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Autore: elyxyz    11/07/2007    27 recensioni
“Come una moglie tradita. Ecco come si sentiva Edward Elric.
(...) Come diavolo aveva fatto a ridursi così?
Come diamine poteva, Roy Mustang, avere così tanto potere su di lui?
Quando c’era... e anche quando mancava?”

(Roy x Ed)
(Breve accenno RoyAi)
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come una moglie tradita

Note: il seguente scritto contiene riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

 

Dedicato a chi ha commentato November Rain.

Perché sappiate che mi sono commossa almeno quanto voi, leggendo le vostre recensioni.
Con immensa gratitudine.

 

E un grazie a Dave,

            per il suo aiuto prezioso.

 

 

Come una moglie tradita

 

(Gelosia)

 

by elyxyz

 

 

 

 

And I just can’t look its killing me
And taking control
Jealousy, turning saints into the sea
Swimming through sick lullabies

 

Non posso guardare, mi sta uccidendo
E prendendo il controllo
Gelosia, rovesciando i santi dentro il mare
Nuotando in mezzo a ninnananne ammalate.

 

 

(The Killers, Mr Brightside)

 

 

 

 

Come una moglie tradita. Ecco come si sentiva Edward Elric, guardando il Colonnello Mustang uscire dalla soglia della loro casa, camminare al fianco del Tenente Hawkeye, cederle il passo galantemente, aprirle la portiera dell’auto che li attendeva, e poi salire con lei.

Ed li osservò allontanarsi, fino a che il veicolo nero non svoltò a destra, scomparendo dalla sua visuale.

Il suo uomo. E la sua più temibile rivale. Di nuovo insieme.

Poco importava se era solo una farsa. Cosa poteva farci, lui, se era geloso marcio?

Si ritrovò tra le mani il cartoncino d’invito che Roy aveva dimenticato sulla mensola in entrata.

 

“La famiglia Bradley è lieta di invitarLa ai festeggiamenti…”

 

Edward lo conosceva ormai a memoria, con tutte le volte che l’aveva letto e riletto, cercando di farsene una ragione. Ma in un atto di profondo masochismo, si soffermò al pezzo peggiore.

Le lettere d’oro in rilievo e l’elegante calligrafia impresse a fuoco nella sua mente.

 

“…E’ gradita la presenza di un’accompagnatrice.

 

Accartocciò il pregiato biglietto con rabbia, gettandolo contro la parete.

Dannazione! Non gliene fregava un cazzo se il Comandante Supremo compiva gli anni, e se aveva questa mania di organizzare ogni anno un ricevimento in proprio onore, con tutti gli Ufficiali più alti in grado del suo esercito!

La sua parte razionale capiva che Roy dovesse parteciparvi necessariamente: questa festa di gala era l’occasione perfetta per coltivare le sue conoscenze, per tessere le basi di future strategie e stendere le fondamenta della sua scalata al Potere… Solo che non poteva portarci lui, al suo fianco. Maledizione!

Ed era proprio quello che non gli andava giù, di questa cena. Un sostituto. Qualcuno che prendesse il suo posto al fianco del Colonnello.

Perché quasi nessuno sapeva della loro storia. Solo pochi, fidati amici, che non li avrebbero mai traditi.

Se la notizia della loro relazione fosse giunta ai vertici, sarebbero probabilmente stati cacciati dall’esercito. Avrebbero dato così tanto scandalo da segare definitivamente le gambe alla carriera del suo Taisa. E lui avrebbe dovuto rinunciare ai vantaggi offerti dall’essere un Alchimista di Stato.

Non che gliene importasse poi molto. Ora che Alphonse aveva riavuto il suo corpo - anche se lui conviveva ancora con gli arti meccanici -, poteva dirsi più che soddisfatto, e non avrebbe abusato della sua buona stella.

Ma per Roy era diverso. Lui aveva fatto della sua carriera la propria ragione di vita.

Puntava in alto. Puntava a diventare Führer.

Perché gli orrori di Ishbar non si riproponessero più, andava ripetendogli.

