Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: feeltheromance    24/12/2012    2 recensioni
Questa è la storia di come Loki, il più piccolo dei due principi di Asgard, si sia per tre volte trattenuto dal piangere e di come, una quarta, sia inevitabilmente crollato.
~
Tre volte in cui Loki avrebbe voluto piangere ed una in cui effettivamente lo fece.
~
[ thorki ]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Incest
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fandom: The Avengers.
Pairing: Thorki.
Rating: giallo.
Beta: il mio cervello.
Genere: one-shot, angst (?), introspettivo, slice of life.
Warning: slash, missing moments, lime, OOC (io lo metto, che non si sa mai.), incest (anche se non sono fratelli di sangue, ma lo segno comunque, che poi EFP mi rompe le Madonne.)
Words: 4.926
Summary: Tre volte in cui Loki avrebbe voluto piangere ed una in cui effettivamente lo fece.
Note: Hola (Misha)amigos! o/ come la va? Qui tutto normale, mi sto preparando psicologicamente al cenone di stasera, gnam. C’ho già fame. Cooooomunque, parlando della storiella bella qui sotto uhm, l’ho iniziata tipo- l’anno scorso? Basically. E oggi ho aperto la mia cartella (nascosta in fondo al pc) dei vari plot, l’ho ritrovata e ho deciso di finirla anche perché mi piace abbastanza e ci tengo *-* cioè, è angst okay? Io ci vado a nozze con l’angst, quando lo scrivo. Mi libera scrivere roba depressa perché, ewh è lungo e difficile da spiegare, sarà per un’altra volta X’D nel frattempo che morite di curiosità (lo so che è così) potete tenervi occupati leggendo la os. Spero di non aver scritto cavolate su cavolate e spero di essere riuscita a trasmettere almeno in parte le emozioni varie ed eventuali che ci sono (oddio, non mi so esprimere-- POTATOOOOO) e niente, buona lettura! Recensite che fa sempre piacere c: ~ S.
Dedica: A nessuno in particolare, quindi uhm, a tutti voi che leggete le mie storie, anche se non sono un granchè  çoç grazie a tutti e buon Natale, siete belli. <3

 
 
 
 

~ Non puoi scappare all'ira del mio cuore.
( I just wanna break down and cry. )

 

   Image and video hosting by TinyPic 
 
  

 
 

“Una volta qualcuno ha detto che amare
 è dare a qualcuno la facoltà di distruggerti,
 ma sperare che non lo faccia.”

 
 
 
 
La vita di ogni umano è segnata da vari episodi.
Episodi che plasmano la persona, la aiutano a crescere, la creano da quel nulla che era fino a un momento prima. Sbozzano quella che in principio era solo un’idea e la tramutano in un individuo vero, reale.
Loki, il principe di Asgard umano non era, ma era comunque stato segnato da alcuni eventi.
Tutti questi avvenimenti, nessuno escluso, comprendevano una certa dose di dolore e lacrime. In queste occasioni, Loki aveva sentito il proprio corpo implorarlo di piangere, di buttare fuori tutte le emozioni di cui era preda inevitabile. Loki aveva sentito, in queste occasioni, una certa voglia, un bisogno di piangere, puro e semplice.
Era un bambino ancora puro, non sporcato dal sangue e dalla paura della guerra, quando il primo di questi episodi gli piombò addosso, incontrollato.
Questa è la storia di come Loki, il più piccolo dei due principi di Asgard, si sia per tre volte trattenuto dal piangere e di come, una quarta, sia inevitabilmente crollato.
 
