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Autore: Demolition    24/12/2012    3 recensioni
Per la Warblers Week.
Cosa succede alla Dalton durante il periodo natalizio? Una raccolta dei momenti più dolci e divertenti, che vedono protagonisti gli Usignoli.
● Lunedì 17 Dicembre: Il calore del camino.
● Martedì 18 Dicembre: Cioccolata in tazza.
● Mercoledì 19 Dicembre: Pattinare sul ghiaccio.
● Giovedì 20 Dicembre: Neve.
●Venerdì 21 Dicembre: Baci sotto al vischio.
● Sabato 22 Dicembre: Ricordi di Natale.
● Domenica 23 dicembre: Prepararsi alla notte di Natale.
● Lunedì 24 dicembre: Mezzanotte.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Warblers/Usignoli
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per la Warblers Week:


Lunedì 24 dicembre
Mezzanotte.
 
Rating: Verde
 
Raise up cups of Christmas cheer!
 
Dicembre 2022;


La notte tra il ventiquattro e il venticinque dicembre era particolarmente amata, alla Dalton. I ragazzi che rimanevano a scuola, infatti, erano soliti trascorrerla insieme in sala comune, davanti al camino, aspettando la mezzanotte con impazienza.
E quando in lontananza si sentivano le campane e l’orologio della Dalton batteva dodici rintocchi, gli Usignoli intonavano una canzone natalizia e i loro compagni li guardavano, affascinati, scambiandosi auguri ed abbracci.
«Cosa fai?» chiese Nick, accarezzando i capelli di Jeff, osservando lo schermo del pc su cui il biondo stava lavorando.
«Scrivo una mail di risposta a David» rispose, sistemandosi gli occhiali da vista sul naso all’insù e digitando qualche parola sulla tastiera.
«Che dice?»
«Chiede se abbiamo voglia di andare da Blaine, stasera» mormorò, cancellando una frase, con indecisione.
Nick sorrise per la piacevole notizia; aveva davvero voglia di rivedere gli altri Usignoli, dal momento che gli unici con cui  erano rimasti in contatto erano Trent e David.
«Possiamo portare Taylor?»
«Certo!» esclamò Jeff, sorridendo e alzando la testa per baciare dolcemente l’altro.
Nick strinse le labbra. Jeff era meraviglioso, anche con indosso una semplice tuta e con le occhiaie dovute a una giornata lavorativa piuttosto impegnata. Ma soprattutto, quello che amava di più, era il fatto che Jeff non era assolutamente consapevole di ciò che provocava in lui.
«Mi aiuti con Taylor, quando hai fatto?» chiese Nick, posando un bacio sulla guancia del marito.
Il nome della figlia risvegliò completamente l’attenzione di Jeff che lasciò perdere all’istante il computer e cominciò a guardarsi intorno per tutta la sala, cercando la piccola.
«Dov’è, dov’è Taylor? Era qua un attimo fa, stava giocando con un pupazzo…»
«Jeff, calmati» soffiò Nick divertito, passandogli un braccio sulla schiena. «La nostra cucciola è in camera, sta preparando la sua calza per stanotte.»
Jeff versione papà preoccupato era qualcosa a cui Nick doveva ancora abituarsi, nonostante avessero avuto la piccola tre anni prima. Ricordava ancora il sorriso emozionato che era apparso sul volto di suo marito quando aveva visto la figlia per la prima volta, un sorriso così simile a quello che aveva sfoggiato dopo il loro primo bacio.
Ma la parte più divertente era stata scegliere il nome. Erano stati subito d’accordo su “Taylor”, ma per ragioni profondamente diverse: Nick voleva rendere omaggio alla bellezza della grande Elizabeth Taylor, Jeff semplicemente agli addominali di Taylor Lautner.
«Non puoi chiamare tua figlia con il nome di un tizio che ti arrapa» aveva esclamato Nick, a dir poco sconvolto.
«A ognuno i propri gusti!» si era difeso Jeff, soffocando a stento una risatina. Amava mettere in difficoltà il marito con quelle trovate e godersi la sua faccia stupefatta.
«Ok, ma se ci chiede perché l’abbiamo chiamata così, parlo io» aveva acconsentito infine Nick, incrociando le braccia al petto con quel broncio adorabile a cui Jeff non sapeva dire di no.
Si era avvicinato a lui, abbracciandolo e baciandogli una tempia.
«Se è maschio lo posso chiamare Goku, vero?»
Nick aveva evitato accuratamente di rispondere.
-
 
