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Autore: micRobs    26/12/2012    4 recensioni
Sebastian/Thad | Fluff/Angst, Missing Moment
Dal testo: "Aveva sfidato se stesso, proprio perché consapevole di quanto fosse importante per lui quella vittoria: se le Provinciali vanno bene, gli dico tutto. E lui aveva intenzione di essere onesto con se stesso e rispettare la parola che si era dato. Il fatto che sperava di trovare Thad addormentato era solo un dettaglio di relativa importanza."
Tentativo di spiegare l'assenza di Thad durante le Provinciali; tutta per la mia metà.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Sebastian/Thad
Genere: Sentimentale, Romantico, Angst/Fluff, Generale.
Avvertimenti: Slice of life, possibile Missing Moment pre - 4x08 (tentativo di giustificare l’assenza di Thad durante le Provinciali). Alternativa meno fluffosa alla “Challenge Accepted” di Vals.
Rating: Verde
Parole: 3256 (secondo Word)
Note d’Autore: Questa fan fiction doveva essere il mio regalo di Natale per Vals. Dico doveva, perché lei l’ha già letta e quindi addio sorpresa *rotfl*. No, il fatto è che non mi fido di nessuno come di lei e per me è stato inevitabile sottoporgliela. Io ne sono abbastanza spaventata e ammetto di avere un’ansia non indifferente, perché non ho mai scritto di un Sebastian così e temo di essere andata gloriosamente OOC. Un grazie in anticipo a chiunque si fermerà a leggere e, nulla, avevo detto che avrei postato un paio di shot oggi: questa è la prima!
Note di betaggio: La diretta destinataria di questo regalo/non regalo <3

 
I’ll do my best
to always be on your mind.

 
«Cosa accidenti significa?»

Sebastian, impassibile nel suo stoicismo, voltò una pagina del libro che stava leggendo, senza preoccuparsi di sollevare lo sguardo su Thad che in quel momento irrompeva nella stanza che condividevano.

«Non ho idea di cosa tu stia parlando, Harwood» si limitò a rispondergli.

Thad assottigliò gli occhi e si chiuse la porta alle spalle con malagrazia. «Secondo me lo sai fin troppo bene» ribatté. «Cosa diavolo ti è saltato per la testa?»

L’altro non rispose, facendo aumentare a dismisura la rabbia di Thad. Sebastian era sempre stato meschino e menefreghista, ma quello era troppo anche per lui e Thad non riusciva a credere che qualcuno potesse arrivare a quei livelli di cattiveria.

«Sto aspettando» lo esortò. «Voglio sapere perché lo hai fatto. Mi odi così tanto, maledizione?»

Sebastian fece una smorfia e accarezzò con il polpastrello il bordo di una pagina, continuando a prestare attenzione alla propria lettura piuttosto che al ragazzo che pretendeva una spiegazione alle sue spalle.

«Chi ti dice che sia stato io?» Domandò solamente.

Thad sbuffò e fece un paio di passi verso il centro della camera. «Chi altro può essere così maledettamente stronzo ed egoista?»

«Il mondo è pieno di stronzi egoisti.»

«Vaffanculo, Sebastian, mi devi una spiegazione» sbottò Thad, portandosi al suo fianco e pretendendo attenzione. «Sono le mie ultime Provinciali, come hai potuto farmi questo?»

Il ragazzo sollevò lo sguardo, rivolgendogli un’occhiata di sufficienza. «Appunto, sono le nostre ultime Provinciali e dovevo assicurarmi la vittoria.»

«Facendo fuori me?»

Thad era sconcertato: per mesi aveva provato a capire Sebastian e a sforzarsi di creare un minimo di rapporto con il ragazzo. Sapeva che la causa era persa in partenza, ma credeva che dopo tutto quel tempo passato a condividere la stanza avessero almeno imparato a non pestarsi i piedi a vicenda. Una simile pugnalata alle spalle non se la sarebbe mai aspettata.

«Come si dice» spiegò l’altro, chiudendo il libro e alzandosi in piedi per fronteggiarlo. «Il fine giustifica i mezzi.»