~
 
Loki aveva la pelle candida come la neve che ad Asgard non cadeva mai e gli occhi di un verde profondo e irraggiungibile, un po’ come l’universo che circondava il suo mondo. E come gli occhi, anche il suo animo era profondo, pieno di emozioni e tormenti, nonostante la sua giovane età.
Loki aveva un fratello, il futuro Dio del Tuono, che di nome faceva Thor. Sulla Terra erano conosciuti entrambi, ma Thor soprattutto, come leggende, esseri soprannaturali, super eroi dei quali le madri narrano le splendide gesta ai loro bambini, prima di mandarli a dormire.
Loki e Thor avevano rispettivamente cinque e sette anni e prima di addormentarsi erano soli nei loro enormi letti dalle coperte troppo morbide e troppo fredde. Troppo vuote.
Nessuno narrava loro delle favole, nessuno dava loro la buonanotte, nessuno andava a rimboccargli le coperte. Erano soli, nelle loro enormi stanze.
Lontani, troppo lontani l’uno dall’altro. Entrambi percepivano fortemente la mancanza dell’altro, ma nessuno dei due trovava mai la sfrontatezza necessario di ammetterlo.
Loki però, era sempre stato più emotivamente instabile rispetto al fratello, il suo talento consisteva proprio nell’essere capace di nasconderlo completamente, di seppellire le innumerevoli sensazioni di cui era preda nel profondo del suo piccolo cuore.
Quella sera, Loki aveva più freddo del solito. Il letto gli pareva più grande e vuoto che mai, il buio più impenetrabile, la solitudine più terribile. Così, il piccolo Loki, cinque anni e il petto colmo di una malinconia inspiegabile, si sfilò dalle coperte profumate, scivolò fuori dalla propria stanza e senza fare alcun rumore camminò diretto al piano inferiore, silenzioso e sinuoso come un gatto.
Arrivato davanti alla grande porta di legno scuro, abbassò la maniglia dorata e si infilò dentro lo spiraglio creatosi.
Aspettò un momento, gli occhi verdi spalancati nel buio e il cuore che batteva forte contro le sue costole fragili. Dopo qualche attimo i suoi occhi si abituarono alla poca luce e riconobbe la sagoma già robusta del fratello, adagiata tra le lenzuola. Era appoggiato su una spalla e gli dava la schiena.
Loki non emise alcun suono. Si avvicinò al letto e si infilò sotto le coperte.
Il calore dell’altro corpo lo invase, lo ricoprì, lo fece sentire meglio.
La malinconia si squagliò come neve al sole, lasciandolo respirare liberamente.
-Mmmh…- mugugnò Thor, addormentato.
-Thor.- sussurrò il minore, senza ricevere risposta –Thor.-
Quello non si svegliò, così Loki si strinse maggiormente contro il suo corpo. Pensò che se fosse stato sveglio non avrebbe mai osato tanto. Mai. Suo padre non avrebbe approvato.
-Non riesci a dormire?-
Loki sobbalzò, sorpreso. Si distaccò dal corpo dell’altro, spaventato.
-Non  molto.- mormorò a voce bassissima, la bocca vicina alla spalla di Thor –Scusa.-
Thor si voltò, guardandolo finalmente in volto e Loki scorse il luccichio dei suoi occhi –così simili ai suoi, ma così immancabilmente  diversi- nel buio.
-Non scusarti, fratello.- disse soltanto –Capita a tutti. Stai meglio?-
Loki percepiva un calore piacevole avvolgerlo e la risposta gli salì spontanea alle labbra pallide.
-Ora sì.-
-Rimani qui, stanotte.- lo invitò teneramente l’altro, e lui sorrise tranquillizzato.
Ah, Thor era sempre stato la sua cura a tutti i mali della vita. La medicina a tutte le sue malattie.
Il più grande lo abbracciò teneramente e sorrise nel buio, pensando che fosse proprio fortunato ad avere un fratello come Loki.
I due principi di Asgard non si lasciavano andare spesso alle dimostrazioni d’affetto, ma quando accadeva era sempre un atto denso di emozioni, che colpiva entrambi, facendo provare loro sensazioni alle quali ancora non sapevano dare un nome.
Loki, stretto nell’abbraccio fraterno di Thor, si sentiva protetto da tutti i mali del mondo. Pensò, stupidamente, che con lui al proprio fianco avrebbe potuto fare qualunque cosa.
Pensò anche che gli voleva proprio tanto bene.
E che Loki e Thor suonassero bene vicini, gli piaceva il suono di quelle parole accostate, adorava la brutalità trasmessa da uno e la delicatezza mortale dell’altro.
Questo, fu il primo momento nella vita dell’ancora giovane ed inesperto Loki nel quale sentì l’impulso di piangere. Era felice, ma scosso, e nel contempo anche tranquillo.
Era una splendida miscela di sensazioni.
Pensò che gli sarebbe piaciuto restare così, abbracciato al proprio amato fratello per ancora molto tempo, ma la mattina, tiranna, giunse fin troppo velocemente.
 