«Smuovi quel culo e aiutami» borbottò Thad, aprendo uno scatolone e rovistando dentro, alla ricerca di qualche addobbo meno impolverato degli altri.
Era una situazione seriamente imbarazzante. Lui che amava il Natale alla follia, lui che avvertiva lo spirito natalizio ancora prima di Halloween, ancora non aveva addobbato l’abete.
L’albero, imponente e maestoso come quello della Dalton, faceva mostra di sé in mezzo alla sala, proprio dietro alla tavola dove avrebbero consumato il pranzo di Natale. I rami verdi, spogli di luci e decorazioni, gli ricordavano quegli occhi che tanto amava, le iridi del suo compagno scansafatiche che, una tazza di cioccolata in mano, era troppo impegnato a guardare la tv per aiutarlo.
«Sebastian, vieni qua o niente sesso natalizio» lo minacciò Thad, lanciandogli un festone.
«Che palle» borbottò l’altro, afferrando il telecomando e spegnendo la televisione. Si alzò di malavoglia dal divano e poggiò la cioccolata sul tavolo, guardando Thad con un sopracciglio alzato.
«Chi se ne frega se l’albero non è addobbato, chi deve vederlo?» chiese, facendo spallucce.
Thad lo guardò come se avesse appena detto qualcosa di molto volgare di fronte a un bambino; successivamente, decise di ignorare quella sua affermazione e di passargli silenziosamente le decorazioni per l’albero.
«Con questa cosa oscena che ci faccio?» chiese Sebastian, sventolando un festone particolarmente polveroso.
«Buttalo» convenne Thad, ridendo. Non riusciva a tenergli il broncio per più di qualche minuto. Sebastian gettò il festone a terra e si accoccolò sul pavimento, accanto all’altro.
«Vieni con me, Thad?» mormorò suadente, lasciandogli dei piccoli baci sul collo e passandogli le dita tra i capelli, lentamente.
«Mh» mormorò Thad, cercando di rimanere concentrato sul suo abete.
«Dai, chi se ne frega di tutto questo ciarpame, vieni di là con me» insistette, infilando una mano sotto la felpa di Thad che, a contatto con la pelle fresca di Sebastian, rabbrividì.
«Non mi compri così, Smythe» borbottò, scansando le dita del compagno e appendendo una pallina colorata all’albero.
Sebastian sbuffò, ma tornò subito a sorridere, lasciando un bacio tra i capelli di Thad.
«Dai, passami quelle lucine» mormorò, rassegnato.
Gli occhi di Thad si illuminarono, quando Sebastian le sistemò con cura tra i lunghi rami, ma la magia non durò a lungo.
«Il telefono!» esclamò Sebastian, quando riconobbe la sua suoneria provenire dalla camera dei due. Con un sorrisetto di scuse si precipitò a rispondere, ma mai si sarebbe sognato di trovare quel nome, sullo schermo. Premette il tasto di risposta, con il cuore che gli martellava nel petto.
«Pronto, Blaine?»
 