E Acciaio ammirava questa sua costanza, i sacrifici che doveva sopportare. Aveva ingoiato umiliazioni ed eseguito ordini scomodi, pur di raggiungere il sogno…

E quella diabolica cena faceva parte di tutto questo percorso irto di inconvenienti, che lui aveva scelto di accettare, quando aveva deciso di stare col suo Taisa.

Era stato consapevole fin da subito, che una relazione vissuta in clandestinità non sarebbe stata semplice.

Per l’enorme differenza d’età che li separava, prima di tutto. E non tanto perché agli Ufficiali era vietato fraternizzare con i loro sottoposti… restava il piccolo, scomodo particolare che erano entrambi maschi…

Eppure non potevano dire di non averci provato. A starsi lontani, ad odiarsi, perfino.

Ma l’attrazione che li legava era troppo forte, ed era sfociata in una passione travolgente che era connaturale al loro essere testardi e fieri, impetuosi e romantici.

 

Edward sorrise amaramente, ripensando a quando, neanche mezzora prima, il Tenente Hawkeye aveva suonato alla porta, avvolta in un elegante abito nero che risaltava la sua perfetta silhouette aggraziata, una stola di pregiato visone a fasciarle le spalle nude, i capelli - sempre così inflessibilmente castigati in un severo chignon -, riversati a cascata sulla schiena flessuosa.

Riza dava l’impressione di non essere consapevole della propria sensualità, ma la sua bellezza innata parlava da sola.

E un dolore sordo al cuore gli fece ricordare che un tempo, neanche tanto lontano, lei e Roy si erano sentiti attratti l’uno dall’altra. Era successo prima che lui e il Colonnello si dichiarassero… ma era successo.

Solo che poi si dovevano esser chiariti… ed era l’unica cosa che il giovane Elric sapeva con certezza.

Doveva riconoscere che il Tenente aveva reagito piuttosto bene, considerato che la sua non era solo un’attrazione passeggera - in cui invece cadeva la maggior parte delle donne che aveva a che fare con Roy. Il suo era vero amore, era devozione.

Per questo doveva sentirsi un privilegiato, se pensava che Mustang aveva rinunciato ad una donna come lei, per stare con lui.

Tuttavia… non poteva che sentirsene geloso, in momenti come quello.

La gelosia era un problema a cui non aveva mai rivolto l’attenzione, prima di conoscere quel borioso, insolente, adorabile Taisa.

Forse, nella sua infanzia, era stato geloso degli studi sull’Alchimia, che avevano tenuto suo padre lontano da casa… oppure era stato invidioso in qualche occasione di Al e Winry… ma sembravano solo sciocchezze senza importanza, adesso.

Al e Win. Se al momento suo fratello fosse stato lì, non si sarebbe sentito così solo ed egocentrico.

Non avrebbe dovuto cercare le parole per confessargli come stava. Come si sentiva da schifo, dentro.

Schifosamente egoista, ecco.

Ma Alphonse e Winry convivevano ormai da tempo a Rush Valley, la Mecca dei costruttori di auto-mail, dove lei gestiva un’avviata officina.

Non se la sentiva di telefonar loro solo per farli preoccupare inutilmente, perché ci giurava - sulla testa pelata del Maggiore Armstrong - che al solo dire ‘ciao’, il suo fratellino avrebbe capito che qualcosa non andava.

Sarebbe stato infantile. E quella manesca meccanica l’avrebbe pure sgridato per le sue pare inutili.

Guardò con astio la cornetta del telefono, poi scosse la testa sbuffando.
No, grazie.

 

Non gli rimase altro da fare che prepararsi a trascorrere quell’eterna serata in solitudine, e poi archiviare l’evento per un altro anno.

 

Uhm… a ben pensarci, gli era già andata di lusso, in passato.

L’anno precedente, in quel periodo, lui e Mustang erano di stanza ad East City, impegnati a sedare delle scorribande di rivoltosi. Quindi, per il Colonnello era stato impossibile ritornare a Central in tempo utile al Ricevimento, ed era stato esonerato.