~
 
La seconda volta in cui l’ormai adolescente principe di Asgard avrebbe voluto piangere fu dieci anni dopo.
I due fratelli erano cresciuti e molto cambiati, sia esternamente sia, soprattutto, internamente.
La pelle di Loki si era fatta ancora più lattescente, i suoi occhi ancora più grandi e splendidi, il suo cuore ancora più tormentato e la sua mente era sempre più incerta sulla natura delle sensazioni che provava quando Thor gli era vicino. O soltanto quando pensava a lui, al suo nel viso, ai suoi capelli del colore del grano, che oramai si erano allungati parecchio, arrivandogli fin sotto alle spalle. Se non avesse avuto quei lineamenti così mascolini e forti –Loki pensava sempre che parevano scolpiti nella roccia più bella e resistente di sempre- , probabilmente avrebbe potuto essere scambiato per una ragazza.
Loki sospirò.
Se Thor fosse stato una ragazza, forse la sua vita e la sua mente sarebbero state un poco meno complicate. Forse. Dopotutto era pur sempre suo fratello, il suo odiato, invidiato e fin troppo amato fratello.
Da tempo ormai, Loki si era accorto che quello che provava per il biondo era un affetto molto più che fraterno. Si era reso conto che era complicato.
Difficile. Mortale. E ben poco normale.
-Loki, dannazione!-
Trasalì, tornando bruscamente alla realtà. Thor l’aveva disarmato per l’ennesima volta e lo fissava con la fronte corrucciata, a pochi centimetri dal suo viso.
-Si può sapere che cos’hai?- lo aggredì il biondo, furioso.
L’impulsività del guerriero che era sempre rimasto addormentato dentro il biondo aveva cominciato ad uscire allo scoperto negli ultimi anni, grazie anche agli allenamenti che entrambi erano stati costretti a seguire quotidianamente.
La prima volta che Odino li aveva portati nella Sala dei Combattimenti, nel Palazzo Reale di Asgard, aveva messo nelle loro mani due bastoni e aveva detto soltanto di combattere.
-E’ ora che cominciate. Presto uno di voi due sarà re di Asgard.-
Loki aveva preso l’arma controvoglia, pensando che l’ultima cosa che voleva era combattere contro il proprio fratello. Poco importava che fosse soltanto un innocuo allenamento. E poi non gli era piaciuto per nulla l’accenno che suo padre aveva fatto al trono. L’aveva rivolto al singolare, nonostante loro fossero in due.
Il ragazzo scacciò via quei ricordi fastidiosi e si scostò una ciocca nera come la notte da davanti agli occhi.
-Niente.- sibilò, recuperando la spada, niente più bastoni, erano cresciuti oramai. Si mise nuovamente in posizione d’attacco –Forza, Thor. Vediamo di cosa sei capace.-
Quello lo imitò, tornando in posizione e sorrise, pregustando l’ennesima vittoria. Loki deglutì sonoramente, perdendosi nei suoi occhi fin troppo belli.
-Che la fortuna sia con te.- sorrise a sua volta, un attimo prima di lanciarsi contro il suo avversario, perché tale era. Nel combattimento e anche – e soprattutto- nella vita di tutti i giorni.
Tra un affondo e l’altro, un fendente e un colpo mancato, i loro sguardi la facevano da padroni indiscussi. I due ragazzi non parlavano, erano i loro occhi che discutevano e si accarezzavano, erano il verde e l’azzurro che si scontravano, fondendosi, incatenandosi, ferendosi.
Quella volta, la mente di Loki era completamente attenta e concentrata nel combattere il suo nemico, il suo più grande amore. Menava fendenti veloci e pieni di rabbia mista a dolore e amore, il miscuglio perfetto, letale.
Nessuno dei due cedeva, non succedeva mai. Nonostante Thor fosse indubbiamente più forte, un guerriero nato, Loki aveva la magia e l’astuzia dalla sua. Con la magia non se la cavava male, ma non era certo un professionista, non ancora. Senza contare che era veloce ed estremamente agile. Thor ammirava il modo in cui sapeva gestire alla perfezione il proprio corpo. La sua corporatura magra e la muscolatura giovane e scattante gli erano molto d’aiuto per sottrarsi all’ultimo istante dai colpi del fratello.
L’enorme palestra era sempre stata riservata soltanto a loro due e lo spazio circostante risuonava dei loro ansimi di sforzo, dei loro lamenti, del loro stesso impegno. Mano a mano che il combattimento si faceva più intenso i due si avvicinavano sempre più l’uno all’altro. Il cuore tormentato di Loki andava in contro a quelle labbra meravigliose, contratte nello sforzo della battaglia, a quella pelle lucida di sudore, cercava di raggiungere quelle braccia che, nel corso degli anni, l’avevano consolato, stretto e protetto tante, innumerevoli volte. Provava a raggiungere la sua metà, ma non riusciva mai nel suo intento, nonostante i suoi sforzi.
-Ah!-
Thor aveva menato un fendente più potente dei precedenti e aveva, nuovamente, disarmato Loki. Il colpo era stato così forte che la punta della spada di Thor aveva involontariamente sfiorato la guancia pallida del moro, tracciando una perfetta linea rossa, sottile come un capello. L’ennesimo ago che andava a pungere, stuzzicare, il cuore ferito di Loki.
Thor sorrise trionfante, con l’arma stretta in mano.
-Di nuovo!- ringhiò Loki infuriato, rialzandosi di scatto –Combattiamo di nuovo!-
Il biondo stava per assentire, entusiasta, ma venne inaspettatamente interrotto.
