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Autore: Com Amely Mason    25/12/2012    1 recensioni
Lupi. E ragazze. No, niente fighi paura e scenografie, è solo un regalo di Natale.
Non mi piace mettere gli estratti, ma ve la cosiglierei perchè ogni tanto
"bisogna imparare ad usare il coltello non per fracassare l'ostrica e carpirne la perla, ma per aprirme lievemente le valve, scoprendo la magia." (Cit.)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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"Bisogna imparare ad usare il coltello non per fracassare sempre ed inevitabilmente l'ostrica e carpirne la perla, ma per aprirme lievemente le valve, scoprendo la magia." (Cit.)



Uno sguardo oscuro percorse il bosco sul fianco della vallata dove la neve appesantita da una pioggia gelida cadeva a mucchietti dai rami dei sempreverdi.
I tonfi della neve che cadeva spezzavano il silenzio quasi accogliente che dominava nel clima grigio. Dentro la grotta la temperatura era diversa ma la lupa non ci faceva caso: il pelo marrone la copriva meglio di qualsiasi altra coperta sia lei che la cucciolata che portava in grembo. Lo sguardo oscuro si spostò sul ventre gonfio, e rifletté che da lupa faceva molta meno impressione che da umana.
La luce scomparve  velocemente nel pomeriggio e non appena la luna si affacciò oltre i crinali sentì versi di diversa origine portati dal vento. Dovevano essere lupi, cinghiali, orsi, tassi o chiunque altro a Horlend avesse il dono di trasformarsi. Ed erano tutti alla sua ricerca.
Un baluginio sul crinale ad ovest, prozio contro la falce della luna la avvertì che una squadra stava perlustrando le vette. Un sorriso sarcastico le arricciò le labbra sottili, nascoste sotto il folto pelo: nessuno credeva possibile l'accesso a quella valle se non per le vette da quando il crepaccio era stato riempito da una frana.
Nessuno, se non chi ha dovuto sopravvivere e scavarsi con le unghie una galleria per uscire, pensò.
Si raggomitolò di più su se stessa , pensando al suo pelo ingrigito ed a quei figli postumi. Due ore dopo, nella quiete abbandonata dai cercatori dietro le spalle, sola, partorì.
      ***
Diciassette anni e ventiquattro giorni dopo.
Una giovane lupa dal pelo argenteo era sdraiata nella grotta e la folta e liscia coda batteva ritmicamente sul pavimento di pietra. Se l'avesse notato, tutta la valle era immersa nel silenzio, ma la giovane Awdril aveva ben altro a cui pensare.
“ Quella bacucca megera, ma chi si crede? E lei dovrebbe capire  miei problemi? E quei mocciosi sempre in mezzo ai piedi! Poi arriva quello grande. Maledetto lui! Non ci si può fidare di nessuno! Ah e perché certo, naturalmente poi della mora avevo bisogno no? Ma cosa è saltato in mente anche a me, anche a me...”.
Il rumore dei suoi stessi artigli che grattavano la pietra le riverberò nelle ossa e le fece accapponare il pelo sul collo che, lucido, riflesse la luna sul soffitto della caverna.
Non appena il rumore si spense nella valle, Awdril riuscì a sentire un po' di silenzio anche dentro la propria testa. Faceva parte del rituale della grotta ormai. Al suo arrivo tutto era caos, poi, in un lasso di tempo che si allungava ogni volta, si calmava. Chissà cosa davvero fermava il suo spirito inquieto, si chiedeva l'argentea. Forse il bosco, dove poteva cibarsi come credeva, forse la sensazione dell'odore della madre che per la prima volta l'aveva portata lì. Awdril ne ricordava poco e quel poco la delineava come severa ed oscura.
Sia per l'età avanzata che per il metodo d'istruzione della società di Horlend si erano separate presto, e la lupa bruna non aveva mai fatto ritorno da quella volta che era andata a cercare i condor...
ma ad Awdril la storia della madre non piaceva, anzi era permalosa sull'argomento e preferiva pensare  a quel legame con la grotta come ad un suo dominio personale. D'altra parte, considerata la bella vita che si faceva in città e tra le valli ampie e rigogliose, chi avrebbe desiderato andare a cercare un anfratto così ben nascosto in quell'impervia valle ad alta quota?