-
 
«Amore, il tuo cellulare sta squillando da dieci minuti» esclamò una donna graziosa, con i capelli biondi raccolti con cura in una coda di cavallo.
Per tutta la casa si espandeva il delizioso odore dell’arrosto che Hanna aveva cucinato quel pomeriggio; sapeva quanto suo marito amasse tornare a casa dopo il lavoro e trovare la cena già pronta. Di certo era già di per sé una tortura dover lavorare il ventiquattro dicembre, ma purtroppo il lavoro dell’uomo non aveva orari ben precisi e così era stato costretto a passare anche la Vigilia tra le quattro mura del suo ufficio.
Hunter tirò lo sciacquone e si lavò accuratamente le mani sotto l’acqua fredda. Non amava essere disturbato, tanto meno la Vigilia di Natale; non osava immaginare chi potesse chiamarlo in quel giorno speciale e pregò che non si trattasse del suo datore di lavoro, con cui aveva litigato giusto quel pomeriggio.
«Arrivo, Hanna, grazie!» esclamò, uscendo velocemente dal bagno.
Sua moglie era davanti alla porta e gli porgeva il cellulare, con un sopracciglio alzato.
«Un certo Seb non vuole proprio arrendersi» dichiarò, sventolando l’apparecchio telefonico. Il cuore di Hunter fece una capriola, quando lesse quel nome sullo schermo graffiato. Cosa poteva volere da lui Smythe, dopo tutti quegli anni? Dopo il diploma si erano completamente persi di vista. Mentre Hunter aveva partecipato alle rimpatriate che gli Usignoli avevano organizzato nei successivi due anni, Sebastian non si era mai fatto vivo, con sommo dispiacere di Hunter che in lui aveva trovato un vero e proprio amico. Quando pensava a lui, lo immaginava in Francia, a fumare una sigaretta sotto la Torre Eiffel o a provarci con qualche ragazzo, con il suo fascino da uomo sicuro di sé.
Presumibilmente, invece, Sebastian viveva solo a pochi chilometri da lui, probabilmente con Thad, in una bella casa; chissà se stavano ancora insieme. Forse aveva un lavoro stressante come quello di Hunter, forse aveva un bambino.
Hunter rise tra sé e sé, immaginando Sebastian alle prese con un pannolino e accarezzò con un sorriso lo schermo del cellulare dove, sotto le chiamate perse, compariva quel “Seb” memorizzato dieci anni prima. Quanti sogni aveva dedicato a Sebastian, a diciotto anni; si era trattata di una cotta, di un’eccezione che tuttavia aveva lasciato il segno in Hunter.
Il cellulare vibrò nuovamente e ancora una volta sullo schermo apparve quel nome. Prendendo un respiro profondo, sotto gli occhi curiosi di sua moglie Hanna, rispose.  
«Pronto?»
La voce melliflua dall’altra parte del telefono era inconfondibile, esattamente insopportabile come la ricordava. Esattamente attraente come la ricordava.
«Pronto, sto parlando con un neanche lontanamente bi-curioso?» chiese la voce di Sebastian, con una risata.
Le guance di Hunter avvamparono; era come se quei dieci anni non fossero passati, come se fossero ancora quei  due diciottenni che amavano provocarsi in continuazione e improvvisare canzoni in biblioteca. Evitando accuratamente lo sguardo di Hanna, Hunter ridacchiò nervosamente.
«Può darsi» scherzò, sentendo la risata di Sebastian «Tu invece perché mi chiami? Ti sei finalmente beccato la sifilide e devo correre a salvarti?»
«Ah-ah, molto spiritoso» ribatté Sebastian, facendolo ridere.
«Fa un po’ strano sentirti dopo dieci anni» ammise Hunter, allontanandosi dallo sguardo di sua moglie e dirigendosi verso la sua camera. Si sedette sul letto matrimoniale, con un profondo sospiro.
«Lo so» concordò Sebastian e Hunter sentì in sottofondo una seconda voce, ma non riuscì a capire chi fosse.
«Sei con qualcuno?»
«Con Thad che vuole costringermi ad addobbare l’albero» sussurrò Sebastian, evidentemente per non farsi sentire dall’altro.
«Oh, state ancora insieme» sottolineò Hunter, ricordando quanto quei due fossero effettivamente innamorati, l’ultima volta che li aveva visti. Cioè dieci anni prima.
«Certo!» esclamò Sebastian come se l’altro avesse detto una cosa ovvia e per un attimo Hunter si stupì del tono che Sebastian aveva usato. Ricordava bene quale concezione avesse dell’amore, quando aveva diciotto anni.
«Pensavo fossi quello che non era fatto per una relazione.»
«Le cose cambiano» sospirò Sebastian e questa volta Hunter udì distintamente Thad, di sottofondo, minacciarlo.
«Ti ha appena detto che se non vai a fare l’albero, non farete sesso per un mese?» chiese, sdraiandosi sul letto e reprimendo una risata.
«Infatti mi tocca andare» sussurrò Sebastian, scocciato. «Volevo solo dirti che Blaine ci ha invitato a casa sua per aspettare la mezzanotte tutti insieme, stanotte.»
Qualcosa dentro Hunter, si incrinò: avrebbe rivisto tutti i suoi amici entro poche ore, avrebbe rivisto Jeff e la sua stupidità, Nick e la sua dolcezza, David e la sua forza, Sebastian e Thad insieme dopo tutto quel tempo, Trent e la sua pazienza. Avrebbe rivisto anche Wes, che aveva visto solo poche volte. Avrebbe rivisto Blaine, una volta Usignolo, sempre Usignolo.
«Pronto, ci sei?» gli chiese la voce di Sebastian, dal telefono.
«Non vedo l’ora» ammise Hunter, sorridendo.
 