«Avevo avuto il mio assolo per maggioranza di voti» gli fece notare Thad. «Nessuno temeva di perdere se avessi cantato anche io.»

Sebastian inarcò entrambe le sopracciglia e sorrise sornione. «Questo perché i ragazzi non si rendono conto di quanto possa essere disastrosa la tua presenza sul palco.»

«Sei un egoista del cazzo» sputò fuori Thad, tutto il risentimento che provava per lui caricato in quelle parole. «Tu pensi veramente di poterti comportare come se il mondo ti dovesse un favore e tutto ti sia dovuto?»

L’altro fece una smorfia e inclinò appena la testa di lato. «Non prendertela, Harwood» commentò, ignorando completamente le parole di Thad. «Magari uscirà una strofa per te alle Regionali.»

Thad ingoiò un ringhio e, stringendo il pungo e contando fino a dieci, provò a far scemare la rabbia che sentiva esplodergli nel petto e che, lo sapeva, non si sarebbe fatto scrupoli ad indirizzare contro Sebastian.

Okay che non andavano d’accordo, se ne era fatto una ragione ed aveva smesso da tempo di essere caritatevole e altruista nei suoi confronti. Ma, porca miseria, un minimo di cameratismo e spirito di condivisione erano alla base di qualsiasi convivenza pacifica: quanto era difficile avere a che fare con quel tipo?

«Come lo giustificherai agli altri? Le Provinciali sono domani, ritieniti fortunato se non verranno a farti lo scalpo.»

«Basterà dire la verità» meditò Sebastian, senza scomporsi. «Ovvero che sei insufficiente in due materie e il preside ti ha impedito di prendere parte alla competizione.»

«Solo perché tu sei andato a denunciarglielo» si alterò Thad, furente come poche volte nella sua vita. «Dio, ma si può essere più meschini?»

Il ragazzo roteò gli occhi e si portò davanti allo specchio. «Senti» e Thad strinse il pungo, perché la calma di Sebastian era direttamente proporzionale alla sua rabbia repressa. «Non era il momento di far cantare anche te: fattene una ragione e mettiti l’animo in pace. La prossima volta, se la maggioranza sarà dalla tua parte, potrai avere qualcosa in più di qualche “ohh, ohh” di sottofondo.»

Thad stava per ribattere, sicuro che adesso niente sarebbe più riuscito a reprimere il suo istinto di far del male fisico a Sebastian, quando il telefono del ragazzo squillò e quello, con un sorrisino ed un’alzata di spalle, si volatilizzò fuori dalla camera, lasciandolo da solo a metabolizzare quanto appena accaduto e provare a trovare un senso a quella discussione da cui temeva di essere uscito miserabilmente sconfitto.

 

*°*°*°

 
Thad sollevò lo sguardo dal libro, gettando un'occhiata distratta all'orologio a parete. A quell'ora i ragazzi avrebbero dovuto essersi già esibiti, ma lui non aveva il coraggio di chiamare per informarsi circa l'esito della performance. A ben pensarci, non ne aveva neanche voglia perché, qualsiasi fosse stato il risultato, sarebbe stato indipendente dalla sua presenza e questo proprio non poteva sopportarlo.

Sedeva sul letto, gambe incrociate e schiena al muro, davanti a sé giaceva un libro aperto ad una pagina a caso. In realtà non stava leggendo, concentrarsi era impossibile ed aveva la testa completamente altrove.

Per quanto si sforzasse, non riusciva a comprendere la natura del gesto di Sebastian e, per quanto ci provasse, non riusciva ad impedirsi di starci male.
Sebastian non era mai stato particolarmente ricolmo di spirito di gruppo e predisposizione al lavoro di squadra. Thad lo sapeva e lo aveva accettato, ma sapeva anche che, dai fatti del febbraio di quell'anno, Sebastian era cambiato molto e sembrava aver messo da parte i suoi piani machiavellici e tutte le azioni che comprendessero ricatti o atti di bullismo. Certo, rimaneva presuntuoso, borioso e arrogante ma, dopo l'estate, il suo egocentrismo era ulteriormente scemato e i ragazzi avevano addirittura giurato di essere riusciti a portare avanti un'intera conversazione con lui senza offese o battute spiacevoli.

