Intervista col botto
Pediofobia
“Salve.”
L’omaccione sollevò la testa, squadrando il giovane che gli era appena
comparso dinanzi.
“Salve.” rispose in un grugnito, aggrottando
al contempo le sopracciglia scure.
“Dovrei entrare”
“E perché?”
“Come sarebbe perché? Ho un
appuntamento!”
“Dicono tutti così” si strinse nelle spalle
quello, incrociando le braccia sul petto enorme.
“E’ la verità!” guaì il ragazzo,
fissandolo con due occhi azzurrissimi e disperati “Ho... devo fare
un’intervista e...”
Paul gemette, il respiro che usciva tristemente in un
sospiro affranto:
“Non ha intenzione di farmi entrare, vero?”
“E’ un club molto esclusivo.”
“Lo so.”
“Molto, molto, ma molto esclusivo.”
“Non dovrebbe avere una lista?”
“Ce l’ho.”
“E non ha intenzione di controllare se per caso il
mio nome compare su quella lista?”
“Dovrei?”
Paul si strinse nelle spalle, reclinando il capo
all’indietro e osservando le gocce di pioggia che continuavano
imperterrite a cadere dal cielo:
“Quando vuole” sibilò “nessuna fretta.”
Passarono i secondi. Lenti, tragici, odiosi.
Allo scoccare del quarto minuto Paul strinse i denti,
serrando la mascella:
“Mi ascolti bene” cominciò, avvicinandosi di
un passo al buttafuori “Ho una dannatissima intervista da fare, okay?
Devo entrare in questo fottutissimo posto, altrimenti...”
“La stanno aspettando,
signor Mitchell.”
La grinta sbollì decisamente troppo in fretta.
“Co... come?”
“La stanno aspettando.” ripeté l’omone,
facendosi da parte per lasciarlo passare “Salga le scale a chiocciola e
giri a sinistra.”
Paul annuì, sbattendo ripetutamente le palpebre.
“Okay.” mormorò, strisciando all’interno
del locale e seguendo fedelmente le indicazione ricevute
“Okay.” continuò a ribadire, urtando lievemente una cameriera.
Sbucò in una sala più piccola, immersa nella penombra: un
mormorio sommesso ravvivava l’ambiente, amalgamandosi perfettamente alla
musica e alle risate.
Lasciò casualmente vagare lo sguardo fra i tavoli finché
non trovò quello che lo interessava davvero: a passo deciso si avvicinò e si
schiarì la gola.
“Buonasera.” salutò, attirando gli sguardi dei
tre occupanti.
Loro non risposero. E Paul temette di star per avere un
attacco di panico.
Tentò di sorridere, fallendo miseramente; spostò il peso da
un piede all’altro, la sensazione di star per svenire. S’inumidì le
labbra, cercando qualcos’altro, qualsiasi altra cosa, da dire.
E poi lo graziarono.
“Buonasera.” risposero quasi in contemporanea,
fissandolo con espressione strane.
“Grazie...” ansimò Paul,
crollando a sedere “Io...”
“Lei è completamente fradicio.” lo interruppe
Chris, inclinando il capo di lato.
“Eh, sì.” confermò Darren “Mi sa che
perde acqua, sa?”
“Co... come?”
“Sta scorrendo sul pavimento.” sogghignò Grant
a mo’ di spiegazione, portando il bicchiere alle labbra.
“Oh.” sussurrò Paul, squadrandosi con aria
assente “Sì, non fateci caso: è che sono rimasto per un po’ sotto
la pioggia.”
“Lo avevamo intuito.” ridacchiò Grant,
scuotendo divertito il capo.
“Lo ignori, la prego.” sorrise Darren.
“E’ ancora il suo primo bicchiere”
continuò Chris “Dopo il terzo migliora.”
“Sì, sì.” intervenne Grant “Idiozie a
parte, vediamo di concludere in fretta: le presentazioni sono necessarie?”
“Mitchell.” saltò su all’improvviso
Paul, porgendogli la mano “Paul Mitchell.”
Grant fissò la mano del biondino e con un sospiro la
strinse:
“E’ fradicia anche la tua mano, Paul.”