Due anni prima, da quel che sapeva, era stato nuovamente accompagnato dal Tenente Hawkeye. Ma a quel tempo Edo non aveva ancora fatto chiarezza dentro di sé. E stavano ancora assieme, loro due. Roy e Riza.

Riza.

 

L’aveva guardato in quel modo strano, uscendo, quasi scusandosi, di qualcosa di cui non aveva colpa, in realtà. Come a dire che quasi le dispiaceva essere la sua sostituta.

Edward proprio non riusciva ad avercela con lei.

Perché era una bella persona, dopotutto.

Gentile e servizievole. Professionale e inflessibile. Di buon cuore.

 

Quando il Flame Alchemist s’era ritrovato costretto a scegliere chi portare con sé alla festa, la decisione era stata immediata, e naturale.

 

Si diede dello sciocco per l’ennesima volta, in quella sera tormentata.

Con Riza poteva stare al sicuro, avrebbe vegliato lei sulla sua condotta irreprensibile… e quell’ex dongiovanni impenitente non avrebbe fatto sciocchezze.

…E se invece avesse ceduto proprio con lei? In un attimo di follia? In memoria dei tempi andati?

E se avesse bevuto un bicchiere di troppo e avesse capitolato?

Roy… avrebbe mai trovato il coraggio di confessarglielo?

 

Stentava a riconoscersi. Roso dal tarlo della gelosia.

 

E pensare che Mustang aveva fatto di tutto, per togliersi da quell’impaccio.

Aveva chiesto espressamente al Comandante Supremo in persona, qualche giorno prima, il permesso di presenziare da solo alla serata.

Tuttavia, King Bradley s’era messo a ridere di gusto. Chiedendogli bonariamente se avesse così tante amanti da non saper scegliere quale portare con sé.

La sua antica fama di donnaiolo lo aveva preceduto da tempo, e come una pianta dalle radici profonde, era difficile da estirpar via.

Il Colonnello si era trovato a dover stare al gioco. Aveva confessato che non voleva far torto a nessuna di loro…

Ma il suo superiore era stato inflessibile, chiarendogli che la propria consorte gradiva la presenza di altre mogli e delle compagne dei suoi soldati, e che quindi s’arrangiasse in fretta a preferirne una.

 

Il suo Taisa glielo aveva riferito, qualche ora dopo, in ufficio. In un misto di rammarico e ironia.

E Fullmetal ci aveva quasi riso su.

Quasi.

 

Però quella sera le cose si stavano ingigantendo a dismisura. Stavano sfuggendo al suo controllo.

Se ne rendeva conto da solo, Acciaio, che una situazione così era davvero un’esagerazione.

Si diresse quindi alla volta del bagno. Deciso a darsi una veloce rinfrescata e a mettersi a letto, e magari dormire, nei suoi propositi, così che il mattino sarebbe giunto prima.

 

Quando invece varcò la soglia della stanza, l’odore pungente del dopobarba di Roy investì i suoi sensi. Fu come uno schiaffo in pieno viso.

Si spogliò in fretta e corse sotto il getto d’acqua bollente, rannicchiandosi sul piatto della doccia.

Rimase lì a lungo.

Lasciandosi stordire dal calore e dalla pelle che scottava, guardando le nuvole di vapore salire verso l’alto.

E forse piangendo, per un sentimento che non riconosceva come proprio. E di cui si vergognava e si sentiva sopraffatto.

Come diavolo aveva fatto a ridursi così?

Come diamine poteva, Roy Mustang, avere così tanto potere su di lui?

Quando c’era... e anche quando mancava?

 

Se questo era soffrire per amore… no. Lui non ci stava.

Non era nella sua natura strare a compiangersi così, come una donnicciola ferita e tradita.

Lui era Edward Elric, e il suo coraggio e la sua determinazione erano leggendari in tutta Amestris, per la miseria!

