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Autore: itsjudsie    26/12/2012    9 recensioni
"‘Vivi ogni giorno come fosse l’ultimo’ dicono. Beh, questo era veramente l’ultimo."
"Trattenni il respiro e chiusi gli occhi. Passarono uno, due, venti secondi. Trenta. Un minuto. Ormai cominciavo a perdere i sensi. Lui non tornava."
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Episodi - what if?'
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Il progetto Pandora – La chiave di volta. 4x15 – 4x16
 
Mi voltai per guardare dal finestrino posteriore della mia auto, su cui mi trovavo insieme a Castle, a pochi secondi dall’uccisione del probabile uomo più potente del mondo. Non avremmo mai saputo perché ci aveva portati in questo molo, a quest’ora di sera.
Non avevo idea di cosa fosse il progetto Pandora e sinceramente avevo paura di scoprirlo.
«È più pericoloso di quello che pensavo». Queste erano state le parole pronunciate da quest’ultimo, prima di scendere dall’auto e morire davanti ai nostri occhi.
Questo caso diventava sempre più difficile, e ci capivo sempre meno.
Lanciai un’occhiata interrogativa a Castle e con la coda dell’occhio vidi un’auto sfrecciare a tutta velocità verso di noi.
Mi girai verso il volante e cercai di mettere in moto la macchina più velocemente che potevo.
Una botta fortissima, per fortuna avevamo le cinture di sicurezza. La macchina dietro di noi era arrivata e ora ci stava spingendo verso l’acqua.
«Frena!» la voce preoccupata del mio partner mi arrivò lontana.
«Non ci riesco!» stavo provando in tutti i modi ma i comandi non rispondevano.
«Frena, Kate!»
«Non ci riesco! Non funziona, non ci riesco!»
Arrivammo al limite del molo e ci voltammo a guardarci.
Un salto, e poi il contatto con la superficie dell’Hudson.
Mi sentii come un pesce rinchiuso nella boccia sbagliata. Intorno a me solo acqua.
Provai a tirare dei pugni al finestrino, ma l’unico risultato che ottenei fu una mano dolorante.
Accanto a me Richard sii slacciò la cintura, e lo stesso cercai di fare io, ma non ci riuscii.
«Castle, dammi una mano!» lo guardai, e nei suoi occhi vidi solo il panico.
Continuavamo ad andare a fondo, sempre di più.
Si avvicinò e cercò di liberarmi dalla morsa che mi teneva immobile al sedile dell’auto, ma era bloccata. Qualche strattone, ma niente. Lo sentii imprecare sottovoce.
Feci un respiro profondo e mi venne un’idea.
«La pistola!» pensai ad alta voce, e la cercai nella fondina. «Non c’è! Mi sarà caduto quando ci sono venuti addosso». Andava sempre peggio.
Il livello dell’acqua mi arrivava alle caviglie e pian piano continuava a salire.
«Provo a cercarla dietro» disse lui e si allungò verso i sedili posteriori, cominciando a cercare.
«Non la trovo, Kate! Non c’è, non la trovo!»
Cazzo.
L’acqua era al polpaccio.
Tornò seduto e tentò anche lui di sfondare il vetro con le mani. Sapevamo che sarebbe stato inutile ma eravamo prossimi alla morte, avremmo provato qualsiasi cosa.
Poi si rassegnò.
Andavamo sempre più giù.
Lo guardai negli occhi. Non ci sarebbe stato niente da fare.
‘Vivi ogni giorno come fosse l’ultimo’ dicono.
Beh, questo era veramente l’ultimo.
Mi prese la mano e la strinse nella sua.
Chiusi gli occhi e mi scese una lacrima, che però asciugai subito.
«Kate..» pronunciò il mio nome con voce rotta.
L’acqua arrivava alle ginocchia.
Da una parte ero felice, perché lui sarebbe stato l’ultima persona che avrei visto nella mia vita, ma dall’altra ero arrabbiata con me stessa perché fino a quel momento non avevo fatto nulla per quello che c’era tra noi. E adesso ormai era troppo tardi.
«Kate, guardami..»
Mi morsi il labbro e chiusi gli occhi, stringendoli, perché sentivo che altre lacrime erano in arrivo.
Sentii la sua mano calda sul mio viso, e le sue dita che mi accarezzavano la guancia, asciugandomi le gocce di disperazione che scendevano lungo il collo.
Finalmente riuscii a guardarlo. Si era avvicinato tantissimo rispetto a prima. Con la mano legata alla mia si teneva su, appoggiata al mio sedile.
I suoi occhi non erano mai stati così belli.
O forse non li avevo mai guardati così da vicino.
Il cuore mi batteva fortissimo, ma non riuscivo a capire se era perché sapevo che sarei morta o perché lui era a dieci centimetri da me.
«Ascoltami» era così vicino che appoggiai la fronte alla sua. Ora riuscivo a vedere tutte le sfumature azzurre di quello sguardo che non smetteva di fissarmi.
«Troveremo un modo» disse.
Ma come, credeva ancora che ce l’avremmo fatta?
Testardo pure in queste situazioni, riconoscevo che era proprio lui.
L’acqua alla vita.
Mi spostò dietro l’orecchio i capelli che mi erano caduti sul viso.
«Adesso cerco ancora la pistola così poi spariamo alla cintura e usciamo da qui» sì, ci credeva ancora.
Detto questo staccò la mano dalla mia e si immerse di nuovo.
Ero rimasta sola.
L’acqua ormai era arrivata a metà portiera.
Mi coprii il viso con le mani. Volevo solamente riaprire gli occhi e vedere che era tutto un sogno.
Uno stupido sogno. Uno di quelli che ti fa star male, perché mette insieme il tuo desiderio più grande con la tua più grande paura.
Castle non tornava su.
È vero, saremmo morti entrambi, ma volevo stare con lui fino all’ultimo.
Ma non tornava.
L’acqua saliva sempre più velocemente, ormai mi sfiorava le spalle.
Ancora un attimo e sarei affogata, costretta immobile dalla cintura di sicurezza.
Trattenei il respiro e chiusi gli occhi.
Passarono uno, due, venti secondi. Trenta. Un minuto. Ormai cominciavo a perdere i sensi.
Le mie mani, che fino a quel momento stringevano la collana di mia madre, allentarono la stretta e cominciò a fluttuare nell’acqua.
Poi percepii due spari.
Castle.
 