Il problema - se poteva definirsi un problema, poi - era che con Thad il suo comportamento rimaneva invariato. Continuava a tenerlo a distanza, ad impegnarsi per essere odioso e saccente, a sviare i suoi tentativi di portare avanti un discorso civile e a distruggere sul nascere tutti i suoi tentativi di provare a conoscerlo. Alla fine lui ci aveva rinunciato, sebbene se ne rammaricasse enormemente.

Quell'ultima azione lo aveva ferito però perché, per quanto apparentemente privo di senso, rappresentava una cattiveria gratuita, messa in atto con il solo scopo di fargli male e privarlo di ciò che lo rendeva più felice. Thad non riusciva proprio a spiegarsi cosa avesse fatto di male a Sebastian per meritarsi un simile trattamento, perché il ragazzo ce l'avesse con lui a tal punto da arrivare addirittura a farlo allontanare dagli Warblers.

Aveva preferito rimanere in camera, piuttosto che andare con loro. I ragazzi avevano provato a persuaderlo, ma Thad era stato irremovibile: già era abbastanza difficile sapere che si sarebbero esibiti senza di lui; assistere addirittura, mentre Hunter prendeva il suo posto per quegli unici due versi che era riuscito a guadagnarsi, sarebbe stato anche peggio.

Umiliante, ecco cos’era. Sebastian lo aveva umiliato e Thad non si sarebbe dato pace fino a che non avesse capito il perché.

 

*°*°*°

 
Quando Sebastian ritornò ai dormitori, l'orario del coprifuoco doveva essere iniziato da un pezzo perché il corridoio era completamente immerso nell'oscurità e il silenzio che vi regnava era soffocante e ovattato.
Si era dileguato in fretta, lasciando i ragazzi ad intrattenersi della sala del coro e millantando la necessità di una dormita di cui non aveva realmente bisogno.

I Warblers si erano complimentati con lui per il successo dell'esibizione e, dai sorrisi cordiali che gli avevano rivolto, Sebastian aveva dedotto che Harwood non li avesse messi al corrente del suo coinvolgimento nella sua sospensione.

Meglio così: aveva già troppe spiegazioni da fornire a se stesso e al suo compagno di stanza, giustificarsi con gli Warblers era l'ultimo dei suoi progetti.
Giunse davanti alla porta della propria camera prima di quanto avesse previsto e si ritrovò ad indugiare volutamente sul posto, conscio di non poter rimandare ulteriormente quel confronto inevitabile.
Aveva sfidato se stesso, proprio perché consapevole di quanto fosse importante per lui quella vittoria: se le Provinciali vanno bene, gli dico tutto. E lui aveva intenzione di essere onesto con se stesso e rispettare la parola che si era dato. Il fatto che sperava di trovare Thad addormentato era solo un dettaglio di relativa importanza.

Nella camera vigeva la penombra. Sebastian ci mise qualche attimo ad abituare gli occhi ma, una volta fatto, non gli fu difficile identificare la sagoma del ragazzo inequivocabilmente addormentato.

La luce dell'abat-jour lo illuminava parzialmente ma Sebastian non poté impedirsi di trovarlo oltremodo bello e di sorridere alla posizione scomodissima in cui si era addormentato.

Magari aspettava che tornassi.

Se ne stava seduto sul letto con le gambe incrociate e il cappuccio della felpa tirato fin sulla fronte, la testa piegata di un lato e le guance arrossate. Il ragazzo rimase impalato sull’uscio, perché sperava di trovarlo addormentato, vero, ma non in quel modo. In quel modo era tremendamente peggio.
Fece violenza su sé stesso per staccarsi da lì e chiudersi la porta alle spalle; si spogliò del blazer e allentò la cravatta, dando le spalle a Thad per evitare di ritrovarsi ad avvicinarsi a lui e fare qualche stupidaggine.

