Sono Matthew Lockhart. 
Ho 16 anni, il mio nome è stato estratto per i quattordicesimi Hunger Games e ho intenzione di vincerli.

 

Loro sostenevano che essere scelti non fosse altro che un onore, in fondo venivi scelto per rappresentare il tuo intero distretto.
Potevi portare gloria ed essere oggetto di ammirazione da parte di tutti. Allora perchè ogni anno non riuscivo a chiudere occhio?
Sangue, morte e desolazione si alternavano nei pochi incubi confusi che riuscivo ad avere. Vorrei solo avere una vita tranquilla.
Il sole sorgeva tiepido sul Distretto 7, riflettendo la propria pallida luce sul torrente dietro la segheria. Nonostante l’aria fosse ancora fredda dopo la lunga nottata precedente, si sentivano i sordi colpi dell’ascia sul legno, segno che qualcuno stesse già lavorando.
Ero sveglio ma non volevo alzarmi dato che oggi ci sarebbe di nuovo stata quella cosa, quindi mi limitavo a tenere gli occhi chiusi.
«Alzati, ritardato!» esclamò Alex, mio fratello maggiore, entrato in camera mia per buttarmi giù dal letto. «Oggi c’è la Mietitura»
«Che grande scoperta» sbuffai rigirandomi fra le coperte.
Come potevo dimenticarlo?
Ogni anno, 23 persone venivano mandate verso una morte sicura senza una giusta motivazione.
Quello che non riuscivo a capire era perché nessuno si ribellasse, perchè tutti continuassero a subire il regime imposto da Capitol City.
Forse se tutti i distretti si fossero uniti avremmo avuto una possibilità di fermare quel mattatoio annuale. Forse tutti insieme avremmo potuto avere una possibilità. A quale prezzo, però?
«Ascolta, quest’anno non potrei salvarti la pelle nemmeno volendo» borbottò poi velocemente, interrompendo il mio flusso di pensieri.
In effetti, avendo da poco compiuto 19 anni, Alex non avrebbe più potuto nemmeno offrirsi volontario nel caso fossi stato estratto io, cosa che altrimenti avrebbe fatto.
Secondo lui non sarei sopravvissuto alla carneficina iniziale, quindi sarebbe stato inutile mandarmi. Dopotutto, era lui quello bravo con l’ascia, non io.
La mia occupazione principale era quella di leggere e di controllare che le lame della segheria di nostro padre fossero ben affilate.
«Come se ne sentissi tutto questo gran bisogno» ribattei girandomi dall’altro lato e cercando di riposare ancora qualche minuto, ma mio fratello me lo impedì.
«Se vieni estratto, sii te stesso»
«Cioè?»
Un corvo gracchiò al di fuori della finestra per poi svolazzare sulla cima di un pino a poca distanza da casa nostra.
«So che ti sei allenato con i coltelli, ma evita di ottenere punteggi alti perché attirano solo i Favoriti e basta.» iniziò mio fratello.
Nella malaugurata ipotesi in cui lui non avesse potuto offrirsi volontario, arrampicarmi sugli alberi e provare a centrare ceppi usando dei coltelli era ormai diventata una routine quotidiana, a volte riuscivo addirittura ad azzeccare il bersaglio.
«Devi fare l’idiota, così non si preoccupano per te e si ammazzano fra di loro. Non dovrebbe essere difficile per uno come te. Ma con 15 nomine non ti prenderanno di sicuro, figurati»
Le ultime parole famose.


Note dell'autore:
Okay, era da un po' che questa storia girovagava nei miei appunti e alla fine ho deciso di pubblicarla. Non siate troppo severi, è la prima volta che pubblico qualcosa e sicuramente ci sarà qualche errore sparso in giro. Vi prego di perdonarmi e spero che non vi faccia troppo schifo. Apprezzo ogni tipo di recensione, anche se critica, purchè sia costruttiva.
P.S. Questo era un prologo, i prossimi capitoli dovrebbero essere più lunghi. Grazie per aver letto e alla prossima!