-Basta così.-
Una voce che entrambi conoscevano fin troppo bene disintegrò il loro momento privato, il loro attimo dove non esisteva nulla all’infuori di loro, riportandoli alla realtà. Si voltarono nello stesso momento verso il fondo della palestra, da dove era arrivata la voce.
Nell’ombra si intravedevano i contorni della sagoma massiccia di Odino, il Re degli asgardiani.
Loro padre.
Loki sgranò gli occhi, fissandolo infastidito.
-Padre, che ci fai qui?- domandò Thor, sorpreso tanto quanto il fratello.
Odino non assisteva mai ai loro allenamenti, non l’aveva mai fatto prima d’ora. Riteneva che rimanere con loro li avrebbe spinti a combattersi solo per impressionarlo e lui voleva ottenere dei veri guerrieri, non degli esibizionisti.
Ritrovarselo lì era un evento del tutto straordinario.
-Sono venuto a vederti vincere, Thor.- disse, avvicinandosi ai due combattenti ansimanti –Come fai sempre, d'altronde.-
Loki si strinse nelle spalle, provando a farsi piccolo piccolo. Avrebbe voluto sparire o scappare via. Gli tremavano le mani dal nervoso e dall’imbarazzo.
Il biondo lanciò un’occhiata al fratello che abbassò immediatamente lo sguardo, pieno di vergogna.
Come osava suo padre umiliarlo in quel modo?
Da quello che aveva detto poteva sembrare che Thor fosse il migliore, il suo preferito. Che fosse il suo unico figlio.
Loki sbattè la spada per terra, voltandosi subito dopo verso il portone d’uscita.
-Loki! Torna subito qui.- sentì suo padre richiamarlo, ma lui aveva spento il cervello e se ne stava andando, il più lontano possibile da lì. Voleva scappare da quella vita soffocante, da quella realtà che non sentiva appartenergli minimamente.
Allungò il passo e a grandi falcate raggiunse la propria stanza, chiudendocisi dentro.
Era infuriato con sè stesso per essere sempre così dannatamente debole e meno qualcosa di suo fratello. Meno bravo, meno forte,meno amato. La sua era un’esistenza da essere minore, nonostante fosse un principe.
La verità era quella, era sempre stato così. Lui era sempre stato quello che veniva criticato, che anzi, non veniva nemmeno considerato, a causa di Thor.
Thor, così perfetto, così tutto.
Thor che era sempre venerato ed elogiato da chiunque e lui, Loki, che si nutriva di questo, che era stato condannato in partenza a vivere nella sua ombra.
-Loki!-
Thor, che era sempre rimasto, nel bene e nel male, assieme a lui. Sempre al suo fianco, in ogni situazione, buona o cattiva.
Loki si voltò, intenzionato a chiudere a chiave la serratura, ma Thor  si era appena infilato nella stanza, richiudendo la porta alle proprie spalle.
-Loki, era soltanto uno stupido allenamento.- disse, ignorando completamente l’origine del malessere del fratello. Ignorando se stesso.
Mosse qualche passo verso l’altro, che teneva lo sguardo basso e non dava cenno di voler proferir parola.
-Fratello.- disse Thor, abbassando la voce –Perché non mi guardi?-
“Perché farlo significherebbe perdersi e non poter più scappare da quello che provo.”
-Lasciami stare.- ringhiò, senza alzare lo sguardo chiaro –Vattene, Thor.-
-Che stai dicendo?- domandò, continuando a non capire –Parlami, fratello! Cosa ti turba? Ultimamente sei strano…-
Loki perse la pazienza. Non ce la faceva a starsene zitto quando avrebbe voluto urlargli i mille motivi per i quali soffriva, così lo spintonò per le spalle, allontanandolo.
-Vattene via, va bene? Non ho bisogno di te.- sputò, infuriato con quello stupido che gli faceva andare in confusione il cervello –Non voglio parlarti. D’ora in avanti voglio avere a che fare con te il meno possibile, voglio che le persone la smettano di pensare automaticamente a te quando vedono me. Voglio che nostro padre cominci a considerare anche me come una persona, come suo figlio e non come la tua ombra!-
Le ultime parole le aveva urlate, senza riuscire a trattenersi. Stava per scoppiare, non ce la faceva più a tenersi tutto dentro, in fondo allo stomaco.
Basta.
Schiumante di rabbia, alzò finalmente lo sguardo sgranato sul volto dell’altro. Lo scoprì sconcertato, con gli occhi spalancati e le braccia lasciate ricadere lungo i fianchi, impotente.
I capelli lunghi gli si erano appiccicati alla fronte imperlata di sudore e Loki, sconsideratamente, pensò che fosse paurosamente bello.
Thor possedeva quel fascino che prima o poi, ne era certo, gli avrebbe fatto fin troppo male.
-Ma--cominciò il biondo.
-Fuori di qui, fratello.- sibilò tra i denti –Ora.-
Thor sospirò tristemente e Loki fu combattuto tra il desiderio di abbracciarlo e quello di prenderlo a pugni.
Il maggiore gli lanciò un’ultima occhiata piena di preoccupazione ed uscì, lasciandolo finalmente, definitivamente, solo. In quel momento, Loki avrebbe tanto voluto lasciarsi cadere sul pavimento freddo e piangere tutte le lacrime di frustrazione, rabbia e invidia che gli pungevano gli occhi, ma non lo fece.
Non era ancora il momento.
Si costrinse a ricacciare giù tutto il male che gli premeva sulla gola, impedendogli di respirare. Non avrebbe pianto. Non lo avrebbe fatto.
Si addormentò poco dopo, emotivamente esausto.
Senza aver versato una sola lacrima.
 
