The day I first
met you
You told me you
never fall in love
Odiavo sedermi nella prima
fila della platea durante gli spettacoli, perché si è costretti a tenere il viso
rivolto verso l’alto per via del palco rialzato, ma nonostante tutto mia madre
non l’aveva ancora capito, così anche quella sera avevo sentito una fitta al
collo ancora prima che lo spettacolo iniziasse.
Era un teatro di
Torino come tanti, non era il Regio o lo Stabile, quelli hanno le poltrone
comode, no, era un teatro di periferia nella zona tra gli stabilimenti di Mirafiori
e il Comunale, pochi posti a sedere, forse neanche trecento, e un palco più
profondo che largo.
Quella sera ero lì perché
mia sorella avrebbe ballato, sì, mi sentivo così fiera di lei, ma mai avrei
immaginato d’incontrare loro o meglio lui.
Lo spettacolo era
iniziato da almeno mezz’ora; a sketch comici si intervallavano momenti musicali
o balletti, ma fu quando entrarono Luca e Andrea che la serata prese una svolta
inaspettata e benedii mia madre di essere in prima fila.
Loro erano un duo comico
alle prime armi, entrambi di Torino, lo si capiva dall’accento marcato di entrambi;
Andrea era alto, capelli chiari un po’ trasandati e maglietta delle maniche
corte sopra ad una a maniche lunghe, sembrava più serio rispetto Luca, il quale
era più basso, indossava un abbigliamento più anonimo, e l’orecchino a forma di
cerniera e la vocina simpatica con cui si era presentato era ciò che colpiva di
più di lui.
Mia madre si sporse
verso di me, ignorando l’espressione di mio padre turbata.
«Quello a sinistra è
proprio carino», sorrisi annuendo. Già, Luca era proprio carino, e nonostante i
film mentali avessero già preso possesso del mio cervello, la parte razionale
di me mi urlava che era troppo grande rispetto i miei diciotto anni e che dopo
stasera non l’avrei più rivisto.
Eppure perché mi sarei
dovuta negare quella sensazione di farfalle nello stomaco, di sorrisi involontari
e gioia verso il mondo?
Risi molto quella
sera, ed ogni volta che lo sguardo di Luca s’incrociava con il mio o quando lui
si avvicinava di più al limite del palco nella mia direzione, il mio cuore
saltava un battito, era una cosa incredibile, che non mi succedeva da tempo, forse
troppo per comprendere che quello era un vero colpo di fulmine.
Lo spettacolo era
durato poco più di due ore, la mezzanotte si stava avvicinando ed io stanca da
quella giornata, ero appoggiata al muro fuori dai camerini, con un caffè della
macchinetta in mano, in attesa di mia
sorella, pregando, non so bene chi, che decidessi di struccarsi poi a casa e
non lì.
«Ti sei sporcata»
disse una voce apparentemente a me lontana, il tempo di abbassare lo sguardo
verso la maglia e mi trovai con il dito di qualcuno che batteva sul mio naso
ridendo. Non ci potevo credere, ero caduta in quello stesso scherzo che facevo
ogni giorno ai miei amici. «Fregata!».
«Simpatico.. Oh ma tu
sei..». Indicai il palco, lui continuava a ridere, dovevo avere un’espressione
davvero divertente in viso.
«Sì, io ero sul palco.
Mi chiamo Luca».
«Lo so», risposi
velocemente sorridendo. Cadde il silenzio lui mi fissava, io abbassavo lo sguardo.
Le voci delle persone che uscivano dal teatro sembravano più forti.
«Guarda, se non vado
errato, in questo momento tu dovresti o cacciarmi guardandomi come un essere
ripugnante o dirmi il tuo nome». Scoppiò a ridere mentre io diventavo rossa.
«Cosa? Oh sì, giusto,
mi chiamo Beatrice», risposi quasi mangiandomi le parole. «Che imbranata»,
sussurrai.
«No, non sei
imbranata, però hai un futuro come comica. Cosa ci fai qui? Aspettavi me?». Alzai
gli occhi al cielo e scossi la testa. «E chi? Non dirmi Andrea».
«No, sto aspettando
una persona bellissima, dolcissima e per cui darei la mia stessa vita», dissi
sorridendo e finendo il caffè ormai tiepido.
«Non ci credo, sei
fidanzata con uno di quel trio di comici che non faceva ridere?», sembrava
sorpreso. «O è un ballerino di hip hop?».
«Perché dovrei
aspettare proprio il mio ragazzo e non mia sorella?». Come nei cartoni animati
la mascella sembrò toccargli terra, non ci aveva pensato, poi ritornò
sorridente. «Tu invece che puoi, perché non vai a casa?».
«Sto aspettando
Andrea, è andato a prendere la macchina e poi chi ti dice che io sia di qui?»,
alzai un sopracciglio e risi. «Si sente l’accento, vero?». Annuii. «Tu di che
zona sei?». Mi morsi il labbro inferiore, cos’era tutta quella curiosità? «Dai,
non vengo mica a rapirti…».