Cominciai a tossire, sentivo i polmoni pieni d’acqua.
Feci un grande respiro, cercando di recuperare un po’ d’ossigeno.
Ero stesa sull’asfalto e la luce dei lampioni mi accecava. Piano mi alzai in piedi e mi guarda intorno. Castle era sul bordo del molo a qualche metro da me, accovacciato sui talloni e coi gomiti appoggiati alle ginocchia si teneva il volto tra le mani. Poi le spostò ai capelli e rivolse lo sguardo verso l’alto.
Si alzò in piedi e le sfregò sulle braccia, aveva solo la camicia bagnata e c’era freddo.
Mi sentii in colpa, addosso avevo la sua giacca.
Mi spostai dal viso i capelli bagnati e incrociai le braccia, facendo qualche passo verso di lui.
Mi sentì e si girò di scatto. Accennò un sorriso e mi tirò verso di sé, stringendomi tra le sue braccia.
Mi appoggiai con la testa nell’incavo del suo collo e respirai il suo profumo.
Era tutto ciò che volevo.
Avevamo rischiato di morire più di ogni altra volta.
Poi prese il mio viso tra le mani e semplicemente mi baciò. Io ancora con le braccia incrociate appoggiata al suo corpo e lui che mi teneva dalla schiena per non lasciarmi allontanare.
«Grazie» sussurrai, e come risposta ricevetti un altro bacio.

 

Note:Era da un po’ che lavoravo a questa One Shoot,
e finalmente grazie alle vacanze natalizie sono riuscita a finirla.
Spero vi piaccia, fatemi sapere che ne pensate, ci tengo molto:)
 
Beh, che altro dire, CASKET. CASKET OVUNQUE.
Asdfghjkl.
 
Bacioni!
 

  
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