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Autore: Franfiction6277    25/12/2012    4 recensioni
Fanfiction ambientata a Natale 2013. I Mars si sono presi una pausa natalizia dal tour europeo che hanno intrapreso dalla metà del 2013.
"Dovresti essere indipendente, dovresti uscire e trovarti qualcosa da fare, invece di dipendere sempre da me e Jared" disse Shannon.
"Shan, stai esagerando. Basta" lo riprese suo fratello, mentre Fran teneva lo sguardo sul batterista, testarda.
"Non avresti dovuto portarmi via con te, allora" sussurrò la ragazza.
"Non avevo scelta, non facevi altro che piangere e supplicarmi di portarti via dall'inferno che stavi vivendo in Italia!" urlò il batterista, facendo sobbalzare sua madre e suo fratello.
"Ti stai pentendo di averlo fatto?" chiese Fran, a bruciapelo, tranquilla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Ci tengo a sottolineare un dettaglio, prima che leggiate: Fran ha acquistato il GT per Padova 2013, e da lì parte tutta la questione che si evolve nella storia.
Buona lettura, e grazie a tutti coloro che recensiranno e leggeranno solamente.

 

       She needed him



24 Dicembre 2013 , ore 19:15.
"TV".
"Play Station".
"TV".
"Play Station".
Jared alzò gli occhi al cielo, esasperato.
"Io voglio guardare la TV, almeno per oggi.
C'è Edward mani di forbice" disse Fran, tenendo imperiosamente il telecomando in mano.
Shannon la guardò torvo, e per un momento lei temette il peggio.
"Io voglio giocare a God of War" sibilò lui.
"Ma ci giochiamo ogni giorno da quando siamo tornati dal tour!" esclamò Fran.
Jared dovette riconoscere che non aveva tutti i torti.
"E continueremo a farlo anche oggi" tagliò corto Shannon, ostinato.
Jared stava cercando di strimpellare qualcosa alla chitarra, seduto sul divano di casa sua, accanto a Shannon e Fran, ma si spazientì presto.
"Volete piantar-?"
"Zitto!" dissero Shannon e Fran, all'unisono.
Strinse le labbra e si alzò dal divano, mentre sua madre Constance li guardava rassegnata.
"Chiamami quando è pronto, per favore" le disse Jared, e lei annuì.
Il cantante si rinchiuse in camera sua, al piano di sopra, per concentrarsi e dare vita a quella melodia che lo stava tormentando da settimane.