-
 
Trent scivolò sul pavimento del bagno, cadendo a terra con un rumore fragoroso.
Imprecando neanche troppo silenziosamente, cercò di capire il motivo della sua caduta. Non ci mise neanche troppo: le piastrelle erano completamente bagnate e, come se non bastasse, Trent si ritrovò davanti David completamente nudo, appena uscito dalla doccia.
«Eh no, questo è davvero troppo» urlò il povero ragazzo, indicando le parti intime dell’altro e serrando gli occhi per non vederlo in quello stato.
«Trent, se non vuoi vedermi nudo perché entri in bagno mentre faccio la doccia?» si lamentò David con aria annoiata, superando l’amico e recuperando un asciugamano pulito dalla pila che tenevano accanto al lavandino.
«Perché non avevo idea di dove fossi» sbraitò Trent, così infervorato da riaprire gli occhi. «E’ scritto nel nostro contratto da coinquilini che dobbiamo sempre girare vestiti per casa»
«Non sto girando nudo per casa» ribatté David, scaldandosi. Dannato Trent e la sua idea del contratto.
Erano finiti per andare ad abitare insieme, in un piccolo appartamento economico a Lima e dopo dieci anni dalla fine del liceo, nonostante numerosi litigi, erano ancora ottimi amici. Dopo il diploma si erano iscritti alla stessa università e avevano deciso di prendere casa insieme; dopo la laurea entrambi avevano trovato lavoro in quella cittadina, per cui avevano continuato a dividere l’appartamento. Comunque, la vita da coinquilini si era dimostrata subito piuttosto dura. Trent amava la tranquillità, David amava organizzare festini molto rumorosi; Trent amava addormentarsi con la luce accesa, David con il buio più assoluto; Trent amava mangiare cibo salutare, David amava rimpinzarsi di hamburger e patatine. Ma lo scoglio più difficile da superare era stato la questione nudità: Trent non si stancava mai di narrare con quale orrore, una mattina, aveva trovato David completamente nudo, intento ad imburrarsi una fetta di pane tostato, in cucina.
Da lì era partita la “questione contratto”. Si erano ritrovati d’accordo sullo stabilire delle regole per una convivenza civile e, non a caso, il primo punto del documento recitava “Non girare in casa nudi”. La seconda era “Non toccarsi il pistolino nel letto, mentre l’altro dorme”, ma quella era tutta un’altra storia legata a un episodio che aveva costretto Trent a rivolgersi a uno psicologo.
«Comunque, perché sei venuto in bagno?» chiese David, frizionandosi i capelli con un secondo asciugamano.  
«Secondo te?» chiese Trent, alzando gli occhi dal cielo e ricordandosi solo in quel momento del suo estremo bisogno di utilizzare il wc.
David ridacchiò e si ricordò improvvisamente di ciò che avrebbe dovuto dire all’amico un’ora prima.
«Ah senti, Blaine ci ha invitati ad aspettare la mezzanotte da lui» annunciò, infilandosi un paio di mutande con nonchalance.
Trent alzò un sopracciglio: non vedeva né sentiva Blaine da dieci anni.
«Che gli hai risposto?»
«Mi sembra ovvio, gli ho detto di sì» rispose David, guardandolo come se fosse pazzo. «E ho avvertito anche Jeff e Nick, sai?»
«E io cosa mi metto stasera?» esclamò Trent, senza più ascoltare l’amico.
 
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«Pensavo avremmo passato la notte insieme» si lamentò Hanna, sbattendo l’anta dell’armadio con forza. Hunter si morse un labbro, accarezzandole i capelli biondi.
«Tesoro, sono i miei amici… non li vedo da dieci anni.»
«Non potevano aspettare un paio di giorni, prima di rifarsi vivi?» esclamò la donna, tirando un maglione sul letto.
Hunter scrollò le spalle, non sapendo cosa ribattere.
«Dove vai ora?» le chiese, osservando Hanna infilare il maglione.
«Da Rose, per lo meno lei non mi lascerà sola la notte di Natale» soffiò lei, scansando una carezza di Hunter.
«Hanna per favore, è Natale» cercò di farla ragionare «Non voglio litigare con te»
«Probabilmente Seb è più importante di me, allora» ribatté lei, uscendo dalla stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
Hunter impiegò dieci minuti per decidere cosa fare. Aveva due strade: rincorrere sua moglie e passare il Natale con lei o prendere la macchina e guidare fino a Lima.
Cinque minuti dopo, Hunter stringeva nervosamente il volante di pelle tra le mani. Rise fragorosamente, una risata liberatoria, una risata rilassante. Avrebbe rivisto Sebastian dopo dieci anni.
 