«Fuori Torino». Lui storse
la bocca e poi sollevò le spalle. «Guarda che quello mi sembra Andrea», dissi
indicando oltre la porta vetrata dietro di lui. Luca si voltò, fece un gesto
all’amico che annuendo mise in moto la macchina e si allontanò. «Che gli hai
detto?».
«Che devo finire di
provarci con te».
«COSA?». Scoppiai a
ridere. «Tu sei pazzo, provarci con me? Guarda quante belle ragazze ci sono là,
non sono mica grasse come me, non sono imbranate e non rischiano di prendersi
una storta ogni volta che camminano sui tacchi, ti prego vai da loro».
«Non ero mai stato
scaricato in questo modo, di solito mi dicono che preferiscono Andrea, e non di
andare con un’altra perché quella è più bella». Arrossii e abbassai lo sguardo
mentre mi spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «È vero ci sono
ragazze più belle di te, ma se sono qui, vuol dire che con loro non ho flirtato
tutta la sera attraverso degli sguardi abbastanza espliciti». Aspettava una
risposta, ma io non riuscivo a capire quale fosse quella giusta, forse non
capivo proprio neanche la domanda. «Ho voglia di baciarti, posso?».
«Cosa? Qui davanti a
tutti, tanto per fare?». Mi prese per mano, scostando le persone davanti all’uscita
con delle piccole spinte mi portò fuori dal teatro, si guardò intorno. «Dove mi
stai portando?». Sorrise.
«Fidati», feci un
respiro profondo e lo seguii, mentre mi conduce nel retro del teatro, dove c’era
qualche panchina e dei cespugli di bosso ben curato, il tutto era illuminato da
due piccoli lampioni. «Prima dicevo davvero, ho voglia di baciarti, lasciamelo
fare solo una volta, ti prego...», mi supplicò facendo due passi verso di me, e
stringendo di più la mia mano. Sorrisi facendo a mia volta un passo verso di
lui. «Aspetta», disse allontanandosi. «Lo sai che finita questa notte noi non
ci vedremo più, vero?». Annuii. «E nonostante tutto non è solo orgoglio,
vero?». Annuii. «E che..».
«Senti o mi baci ora o me ne vado»
dissi prepotente, lui rise. «Sei così figo quando ridi». Avvicinò il suo viso
al mio, strinse il mio corpo contro il suo, poi passò la lingua sul suo labbro
inferiore, per poi morderselo. «Baciami ti prego». Chiusi gli occhi e dischiusi
appena le labbra, sentivo il suo respiro sul mio viso, era lì…
«Beatrice sei sveglia? Beatrice?!». Mia
madre urla dal corridoio. «Devi andare a scuola, è tardi». Apro gli occhi, mi
sento lievemente confusa, come se stesse per succedere qualcosa.
Mi guardo allo specchio, le occhiaie
violacee sotto gli occhi segnano il mio viso, le labbra sono gonfie. Sorrido.
Apro la porta, mia madre è lì che mi aspetta con le braccia incrociate al
petto. «Ma a che ora sei tornata?».
«Tranquilla, erano le due circa». Mento,
erano almeno le quattro, per fortuna posso entrare dalla porta sul retro così
da non passare davanti alla camera dei miei. «Sono rimasta a chiacchierare un
po’ con Luisa dopo che voi siete andati via, solo che la macchina l’ho lasciata
da lei, mi ha accompagnata lei a casa tanto doveva venire dai suoi». Sbuffa
allontanandosi, odia che lascio la macchina in giro, specialmente a Torino. Torno
in camera, sul comodino il cellulare lampeggia. Un messaggio delle 5.03 AM.
Sono arrivato a casa, bella nottata.
Ho già voglia di baciarti, spero che
tu me lo lascerai fare al più presto.
Ti passo a prendere alle due. Luca
Sorrido, sollevo la maglietta e ne
annuso il profumo di Luca.
Odiavo sedermi nella prima
fila della platea durante gli spettacoli, perché si è costretti a tenere il viso
rivolto verso l’alto per via del palco rialzato, ma da quella sera iniziai ad
amarlo, sì, perché non c’era nulla di più eccitante che quegli sguardi che Luca
mi lanciava nascosti tra le sue battute e quelle di Andrea.
Rebecca Is Here:
Hello Everybody!!
Era almeno un mese che non scrivevo più
niente, quindi trovarmi qui, alla fine di una storia completamente fluff, mi
sembra strano.
Sono stata ispirata da avvenimenti
realmente accaduti e da personaggi reali, pur mantenendo gran parte di
fantasia.
In conclusione vi propongo umilmente
questa piccola creazione e ringrazio chiunque la leggera.
Grazie.
Baci Becky