sherlock non ricordava di aver mai visto nessuno dimostrare di essere felice in una maniera così genuina, né ricordava tantomeno di aver mai suscitato così tanta felicità, mai, mai.
John rialzò lo sguardo su di lui, compiendo un’inspirazione piena di sollievo e ilarità, e i suoi occhi brillavano.
Sherlock si sentì mancare il fiato.
“Che facciamo adesso?” chiese, sinceramente spaesato, ridacchiando per quella tensione nervosa che sembrava allungargli tutti i muscoli come un arco pronto a scoccare.
John si alzò in piedi e riportò tutti i suoi strumenti del mestiere in cucina.
“Non so te,” disse, tornando a sedersi davanti a lui, nuovamente a gambe aperte, nuovamente provocandolo, “ma io ora penso che andrò a letto, mi spoglierò e mi masturberò con molto abbandono pensando intensamente a un idiota che a pensato bene di farsi prendere a pugni, obbligandoci ad aspettare che la sua bocca guarisca prima di poter fare qualunque cosa.”
Una fitta che era metà eccitazione incontenibile e metà frustrazione insopportabile penetrò in ogni parte fisica di Sherlock, dal cervello alle braccia all’inguine, e Dio, era quasi doloroso.
“Proprio qualunque cosa?” tentò, la mente in confusione. John gli fece un sorriso che riusciva, Sherlock non sapeva come, a essere un mix perfetto fra l’adorante e l’esasperato.
“Se non posso baciarti come si conviene, e se tu non puoi ricambiare come è giusto, non intendo fare nulla.”
Sherlock capì dal tono che era terribilmente serio e trovò quella sua testardaggine disgustosamente sentimentale e molto lusinghiera e parecchio eccitante – ma arrivato a quel punto trovava eccitante anche il maglione di John, Gesù, il maglione di John, per cui immaginava che l’ultima sua affermazione non facesse poi così tanto testo.
“Quindi?” gracchiò, la gola ormai secca come il deserto sahariano. John si alzò in piedi gli si avvicinò, sempre sorridendo in quella maniera così intensa da risultare ipnotizzante. Si chinò su di lui e Sherlock si ritrovò ad aprire la bocca come un pesce rosso, il cuore che gli pulsava impazzito nelle tempie; e tutto quello che sentì fu un casto sfregamento di labbra sopra il taglio sul suo zigomo.
“Buonanotte,” gli sussurrò John sul collo. Poi gli voltò le spalle e si diresse in direzione di camera sua.
Sherlock era così stupidamente euforico che ci mise un po’ a elaborare una risposta adatta.
“Tu aspetta che questo dannato taglio si rimargini,” urlò, cercando di suonare almeno un po’ arrabbiato con lui, e non riuscendoci affatto. “Aspetta e vedrai. Altro che giuramento di Ippocrate, io ti faccio violare pure la convenzione di Ginevra!”
Lo sentì ridere dal bagno e pensò che se non fosse venuto in quel preciso momento si sarebbe sentito male. Realizzò inoltre che John gli stava dando un po’ più di tempo, ora che era sicuro di essere ricambiato, per imparare a gestire quel suo desiderio soverchiante e per nulla famigliare con la propria natura, in modo da riuscire a ricavarne solo piacere e non vergogna – anche se credeva senza sforzo a quella stupidaggine dell’importanza dei baci, così inconfondibilmente John - e che sarebbe stato per sempre grato al signor Steiner e alla sua affatto frigida moglie, oh sì, per sempre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: il filone di nurse!John mi è particolarmente caro e con questa storia gli dimostro tutta la mia devozione. <3 Far prendere a pugni Sherlock, poi, è sempre un sottile piacere, soprattutto ora che è uscito il trailer di Star Trek e la S3 è ancora persa nelle nebbie e insomma in qualche modo bisogna sfogarsi.
(Avete notato come atterra bene in quel trailer, tra l’altro? Mica come in TRF).
(Lo so, questa è persino peggio di quella del tipo che chiede a John, “Ma tu fai proprio tutto quello che fa Sherlock Holmes?” “Sì.” “E sentiamo, se Sherlock Holmes saltasse giù da un tetto-” *gross sobbing*)
(Queste cose sono follemente popolari su Tumblr ed è bellissimo. È praticamente l’immoralità che si fa arte).
(A proposito di immoralità, ne approfitto per scusarmi del vile trattamento rivolto a Sigmund Freud in questa storia. Sigmund, ti meriti molto di più, lo so).
(Scusate, ho dormito poco stanotte).
Grazie in anticipo a tutti quelli che leggeranno :*
 
P.S. Il titolo significa alla lettera “l’ultima parola degli Steiner”, perché in fondo è merito di quella graziosa signora e di quel genio di suo marito se John e Sherlock finiscono a farsi battutacce spinte di quarta categoria e presumibilmente a fare altro. Ovviamente vi è un velato riferimento al pugno da cui parte tutta la storia e – oh, insomma, è il titolo migliore che sono riuscita a trovare. Di solito piglio a caso da iTunes e finisce lì. I titoli sono la mia kryptonite. XD
   
 
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