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«Papi, metti su la canzoncina della giraffa?» chiese la piccola Taylor, battendo le manine, contenta.
Nick, alla guida dell’auto, si sciolse in un sorriso e infilò il disco preferito di sua figlia nel lettore cd. Non appena le prime note della canzone cominciarono a risuonare nell’auto, Taylor iniziò a ridere, canticchiando e storpiando le parole. Nick scoppiò a ridere e si unì alla figlia, cantando le eroiche gesta della giraffa a squarciagola. Nel vedere suo marito scomporsi in quel modo, Jeff soffocò una risata e agitò le braccia come un direttore di orchestra.
«Papà, canti con me e papi?» lo implorò Taylor, divertita dai suoi due papà.
«Certo!» acconsentì Jeff, che non aspettava altro, unendosi al coro e accarezzando la mano di Nick, posata sulla leva del cambio.
«Ti amo» sussurrò, smettendo per un attimo di cantare e strappando un sorriso a Nick, che lo guardò, profondamente innamorato.
Quando la canzone finì, la piccola Taylor si accoccolò sul seggiolino, i capelli biondi che le solleticavano il viso. Quella sera sarebbe andata con i suoi papà a una festa per grandi: sarebbe rimasta alzata fino a tardi, avrebbe aspettato Babbo Natale a mezzanotte, avrebbe ascoltato i discorsi dei loro amici. Non li conosceva tutti, ma papi Nick e papà Jeff le avevano raccontato molte volte di quello che avevano fatto da ragazzi, quando andavano a scuola insieme allo zio David e allo zio Trent.
«I vostri amici sono simpatici?» chiese, curiosa, cercando di immaginarli.
«Certo, piccola» la rassicurò Jeff, gettando un’occhiata premurosa al sedile posteriore. «Conoscerai zio Blaine, stasera!»
«Quello a cui piacciono i papillon?» chiese la bambina, ridendo e battendo le manine. Zio Blaine era sempre presente nei racconti dei suoi papà.
«Certo. E poi vedrai anche zio Sebastian e zio Thad» aggiunse Nick, immaginando la reazione di Sebastian alla vista di Taylor.
«Ma zio Sebastian mi fa paura» si lamentò la piccola, ricordando di quante cose terribili gli avevano raccontato Nick e Jeff.
«E’ innocuo» rise Jeff, mentre Nick si sbellicava di fronte a lui. Il biondo aveva già una mezza idea di chiedere a Sebastian di travestirsi da Babbo Natale, per poi entrare trionfalmente in casa a mezzanotte e portare i regali a Taylor.
«E poi c’è zio Thad a badare a lui» le ricordò Nick.
«Vedrai come lo sculaccerà, se Sebastian farà il cattivo» ridacchio Jeff, beccandosi un’occhiata maliziosa da parte del marito.
«Anche loro si vogliono bene come voi?» chiese la bambina, tranquillizzata dalle parole di Jeff.
«Si vogliono molto bene, sì» rispose Nick, felice.
Jeff si sporse per posare un bacio sulla guancia del marito, emozionato come lo era a diciotto anni. La sua famiglia era perfetta, sua figlia era perfetta, suo marito era perfetto.
«Incontrerai anche zio Wes, amore.»
«Porterà il martelletto?» chiese la piccola, divertita.
Jeff scoppiò a ridere incontrollatamente.
 