Così pensava la lupa mentre le palpebre lentamente calavano sugli occhi ambrati, quando d'improvviso un odore troppo freddo le pizzicò il naso.
Si scagliò con i canini snudati verso l'ombra che stava in quel momento stava volteggiando davanti all'imboccatura della caverna. Cozzarono fragorosamente testa contro testa e ruzzolarono alcuni metri più in basso, su un pianoro costellato di genziane chiuse.
L'ombra si rialzò per prima esponendosi alla luce lunare, anche se la cosa non migliorò granché la vista. Era una grossa lupa, il pelo così nero da sfumare nel blu e svelti occhi blu oceano.
Awdril si alzò ringhiando, ma la lupa non si fece intimidire ed avvicinò al muso dell'argentea quattro schiocchi di mascella rapidissimi. La lupa sentì il sangue salirgli alla testa e caricò. Gli occhi blu dell'altra sfavillarono come diamanti: stava aspettando solo quello.
Sul pianoro iniziò una silenziosa coreografia interrotta dai latrati, fino a che la nera, saltando, attaccò la grigia, che si rivoltò. Ne seguì una zuffa in cui non si risparmiarono colpi, ma immersa in una pioggia di zolle di terra e odore di pigna bruciata.
Quando la luce della luna, spingendo via una nuvola, tornò a fare da lanterna sulle genziane, Awdril si trovò con le spalle ed il bacino inchiodati a terra dai gomiti e dalle ginocchia di Dayra.
Entrambe si fissarono con i denti scoperti come facevano da lupe ma ben presto stropicciarono la bocca.
“Hai finito?”
“Tu hai finito?!”
“Può darsi. Come stai?”
“Al momento be... Aspetta, tu cosa ci fai qui?”
“Sì beh, direi che sei viva, a terra ed incazzata nera.”
“DAYRA, COSA CI FAI QUI?”
“Non è importante, per te.”
“Dayra!”
“Secondo te?” La risposta della ragazza dai capelli neri sibilò nell'aria mentre litigavano nel sostenere l'una lo sguardo dell'altra.
“Voglio che tu me lo dica”
“E io voglio che ti trovi una risposta DA SOLA!” La testa della grigia scattò verso l'alto, mordendole un orecchio.
“Come va la mano?” Disse la nera ignorandola.
“Meglio, l'ho strofinata nell'erica. Non fa più male e sembra meno gonfia”
Uno sbuffo si condensò davanti a Dayra.
“Meno male! Sei stanca, Awdril?” Il gomito della nera si sollevò e l'argentea sentì il sangue ricominciare a fluire nel braccio.
“Sì, andiamo a dormire”.“Monterò di guardia”. Awdril la guardò stupefatta.
“Dayra, chi vuoi che arrivi fino a qui?”
La ragazza dai capelli neri si guardò le mani pallide e le ginocchia reduci dallo scontro e dall'impresa.
“Nessuno che non sia o molto pazzo o molto ben motivato”sussurrò.
      ***
il sole era già lontano dalla sua nascita quando i suoi raggi caldi andarono a lambire il muso striato di nero di Awdril. La ragazza, ancora sotto forma di lupo come aveva dormito, aprì gli occhi. Non appena vide il sole le pupille le si dilatarono ed un lieve sorriso la scoprì i denti discromatici. Un attimo prima di alzarsi però avvertì un peso, abbandonato dal sonno ma reso leggero da una delicatezza speciale, all'altezza del costato. I polpastrelli martoriati di una pelosa zampa nera la cercavano. Awdril rimase interdetta per un minuto buono, poi s scostò con un abbaio.
Dayra scattò su quattro zampe, il pelo gonfio ed i sensi vigili. Osservò confusa il passo trotterellato dell'argentea che usciva dalla grotta senza tuttavia capire. Awdril, in pieno sole, si voltò a guardarla e le sorrise prima di immergere il muso nel ruscello a destra della grotta, dove un respiro rimase in sospeso, da usare per un'altra volta.