Ore 20:30
"Stai sempre appicicata a me e Jared!" esclamò Shannon, continuando la sua litigata con Fran.
Erano seduti a cenare, e ormai tutto stava prendendo una piega abbastanza spiacevole.
"Mi piace la musica" si giustificò Fran, mangiando.
"Non è così, a te piace il cinema" replicò Shannon.
"Anche" ammise Fran.
"Dovresti essere indipendente, dovresti uscire e trovarti qualcosa da fare, invece di dipendere sempre da me e Jared" disse Shannon.
"Shan, stai esagerando. Basta" lo riprese suo fratello, mentre Fran teneva lo sguardo sul batterista, testarda.
"Non avresti dovuto portarmi via con te, allora" sussurrò la ragazza.
"Non avevo scelta, non facevi altro che piangere e supplicarmi di portarti via dall'inferno che stavi vivendo in Italia!" urlò il batterista, facendo sobbalzare sua madre e suo fratello.
"Ti stai pentendo di averlo fatto?" chiese Fran, a bruciapelo, tranquilla.
"Io..." sussurrò Shannon, preso in contropiede.
"Sto solo dicendo che non capisco come tu abbia potuto lasciare tutto: ti eri appena diplomata, avevi una famiglia, degli amici" continuò il batterista, riprendendo la voce.
"Loro sapevano che un giorno me sarei andata via" replicò Fran.
"Ma ti rendi conto di ciò che stai dicendo? Non sanno nemmeno se tu sia viva o morta!" esclamò Shannon, battendo un pugno sul tavolo.
"Lo volevamo tutti, Shannon. Tu hai accettato senza indugi di portarla via con noi" intervenne Jared, e Shannon lo guardò perplesso.
Fran si alzò dal tavolo, e Constance le mise una mano sul braccio.
"Tesoro, dove vai?" chiese, preoccupata.
"Ho bisogno di una boccata d'aria. Devo pensare" rispose la ragazza, guardando per un attimo i fratelli Leto.
Shannon impallidì: l'ultima volta che lei aveva detto "Devo pensare", si era rinchiusa in camera sua per almeno una settimana e ne era uscita come un cadavere: affamata, assetata, con almeno 3 chili in meno, e con due occhiaie che non aveva mai visto nemmeno a suo fratello, che soffriva d'insonnia.
Ci aveva messo almeno un mese per farle spiccicare parola.
"No..." disse Shannon, alzandosi anche lui dal tavolo, ma ormai Fran era già fuori dalla porta.
La ragazza camminò a lungo per le strade di Los Angeles, fino a sentirsi i piedi in fiamme, ma sapeva esattamente dove volesse andare.
Shannon guardò il suo piatto pieno di cibo, cercando di mangiare, ma aveva un buco nello stomaco e lo trovava disgustoso. Come erano arrivati a questo punto?
In genere lei era sempre così accomodante, era la ragazza più tranquilla che avesse mai conosciuto: sapeva che odiava litigare, gliel'aveva confidato lei stessa.
Parlava con lui, gli diceva tutti, in 5 mesi lei era stata come una diga aperta, confidandogli cose sulla sua vita che lo avevano impallidire, e pentire sempre di più di non averla portata con sé da molto prima.
"Cosa ho fatto?" gemette, prendendosi la testa tra le mani.
Jared gli mise una mano sulla spalla, rassicurandolo.
"Tornerà, lo fa sempre. Non può stare senza di noi e noi non possiamo stare senza di lei" gli disse il cantante, facendo un sorriso.
Shannon sapeva che aveva dannatamente ragione, ormai Fran era parte della loro vita: amava cucinare per loro, aveva dato involontariamente loro ispirazione per comporre musica con i suoi modi di fare.
Amavano prenderla in giro per il suo accento italiano, per la sua abitudine di parlare nel suo dialetto quando era arrabbiata, e loro ridevano perché lo trovavano divertente, e non capivano nulla di ciò che diceva.
Ma sapevano al tempo stesso che lei era fragile, che faceva danni a se stessa quando era sola.
Shannon sentì suonare la mezzanotte, e ciò fu troppo per lui: si alzò, prese la sua giacca di pelle e una giacca dall'armadio di Fran, decidendo di andare a cercarla.
"Non aprite i regali: voglio che ci sia anche Fran" disse a sua madre e suo fratello, che sorrisero.
"Non fare tardi!" esclamò Constance.
Shannon salì in fretta sulla moto, sfrecciando a tutta velocità per le strade di Los Angeles, con gli occhi pronti a captare ogni minimo movimento, alla ricerca disperata di quella ragazza bisognosa di lui.
Dopo mezz'ora di ricerca, stava cominciando a perdere la pazienza.
"Fran, dove diamine sei?" sibilò, arrabbiato.
Un'illuminazione gli venne all'improvviso in mente: una collina, una scritta.
"Hollywood!" esclamò, sgommando per andare dalla parte opposta a quella che stava percorrendo.
Dopo 10 minuti arrivò a destinazione, e si mise a correre con furia.
Scalò la collinetta in un baleno e la vide: era seduta a terra, con le gambe incrociate, il vento leggero che le scompigliava i capelli.
"Fran..." sussurrò, ancora ansimante per la corsa.
"Non so perché l'abbia fatto, so solo che era la scelta giusta, perché volevo provare che non tutti i sogni di stare con i propri idoli sono vani, e poi non mi importava di niente, se non di voi...di te" mormorò la ragazza, senza girarsi a guardarlo.
Il batterista si avvicinò, assorbendo le sue parole, mentre sentiva che erano arrivati a punto di svolta.
Si inginocchiò al suo fianco, mettendole la sua giacca sulle spalle: aveva dimenticato quella di Fran sopra la moto, preso dalla fretta di raggiungerla.
"Mi dispiace" disse solamente, e lei si girò a guardarlo: come aveva potuto farle del male?
