Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Jessy87g    10/07/2007    2 recensioni


''La stirpe dei Ravenswood si estinguerà,
quando l'ultimo erede una morta in moglie chiederà''


Sciocchezze,superstizioni..ecco cosa era quella profezia per Sesshomaru.
Ma quella cantilena,che non smetteva di ripetersi nella sua mente, cominciava ad assumere sempre di più i tristi rintocchi di un requiem.

Liberamente tratta dall'omonimo romanzo di Walter Scott.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Chiedo umilmente perdono per il ritardo a tutte quelle che mi seguono.
Questo capitolo è stato tanto lungo quanto difficile da scrivere. Adesso posso ufficilamente annunciare che il prossimo sarà (finalmente!!) l'ultimo.
Grazie per la pazienza e buona lettura.


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“Questo dì che sta sorgendo,
tramontar più non vedrà.”




“Sir Buclaw…morto?!” Balbettò Kagome, incredula, mentre un pallore innaturale le scendeva sul volto.
“Ma chi è?” Chiese Inuyasha, preoccupato dal comportamento dell’amata.
“E’ lo sposo!” Esclamò spaventata la fanciulla.
“Cosa?! Ma non era con Rin?”
“Sì.” Sussurrò, avviandosi verso la porta e facendo un rapido cenno al mezzodemone di seguirlo. “Venite, veloce. Devo vedere se Miss Asthon sta bene!”
Inuyasha, senza pensarci due volte, si tirò il cappuccio del mantello per coprire i capelli argentati, troppo evidente segno di appartenenza alla famiglia Ravenswood e si mise al suo fianco.
“Speriamo nessuno si prenda la briga di controllare il mio volto.” Sospirò, non del tutto convinto “Altrimenti ho paura che il pavimento di questo castello verrà macchiato da altro sangue.”
“Non mi sembra il momento di scherzare.” Lo rimbrottò la fanciulla “E comunque, non dovrete preoccuparvi. Ci sarà una tale confusione che nessuno vi noterà.”
In effetti fu così.
La sala da ballo era completamente ghermita di persone che si guardavano l’un l’altro con espressione sconvolta: alcuni parlottavano tra loro con fare incredulo, altri correvano avanti e indietro per chiedere informazioni, altri seguivano con lo sguardo i servi che salivano e scendevano di continuo dalle scale, senza un attimo di tregua.
Kagome prese per mano Inuyasha, per non perderlo tra la folla, e si lanciò verso la porta che conduceva al piano superiore, facendosi spazio a fatica.
Giunti nei pressi della camera degli sposi, il mormorio cessò di colpo.
Un inquietante e innaturale silenzio regnava in quel luogo, rotto solamente da un qualche sporadico singhiozzo emesso da uno dei parenti più stretti di Sir Buclaw, che osservavano sconvolti dalla soglia della camera nuziale qualcosa che i due giovani non riuscivano ancora a vedere.
Una volta varcata la soglia capirono di cosa si trattava.
Riverso sul letto stava il corpo di Koga Buclaw: gli occhi, sbarrati in una terribile espressione di sorpresa e terrore, erano fissi verso un punto indefinito della stanza; addosso recava ancora le vesti che aveva indossato durante il matrimonio, fatta eccezione per la giacca, abbandonata sul pavimento; la camicia bianca era completamente insozzata di sangue scuro, che non accennava tuttora a smettere di scorrere. La splendente impugnatura di un coltello, immerso per tutta la lunghezza della sua lama, svettava in mezzo al petto.