~
 
La terza volta che il principe di Asgard avrebbe voluto piangere, fu quando principe non era più.
Era un giorno magico, speciale, una data da ricordare. Era un racconto già narrato da mille voci ma non ancora realmente avvenuto.
Era il giorno dell’incoronazione di Thor.
Beh, non era certo stata una sorpresa. Loki, in cuor suo, aveva sempre saputo che Odino e l’intero popolo avrebbero scelto il biondo decidendo, ancora una volta, di lasciarlo nell’ombra.
Gli era dispiaciuto, certo. Non tanto per il Regno –comandare una massa di imbecilli era l’ultimo dei suoi desideri- quanto perché aveva avuto l’ennesima riprova della predilezione assoluta del mondo intero verso suo fratello. Nessuno, nemmeno suo padre, si era mai posto il problema del chi scegliere come erede.
Loro due fratelli nemmeno li vedevano. Ai loro occhi esisteva soltanto Thor, il figlio di Odino, l’erede al trono, il guerriero valoroso, pieno di coraggio e dal cuore d’oro come i suoi capelli.
E poi vedevano l’altro, lo strambo, l’emarginato. Quello strano essere inquietante che neanche sembrava fratello di Thor, tanto era diverso, fisicamente e psicologicamente. Magro e slanciato, mingherlino, quasi fragile. Ventidue anni, i capelli scuri e lunghi tirati all’indietro, mai una ciocca fuori posto. Il naso aquilino, i tratti del viso sporgenti e pronunciati, le guance pallide, infossate.
E poi gli occhi. Quegli occhi che, con lo scorrere degli anni sembravano farsi sempre più tristi, a volte addirittura vuoti.
Il popolo di Asgard quindi, era stato ben contento quando Odino aveva proclamato il suo primo genito Thor come unico erede al trono.
In parte era questo che bruciava a Loki. Ma c’era un altro, ben più importante motivo che lo tormentava, tenendolo sveglio la notte. Nel momento stesso in cui Odino avrebbe ufficialmente definito Thor come re, durante la cerimonia d’incoronazione, i due fratelli non sarebbero più stati gli stessi.
Loki e Thor avrebbero smesso di esistere e si sarebbero semplicemente trasformati in due estranei. Il loro rapporto sarebbe tramutato terribilmente e definitivamente e loro –o per lo meno Loki- ne avrebbero sofferto.
La Sala del Trono sembrava risplendere di luce propria, quel giorno. Il popolo, raccoltosi all’interno per assistere al grande evento, era rimasto abbagliato da tutto quello splendore, dai favolosi giochi di luce colorata proiettata sui muri e sugli altissimi soffitti candidi.
Tutti avevano il naso rivolto all’insù, ben attenti a cogliere ogni più piccolo dettaglio e a rinchiuderlo nella propria mente. Dopo tutto, un’incoronazione non capitava frequentemente.
Il giovane Loki, nel fiore degli anni, bello come la notte e affascinante come una bugia, se ne stava al di sopra di tutti i popolani, in piedi sugli scalini che si innalzavano verso il trono d’oro massiccio. Stretto nella sua veste migliore, il suo sguardo corrucciato risplendeva come una stella nel bel mezzo della notte più nera.
La cerimonia si consumò lentamente, troppo lentamente. Le parole di Odino, il padre degli dei, venivano accompagnate da una lieve musica che arrivava da un luogo non precisato e dai continui applausi dei presenti.
Era un giorno di festa, nel Regno di Asgard.
-Thor, prometti di dedicarti alla pace per il bene comune del nostro amato popolo?- domandò solennemente Odino. Ormai erano alle ultime, noiose battute precedenti l’incoronazione e l’eccitazione nell’aria era a livelli estremi.
Gli occhi ghiacciati del giovane asgardiano non erano mai stato tanto seri e splendenti, prima d’ora.
-Lo prometto.- proclamò, con voce ferma.
Loki abbassò lo sguardo, frustrato, deluso. Semplicemente triste.
-Allora io ti dichiaro mio erede al trono e, di conseguenza, Re di Asgard!-
Gli applausi e le urla del popolo scoppiarono. Alcuni urlavano il nome del nuovo sovrano, altri semplicemente lanciavano esclamazioni di gioia e tutti erano contenti che il trono non fosse andato a quello strano individuo del fratello minore.