La situazione gli stava sfuggendo di mano, Sebastian se ne rendeva conto ogni giorno di più, ma non aveva idea di come fare a gestirla o affrontarla. O risolverla.

Il problema era che non vedeva via d’uscita. Gli sembrava di star percorrendo una strada obbligata: un’unica direzione, niente curve o deviazioni, con una meta ben visibile e chiara. Peccato che la suddetta strada fosse malamente asfaltata, dissestata e disseminata di ostacoli di qualsiasi genere e difficoltà. Sebastian non era certo di sapere come fare ad arrivare dall’altra parte e, la maggior parte delle volte, si ritrovava a compiere errori, barare e ricorrere a scorciatoie non troppo oneste – che, comunque, lo riportavano al punto di partenza. Come quella sua ultima geniale trovata. Dio, ma come gli era passato per la testa?

Si sbottonò i polsini della camicia e si passò una mano dai capelli per accompagnare il sospiro rassegnato che gli aveva lasciato le labbra, nel voltarsi finalmente verso il letto gemello al suo. Merda. Non aveva idea di che ora fosse, ma era piuttosto certo che fosse tardi e che – merda, di nuovo – Thad non potesse continuare a dormire in quella posizione.

Meditò un attimo sul da farsi e, con studiata cautela, si avvicinò al ragazzo, cercando un modo per farlo stendere senza necessità di svegliarlo. Tutta quella premura non era proprio da lui.

Si morse un labbro, sperando di essere il più delicato possibile ma, nel momento in cui chiuse e posò sul comodino il libro che giaceva davanti alle gambe di Thad, il ragazzo si mosse leggermente ed aprì gli occhi.
Sebastian si immobilizzò, mentre Thad si stropicciava il viso e sbatteva più volte le palpebre, facendogli attorcigliare lo stomaco in maniera piuttosto fastidiosa.

«Cosa sta…?» Sollevò lo sguardo su Sebastian e inarcò un sopracciglio nel trovarlo così vicino. «Cercavi di soffocarmi con un cuscino o cosa?»

L’altro si lasciò andare ad un sospiro tutt’altro che tranquillo, mentre si schiariva la voce e indossava nuovamente la maschera. O, almeno, ci provava.

«Se avessi voluto soffocarti con un cuscino» spiegò, ostentando indifferenza, «lo avrei già fatto svariati mesi fa.»

Thad si tenne sulla difensiva, continuando a fissarlo con circospezione, mentre stiracchiava le gambe e miagolava per il fastidio dell’intorpidimento.
Sebastian sorrise a quella vista, ma il compagno parve svegliarsi improvvisamente, tant’è che puntò nuovamente lo sguardo nel suo e lo inchiodò lì.
«Le Provinciali? Che è successo? Voglio sperare abbiate vinto, Smythe, altrimenti non te lo perdoner-»

«Sono andate bene, Harwood» lo interruppe con tono incredibilmente calmo. «Dubitavi delle mie capacità come leader?»

Thad roteò gli occhi. «Tra te e quell’altro, la presunzione si svende, vedo.»

«Sto solo constatando l’ovvio» lo informò Sebastian. «Metterti al corrente delle mie potenzialità non è presunzione. È più… un servizio di pubblica informazione.»

«Come se questo fosse meno presuntuoso da parte tua.»

L’altro scrollò le spalle e affondò le mani nelle tasche. «Vedila come ti pare» ovviò, «cercavo solo di riempire le tue lacune.»

Thad non rispose; si limitò a ritirarsi le gambe al petto e a distogliere lo sguardo. «Ho notato» commentò, «sembra tu non abbia problemi a… riempire le lacune che io lascio in giro.»

Oh, dunque era quello il momento. Sebastian non era certo di essere pronto per affrontarlo.