Lord Asthon, inginocchiato al capezzale, si copriva il viso con le mani tremanti, in preda alla disperazione; mentre Lady Asthon era in piedi, in silenzio, con un’espressione indecifrabile sul volto austero.
Tuttavia Inuyasha, grazie al suo fiuto sviluppato, non poteva essere ingannato dalle apparenze: dentro quel diavolo fatto donna ribollivano un miscuglio di sentimenti così terribili e violenti da fargli correre un brivido lungo la schiena.
Ma tra essi non c’era traccia di rimorso.
Nessuno, davanti a quello spettacolo terribile riusciva da aprir bocca. Erano costretti, da un’inspiegabile quanto sinistra attrazione, a fissare il cadavere del povero Buclaw: come se quegli occhi terrorizzati e vacui monopolizzassero l’attenzione di quegli intrusi che osavano entrare in quello che per un giorno era il regno della Morte.
Infine Lady Asthon, riscossa dai gravi pensieri, si voltò lentamente verso le poche persone che le stavano intorno e con tono cupo, dal quale traspariva una punta malcelata ira:
“Trovatela…è stata lei.”
Al sentire quelle parole, le gambe di Kagome cedettero di colpo e un grido soffocato le uscì dalle labbra tremanti.
Si sarebbe accasciata, senza forze, sul pavimento se Inuyasha non l’avesse prontamente sorretta e trascinata via dagli occhi inferociti di quella donna malvagia.
“Non è possibile…non è possibile,” continuava a ripetere, scuotendo la testa incredula “è solo una fanciulla indifesa. Come potrebbe compiere un gesto del genere?”
“La disperazione porta a compiere dei gesti estremi.” Rispose asciutto il giovane.
“Cosa?! Non ditemi che credete sia stata lei.”
“C’era solo il suo odore in quella stanza. All’inizio ho pensato fosse stato mio fratello ma…evidentemente non è così.” Spiegò, malvolentieri, il mezzodemone abbassando mestamente gli occhi.
Kagome ristette per un lungo momento, mentre l’amato osservava con preoccupazione l’ombra che balenava sul volto pensieroso della fanciulla.
“Che avete?” le chiese, infine, visto che essa non accennava a parlare.
“Voi mi amate?”
“Certo, potete forse dubitarne?” rispose interdetto da quella strana domanda “Ma non capisco adesso cosa…”
“E a vostro fratello? Gli volete bene?”
“Temo che il sangue ci lega mi impedisca di fare altrimenti.”
“Allora dobbiamo muoverci!”
Senza pronunciare una parola in più si lanciarono lungo il buio corridoio, appena illuminato dai bagliori rossastri delle rade fiaccole che rendevano ancora più tetra quell’atmosfera irreale.
Inuyasha non poté far altro che seguirla, con mille domande che gli vorticavano nella testa.
“Cosa avete intenzione di fare?” Riuscì a chiederle, affiancandola e afferrandola delicatamente per un braccio, per essere pronto a proteggerla, qualora si fosse presentato il bisogno.
“E’ naturale. Dobbiamo trovarlo prima di Lady Asthon e portarlo via da questo posto!”
Inuyasha, non del tutto convinto dal piano dell’amata, stava per esprimerle le sue numerose riserve, quando delle urla terrorizzate gli trapassarono i timpani.
“Oh, mio Dio!” esclamò Kagome, senza fiato “Vengono dalla sala da ballo!”
Non fece in tempi a finire la frase, che Inuyasha le aveva cinto la vita con un braccio e si era lanciato giù per la scalinata.
Non appena varcarono la soglia, davanti ai loro occhi si presentò una scena che non avrebbero mai più scordato. Ogni dubbio venne fugato.
Davanti a loro stava la risposta alle loro domande. Oramai era tardi, troppo tardi…anche per la speranza.