Ad Asgard, tutti stavano gridando, gioendo in preda all’esaltazione del momento. Tutti meno Loki, naturalmente.
Odino aveva declamato il nuovo re, Thor aveva gridato trionfante assieme alla folla entusiasta e lui se ne era rimasto zitto. Il dio del tuono aveva alzato le braccia al cielo, sentendosi potente come nessun altro, scosso da una forza enorme ed invincibile. Non si era voltato verso il fratello, non gli aveva sorriso, non l’aveva minimamente considerato, preso com’era dalla foga del momento.
Loki non si aspettava certo un abbraccio o cose del genere, anzi l’avrebbe probabilmente rifiutato, sentendosi debole.
Gli sarebbe bastato uno sguardo, nulla più di quello.
Avrebbe potuto accontentarsi, nonostante farlo non fosse nel suo stile.
Forse gli dei –esclusi quelli presenti in sala- ascoltarono i suoi pensieri e ne rimasero impietositi, perché quando Thor raggiunse la parte opposta della Sala, un attimo prima di uscire si voltò verso Loki, che se ne stava lì, con il cuore tra le mani, in attesa di qualcosa che nemmeno lui era in grado di comprendere.
Thor gli sorrise, in modo impercettibile. Loki non potè non notare le sue labbra che si piegarono di poco all’insù, e le piccole rughe d’espressione, deliziose, che gli incresparono leggermente il volto.
Probabilmente se Loki non avesse avuto una vista più che ottima, e non lo stesse tenendo sott’occhio, non se ne sarebbe mai accorto.
Naturalmente non ricambiò il sorriso. Non lo faceva mai, da troppi anni. Aveva perso l’abitudine, forse non ne era neanche più capace.
Anche a mentire, s’impara.
Thor rimase deluso dal fratello –come sempre più spesso accadeva- e abbassò lo sguardo, sentendosi in qualche modo colpevole per qualcosa che non sapeva di aver commesso. Uscì dalla Sala circondato da mille volti sconosciuti.
E pensare che gliene sarebbe bastato uno, uno soltanto. Gli sarebbe bastata quella bocca morbida e sottile che poche volte gli era stato concesso di baciare e quagli occhi che troppo poco sovente lo avevano guardato traboccanti d’amore e ammirazione, facendolo impazzire.
Invece, tutto questo gli era negato, quasi il mondo godesse nel vederlo soffrire.
Loki, attorniato da una miriade di persone, schiacciato dal peso della sofferenza e dall’invidia che lo corrodeva, rimase immobile a fissare il punto dove, fino ad un attimo prima splendeva l’appena accennato sorrisetto del fratello. Sospirò, trattenendosi dal prendere a calci qualunque cosa gli potesse capitare per le mani.
Si sentiva impotente, inutile, invisibile. Non si sentiva bene, non si sentiva a casa.
E lì, nel bel mezzo della Sala del Trono del Palazzo Reale di Asgard, circondato da fin troppe persone, Loki si sentì incredibilmente ed inevitabilmente solo ed abbandonato a sè stesso. Non riusciva a scorgere nessun appiglio che potesse aiutarlo ad uscire da quella situazione e per la terza volta in ventidue anni, sentì l’impellente bisogno e voglia di piangere che bruciava nel suo petto. Ma non osò lasciarsi andare, non lo fece perché non sarebbe stato un comportamento da principe –anche se lui avrebbe dovuto essere re- non sarebbe stato onorevole. Non doveva, non poteva.
Era incatenato.
Pensare che non poteva nemmeno seguire il proprio istinto lo distrusse ancora di più, rendendolo fragile.
Allentò il controllo sul proprio corpo e calciò con rabbia uno scudo appoggiato in un angolo. Il rumore attirò tutti gli sguardi dei presenti e Loki si sentì inebriare da quella sensazione di disagio che egli stesso emanava. Le persone lo osservarono leggermente inquietate e lui scomparve.
Negli ultimi anni era migliorato molto come stregone. L’aveva fatto per compensare la propria mancanza di forza in combattimento, dove Thor continuava a sconfiggerlo.
-E’ sempre stata tutta colpa sua.- mormorò nel buio della sua stanza, finalmente solo.
Questa fu la terza ed ultima volta in cui Loki avrebbe voluto piangere e accasciarsi nel dolore, abbandonandosi all’oblio.
 