      ***
Dayra si scompigliò i corti capelli neri rassettando invece i vestiti. Dopo la mattiniera corsa dalla grotta al crinale e da lì per i boschi fino al casolare della valle contigua dove gli altri albergavano, le due erano sveglie e profumavano di pino e rugiada, anche se gli sguardi sembravano a prima vista abbastanza torvi. Awdril superò impigliandosi nei rami un biancospino.
“Dovremmo raggiungere gli altri proprio mentre partono”.
Dayra, saltando il cespuglio, annuì in silenzio. Gli altri ossia una scolaresca di sessanta persona di loro coetanei ed amici che stava svolgendo la settimana geografica annuale su e giù per le valli.
Quando la sera prima Awdril era scappata entrambe le sue migliori amiche l'avevano seguita con lo sguardo dal finestrone della camerata.
Dayra mise un sorriso triste osservando le spalle dell'argentea che stava già prendendo il sentiero per scendere più a valle: solo lei aveva sentito quel potente qualcosa dietro le costole che l'aveva trascinata fuori dal finestrone, nel buio e nella notte.
      ***
Il gruppo era chiassoso e colorato. Awdril entrò con disinvoltura raggiungendo l'ala destra, dove un eterogeneo gruppo di ragazze in jeans aspettava chiacchierando. Senza smettere di parlare, gli sguardi seguirono la mora e l'argentea. Dayra appoggiò la fronte alla spalla della sua compagna di banco senza però inserirsi nel discorso: le ombre sotto e dentro i suoi occhi danzavano parlando fin troppo al suo posto.
Sabrina le picchiettò sulla spalla. Dayra si girò sulla sua spalla e vide Awdril alcuni metri più in là intenta a discutere allegramente con Emma e Victoria.
“É ora di partire” la informò gentilmente la voce di Sabrina.
Il sorriso che comparve per un motivo sconosciuto sulle labbra di Awdril mentre discuteva con le sue migliori amiche fece tabula rasa delle sue altre emozioni e la fece sorridere per questo.
Dayra si odiò per questo.
      ***
La comitiva si snodava lungo il sentiero immerso nella foresta. Il sole illuminava i picchi come fossero una secolare e cristallina corona di ghiaccio.  Le piante, perlopiù conifere, sembravano coppie di ballerini abbigliati nei toni dello smeraldo.
Awdril osservava il paesaggio ammirando come il Sole rendesse tutto così... le mancarono le parole. Di tanto in tanto scambiava qualche battuta con Emma, ma ignorava deliberatamente Dayra. Da parte sua la ragazza camminava con la testa su un altro pianeta.
Awdril alzò di nuovo lo sguardo, e gli occhi ambrati sembrarono caramellarsi nel calore del Sole.
Un sorriso le si dipinse sulle labbra, pensando al coyote biondo. Dimorava proprio lì, accanto al Sole, come un suo satellite. Ed infatti lei ne era rimasta abbagliata tempo prima, e come chi guarda fissa il sole poi perde per qualche tempo la vista, così anche nel suo cuore aveva dimorato a lungo quell'immagine. Da quel momento l'argentea desiderava. Desiderava raggiungere il Sole.
Persa nei suoi pensieri, l'argentea nemmeno si accorse che il gruppo stava biforcandosi tra la foresta ed il sentiero. D'un tratto sentì una presenza alla sua destra. Si fermò di scatto e si guardò attorno: il sentiero si era improvvisamente fatto più ripido e silenzioso, anche se il vociare rimbombava alle sue spalle. Gli occhi blu di Dayra la fissavano, mentre un'espressione piatta sembrava scolpita sul viso pallido della ragazza.
“Si passa per il bosco”. Awdril si voltò come se si fosse trovata lì per caso e gratificò la nera con un sorriso che le lasciò l'amaro in bocca, riprendendo poi il passo col gruppo che stava procedendo.
      ***
Era ormai un paio d'ore che il gruppo procedeva, quando in un pianoro gli insegnanti decisero di sostare. I ragazzi si accamparono a capannelli, cominciando a sfilare dagli zaini gli album. Sul quaderno di Dayra lo schizzo apparve in fretta, nonostante una stanchezza micidiale le torturasse ogni muscolo che potesse sentire. I capelli neri le coprirono gli occhi mentre cercava nella borsa qualcosa che potesse svegliarla. Accanto a lei, Sabrina e Awdril lavoravano sui blocknotes. D'altra parte era un'iniziativa scolastica.