 

Chiuse il rubinetto dell’acqua in un gesto secco e si avvolse nel proprio accappatoio. Spalancò le finestre, di modo che l’umidità e il profumo del suo compagno andassero via da lì. Poi se ne uscì anche lui, diretto verso la loro camera da letto.

Aprì il primo cassetto del canterano, alla ricerca di una maglietta da indossare, prima di andare a letto.

E maledisse l’idea di Roy di dividere insieme gli spazi.

Perché sì, quel testardo Taisa aveva preteso che condividessero tutto.

Lui aveva proposto, molto più razionalmente, che ad ognuno di loro fossero destinati due dei quattro cassetti presenti.

E invece Mustang, il giorno prima del suo trasloco in quella casa, aveva fatto spazio a modo suo, riservando per sé la parte destra di ogni scaffale, cassetto o ripiano che fosse. Persino nell’armadio. Le sue divise, e quelle di Ed. Non da ultimo, il lato del letto. E a lui non era rimasto altro che adeguarsi.

 

Non seppe perché, ma si ritrovò ad accarezzare le magliette di Roy, posate accanto alle sue.

E si accorse della camicia azzurra, che avevano comprato assieme, tempo addietro. Era finita lì per sbaglio. Probabilmente la signora delle pulizie aveva fatto confusione mentre riponeva gli indumenti stirati.

La prese in mano con l’intenzione di ricollocarla al posto giusto. E invece la disfece, indossandola.

Gli era ovviamente gigante. Ma pazienza...

Aveva un che di sciocco e sentimentale, questo gesto, ma non importava.

Forse, doveva semplicemente arrendersi all’evidenza.

Quella sera, non era il celebre Fullmetal Alchemist

…era solo e soltanto Edward, un uomo innamorato e insicuro.

 

La camicia di Roy. Com’era caduto in basso...

Fu tentato di togliersela, e di ripristinare il suo fottuto orgoglio. E invece, rimboccandosi le maniche e abbottonandola alla meno peggio, almeno in un paio di passanti, scelse in fretta dei boxer e se li infilò.

Andò a cercare un libro tra gli scaffali dello studio, che gli tenesse compagnia e magari la mente occupata.

A colpo sicuro, il Trattato sulla Storia dell’Alchimia faceva al caso suo… soporifero al punto giusto, 900 pagine di noia mortale e sedativo comprovato e garantito.

 

Spense le luci di casa, e accese la propria abat-jour e quella sul comodino dal lato opposto.

Fu allora che li vide.

I gemelli d’oro.

Se li era dimenticati. Lui, sempre così pignolo e curato nel suo modo di vestire...

Li raccolse nella mano metallica e parvero brillare un po’ di più, in quel nido d’acciaio, sotto la calda luce della lampada.

Li ripose nel cofanetto davanti alla specchiera. E si adagiò sotto le coperte, non prima di aver spostato il sacco di tela in cui Mustang conservava la sua alta uniforme di gala.

La signora Nismet aveva stirato con cura la sua camicia e i pantaloni, e la giacca a doppiopetto a sei bottoni, la mantella nera e i guanti immacolati.

Ed Edward stesso lo aveva aiutato, nel tardo pomeriggio, ad appuntare le stellette e i galloncini propri del suo grado, e poi la sciabola. 

Dannazione!, quant’era bello, Roy, vestito così...

 

Mentre gli sistemava il nodo della cravatta, aveva sentito persino male al petto, in un moto d’orgoglio e d’autentico amore.

 

Pose la custodia sulla poltroncina ai piedi del letto, quindi entrò sotto le coperte.

Entro breve, la noia prevalse sulla lettura.

Lasciò accesa un’unica luce, quindi attese che il sonno lo cogliesse.

 

 

….

 

 

Labbra calde e morbide sfiorarono la sua guancia, ridestandolo piacevolmente.

“Roy? Sei tornato…?” sussurrò, faticando a riemergere al presente.

 

Lo sentì mugolare un sì, contro la propria pelle, alla base del collo.

 

“Che ore sono?” ritentò, la voce ancora impastata dal sonno.