-
 
Blaine aveva preparato ogni cosa. L’abete illuminato gettava delle ombre colorate sulle pareti della sala, ricoperta da ogni tipo di addobbo. Aveva appeso festoni dorati su ogni centimetro di muro, aveva acceso una decina di candele profumate e aveva appeso dei rametti di vischio ad ogni angolo della stanza.
Stava giusto ammirando la sua opera, quando il campanello suonò ripetutamente, scuotendolo dai suoi pensieri.
«Arrivo» urlò, saltellando fino alla porta sui mocassini scamosciati che gli aveva regalato Kurt per il compleanno. «Amore, sono arrivati!» urlò poi a Kurt, chiuso in bagno. Non ottenne risposta e così, rassegnato, aprì la porta.
«Buon Natale!» esclamarono gli Usignoli in coro, abbracciandolo tutti insieme.
Per i successivi due minuti, Blaine non vide più nulla, tranne le braccia dei suoi ex compagni di scuola, stretti attorno a lui. Il cuore gli batteva forte nel petto: quei dieci anni sembravano non essere mai passati e loro erano ancora lì, insieme, pronti ad improvvisare una canzone.
«Usignolo una volta, Usignolo per sempre» disse Sebastian con un sorriso, tendendogli la mano per salutarlo.
Dopo numerosi saluti, entrarono tutti in casa di Blaine, osservandosi tutti con curiosità. Dopo tutti quegli anni, qualcuno era rimasto identico alla sua versione diciottenne, qualcuno era dimagrito, qualcuno si era fatto crescere i baffi.
«Il primo che improvvisa una canzone, lo picchio col mio martelletto» disse Wes, alzando un sopracciglio.
«Il martelletto, papà, il martelletto» esclamò una vocina femminile dal fondo del gruppo, facendo sobbalzare tutti.
Gli Usignoli si dispersero per l’ingresso della casa, cercando di capire chi avesse parlato.
«Beh, lei è Taylor» disse Nick, prendendola in braccio e posandole un bacio tra i capelli biondi.
«Oh mio Dio» urlò Sebastian, indicando la bambina con gli occhi fuori dalle orbite. Non poteva essere, assolutamente no.
«Quello è zio Sebastian, tesoro» ridacchiò Nick, posando nuovamente la piccola a terra, sotto gli occhi divertiti di tutti. Di tutti tranne di Sebastian, che continuava a osservarla, sconvolto. Taylor saltellò fino a lui, guardandolo con curiosità.
«Ciao zio Sebastian» disse infine, abbracciando le sue gambe magre.
«Oh cielo, è adorabile!» esclamò Wes, saltellando sul posto.
Sebastian continuò ad osservare Taylor, sotto shock, finché Thad non gli venne in aiuto. Prese la bambina in braccio e si presentò stringendole la manina calda.
«Ciao, io sono Thad.»
«Sei tu che vuoi bene a zio Sebastian?» chiese la bambina, tutta contenta.
«Certo» rispose l’uomo, colto di sprovvista, guardando Sebastian di sottecchi, mentre tutti gli Usignoli ridevano, inteneriti dalla dolcezza della bimba.
«Oh Nick, non sapevo avessi una figlia. Ti sei sposato?» chiese Blaine, tutto interessato, osservando Taylor, che nel frattempo era sgattaiolata da Trent, per ricevere un po’ di coccole.
«Sì» rispose il moro, mostrandogli la fede nuziale che portava al dito.
«Oh» sospirò Blaine, felice per la notizia «E come sta tua moglie?»
Una risatina divertita percorse tutto il gruppo.
«Benissimo» rispose Jeff, ironico, passando un braccio attorno alla schiena del marito.
Blaine non capì neanche a quel punto e alzò un sopracciglio, pensando ad uno scherzo. In fondo, l’ultima volta che aveva parlato per bene con Nick, quest’ultimo era perdutamente innamorato di una ragazza. L’episodio ancora bruciava a Jeff, che non perdeva occasione per ricordargli quella cotta.
«Non ho ben capito» disse Blaine, stringendo gli occhi «Di chi è tua figlia?»
«Non è mia, tecnicamente» iniziò a spiegare Nick, gettando un’occhiata rapida a Taylor, che giocava con la cravatta di David, in braccio a quest’ultimo.
«Blaine, guarda il colore dei capelli e capirai molte cose» sbottò Jeff, afferrandosi con le dita una ciocca di capelli e indicando poi quelli biondi di sua figlia.
Un lampo di comprensione illuminò gli occhi scuri di Blaine.
«Oh» disse, spalancando gli occhi, guardando prima Jeff e poi Nick. «Devo essermi perso qualcosa.»
«Tipo il fatto che io e Sebastian stiamo insieme, sì» buttò lì Thad, rapido e indolore.
La faccia che assunse Blaine fu impagabile.
 