In piedi, al centro della stanza, stava quel che all’inizio entrambi avevano scambiato per un fantasma…o avrebbero sperato che lo fosse.
Gli invitati, addossati alle pareti, guardavano inorriditi quell’angosciante apparizione: Rin, ricoperta solamente da una candida veste da camera, si guardava intorno con occhi vacui e disorientati: come se non riuscisse a capire dove fosse.
Il pallore della pelle e della stoffa strideva con il rosso acceso del sangue sparse sulla veste e per tutta la lunghezza del braccio destro; ma lei non poteva avvedersene.
Quella figura suscitava una tale pietà mista a timore che nessuno osava avvicinarsi o rivolgerle una parola.
E’ strano come la pazzia faccia generare, nelle persone che la osservano, un inconscio timore reverenziale; probabilmente frutto di una superstizione dalla quale è pressoché impossibile liberarsi completamente.
Solo una persona pareva non percepire un tale rispetto.
“Rin!” Urlò, rompendo quel silenzio ovattato, Lady Asthon, avvicinandosi come una tigre schiumante di rabbia alla figlia “Cosa hai fatto?!”
La fanciulla la guardò un attimo, con espressione incuriosita; tanto che molti si chiesero se avesse o no riconosciuto la madre.
Infine dischiuse le labbra in un sorriso sinistro, che riuscì per un solo istante a far rabbrividire anche l’animo granitico di Lady Asthon, e sussurrò con una voce che sembrava provenire dall’oltretomba, velata solamente da una sottile crudeltà:
“Allora? L’avete trovato il vostro bello Sposo?”
“C…cosa?” Balbettò incredula la madre “Cosa stai dicendo, figlia mia?!”
Tuttavia Miss Asthon non rispose, come se non avesse sentito la voce della madre; ma prese a guardarsi attentamente intorno, come se stesse cercando qualcosa che non riusciva a individuare tra la folla che la osservava, attonita.
“Dov’è lui?” Chiese, infine, tornando a posare lo sguardo sulla donna.
“Lui chi?”
“Che domande…mio marito, no?”
“Tuo marito, Sir Koga Buclaw,” ruggì la donna con i pugni serrati “è là sopra, steso, cadavere, sul letto nuziale con un coltello piantato nel petto!Tu, sciagurata, hai ucciso tuo marito!”
“No, non è vero.” Sussurrò la fanciulla, stupita di quell’accusa “Mio marito non si chiama Buclaw…ma Ravenswood…Sesshomaru Ravenswood.
“E’ molto bello, sapete? Mi ha giurato eterno amore e mi ha sposata…è tornato solo per me…solo per me…era andato lontano…ma poi è venuto a prendermi.
Ha promesso che andremo a vivere insieme, in un castello lontano da qui.
“Ma adesso dov’è? Perché non è qui? Non riesco a vederlo!”
“Lui se n’è andato, e non tornerà più.” Rispose, gelida, Lady Asthon.
“No!” Gridò Rin con tutta la forza che aveva nei polmoni, fissando sul volto impassibile della madre le pupille scure che il seme della follia faceva risplendere di una luce sinistra. “Lui verrà…verrà!...Me lo ha giurato!...Guardate, mi ha anche lasciato un pegno del suo amore.”
Detto questo, si tastò il collo, in cerca di quel sottile nastro che racchiude la preziosa metà della moneta che Sesshomaru le aveva donato mesi prima.
Ma non la trovò.
Le uscì dalle labbra un flebile grido soffocato e le gambe le cedettero di colpo, quasi fosse mancato all’improvviso l’anelito di vita che premetteva al corpo di reggersi in piedi.
Subito le furono addosso servi e medici, che la condussero di peso in una camera da letto per farla visitare mentre essa continuava a ripetere, mano a mano con minore forza: “Era l’unico filo che mi legava alla vita.”

