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Autore: LadyMaria    25/12/2012    1 recensioni
La famiglia Crawley sta trascorrendo una vacanza in Scozia, ma... Matthew è costretto a fare rientro a Downton molto prima di loro per motivi di lavoro.
Mary decide di raggiungerlo per fargli una sorpresa, ma...
un pauroso incubo sta per travolgere entrambi.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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-In carrozza- esclamò l’uomo sollevando il braccio verso l’alto mentre il treno, appena giunto in stazione, si preparava ad accogliere i nuovi passeggeri.

 -Anna…- sussurrò Mary  cercando di appoggiarsi alla domestica. La voce di Mary si fece, all’improvviso, tremante.

-Che cosa succede, Mylady?- domandò Anna reggendo prontamente la signora tra le proprie braccia mentre le forze di quest’ultima venivano sempre meno.
Senza variare il proprio tono di voce, ma cercando addirittura di mantenerlo fermo e deciso, continuò a dire

–Credo di dover andare in ospedale.-

-Adesso?- le iridi chiare di Anna si sgranarono all’istante mentre Mary si appoggiava sempre di più a lei.
Annuì lentamente mentre la domestica, cercando di mantenere la calma, tentava di condurla in un angolo più appartato dell’affollata stazione. Avrebbe noleggiato una macchina o una carrozza, quel che vi era di disponibile, e l’avrebbe portata prontamente all’ospedale.
Per fortuna che la signora era voluta tornare  in Inghilterra prima dell’ufficiale rientro che avrebbe fatto tutta la famiglia Crawley al complto!. Avevano passato una bellissima vacanza in Scozia, ma Matthew aveva dovuto lasciarli molti giorni prima. La sua presenza era richiesta allo studio per “motivi della massima importanza”, così recitava la lettera che gli era giunta quando ancora si trovava in territorio scozzese.
Per un poco Mary era riuscita a convincersi che sarebbe stata benissimo anche senza di lui, ma… già dopo qualche giorno si ritrovò a percepire marcatamente la distanza che la separava dal marito. Da quando si erano sposati non avevano passato così tanto tempo l’uno lontano dall’altra.
Per questo Mary aveva deciso di far ritorno a Downton senza avvisarlo. Voleva fargli una sorpresa, ma a quanto sembrava la sorpresa veniva fatta a lei.
Le acque le si erano rotte proprio appena discese dal treno. Non era previsto! Questo bambino stava nascendo in anticipo! Almeno basandosi su quello che le aveva sempre detto il dottor Clarkson.
Fu un bene che Anna avesse insistito per accompagnare la povera Lady Mary durante quel lungo e faticoso viaggio.
Se non l’avesse fatto Mary si sarebbe trovata completamente sola in stazione e totalmente in travaglio.

-Andiamo, resistete… la carrozza sarà qui a momenti- mormorava Anna carezzando la schiena della giovane, la quale si contorceva appena a causa dei dolori sempre maggiori, mentre si fissava nervosamente attorno pensando: ( -Santo cielo, dov’è finita questa carrozza?- )
 
 
 
Matthew sedeva tranquillamente sulla poltroncina bordeaux al centro esatto del proprio studio. Ogni tanto rivolgeva gli occhi azzurri in direzione della finestra.
Aveva passato delle giornate intere seduto lì dentro ad esaminare carte su carte e la propria vista cominciava a risentirne.
Inevitabilmente non appena la mente si allontanò, per qualche momento, dal lavoro Matthew si ritrovò a pensare a Mary.
Era inutile far finta che non gli mancasse, perché sua moglie gli mancava costantemente: di giorno; di notte; ad ogni ora che passava cercando di occupare la propria giornata.. faceva di tutto pur di non pensare a lei.
Quando qualcuno bussò alla porta sobbalzò vistosamente e, spalancando appena gli occhi, disse un indeciso:

-Avanti-

La porta venne aperta lentamente e dalla soglia di essa fece capolino la propria segretaria. La donna avanzò di un piccolo passo mentre i riccioli biondi le ricadeva graziosamente sulle spalle e iniziò a dire:

-Mr. Crawley mi dispiace disturbarvi, ma hanno appena chiamato dall’ospedale.-

Matthew quasi scattò in piedi esclamando:

