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Autore: potters_continuous    26/12/2012    1 recensioni
E ho paura, ok, una fottuta paura, non di spingermi troppo oltre, ma del fatto che, probabilmente, se succedesse, non mi importerebbe, anzi, sarei solo felice, ma non ho le palle di levarmi di mezzo subito, nonostante sappia di essere un peso per tutti. Perché non dovresti scappare? Perché dovrei fidarmi?”
“Perché ti amo…” Un sussurro appena udibile, ma che risuonò fragoroso come un tuono nella testa della bionda che riprese a piangere, ma si fece stringere in un abbraccio.
Ispirata all'omonima canzone di P!nk
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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“Allison, aspettami! Ti sono riusciti tutti gli esercizi di trigonometria? Io sono completamente negata e, per di più, il professore Harrison mi odia e mi interrogherà, di nuovo!”
esclamò Katie, poggiando una mano sulla spalla della ragazza che aveva finalmente raggiunto e respirando profondamente per riprendersi dalla corsa.
“ Sì, se vuoi, una volta entrate in classe,te li fac-” Non riuscì  neanche a terminare, prima di essere investita da un getto di granita gelata. Mai tenere gli occhi aperti! Mai! L’aveva nuovamente dimenticato e adesso le bruciavano terribilmente.
I pezzetti di ghiaccio colorato le scendevano lungo la schiena provocandole brividi freddi, poi cadevano a terra, formandole una pozza appiccicosa attorno ai piedi. I suoi lisci capelli biondi si erano trasformati in una massa inestricabile e i vestiti si erano macchiati. Si leccò le labbra: fragola, avessero almeno scelto un gusto più decente! Cercò di spostarsi i rimasugli dalla faccia e, dopo esserci riuscita, più o meno, la prima cosa che vide fu Sally Adams, la capo cheerleader, seguita da uno stuolo di ochette in divisa e palestrati senza cervello. Sbuffò infastidita, ma rassegnata a dover fronteggiare l’ennesima pubblica umiliazione. Lanciò un’occhiata pregna di disprezzo e disgusto all’ammasso di studenti raccoltosi lì attorno per lo spettacolo, soffermandosi particolarmente su Katie che stava ricevendo complimenti e pacche sulle spalle per aver aiutato nella realizzazione del piano.
Aveva sul serio creduto di esserle amica, ma avrebbe dovuto aspettarselo. D’altronde chi desidererebbe mai di avere a che fare con una sola e sfigata secchiona lesbica, bullizzata dai più popolari della scuola?
“Ops! Credo che mi sia sfuggita di mano…non ti dispiace, vero?”
chiese ironicamente Sally, sfoggiando un falso sorriso e suscitando già le prime risatine. No, no, no, Allison non l’avrebbe data vinta a quella stronza replicando, stava solo cercando di provocarla.
“In fondo, i tuoi capelli e la tua faccia possono solo aver subito un miglioramento e quei vestiti dovevi buttarli comunque… oh, dimenticavo, tu non hai neanche i soldi per mangiare alla mensa, figurati se ne hai per comprare abiti nuovi, anzi, è più probabile che tu questi li abbia rubati… a un barbone.”
Non avrebbe neanche pianto, sarebbe rimasta impassibile e imperturbabile… almeno all’esterno.
“Hai davvero pensato che qualcuno ti ritenesse accettabile o frequentabile? Povera illusa, a nessuno importa di te, nessuno ti ama!” Dopo questa affermazione la cheerleader scoppiò a ridere, a lei si unì poi tutto il gruppetto. Ecco, non c’era riuscita, le lacrime erano sgorgate dai suoi occhi senza che potesse fermarle, come se le fosse esplosa una diga interna.
“Guardate! Piange, povera piccola. Ti stiamo offendendo per caso? Su, rispondi!” Continuare a ignorarla, poteva fare solo questo, già aver pianto era stato un gesto azzardato.
“Stai zitta? Ok, te la sei cercata, lesbica del cazzo!” Sally schioccò le dita e uno dei bestioni dietro di lei le si avvicinò con sguardo minaccioso. Ancora prima di capire cosa sarebbe successo, uno spintone le strozzò il respiro in gola e l’avrebbe sicuramente fatta anche cadere rovinosamente al suolo, se non fosse stata frenata da due braccia pallide e sottili, ma salde.
“Cosa fai Anderson? Sei la nuova fidanzatina della sfigata? Su, levati di mezzo o dobbiamo pestare anche te a causa di quella pervertita?” Allison si sarebbe aspettata di crollare sul freddo pavimento, poiché nessuno si metteva contro Sally, nessuno che volesse sopravvivere, almeno, ma la ragazza non sciolse l’abbraccio, anzi, la strinse maggiormente e, sotto lo sguardo stupito di tutti, ribattè:
“ Non faccio quello che mi dice di fare una stupida puttanella che si sente a suo agio con se stessa solo calpestando gli altri e capeggiando un gruppo di stronzette che sono la sua brutta copia e dei ragazzi che potranno trovare lavoro solo in un fastfood e che le danno ascolto solo per quello che ha in mezzo alle gambe. Siete voi i malati, non Allison. Ora fatemi il piacere di levarvi dalle palle o mi farò strada picchiandovi uno per uno!”
Per un lungo attimo, dopo quelle parole, tutto sembrò cristallizzarsi, poi la ragazza-senza-ancora-un-nome trascinò Allison verso il bagno delle ragazze, non senza lasciare prima un paio di ringhi d’avvertimento per chiunque avesse tentato si seguirle.
                                  