 

“…Quasi le dieci e mezza.” Lo sentì dire, senza smettere quelle gradevoli attenzioni.

 

Ed si ridestò completamente, sbattendo le palpebre confuso. “E perché sei rincasato così presto?!

 

Mustang fece uno dei suoi soliti adorabili sorrisi.

“Mi sono scusato con la padrona di casa, e le ho detto che la mia compagna non si sentiva bene…”

 

Fullmetal si risollevò di scatto, preoccupato. “Il Tenente Hawkeye si è sentita male?!

 

Riza sta benissimo…” precisò, allargando il suo sorriso.

 

Le pupille dorate si dilatarono d’autentico stupore, quando comprese.

Taisa!” le sue braccia avvolsero il collo del moro di scatto, con improvvisa urgenza. Quasi con disperazione.

 

“Anche tu mi sei mancato…” scherzò l’uomo, addolcendo però il tono.

 

La mia compagna. Si ripeté Edward, accarezzando il sapore di quelle parole sulla punta della lingua.

Anche se la cena era importante, Roy se n’era andato. Roy era lì.

Un impeto di gratitudine lo sopraffece. E si strinse un po’ più a lui, mentre l’altro ricambiava l’abbraccio, accostando le labbra al suo orecchio.

 

“Ti ho mai detto che ti amo?”

 

Edo sentì le palpebre pungere ancora, come qualche ora prima, ma per la ragione opposta.

“Mai abbastanza.” Bisbigliò, cercando quelle labbra con impellente necessità. Non si fecero attendere. Assieme a mani vogliose, e a bisogni atavici e neonati.

 

“La mia camicia sta quasi meglio a te che a me…” ammiccò, sfilando i bottoni dall’asola e accarezzando la pelle che andava scoprendosi sotto il suo tocco sapiente.

 

Il giovane Elric arrossì imbarazzato, piacevolmente imbarazzato.

 

“E comunque,” riprese Mustang, trattenendosi a fatica, la voce roca di desiderio “da stasera ho un motivo in più per diventare Comandante Supremo…”

 

“Per farmi indossare questa camicia al posto della divisa?” scherzò distrattamente Ed, accarezzandogli la nuca.

 

Il Colonnello si allontanò di colpo, fingendo di pensarci su.

“Uhm… potrebbe essere un’idea!”

 

Acciaio mise su un delizioso broncio.

 

“Ma non è per questo.” Precisò il moro, raddolcendo lo sguardo. “Così potrò avere al mio fianco chi vorrò io, ai festeggiamenti del mio augusto genetliaco!”

 

Ed Edward sorrise. Uno strano brillio negli occhi.

Non gliene fregava un accidenti di farsi vedere così vulnerabile e indifeso.

Era il suo uomo, quello lì.

Il. Suo. Uomo.

Tutto suo.

 

Roy Mustang ricambiò quel sorriso, e al diavolo anche quel fottuto Ricevimento.
La felicità del suo Fagiolino contava ben di più. Quel viso felice lo ripagava ampiamente della sua scelta. Perché…

…era semplicemente inestimabile.

 

 

Fine



Disclaimers: I personaggi e la canzone citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Nota tecnica: A qualcuno, Edward potrebbe esser sembrato un po’ OOC, ma non necessariamente.

Io, personalmente, ho riflettuto a lungo se mettere l’avvertimento o meno, e l’aiuto di Arkadio è stato determinante.
Parafrasando le sue parole, Ed è immaturo nei rapporti sentimentali, e questa sua improvvisa gelosia e l’incertezza, i dubbi che la accompagnano sono legittimi, in qualche modo. Come la sua gioia spontanea alla fine, e la tenerezza che riceve, perché Taisa s’accorge che lui ne ha bisogno.
Scomodando un po’ di vecchia Psicologia, è risaputo che chiunque abbia subìto un grande abbandono in età infantile tenda ad avere grossi problemi d’autostima e di fiducia in campo affettivo…


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.

Grazie (_ _)

elyxyz

   
 
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