-Mia madre sta male?-

La ragazza scosse appena la testa e abbozzando un piccolo sorriso rispose:

-No. Si tratta di vostra moglie. Sta per partorire.-

Mary?! A Downton? Com’era possibile?! Mary si trovava in Scozia!
Quando riuscì a scuotersi dal torpore generato da tutte quelle domande afferrò la giacca e, avvicinandosi alla porta, sorpassò la segretaria e iniziò a correre nel piccolo corridoio dell’ufficio.
Più correva e più il respiro gli moriva in gola, sia a causa dell’emozione del momento che per la fatica provocata dallo sforzo di muoversi il più velocemente possibile.
-Mary.. I’m coming…- sussurrò nel ritrovarsi di fronte al portone principale dell’edificio per uscirne e dirigersi verso la propria macchina.
Vi salì agilmente sopra aprendo prima lo sportello e, dopo averla messa in moto, iniziò a fischiettare e guidare.
 
 
 

-Avanti, Mrs. Crawley.- la voce rassicurante del dottor Clarkson le fece riaprire gli occhi mentre Anna le tamponava il sudore dalla candida fronte con un piccolo straccio.

-Un’altra spinta e ci sarete quasi!- Clarkson le sorrise, ma Mary non riusciva a trovarvi un degno conforto. Avrebbe voluto accanto a sé Matthew, poter sentire le sue parole di incoraggiamento e non quelle di Clarkson.

-Spingete, Mary. Spingete!- sussurrava Anna mentre le prendeva la mano e la stringeva nella sua.
Mary strinse nervosamente gli occhi e, mentre ormai avvertiva il cuore battere quasi all’altezza della gola, diede un’ultima spinta.
Ecco che un pianto infantile si diffuse per tutta la stanza operatoria.
Il respiro di Mary cominciò a regolarizzarsi e i muscoli, provati dai recenti sforzi, si distesero maggiormente.

-         Mrs. Crawley…- il dottor Clarkson avanzò di qualche passo e le mostrò il bambino – Complimenti. È un bellissimo maschietto.-
La bocca di Mary si aprì appena e mentre sorrideva alcune lacrime iniziarono a rigarle le guance.
Un maschio! Era un maschio! Pensò rincuorandosi a quanto sarebbero stati felici tutti nell’apprendere il sesso del loro bambino. A quanto sarebbe stato felice Matthew.
 
 
La strada era completamente libera. La campagna si estendeva a vista d’occhio, sulle collinette vicine si adagiava qualche raggio di sole e il cielo assumeva una tonalità azzurra-grigiastra.
Il paesaggio sembrava uscito da un dipinto naturalistico di estrema bellezza, ed era una visione così celestiale che Matthew, nonostante si trovasse alla guida della vettura, distolse per qualche istante gli occhi dal margine della strada.
Si stava formando un incantevole gioco di luci a poca distanza da dove si trovava esattamente lui.
Fu tutta una questione di pochi istanti. Matthew si voltò nuovamente, vide davanti a sé una grandissima ruota di un mezzo agricolo e…  cercò di sterzare e gettarsi con la macchina dalla parte opposta della strada.
L’impatto fu immediato. La macchina slittò in un piccolo fosso e lì vi rimase, con le ruote rivolte verso l’alto e il povero Matthew, privo di coscienza, compressovi all’interno, tra i comandi e il sedile.
 
 
Erano passate alcune ore da quando Mary aveva dato alla luce il piccolo erede.
Le era stato raccomandato di riposare, ma lei non vi riusciva. Voleva aspettare che Matthew la raggiungesse per godersi la sua espressione.
Quasi riusciva ad immaginarla. Sarebbe entrato dalla porta declamando:

-Mary! Ma è proprio vero?- le si sarebbe avvicinato e, dopo averle preso teneramente la mano, avrebbe continuato a dire:

-Siamo mamma e papà?- e lei, allora, gli avrebbe sorriso dolcemente.