 
 
La porta del bagno sbattè violentemente e quel brusco suono risvegliò Allison dalla trance in cui sembrava essere caduta dalla prima parola pronunciata da Sally. Guardò, per la prima volta davvero, la sua salvatrice e si rese conto di conoscerla. Quella ragazza bassina e sottile, con i capelli neri e ricci scompigliati che le ricadevano a coprirle gli occhi di un azzurro intenso e profondo, la pelle chiara arrossata per la rabbia, e che si torceva le piccole mani curate come se stesse ancora rimuginando sul tornare indietro e spaccare qualche osso a quella massa di imbecilli, era una delle sue compagne di corso. Era sempre stata l’unica gentile con lei, le si sedeva vicino, le sorrideva e la aiutava con i compiti.
Le piaceva un sacco, anche troppo, e proprio per questo e per il timore di essere respinta e maltrattata anche da lei, non le aveva mai parlato. La salvatrice fece qualche passo in avanti e allungò timidamente una mano verso Allison che, però, indietreggiò spaventata fino a toccare con la schiena le piastrelle fredde che ricoprivano i muri del bagno.
“Non aver paura, sono io, Leila, e voglio solo aiutarti.”
La bionda rimase ancora qualche secondo immobile, poi rassicurata dall’espressione e dai gesti dolci dell’altra, si riavvicinò titubante.
“Togli la maglia… cioè, intendevo… ne ho una in più e… sì, puoi… se vuoi… mi volto!” balbettò Leila, mentre anche le orecchie le si tingevano di un rosso scarlatto. Allison si aprì in un piccolo sorriso che però non raggiunse i suoi occhi verde smeraldo e fece come le era stato detto. Si pulì nel miglior modo possibile, cercando di togliere tutta la granita possibile dai capelli e dal corpo, condizioni igieniche dei bagni permettendo, ma mentre stava indossando la maglietta pulita, fu afferrata per il braccio sinistro.
“ Cosa sono questi? Come te li sei fatti?” chiese la mora preoccupata osservando le cicatrici, alcune più vecchie, altre ancora sanguinanti, di cui era ricoperta la pelle dell’altra che, però, continuava a fissarla con uno sguardo spento e senza reagire.
“ Te li sei fatti da… da sola? Ti prego, rispondimi!”
Quando Leila scoppiò in lacrime, finalmente qualcosa si smosse in Allison. Ritirò il braccio e, stringendoselo al petto e fissandola irata, sibilò:
“Non sono affari tuoi! Smettila di piangere! Tu non c’entri, non sai nulla!”
“Allora, dimmelo tu! Voglio solo esserti d’aiuto, non ti abbandonerò…” La bruna fu interrotta dall’altra.
“Non dirlo, non dirlo! Non è vero! Non ci credo! Lo farai proprio come hanno fatto tutti! Come mia madre, che è morta lasciandomi sola, come mio padre, che da quando lei non c’è più ha cominciato a bere e a picchiarmi, come se fosse colpa mia! E’ anche stato licenziato e io devo mantenerci facendo la cameriera e la commessa. Non posso comprare nulla se non il necessario e forse non potrò più nemmeno studiare. E qui a scuola non va meglio, i più gentili mi ignorano, gli altri mi insultano e pestano per il taglio dei capelli, per i vestiti, perché studio troppo e perché mi piacciono le ragazze. Non ce la facevo più, ho cominciato a provare odio per me stessa e quindi ho preso a tagliarmi.
Più mi taglio, maggiormente mi odio e viceversa in un circolo vizioso senza fine. E ho paura, ok, una fottuta paura, non di spingermi troppo oltre, ma del fatto che, probabilmente, se succedesse, non mi importerebbe, anzi, sarei solo felice, ma non ho le palle di levarmi di mezzo subito, nonostante sappia di essere un peso per tutti. Perché non dovresti scappare? Perché dovrei fidarmi?”
“Perché ti amo…” Un sussurro appena udibile, ma che risuonò fragoroso come un tuono nella testa della bionda che riprese a piangere, ma si fece stringere in un abbraccio.
“Perché sei bellissima e intelligente, dolce e simpatica, perché so che hai bisogno di qualcuno a cui importa e che ti aggiusti e che soprattutto ti ricordi quanto tu sia perfetta nella tua imperfezione. E, Dio, sarei la ragazza più felice del mondo se tu mi permettessi di farlo!” Leila concluse il suo discorso posando un lieve bacio a stampo sulle labbra di Allison, poi la guardò. Sorrideva. Un sorriso radioso, smagliante e sincero che le illuminava gli occhi lucidi di lacrime e il viso ancora sporco. Sapeva benissimo che questo era solo l’inizio, ma lei ci sarebbe stata per farla sorridere in quel modo meraviglioso, sempre. Tutto si sarebbe aggiustato, forse il momento perfetto sarebbe arrivato tra due settimane o forse tra cinque anni, ma non importava, lei di certo non aveva alcuna fretta.   
   
 
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