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Autore: ladyme    26/12/2012    4 recensioni
Era un teatro di Torino come tanti, non era il Regio o lo Stabile, quelli hanno le poltrone comode, no, era un teatro di periferia nella zona tra gli stabilimenti di Mirafiori e il Comunale, pochi posti a sedere, forse neanche trecento, e un palco più profondo che largo.
Quella sera ero lì perché mia sorella avrebbe ballato, sì, mi sentivo così fiera di lei, ma mai avrei immaginato d’incontrare loro o meglio lui.
«È vero ci sono ragazze più belle di te, ma se sono qui, vuol dire che con loro non ho flirtato tutta la sera attraverso degli sguardi abbastanza espliciti». Aspettava una risposta, ma io non riuscivo a capire quale fosse quella giusta, forse non capivo proprio neanche la domanda. «Ho voglia di baciarti, posso?».
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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The day I first met you

You told me you never fall in love

 

 

Odiavo sedermi nella prima fila della platea durante gli spettacoli, perché si è costretti a tenere il viso rivolto verso l’alto per via del palco rialzato, ma nonostante tutto mia madre non l’aveva ancora capito, così anche quella sera avevo sentito una fitta al collo ancora prima che lo spettacolo iniziasse.

 

 

Era un teatro di Torino come tanti, non era il Regio o lo Stabile, quelli hanno le poltrone comode, no, era un teatro di periferia nella zona tra gli stabilimenti di Mirafiori e il Comunale, pochi posti a sedere, forse neanche trecento, e un palco più profondo che largo.

Quella sera ero lì perché mia sorella avrebbe ballato, sì, mi sentivo così fiera di lei, ma mai avrei immaginato d’incontrare loro o meglio lui.

Lo spettacolo era iniziato da almeno mezz’ora; a sketch comici si intervallavano momenti musicali o balletti, ma fu quando entrarono Luca e Andrea che la serata prese una svolta inaspettata e benedii mia madre di essere in prima fila.

Loro erano un duo comico alle prime armi, entrambi di Torino, lo si capiva dall’accento marcato di entrambi; Andrea era alto, capelli chiari un po’ trasandati e maglietta delle maniche corte sopra ad una a maniche lunghe, sembrava più serio rispetto Luca, il quale era più basso, indossava un abbigliamento più anonimo, e l’orecchino a forma di cerniera e la vocina simpatica con cui si era presentato era ciò che colpiva di più di lui.

Mia madre si sporse verso di me, ignorando l’espressione di mio padre turbata.

«Quello a sinistra è proprio carino», sorrisi annuendo. Già, Luca era proprio carino, e nonostante i film mentali avessero già preso possesso del mio cervello, la parte razionale di me mi urlava che era troppo grande rispetto i miei diciotto anni e che dopo stasera non l’avrei più rivisto.

Eppure perché mi sarei dovuta negare quella sensazione di farfalle nello stomaco, di sorrisi involontari e gioia verso il mondo?

Risi molto quella sera, ed ogni volta che lo sguardo di Luca s’incrociava con il mio o quando lui si avvicinava di più al limite del palco nella mia direzione, il mio cuore saltava un battito, era una cosa incredibile, che non mi succedeva da tempo, forse troppo per comprendere che quello era un vero colpo di fulmine.

 

 

Lo spettacolo era durato poco più di due ore, la mezzanotte si stava avvicinando ed io stanca da quella giornata, ero appoggiata al muro fuori dai camerini, con un caffè della macchinetta in mano,  in attesa di mia sorella, pregando, non so bene chi, che decidessi di struccarsi poi a casa e non lì.

«Ti sei sporcata» disse una voce apparentemente a me lontana, il tempo di abbassare lo sguardo verso la maglia e mi trovai con il dito di qualcuno che batteva sul mio naso ridendo. Non ci potevo credere, ero caduta in quello stesso scherzo che facevo ogni giorno ai miei amici. «Fregata!».

«Simpatico.. Oh ma tu sei..». Indicai il palco, lui continuava a ridere, dovevo avere un’espressione davvero divertente in viso.

«Sì, io ero sul palco. Mi chiamo Luca».

«Lo so», risposi velocemente sorridendo. Cadde il silenzio lui mi fissava, io abbassavo lo sguardo. Le voci delle persone che uscivano dal teatro sembravano più forti.

«Guarda, se non vado errato, in questo momento tu dovresti o cacciarmi guardandomi come un essere ripugnante o dirmi il tuo nome». Scoppiò a ridere mentre io diventavo rossa.

«Cosa? Oh sì, giusto, mi chiamo Beatrice», risposi quasi mangiandomi le parole. «Che imbranata», sussurrai.

«No, non sei imbranata, però hai un futuro come comica. Cosa ci fai qui? Aspettavi me?». Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa. «E chi? Non dirmi Andrea».

«No, sto aspettando una persona bellissima, dolcissima e per cui darei la mia stessa vita», dissi sorridendo e finendo il caffè ormai tiepido.

«Non ci credo, sei fidanzata con uno di quel trio di comici che non faceva ridere?», sembrava sorpreso. «O è un ballerino di hip hop?».