Inuyasha, seduto in un angolo a braccia conserte, osservava distrattamente il viavai di nobili e donne, che non accennavano a voler lasciare la sala da ballo per coricarsi, nonostante fosse già notte inoltrata, smaniosi di ricevere notizie sulle condizioni di salute della povera Miss Asthon.
Non che fossero realmente in apprensione per lei, ma la sua apparizione grondante di sangue, la sua follia, le sue parole sconnesse e angoscianti, aveva smosso in quei petti sdegnati una pietà che nemmeno il più disgraziato degli uomini, in possesso della sua sanità mentale, avrebbe potuto ottenere.
Il mezzodemone fece un lungo sospiro e allungò le gambe indolenzite: era più di un’ora che Kagome era salita al fianco della padrona, volendo starle vicino e accertarsi del verdetto dei numerosi medici che la stavano visitando. Quanto avrebbe dovuto ancora aspettare?
Aveva osservato da lontano tutto quel pietoso delirio, trattenendo a fatica la smania di prendere tra le braccia quella povera ragazzina e portarla lontano da quei maledetti avvoltoi! Non aveva mai provato in vita sua tanta pietà per una creatura; quella vista, quelle parole…quegli occhi così vacui e sperduti, gli avevano straziato il cuore.
Ripensò istintivamente alle favole che gli leggevano da piccolo per farlo addormentare: là il bel cavaliere arrivava sempre in tempo, all’ultimo istante, per salvare la sua donzella in pericolo.
Questa volta il cavaliere non era giunto.
Già…chissà dove era in quel momento quell’idiota di suo fratello…probabilmente a Wolf’s Crag, si disse…magari avrebbe dovuto correre ad avvertirlo…Lo avrebbe fatto…ma non prima di essere stato rassicurato riguardo alla sorte di Miss Asthon.
Venne a interrompere il suo flusso dei suoi pensieri un odore ben conosciuto, che si insinuò nelle sue sensibili narici.
Alzò lo sguardo e vide innanzi a sé Kagome che lo osservava in silenzio, col viso completamente rigato di lacrime. Rimase per un lungo istante a guardarla senza fiato, timoroso di sentir uscire dalla sua bocca parole che conosceva bene, ma che, pronunciate da lei, sarebbero suonate come una condanna ineluttabile e definitiva.
La fanciulla si passò lentamente una mano per detergersi le lacrime e poi scosse la testa, desolata.
“Non si può fare niente?” Chiese, infine, Inuyasha, alzandosi e facendola accomodare sopra la sua sedia.
“No.” Sussurrò con la voce rotta dai singhiozzi la fanciulla “Non vedrà tramontare il sole che sta sorgendo.”