"Come hai fatto a trovarmi?" chiese.
"Non so, ma mi ci è voluto un bel po' per capirlo" ammise Shannon, sedendosi al suo fianco.
Guardò il profilo della ragazza, della donna accanto a lui: c'era qualcosa di rassicurante nei suoi occhi, nei suoi lineamenti morbidi, nei suoi capelli corvini, nelle sue labbra carnose.
"Perché me? Perché mi avete portata via?" chiese lei, continuando a guardare Los Angeles che si stagliava ai loro piedi in tutta la sua magnificenza, a Natale.
"Sei la persona più disastrata che abbia conosciuto" rispose Shannon, e la ragazza ridacchiò.
"Hai ragione" ammise, con un sospiro.
Shannon sentì il bisogno di abbracciarla, di donarle il suo calore, di sentire il suo odore di cioccolato e mare.
La prese per le ascelle, come una poppante, e la portò in braccio a lui.
Fran sgranò gli occhi e si irrigidì per un momento, poi gli strinse le braccia in vita e si appoggiò al suo petto.
Shannon respirò l'odore di shampoo alla fragola che Fran usava praticamente da una vita.
La cullò tra le sue braccia come non aveva mai fatto prima, mentre la sentiva singhiozzare piano.
La lasciò piangere, sfogare per un tempo che sembrò infinito, paziente.
Quando smise di piangere, Shannon le prese il mento e abbassò il suo viso su quello della ragazza, posando dolcemente le labbra sulle sue.
Lei sussultò per lo stupore, ma poi gli prese il viso tra le mani, ricambiando il bacio: lo aveva desiderato da così tanto tempo.
"Torniamo a casa?" chiese Shannon, staccandosi dopo qualche momento.
Fran annuì, rossa in viso: Shannon la trovò molto divertente.
Si alzarono e scesero la collinetta mano nella mano, incapaci di staccarsi.
"La mia giacca" sussurrò Fran, sorpresa, appena arrivarono alla moto.
"Ecco, pensavo che potessi avere freddo" rispose Shannon, facendo spallucce.
Fran gli saltò al collo all'improvviso e Shannon trasalì, prendendola appena in tempo tra le sue braccia, cercando di non perdere l'equilibrio.
"Cosa fai?" rise il batterista, stringendola a sé.
"Sei l'uomo migliore che io abbia conosciuto, lo sai? Lo sapevo, lo sapevo da prima di incontrarti" gli disse Fran, e lo vide arrossire leggermente, imbarazzato per quel complimento.
"G-Grazie" balbettò, e Fran ridacchiò.
"Andiamo, prima che Connie chiami la polizia" disse la ragazza, e Shannon rise ancora. Tornarono intorno alle due del mattino e trovarono Jared e Constance addormentati spalla a spalla, sul divano.
"Da quando Jared dorme?" sussurò Fran, sorpresa.
"La mamma riesce a farlo addormentare, in qualche modo" rispose Shannon, facendo spallucce. Lei si intenerì.
"Forza, dobbiamo aprire i regali!" urlò il batterista, facendo svegliare sua madre e suo fratello.
"Fran" esclamò Jared, alzandosi e correndo ad abbracciarla.
"Ehi, uomo" rise lei, ricambiando l'abbraccio.
Anche Constance andò ad abbracciarla, e le accarezzò i capelli con un modo di fare che le ricordava quello di sua madre.
Sentì un nodo alla gola, ma si impose di non piangere: non doveva pensarci.
Scartarono i regali: Fran aveva regalato a Shannon una scatola di drumsticks con le sue iniziali incise sopra; a Jared aveva regalato uno smalto nero, un paio di guanti con dei teschi disegnati sopra e a Constance un maglione fatto a mano da lei stessa: sapeva che li adorava.
Finirono di scartare i regali e di ringraziarsi a vicenda alle quattro del mattino.
Si diressero tutti alle rispettive camere da letto, ma Shannon spinse Fran dentro la sua.
La ragazza boccheggiò, capendo le sue intenzioni.
Non ebbe comunque il tempo di pensarci, in quanto il batterista ormai l'aveva trascinata a letto e si erano spogliati a vicenda in un baleno.
Shannon si prese un attimo per sentire il suo corpo nudo contro quello di Fran.
La ragazza gli affondò le dita tra i capelli, mentre lui affondava dentro di lei.
Gemettero all'unisono, come se avessero rimandato quell'incontro da troppo tempo. Shannon prese a spingere con ritmo sostenuto, e a Fran venne in mente, in un angolo remoto della sua testa, che era come se stesse suonando la batteria: alternava affondi più deboli ad altri più forti.
Shannon la baciò sul collo, succhiò i capezzoli con fare esperto, e lei si sgretolò presto tra le sue dita: spinse sempre più velocemente, accecato dal desiderio.
"Ti amo" sussurrò la ragazza, mentre raggiungeva l'orgasmo.
Il batterista la raggiunse subito dopo, con un gemito roco.
"Ripetilo" sussurrò, e Fran lo fece.
Glielo ripeté all'infinito, finché non sentì le palpebre calare: era esausta.
"Voglio andare a trovare mia madre" sussurrò nel dormiveglia, e poi cadde in un sonno profondo.
Shannon la guardò sorpreso: lei non aveva mai parlato di quanto le mancasse casa sua.
Sorrise, stringendola a sé: stava accettando il suo passato, pian piano.
"Sappi che anche io ti amo, ti ho amata dal primo momento in cui ti ho vista. Ecco perché ti ho portata via con me, egoisticamente: non potevo rinunciare a te...e andremo insieme a trovare tua madre" sussurrò lui, quasi a se stesso, sapendo che la ragazza non poteva sentirlo.
Poi si addormentò, mentre l'alba si faceva strada timidamente per dare vita a un nuovo giorno.
   
 
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