Awdril alzò la matita dal foglio, poco soddisfatta. Prima ancora che potesse chiederla, Dayra le appoggiò con una delicatezza che aveva osservato riservare a poche persone la gomma bianca nell'angolo dell'album. Awdril la guardò stupita mentre gli occhi blu guidavano la matita a ridefinire il profilo delle montagne. Un sorriso di cortese sfida si dipinse sulle labbra sottili di Dayra.
      ***
La parete si ergeva in tutta la sua altezza senza preoccuparsi delle facce spaventate della scolaresca. Gli insegnanti passarono tra ragazzi e ragazzi smistando diversi gruppi di ascesa. Appena definiti questi ultimi, i ragazzi cominciarono con sfottò che crearono una sfida. Dayra, con gli spallacci tirati osservò le rocce senza scomporre minimamente l'espressione del viso. Ad un fischio, la prima batteria di scalatori salì a tempo di record la parete ancora illuminata dal Sole.
Ne passarono diverse, e lo sguardo stanco degli occhi blu cominciò ad annoiarsi. Fino a quando una macchia un po' troppo appariscente rispetto agli altri attrasse il suo sguardo. Il corpo snello di Awdril si arrampicò sulla parete superando di gran lungo le altra ragazze. Suo malgrado, Dayra sorrise.   
      ***
Il giorno seguente gli insegnanti decisero che si sarebbero svolte le escursioni libere. La notizia fu accolta con un ovazione poco dopo la cena e tutta la scolaresca andò stranamente a dormire presto, e la baita fu avvolta da un manto di silenzio. Dayra, nella camerata da sette con Sabrina, Awdril, Emma e Victoria teneva un occhio aperto ed uno chiuso. Era quasi assolutamente certa che l'argentea sarebbe uscita di nuovo e, considerato che nelle escursioni libere nessuno contava mai nessuno, non sarebbe tornata. Ma era quasi altrettanto certa che no volesse essere seguita di nuovo. Si alzò sui gomiti e guardò giù dal terzo piano del letto a castello. Tutto dormivano saporitamente. Si lasciò cadere sul materasso e sospirò. L'ennesima immaginazione?
      ***
I capelli argentei e boccoluti erano sparsi a raggiera attorno al suo viso affondato nel cuscino. Aveva sentito le molle del letto a castello cigolare, e anche Dayra si era introdotte nel flusso di pensieri che inutilmente tentava di arrestare. Il Sole era splenduto (ndr. Esiste ed è giusto, certifica l'Accademia della Crusca) magnificamente su tutta la giornata, ma quel senso di irraggiungibile e rifiuto che circondava il coyote la straziava. In più, quel malumore che cercava solo talvolta di nascondere la faceva arrivare a fine giornata con una greve sensazione nei confronti degli altri. Dayra era l'esempio più lampante. Osservò il suo braccio scivolare fuori dalla coperta. I muscoli ben delineati, la pelle liscia come la conosceva, il polso coperto dal bracciale e le mani massacrate. Chiusa gli occhi e tentò di rilassarsi, poi si alzò senza fare rumore e fece per andare a sdraiarsi sul letto rimasto libero più vicino alla finestra. Quando fu a pochi passi però, si accorse che un paio di occhi blu oceano la fissavano. Fece per voltarsi, ma una mano si tese rapida ma delicata verso di lei.
“Le coperte sono pesanti, ma il letto è più freddo e largo degli altri, si può stare in due” sussurrò senza doppi fini Dayra. Awdril si sedette e si appoggiò alla testiera del letto. Si sorrisero, osservando la luna.
      ***
Accelerava il passo praticamente senza rendersene conto, cercando solo di creare nella sua testa un tracciato del percorso che stava seguendo sul ricordo della cartina. Sentì il respiro accelerare e senza nemmeno controllare di essere sola, Awdril si trasformò. Il pelo argenteo creò un piccolo lampo di riflesso, ma non se preoccupò. Cominciò a correre. Era certa che nessuno l'avrebbe seguita, aveva fatto l'escursione mattutina con gli altri apposta per non essere poi considerata scortese nel fare in solitaria quella del pomeriggio. Era la sua volta buona: poteva raggiungere il Sole.