«Perché dovrei aspettare proprio il mio ragazzo e non mia sorella?». Come nei cartoni animati la mascella sembrò toccargli terra, non ci aveva pensato, poi ritornò sorridente. «Tu invece che puoi, perché non vai a casa?».

«Sto aspettando Andrea, è andato a prendere la macchina e poi chi ti dice che io sia di qui?», alzai un sopracciglio e risi. «Si sente l’accento, vero?». Annuii. «Tu di che zona sei?». Mi morsi il labbro inferiore, cos’era tutta quella curiosità? «Dai, non vengo mica a rapirti…».

«Fuori Torino». Lui storse la bocca e poi sollevò le spalle. «Guarda che quello mi sembra Andrea», dissi indicando oltre la porta vetrata dietro di lui. Luca si voltò, fece un gesto all’amico che annuendo mise in moto la macchina e si allontanò. «Che gli hai detto?».

«Che devo finire di provarci con te».

«COSA?». Scoppiai a ridere. «Tu sei pazzo, provarci con me? Guarda quante belle ragazze ci sono là, non sono mica grasse come me, non sono imbranate e non rischiano di prendersi una storta ogni volta che camminano sui tacchi, ti prego vai da loro».

«Non ero mai stato scaricato in questo modo, di solito mi dicono che preferiscono Andrea, e non di andare con un’altra perché quella è più bella». Arrossii e abbassai lo sguardo mentre mi spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «È vero ci sono ragazze più belle di te, ma se sono qui, vuol dire che con loro non ho flirtato tutta la sera attraverso degli sguardi abbastanza espliciti». Aspettava una risposta, ma io non riuscivo a capire quale fosse quella giusta, forse non capivo proprio neanche la domanda. «Ho voglia di baciarti, posso?».

«Cosa? Qui davanti a tutti, tanto per fare?». Mi prese per mano, scostando le persone davanti all’uscita con delle piccole spinte mi portò fuori dal teatro, si guardò intorno. «Dove mi stai portando?». Sorrise.

«Fidati», feci un respiro profondo e lo seguii, mentre mi conduce nel retro del teatro, dove c’era qualche panchina e dei cespugli di bosso ben curato, il tutto era illuminato da due piccoli lampioni. «Prima dicevo davvero, ho voglia di baciarti, lasciamelo fare solo una volta, ti prego...», mi supplicò facendo due passi verso di me, e stringendo di più la mia mano. Sorrisi facendo a mia volta un passo verso di lui. «Aspetta», disse allontanandosi. «Lo sai che finita questa notte noi non ci vedremo più, vero?». Annuii. «E nonostante tutto non è solo orgoglio, vero?». Annuii. «E che..».

«Senti o mi baci ora o me ne vado» dissi prepotente, lui rise. «Sei così figo quando ridi». Avvicinò il suo viso al mio, strinse il mio corpo contro il suo, poi passò la lingua sul suo labbro inferiore, per poi morderselo. «Baciami ti prego». Chiusi gli occhi e dischiusi appena le labbra, sentivo il suo respiro sul mio viso, era lì…

 

 

«Beatrice sei sveglia? Beatrice?!». Mia madre urla dal corridoio. «Devi andare a scuola, è tardi». Apro gli occhi, mi sento lievemente confusa, come se stesse per succedere qualcosa.

Mi guardo allo specchio, le occhiaie violacee sotto gli occhi segnano il mio viso, le labbra sono gonfie. Sorrido. Apro la porta, mia madre è lì che mi aspetta con le braccia incrociate al petto. «Ma a che ora sei tornata?».

«Tranquilla, erano le due circa». Mento, erano almeno le quattro, per fortuna posso entrare dalla porta sul retro così da non passare davanti alla camera dei miei. «Sono rimasta a chiacchierare un po’ con Luisa dopo che voi siete andati via, solo che la macchina l’ho lasciata da lei, mi ha accompagnata lei a casa tanto doveva venire dai suoi». Sbuffa allontanandosi, odia che lascio la macchina in giro, specialmente a Torino. Torno in camera, sul comodino il cellulare lampeggia. Un messaggio delle 5.03 AM.

 

Sono arrivato a casa, bella nottata.

Ho già voglia di baciarti, spero che

tu me lo lascerai fare al più presto.

Ti passo a prendere alle due. Luca

 

Sorrido, sollevo la maglietta e ne annuso il profumo di Luca.

 

 

Odiavo sedermi nella prima fila della platea durante gli spettacoli, perché si è costretti a tenere il viso rivolto verso l’alto per via del palco rialzato, ma da quella sera iniziai ad amarlo, sì, perché non c’era nulla di più eccitante che quegli sguardi che Luca mi lanciava nascosti tra le sue battute e quelle di Andrea.

 

 

Rebecca Is Here:

Hello Everybody!!

Era almeno un mese che non scrivevo più niente, quindi trovarmi qui, alla fine di una storia completamente fluff, mi sembra strano.

Sono stata ispirata da avvenimenti realmente accaduti e da personaggi reali, pur mantenendo gran parte di fantasia.

In conclusione vi propongo umilmente questa piccola creazione e ringrazio chiunque la leggera.

Grazie.

Baci Becky

   
 
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