****************


La luce rossastra, nei primi aneliti di vita, stava pian piano insinuando i suoi raggi attraverso le scure stanze della torre di Wolf’s Crag; mentre la leggera brezza notturna accompagnava lentamente le onde nella loro corsa contro gli scogli che cadevano a picco su quel mare mai calmo.
La timida luce sorprese il signore di Ravenswood, disteso su una vecchia poltrona con gli occhi socchiusi.
Si passò, svogliatamente, le dita attraverso i lunghi capelli lucenti che, sebbene non fossero stati pettinati, erano sempre in perfetto ordine; in contrasto con le vesti, sgualcite e macchiate di sangue, che non aveva ancora avuto la forza di togliersi.
“Sesshomaru, Sesshomaru…dove diavolo siete?”
Nel riconoscere quella voce emise un piccolo ringhio infastidito: non poteva essere lui…non ora…non era in vena di ascoltare le sue prediche.
Tuttavia, sebbene contrariato, si costrinse a voltarsi verso la figura che aveva appena varcato la soglia.
“Che vuoi?” Chiese, svogliato, dopo un lungo sospiro.
Inuyasha non riuscì a rispondere subito: quel volto, sempre così fiero e perfetto, adesso era solcato da profondi, indelebili segni che la stanchezza e la disperazione avevano lasciato; mentre un’ombra scura aveva tolto agli occhi quella luce che li contraddistingueva e lo elevava al di sopra dei comuni esseri umani.
Sembrava l’ombra di se stesso.
“Che diavolo avete fatto?” Chiese il mezzodemone, incredulo di vederlo in quello stato.
“Se avessi saputo che l’amore mi avrebbe ridotto così, avrei aiutato quel toro, invece di ucciderlo.”
“Forse sarebbe stato meglio anche per lei… di sicuro non avrebbe sofferto così tanto!”
“Sofferto?!?” Ruggì il demone, indignato dal quella immotivata pietà che il fratello pareva provare per Miss Asthon, scuotendosi da quello stato di torpore al quale si era volutamente abbandonato “Lo sa quella ragazzina bugiarda e viziata cosa sia la sofferenza?!”
“Sesshomaru, non bestemmiate!” Tentò, inutilmente, di interromperlo il suo interlocutore.
“Taci, Inuyasha, e ascoltami! Rin mi ha abbandonato, ha voluto rompere il nostro patto, facendo torto al mio onore e al nostro amore.
“Questa notte si sarà sicuramente divertita col suo bello sposo effeminato, ridendo di me e delle mie disgrazie!
“Di me…lo capisci?...Di me! Di me che non ho mai osato alzare un solo dito su di lei per mantenere intatto il suo onore fino a un matrimonio che in cuor mio sapevo non sarebbe mai potuto avvenire!
Avrei potuto prendermi subito quel che mi spettava e poi consegnarlo a quell’idiota di suo padre: disonorata e immaritabile. Così l’avrei fatto pagare a tutti quei maledetti!”
Le ultime parole furono stroncate da un pugno che andò a scontrarsi con il suo zigomo destro, scaraventandolo contro il muro.
Sesshomaru guardò per un lungo istante il suo fratello, letteralmente senza parole; non poteva crederci…aveva osato colpire il suo padrone!...Come osava?!
Un acre odore di ferro in bocca lo riportò di colpo alla realtà; si posò un dito sulle labbra e lo portò, grondante di sangue, davanti agli occhi.
Scoprì i canini bianchissimi e fece scivolare con una velocità inumana la destra all’elsa della spada, deciso a fargli pagare quell’insolente affronto.
Ma le parole del fratello congelarono la sua rabbia.
“Rin sta morendo!”
Il signore di Ravenswood sentì il cuore mancargli un battito e le forze venirgli meno; ma cercò di riprendere subito la calma.
“Che diavolo vai blaterando?” Chiese, non riuscendo a mascherare la sua apprensione.
“Miss Asthon non vi ha tradito, non avrebbe mai potuto farlo perché vi amava…e vi ama ancora disperatamente, nonostante il vostro stupido e impulsivo comportamento di poche ore fa…”
“…Ma…il contratto di nozze? Lei ha firmato di suo pugno.”
“L’ha firmata perché sua madre l’ha minacciata e costretta a farlo, ricattandola in un modo così ignobile che non riesco nemmeno a ripetere.
“Tuttavia, a causa del vostro cavalleresco comportamento di ieri sera, è completamente impazzita dal dolore…ha addirittura ucciso lo sposo…”
“Cosa?” Gridò esterrefatto il signore di Ravenswood. “Sì…l’ha uccisa con le proprie mani. Ora è sul letto di morte che delira e vi chiama in continuazione…”
Ma Inuyasha non riuscì a finire la frase che il fratello era già corso in cortile e aveva lanciato il cavallo in una disperata corsa contro il tempo.
Il mezzodemone si passò esasperato una mano sugli occhi: sapeva che era rischioso per il fratello gettarsi tra le braccia degli Asthon; ma non si sarebbe mai perdonato se avesse lasciato morire Rin senza la consolazione di avere al suo fianco l’uomo che tanto aveva amato.
In fondo una volta in moto la macchina del Destino non si poteva più fermare; ma era inevitabile piegarsi e soccombere ad essa.
Sospirò sconsolato.
Destino…Destino…
Perché questa parola continuava a vorticargli nella testa senza un attimo di tregua?
Spalancò gli occhi inorridito.
“La profezia!” sussurrò, senza fiato, cadendo in ginocchio. Si portò le mani ai capelli, in preda alla disperazione.
…No…non poteva essere…
cosa aveva fatto?!
...Come poteva non averci pensato prima?!...
Aveva alzato lui stesso il pugnale per sacrificare il fratello sull’altare del Fato!


  
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