Si accomodarono nel salone, sedendosi composti sul divano e sgranocchiando patatine e pop corn.
«Questa stanza è estremamente eterosessuale» commentò Sebastian, rilassandosi al fianco di Thad e osservando le numerose decorazioni. «Le ha preparate faccia da checca?»
«Non credo proprio, Mangusta» ribatté Kurt, spuntando dalla porta della sala, con un sorriso divertito. Amava ancora insultare Sebastian, dopo tutto quel tempo.
«Kurt, dov’eri finora?» chiese Nick, confuso.
«Ero a fare la pulizia del viso, scusate» spiegò Kurt in tono pratico, accomodandosi sul divano accanto a Blaine.
«Estremamente eterosessuale» ripeté Sebastian, beccandosi una gomitata di Thad.
«Quello cos’è?» esclamò Hunter all’improvviso, indicando il vischio con orrore.
«Come mai non ti piace il vischio?» chiese Sebastian, trattenendo una risata.
«Allora Hunter» li interruppe Nick «tu che fine hai fatto?»
«Mi sono sposato» li informò Hunter, sfilandosi la fede e alzandola in aria per mostrarla agli altri. Sebastian si strozzò con una patatina, quando vide l’oro luccicare davanti ai suoi occhi.
«Stai scherzando?!» esclamò, mentre Thad gli dava delle grosse pacche sulla schiena per farlo respirare.
«No» rispose lui, sulla difensiva, alzando un sopracciglio.
«E con chi?» chiese Blaine, elettrizzato dal gossip, mentre Taylor giocava sul pavimento con i suoi mocassini.
«Si chiama Hanna» mormorò Hunter, sentendo i sensi di colpa al pensiero di come la aveva lasciata sola, quella notte.
«Dimmi che è uno scherzo» balbettò Sebastian, aprendo e chiudendo più volte la bocca, sconvolto. «Dimmi che non hai davvero sposato una donna.»
«Perché non avrebbe dovuto?» chiese Thad, alzando un sopracciglio.
«Fammi indovinare. E’ bionda e ti prepara la cena ogni sera, quando torni dal lavoro» continuò Sebastian, mordendosi un labbro e ignorando completamente il compagno.
Hunter sentì un groppo alla gola. Sebastian era lì, vicino a lui, bello come dieci anni prima; indossava una camicia bianca, elegante, con i primi due bottoni aperti a rivelare una porzione del petto nudo. Le sue labbra erano attorniate da un paio di baffi castani, che gli davano l’aria da uomo maturo e professionale. Aveva ancora quell’abitudine di passarsi le dita magre tra i capelli, di leccarsi le labbra, senza neanche accorgersi di quanto fosse attraente. E lui aveva sposato una Hanna qualunque.
«Hai indovinato» mormorò, sconfitto, guardando l’altro negli occhi. 
«Non ci voglio credere» ribatté Sebastian, alzandosi dal divano, senza smettere di fissarlo. Sconvolto. Deluso. Arrabbiato.  
«Ceniamo?» chiese Blaine, cercando di alleggerire la tensione che si era creata. Infatti, non solo Sebastian e Hunter si stavano lanciando delle occhiate di fuoco, ma anche tutti gli altri Usignoli li stavano osservando preoccupati. Thad, in particolare, sembrava non avere idea di ciò che stava accadendo e non sembrava così contento.
«Sì» convenne Trent, alzandosi dal divano e accomodandosi al tavolo che Blaine aveva apparecchiato con cura.
Nick si alzò e prese in braccio Taylor, accarezzandole il viso.
«Ti diverti, amore?»
«Sì, ma zio Sebastian non mi vuole bene» mormorò, allacciando le piccole braccia dietro al collo del padre.
Il resto della serata fu più allegro. Nick osservò per una buona mezz’ora suo marito confabulare con Sebastian, dall’altro lato del tavolo, chiedendosi quale fosse l’argomento della conversazione.
«Papi, mi dai il panettone?» chiese Taylor, seduta in ginocchio sulla sedia al suo fianco, per potere arrivare meglio al tavolo.
«Certo, amore» disse l’uomo, tagliando una fetta di dolce per la figlia, osservando con un cipiglio preoccupato Blaine.
Il padrone di casa, infatti, era al decimo bicchiere di vino e Nick sapeva bene che, quando Blaine beveva, erano guai per tutti.
«Così quel tizio aveva davvero un faro come foto profilo» esclamò, ridendo sonoramente, occupato a raccontare di come lui e Kurt si erano lasciati, dieci anni prima.
Nick, completamente sobrio, ringraziò il cielo per il fatto che Kurt, anche lui un po’ brillo, era dall’altra parte del tavolo, impegnato in una discussione animata con Trent.
«Non puoi mettere pantaloni zebrati con maglia a pois!» stava urlando Trent, agitando pericolosamente il bicchiere, rosso in viso.
«Sì che si può, te lo dico io che ho lavorato da Vogue» ribatté Kurt, picchiando sonoramente un pugno sul tavolo.
Nick si morse le labbra, accarezzando il viso della figlia. Quella storia non gli piaceva: ricordava bene che cosa accadeva ogni volta che gli Usignoli si ubriacavano insieme.
«E tu, Thad, come va con Sebastian?» chiese David, ingozzandosi di pandoro.
Nick fu costretto a tappare le orecchie di Taylor con le mani, per i successivi dieci minuti, in cui Thad si lanciò in una descrizione dettagliata di ciò che lui e il suo compagno amavano fare quando erano soli. Quando David, Hunter e Wes scoppiarono a ridere in maniera incontrollata, Nick si accorse di essere l’unico sobrio. Beh, l’unico oltre a Jeff e Sebastian.
Quest’ultimo si alzò da tavola e si avvicinò a Thad, con un sorriso malizioso.
«Oh, Seb, abbiamo sentito delle tue prodezze» esclamò Wes, ridacchiando e scambiandosi delle gomitate con David.
«Se vuoi provare, non sono disponibile, spiacente» disse Sebastian, lasciando scivolare le dita sulle spalle di Thad. «Amore, mi accompagni fuori a fumare una sigaretta?»
«Uh?» fece Thad, guardandosi intorno confuso. Sebastian lo aiutò ad alzarsi e lo spinse neanche troppo gentilmente verso l’uscita, ritrovandosi nel giardino di Blaine.
Nel frattempo, dentro casa, Nick si alzò da tavola, lasciando Taylor da sola a giocare con l’uvetta del panettone. Fece il giro del tavolo e si sedette accanto a Jeff, sulla sedia lasciata libera da Sebastian.
«Di che parlavi?» chiese, baciandolo sulle labbra.
«Gli stavo chiedendo una cosa» rispose evasivo Jeff, strofinando il naso contro quello del marito «Per Taylor, sai?»
Nick si sciolse in un sorriso: amava quando il suo uomo si comportava da papà premuroso.
«Ti amo» sussurrò sulle sue labbra, prima di baciarlo nuovamente.
«Ti amo anche io, come dieci anni fa» sussurrò l’altro, guardandolo teneramente prima di rispondere al bacio.
«Mi è venuto il diabete» si lamentò David, appoggiando la testa sopra la spalla di Blaine.
«Hey, mancano pochi minuti a mezzanotte!» esclamò Kurt, controllando l’orologio, emozionato.
«Oh, dovremmo tipo metterci sotto l’abete e pensare all’anno appena passato?» chiese David, un po’ confuso.
«Non è mica capodanno» ribatté Jeff, andando a prendere in braccio Taylor. «Piccola, vieni con me e Papi sotto l’albero?»
«Perché?» chiese la bimba, stringendosi al suo papà.
«Perché è quasi Natale» rispose Jeff, lasciandole un bacio tra i capelli dorati. Prese per mano il marito e si sedettero tutti e tre sotto l’albero, controllando l’orologio di tanto in tanto.
Hunter li raggiunse dopo poco, sedendosi sconsolato accanto a loro.
«Sono un imbecille» mormorò, appoggiando la testa contro la spalla di Jeff.
«Perché sei triste, zio Hunter?» chiese Taylor, posando un bacino sulla guancia dell’uomo.
«Perché quando ti accorgi che vuoi qualcosa, dovresti prendertela» fu la risposta sibillina.
Blaine e Kurt, entrambi brilli, si presero per mano e si sedettero accanto a loro.
«Adottiamo un bambino?» chiese Blaine, strofinando il naso contro la guancia di Kurt.
«Ok, ma non permetterò a Mangusta di farsi chiamare zio» ribatté lui, con un sorriso soddisfatto.
«C’è spazio per noi?» chiese Wes, sedendosi con David e Trent accanto a Hunter.
«Meno due minuti» constatò Blaine, emozionato, battendo le mani.
«Non è capodanno» ripeté Jeff, esasperato.
 