~
 
La quarta e finalmente ultima volta in cui Loki avrebbe tanto voluto piangere, non si trattenne, lo fece e basta.
Era psicologicamente stremato, ridotto ad un ammasso di confusione e colore fastidioso, che si insinuava nelle cicatrici ormai chiuse sul suo cuore. Stava piangendo tutte le sue lacrime, scialacquandole come se non fossero importanti, non capendo che quelle piccole goccioline salate rappresentavano il suo orgoglio, la sua stessa essenza.
Aveva cominciato a correre e, sbattendo contro corpi senza identità, era arrivato fino alla loro vecchia stanza. Ci si era chiuso, barricato dentro. Aveva addirittura fatto un incantesimo per non lasciare che alcun suono raggiungesse l’esterno.
E poi aveva cominciato a urlare, a gridare senza contegno, gettando al vento ogni parvenza di umanità che gli era rimasta. Gli occhi gli bruciavano, la gola era secca come la carta vetrata e la sua voce disperata come il canto nostalgico di un usignolo squarciava il silenzio della stanza. L’incantesimo lo proteggeva dalle attenzioni indesiderate del resto del mondo, ma non poteva proteggerlo da sè stesso e da quello che aveva appena scoperto.
Era stato adottato.
Lui, Loki, il fratello di Thor, il figlio di Odino, in realtà era uno Jotun. Non un asgardiano, non un fratello, niente di niente, soltanto un orfano. Un esule, senza patria, senza famiglia, privato di tutto.
Non riusciva a respirare, a ragionare, forse stava morendo? A questo punto, non sarebbe una cattiva proposta, Loki avrebbe accettato la morte, perché non sapeva più chi fosse, non era nemmeno più ‘Loki di Asgard’, non era più nulla.
Cosa rimaneva? Soltanto rabbia e dolore, frustrazione e vergogna.
Si sentiva preso in giro, Loki, tradito dal proprio padre e da quell’uomo che si spacciava per suo genitore e in realtà era soltanto un infame, che lo aveva preso sotto la sua protezione considerandolo soltanto un trofeo di guerra. Un contratto di pace, una reliquia, ecco cos’era Loki per Odino e Frigga. Un oggetto, come mille altri, non un figlio. Nulla, soltanto polvere al vento.
Il Dio del Caos si lasciò scivolare sul pavimento freddo, raggomitolandosi come un bambino, stringendosi le ginocchia al petto. Serrò gli occhi e si morse il labbro inferiore, fin quando non sentì il sapore ferroso del sangue. A quel punto morse più forte.
In quel momento Loki riusciva finalmente a comprendere come mai lui era sempre stato così strano e diverso dal resto del popolo asgardiano. Capiva perché era sempre stato messo in secondo piano, oscurato dall’aura di meraviglia di Thor, capiva perché non era mai stato amato da nessuno.
Perché non era uno di loro, quella non era la sua vita.
Urlò ancora una, due, venti volte. Urlava insulti e semplici grida senza forma.
Poi, dopo quella che gli sembrò un’eternità, qualcuno bussò alla sua porta. Il suo incantesimo tratteneva i rumori all’interno della stanza, ma non annullava quelli proveniente dall’esterno.
-Loki? Sei qui?-
Il ragazzo serrò gli occhi e digrignò i denti, la rabbia che lo corrodeva. Annullò l’incantesimo e si alzò in piedi lentamente. Le gambe gli tremavano, aveva la gola in fiamme e il volto completamente bagnato dalle lacrime.
-Vattene!- urlò, percependo una nuova fitta di dolore che gli incrinava il petto –Vattene, Thor!-
-No fratello, fammi entrate. Ti prego.- la voce di Thor era piatta, calma. Manteneva un tono controllato e Loki si sentì svuotato. Improvvisamente non aveva più nulla. Quella non era la sua stanza e quello al di là della porta non era suo fratello.