«Harwood» iniziò, pacatamente. «Mi pare di averti già suggerito di fartene una rag-»

«Mi odi così tanto?» Lo interruppe Thad, gli occhi scuri e profondi di nuovo in quelli di Sebastian che, dal canto suo, si sentì sopraffatto dall’intensità e dalla delusione con cui il ragazzo lo stava fissando. «Che ti ho fatto?» Continuò spedito. «Non mi sembra di averti mai pestato i piedi o… rubato il ragazzo o ucciso il gatto. È perché lascio la mia roba in giro? No, perché se il motivo è quello – ed è seriamente l’unica cosa a cui puoi appellarti, Sebastian – una simile bastardata non è neanche lontanamente giustificata.»

Sebastian rimase in silenzio, consapevole che nessuna occasione sarebbe stata mai più propizia di quella ma, quando stava per aprire bocca e ribattere, Thad continuò la sua arringa con intensità crescente. «Ma anche se fosse, cazzo, qualsiasi sia la ragione, erano due versi! Quanti problemi ti creava il fatto che cantassi due miseri vers-»

«Fin troppi» riuscì a mormorare, la gola improvvisamente secca e un’innaturale voglia di allontanarsi da lì che non poteva proprio permettersi di assecondare.

Thad lo fissò con espressione confusa e Sebastian, preso un respiro sufficientemente profondo, provò a spiegare. «Era la tua presenza sul palco a crearmi problemi.»

Sospirò allo sguardo interrogativo di Thad, ma immaginava che non sarebbe stato affatto semplice quel momento, sapeva che non sarebbe bastato quello. Deglutì, cercando di richiamare a sé la sua proverbiale parlantina, e si sedette sul bordo del letto, senza pensarci eccessivamente.

Teneva gli occhi fissi davanti a sé, non osando incrociare quelli di Thad per evitare di rendere la situazione ancor più insostenibile. «Sono sempre stato particolarmente bravo nell’eccellere, sai» provò a prendere la strada più lunga, per calmarsi nel tragitto. «Mi riesce piuttosto facile, forse perché… non lo so, il mio critico più severo sono proprio io e sento il bisogno di essere perennemente all’altezza delle aspettative e dei traguardi che mi pongo» fece una pausa, avvertì lo sguardo di Thad bruciargli la schiena e, in risposta, strinse le dita intorno al materasso per il bisogno che aveva di sentirsi ancorato alla realtà. «Amo dimostrare agli altri di essere capace in qualcosa e amo sapere che gli altri sappiano che io sono il migliore. Non ci vedo nulla di male, non riesco ad impedirmi di continuare a spingermi oltre il limite e ricercare la gratificazione di me stesso, prima che di un qualsiasi idiota che passi.»

«È tutto molto interessante, Sebastian, ma io temo di non-»

«Lasciami finire» quasi si ritrovò ad implorarlo: se gli faceva perdere il filo del discorso era la fine. «Essere il leader dei Warblers – seppur condividendo quel ruolo con Clarington – mi dà la possibilità di fare tutto ciò. Innalzarmi una spanna sopra tutti gli altri e avere la consapevolezza che voi tutti contiate su di me come membro più competente. Non è una questione di lavoro di squadra o spirito di gruppo» ci tenne a precisare, prima che Thad provvedesse a farglielo notare. «Ho bisogno di occupare quel ruolo, necessito di quella gratificazione perché non riesco a concepire di essere allo stesso livello di voialtri – senza alcuna cattiveria stavolta, davvero»

Ed eccola la parte difficile. Sebastian chiuse gli occhi e sperò che la voce non lo tradisse proprio in quel momento. «In una competizione così importante, si presume che il leader sia al suo massimo per portare i compagni alla vittoria. Se io do segni di incertezza, di conseguenza coinvolgo anche voi e comprometto l’esito della performance. E non posso permetterlo.»

Voltò appena la testa di lato, fissando Thad da sopra la spalla e scorgendolo perfettamente immobile – schiena al muro e gambe al petto – ad ascoltare le sue parole con rinnovato interesse.