«Aiutami con questo coso» sbottò Sebastian, infilando una manica della giacca rossa che aveva trovato nel bagagliaio dell’auto di Nick.
«Come hai fatto ad aprirla?» chiese Thad, inebetito dal vino.
«Jeff mi ha dato le chiavi, genio» borbottò il compagno, infilandosi anche un paio di vecchi stivali. «Passami la barba, ora» aggiunse, sentendosi molto ridicolo.
Quando Jeff gli aveva chiesto di travestirsi da Babbo Natale per portare i regali a Taylor, Sebastian non aveva potuto rifiutare. Quella bambina aveva fatto breccia nel suo cuore quando gli aveva abbracciato le gambe.
«Seb, ti devo chiedere una cosa» mormorò Thad, accarezzandogli il viso coperto dalla barba finta.
Sebastian si infilò il cappello rosso e lo guardò, irritato.
«Proprio ora devi parlarmi?» chiese, ammirandosi nello specchietto retrovisore. Era veramente un Babbo Natale molto sexy.
«Cosa c’è tra te e Hunter?» continuò Thad, ignorandolo.
Sebastian spalancò la bocca e lo fisso, a lungo, indeciso su cosa rispondere. Alla fine, optò per la verità.
«Niente» disse, spostando la barba finta per baciare Thad sulle labbra. «Quando ancora io e te non stavamo insieme abbiamo avuto, diciamo, un episodio un po’ particolare.»
«E ora?» chiese Thad, abbracciando Sebastian e avvertendo il suo corpo magro sotto il costume natalizio.
«E ora io amo te» disse Sebastian, inginocchiandosi improvvisamente davanti a lui. Estrasse una piccola scatola dalla tasca dei pantaloni rossi e la aprì, davanti agli occhi stupefatti dell’altro. «Vuoi passare ogni istante della tua vita con me?»
Gli occhi di Thad si riempirono di  lacrime e la risposta tardò ad arrivare, intimorendo Sebastian.
«Non passerò tutta la mia vita vestito da coglione come ora» puntualizzò, con una risatina nervosa.
«Sì, cazzo» mormorò Thad, a bassa voce, ormai completamente in lacrime. «Sì, cazzo, Seb, voglio sposarti.»
Sebastian si alzò in piedi e abbracciò il suo futuro marito, baciandolo con passione. Le campane segnalarono l’arrivo della mezzanotte, proprio in quel momento.
«Ti amo, Seb, ti amo da morire» sussurrò Thad sulle labbra dell’altro.
«Anche io» rispose Sebastian, guardandolo innamorato e raccogliendo le sue lacrime con un dito. «E ora andiamo a portare i regali alla nostra nipotina.»
 
 
  
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