Loki mormorò il nome del fratello mentre le lacrime continuavano a bruciargli le guance pallide.
In cuor suo, Loki aveva sempre sospettato che Odino gli nascondesse qualcosa, ma non avrebbe mai immaginato che fosse una cosa simile. Quell’uomo, quel mostro, gli aveva mentito per tutta la vita assieme a Frigga e forse anche a Thor. Loki era stato tradito, preso in giro, usato e consumato fino a che di lui non era rimasto nulla più che un cuore spezzato.
Il Dio degli Inganno mormorò qualche parola in una lingua strana –come lui- e un bagliore di luce rossa aprì la porta al suo posto.
Thor entrò nella stanza a piccoli passi. Trovò quello che ormai non era più suo fratello accucciato in un angolo, con il volto nascosto tra le ginocchia.
-Hai intenzione di startene lì impalato per i prossimi mille anni o vuoi darti una mossa?- sbottò Loki con il volto ancora nascosto.
Il biondo gli si avvicinò lentamente, per poi inginocchiarsi vicino a lui. Allungò una mano verso la sua che era stretta in un pugno e graffiata in vari punti e la sfiorò con leggerezza.
Loki alzò la testa e Thor si sentì morire nel vedere i suoi occhi solitamente svegli e ingannevoli arrossati per il pianto, spenti, vuoti.
-Sei venuto a consolare il mostro, fratello?- il moro calcò volutamente sull’ultima parola, con disprezzo.
-Sono venuto a darti conforto, Loki.- rispose Thor –Che tu sia mio fratello di sangue o no non mi importa, io ti voglio sempre bene.-
Loki rise amaramente. Thor era sempre stato debole e incline alle dimostrazioni d’affetto gratuite, al contrario di lui che si obbligava a tenere tutto dentro, nascosto sotto strati e strati di bugie e inganni.
-Vuoi sapere una cosa, Thor? Non c’è modo in cui tu possa consolarmi.- sputò stringendo i pugni e scostando la mano del biondo dalla sua. Gli occhi ghiacciati dell’asgardiano gli stavano leggendo dentro ed era l’ultima cosa che voleva. Loki non era mai riuscito a nascondere molto all’altro. Thor era l’unico che riusciva a capirlo, l’unico con cui non doveva sprecare del fiato perché con lui poteva comunicare soltanto tramite sguardi.
-Vattene.-
-Non me ne vado, fratello.-
-Non sono tuo fratello! Non lo sono mai stato!- Loki confondeva le proprie grida con il battito sordo del suo cuore e tutto l’odio che lo stava soffocando in quel momento –Ti odio.-
Lo sussurrò mentre guardava Thor con occhi pieni di lacrime e poi lo attirò contro di sé. Non gli importava se l’altro lo avrebbe respinto, perché ormai non aveva nulla da perdere, nulla avrebbe potuto farlo stare peggio di così.
Con sua grande sorpresa, il biondo non lo respinse. Ci mise un momento per ricambiare il bacio, ma subito dopo lo afferrò per le spalle sottili e lo strinse forte.
Loki gli incorniciò il volto con le mani, mentre felicità, dolore e rabbia si mischiavano dentro di lui, togliendogli il fiato.
Baciare il proprio fratello tra le lacrime, dio, Loki era impazzito. O forse semplicemente distrutto.
Il Dio degli Inganni graffiò il volto dell’asgardiano, strinse alcune sue ciocche bionde fra le dita sottili, facendogli male, ma Thor non si lamentò nemmeno una volta. Avrebbe sopportato di tutto per Loki.
Il bacio fu uno scontro, una lotta. L’uno mordeva le labbra dell’altro, mentre i loro respiri si fondevano, tremanti.
-Ti odio.- ringhiò il moro dopo aver assaggiato il suo sapore e averlo adorato, purtroppo per lui.
-Ti odio anch’io, fratello.- sussurrò Thor prima che Loki gli mordesse il labbro inferiore e continuasse a baciarlo con impazienza, odiandosi perché non riusciva a smettere.
 
 
 
 
FINE.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: feeltheromance