«Se ci sei tu, io non riesco ad essere al massimo» buttò fuori, prima di poter anche solo pensare di cambiare idea. «Se ci sei tu, io non riesco ad essere perfetto. E non posso proprio permetterlo.»

Lo disse quasi con rabbia, pentendosene un attimo dopo, ma non riuscendo a non riempire quelle parole del fastidio che provava nel sentirsi così debole in presenza di Thad.

Quest’ultimo aggrottò la fronte e boccheggiò un paio di volte, prima di deglutire e mormorare: «Continuo a non vedere come…»

Lasciò la frase in sospeso e Sebastian si ritrovò a sospirare perché, porca miseria, avrebbe anche potuto provare a rendergli le cose un pochino più semplici. Ruotò il capo, in un movimento deciso, agganciando i suoi occhi a quelli di Thad e incatenandolo lì. «Tu mi confondi, Thad» confessò, rabbrividendo all’effetto che facevano quelle parole pronunciate a voce alta: nella sua testa  avevano un suono differente. «Quando ci sei tu, io mi dimentico come si» respira, «fa ciò che devo fare.»

Thad sgranò gli occhi e schiuse la bocca e Sebastian ne approfittò per girarsi completamente verso di lui.

«Ti dimentichi come si canta?» Domandò il ragazzo, sconcertato.

L’altro sospirò. «Ti prego, non farmelo ripetere» e Thad annuì, sebbene l’espressione sul suo viso fosse ben lontana dal rappresentare tranquillità.

«E quindi hai pensato bene di farmi tagliare fuori dal coro?» Chiese, aggrottando la fronte. «Invece di, non so, dirmelo e basta?»

Sebastian fece una smorfia e, senza neanche rendersene conto, si portò indietro e posò la schiena alla parete, accanto a Thad.

«Non ho visto altre alternative» spiegò, con una scrollata di spalle. «Non puoi proprio biasimarmi.»

Thad si voltò a guardarlo, sempre più sconvolto. «Hai preferito lasciarmi qui ad odiarti per tutta la sera? Farmi scandagliare ogni dettaglio della nostra conoscenza, provando a capire cosa avessi fatto per meritarmi quel trattamento?»

Thad era arrabbiato e Sebastian non si aspettava niente di differente da quella reazione. Aveva fatto una cazzata e, per quanto nobile fosse il fine, restava comunque una cazzata di dimensioni cosmiche.

Non rispose, ma il silenzio non durò a lungo perché, pochi istanti dopo, Thad lo ruppe di nuovo. «Devo lasciare definitivamente gli Warblers, quindi?» Domandò, una nota di incertezza nella voce che non sfuggì a Sebastian. Si voltò verso di lui, tenendo il capo ben posato alla parete e scoprendo gli occhi di Thad a fissarlo, silenziosi.

«Non se recuperi le insufficienze in chimica» rispose, sforzandosi di sorridere sebbene si sentisse completamente paralizzato dalla vicinanza di Thad. «Posso darti una mano» propose, decidendo di ignorare completamente il senso della domanda, «sono piuttosto bravo in quella materia.»

L’altro scrollò le spalle. «Lo sai cosa intendevo.»

«Lo so» assicurò. «Ma non sono certo di volere che tu smetta di ronzarmi intorno.»

Thad si morse un labbro e Sebastian quasi si sentì morire al modo in cui si stava sforzando di reprimere l’enorme sorriso che minacciava di nascergli sul viso.

«Dobbiamo trovare comunque una soluzione» gli fece notare, mentre la mano di Sebastian si posava sulla sua, molto poco casualmente.

«Possiamo pensarci domani» propose il ragazzo, riempiendo gli spazi tra le sue dita con le proprie e sentendo Thad trattenere il respiro a quel gesto. «Adesso puoi confondermi quanto vuoi» e si assicurò di non mettere alcuna traccia di malizia in quelle poche parole.

Sollevò lo sguardo su di lui, sorridendo di rimando al sorriso incantato che gli rivolgeva Thad e stringendo di più la sua mano.

«Farò del mio meglio.»
 


 
The End.
   
 
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