Ecco che la porta della stanza si aprì veramente. Mary sorrise radiosamente per poi rabbuiarsi nell’esatto istante in cui la figura del dottore le si avvicinava con un’espressione grave dipinta sul volto.
-Devo parlarvi- iniziò a dirle sedendosi di fronte a lei.
Mary, come prima cosa, domandò: - è successo qualcosa al bambino? –
Il dottore fece cenno di no col capo e lei sospirò mormorando: -Thank God.-

-Si tratta di vostro marito.-
Le iridi scure tinteggiate dalla solita sfumatura nocciola di Mary furono scosse da un moto repentino.

-Matthew? Dov’è? È già arrivato? – chiese sorridendo nuovamente assaporando già gli abbracci e i baci che le avrebbe lasciato.

-No.- rispose con un tono di voce secco. –Matthew si trova nella stanza accanto- e con la coda dell’occhio Clarkson fissò la parete più vicina.

-Ha avuto un brutto incidente con la macchina, e….- doveva essere sincero fino alla fine? – Mi dispiace, tanto.- fu l’unica cosa che riuscì a dirle mentre le dita di Mary premevano lentamente sul bordo dello sterile e freddo materasso.
 

-No…- borbottò deglutendo faticosamente –NO!- esclamò con più foga alzandosi di scatto per schizzare fuori dalla stanza mentre Clarkson cercava di raggiungerla.
Giunta nel corridoio dell’ospedale si guardò attorno per qualche istante  non sapendo bene dove dirigersi e quando notò che vi era una sola porta leggermente socchiusa non ebbe dubbi. Vi ci si fiondò all’interno e lo vide.
Il peggiore dei propri incubi, la sciagura che non si dovrebbe augurare a nessuna moglie e nessuna madre.
Matthew giaceva inerme sul lettino. Il petto e il torace erano completamente piatti, ciò significava una sola cosa: non respirava.
Mary avvertì la mano del dottore sul proprio polso:

-Non siete nelle condizioni per affrontare tutto questo- si limitò a dire cercando di attirarla al di fuori della camera.
Ma Mary si liberò all’istante della sua presa e, senza troppi complimenti,  si ritrovò vicina al lettino.
Afferrò la mano di lui e, avvertendone l’inumana freddezza, si discostò leggermente.

-No…- mormorò carezzando le sue guance – non puoi farlo, Crawley. Non puoi!- la testa  ricadde pesantemente in direzione del petto di lui. In quell’attimo le sembrò di ricordare nitidamente quanto fosse rincuorante lasciarsi cullare dalla tenerezza delle carezze del marito dopo un’intensa giornata spesa a parlare con nonna Violet, a quanto fossero state piacevoli le notti passate insieme a dormire sul suo petto, percependo il suo dolce profumo emanato a fior di labbra e come era rassicurante avvertire le dita di lui sfiorarle la nuca per scendere in direzione dei fianchi dove i gesti “morivano” in tenerissimi abbracci.
Il dottor Clarkson fece un passo indietro e chiuse la porta dietro di sé. Era giusto lasciarle qualche momento da sola con lui.
Mary sollevò appena la testa e fissò il volto pallido e, ormai, privo di vita del marito

-Matthew…- mormorò avvicinando le proprie labbra a quelle di lui mentre il proprio volto era, ormai, un fiume alla deriva. Le lacrime scendevano sempre di più e lei non riusciva a fermarle, cadevano addirittura sulle guance del cadavere del marito mentre lei lo baciava a più riprese

-Don’t leave me…-  ripeteva accasciandosi sempre di più su di lui.

-Non puoi lasciarmi. Avevamo un patto io e te..- si ritrovò a urlargli contro, anche se non avrebbe voluto certo farlo –dovevi amarmi fino a che l’ultimo dei tuoi respiri non avesse lasciato il tuo corpo. Ma quel momento non è adesso! Darling!- gli afferrò le ceree guance e cominciò ad alternare baci e carezze sul suo volto.
-Non posso vivere senza di te. Non sono pronta a darti per scontato.-
Finì di parlargli moltissime ore dopo. Finché la stanchezza non ebbe il sopravvento su di lei e si addormentò miseramente. Le proprie calde dita intrecciate in quelle del marito, la testa adagiata sul suo petto e le lacrime che continuavano a scendere anche se dormiva, ormai, profondamente.
  
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