D'un tratto però si accorse di non essere così sola come pensava. Una lupa nera la osservava pronta a scattare, pochi passi alla sua sinistra. Awdril le lanciò uno sguardo di fuoco.
“Ignorami” disse la nera.
“Non posso.”.
“Suvvia, non dovrebbe essere così difficile. Sei mica così allenata?”
“Perché mi stai seguendo?”. Vide il muso nero incresparsi.
“Non desidero che tu ti faccia male. Non mi interessa dove vai, mi interessa solo che tu stia bene. Ma sai, di questi tempi, nessuno risponde mai sinceramente quando gli si chiede come sta. Quindi preferisco arrangiarmi da sola.”.
Awdril impiegò alcuni istanti a comprendere cosa la nera volesse intendere, ma appena lo colse scattò nel bosco. La nera partì come un fulmine dietro di lei. Era una sfida che non le avrebbe condotte da nessuna parte dal momento che si eguagliavano, ma nessuna delle due se ne curava.
La nera le tagliò la strada un paio di volte, almeno quante l'argentea le fece perdere la tracce. Dopo soli dieci minuti di gioco entrambe ridevano felici. Salirono e ridiscesero diversi crinali boscosi, fino a quando, ansimanti, non giunsero su un pianoro spazzato da un vento gelido. Attorno a loro si stendeva una vista mozzafiato: tante valli che si dipartivano a raggiera attorno al picco su cui si trovavano, altopiani forniti, pascoli e vicino all'orizzonte anche Horlend.
Ma tutto sembrava la tela di un pittore stesa sotto di loro, i loro respiri si dissolvevano nell'aria rarefatta. Fu così che Dayra lo vide. Aveva sentito diverse volte Awdril parlare a Emma di lui, ma il coyote non era nemmeno lontanamente ciò che aveva immaginato. Lo vide solo per un istante, poi scomparve dietro al Sole. Il primo sentimento che provò le salì in un latrato cattivo, che si mozzò a causa della mancanza di ossigeno nella gola.
Awdril si voltò al rallentatore e nei suoi occhi brillò la scintilla della vecchia felicità, ma vide la coda dritta del coyote sparire dietro al sola. In quel momento una voce di tuono le invase le orecchie, ed il muso del coyote si profilò al centro del Sole.

Dayra non riusciva a muoversi, non riusciva a parlare, non riusciva nemmeno a capire. Tanto meno a sentire cosa l'argentea dicesse o discutesse. Un sentimento ancora più pesante del dolore che già conosceva la fece cadere e piegare. Sollevò la testa indomita. Stare così vicino al sole era pericoloso per una creatura oscura come lei, figlia della notte più nera. Ma non avrebbe lasciato Awdril.
Si concentrò su di lei, ed attese.

Dopo un tempo che parve infinito, l'argentea si voltò. Nei suoi occhi danzavano spettri sconosciuti insieme alla ragione, l'amore insieme alla morte. Dayra si alzò e la fissò, senza lasciar trasparire nulla, troppo concentrata. Awdril fissò gli occhi color ambra dentro quelli blu oceano della nera, e prese di scatto un respiro. Nei suoi occhi ricomparve con un lampo la sua essenza, e Dayra sorrise.
Il sole scomparve di colpo, lasciando il posto alla sera stellata. Le due lupe si tramutarono in ragazze. Dayra scosse la testa, stordita. Dinanzi a lei, Awdril fece lo stesso. Appoggiò con delicatezza le sue labbra a quelle di Dayra, che la raccolse tra le braccia, proteggendola.
Rimasero così a lungo, tutto il tempo che che dentro a quegli occhi blu era stato solo un sogno. Dayra nemmeno respirava: aveva troppa paura di spezzare l'incantesimo. Ad un certo momento però, Awdril si scostò da lei e le sorrise. Poi cadde come addormentata.





NOTE DELL'AUTRICE:
Questa storia è nata come un regalo di Natale. Ci sono persone secondo me che sono capaci di essere fottutamente importanti, e forse questo tira fuori qualcosa di nuovo da noi ogni volta. Perciò sia a voi, gentili lettrici e lettori, sia a te, destinatari, spero sia piaciuta. A presto.

  
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