“Mi scusi, signor Gustin.”
“Oh, per l’amor del cielo!” sbottò Chris
“Non scusarti mai con lui, Paul, tienilo a mente.”
“Sì, signor Colfer.”
“Uh, non chiamarci signori!” guaì Darren
“Anzi, dacci anche del tu, te ne prego. Il tu rende più giovani, non credete?”
“Ho bisogno di un altro bicchiere.”
“Non fare lo stronzo, Grant.”
“Credevo sarebbe stata una cosa rapida e indolore.”
“Se dai al ragazzo la possibilità di cominciare
forse lo sarà.”
“Forse?”
“Ehm...” si schiarì
di nuovo la gola Paul, estraendo un registratore più vecchio di lui dalla borsa
“... quando volete io sono pronto.”
“Funziona quel coso?” fece Grant, squadrando con
occhio critico il nastro adesivo colorato che sembrava tenerlo insieme.
“A volte sì, a volte no. Dipende per lo più da me.”
“E’ la firma di Reynolds, quella?”
Paul sgranò gli occhi mentre la testa di Darren rispuntava
da sotto il tavolino:
“Mi è caduto il fazzoletto.” aggiunse,
stringendosi nelle spalle.
“Sì.” rispose poco dopo Paul, frizionandosi i
capelli con una mano “Dopo se vi va...”
“Non ci pensiamo neanche a firmare.” sbuffò
Grant “Ti decidi a farci queste dannatissime domande o vogliamo mettere radici
qui?”
“Oh, ma che stronzo!”
E la scena sembrò congelare.
“Prego?” sibilò Grant, assottigliando lo
sguardo, mentre i due al suo fianco trattenevano il fiato.
“Jessica Rabbit diceva:
non sono cattiva, mi disegnano così. Tu, invece, che scusa hai?”
“Ascoltami bene,
ragazzino...”
“Dì quello che ti pare, resta il fatto che sei uno
stronzo. Sorridere non uccide, lo sai? E nemmeno essere gentili con il prossimo.
Conosci l’educazione o nessuno ha mai accennato all’argomento con
te?”
“Non...”
“Ho perso l’ombrello e lì fuori c’è il diluvio universale; un
buttafuori che sembra il figlio non riconosciuto di Tyson e Mr. Incredibile
preferiva guardare la pioggia che mi cadeva addosso piuttosto che la lista con tutti i diavolo di nomi e, come se non bastasse, credo che i
boxer mi si siano ristretti per la troppa acqua assorbita.”
Paul prese fiato, un sopracciglio inarcato con indolenza:
“Credi di poter reggere ancora dieci minuti senza
sputare altro veleno?”
Grant tossì, lanciando un’occhiata ai due amici e
quindi rifocalizzando lo sguardo su di lui:
“Mi sei simpatico, sai?”
E il ghiaccio cominciò a sciogliersi.
“Posso ricominciare a respirare?” scherzò
Darren, il sorriso ancora incerto.
“Ordino da bere per tutti.” saltò su Chris,
annuendo con fare deciso.
“Quando volete io sono
pronto per cominciare.”
“Paul.” mormorò Grant “Ti chiamano Paulie?”
“No. Pop.”
“Pop? Come mai?”
“Storia lunga.”
“Ce l’hai con me, Pop?” ghignò Grant.
“Eccomi, eccomi.” ricomparve Chris
“Porgete i bicchieri, gente!”
“Ci siamo, Paul.” annuì Darren, bevendo un
sorso generoso “Spara.”
“Chris.” chiamò quello, accendendo il
registratore e stringendo fra le dita una penna ricoperta di brillantini
“E’ vero che da giovane sei stato vittima di bullismo?”
“Mmm...” confermò il
ragazzo “Sì. Al punto da costringermi a studiare in casa. Ho superato tutto, però.”
“E sei gay.”
“Sì.” rise Chris, reclinando il capo
all’indietro “Le due cose sono collegate, se vuoi.”
“Com’è stato studiare in casa, per te?”
Chris sorrise, l’espressione pensosa:
“Rilassante, direi.”
“A quanto mi risulta, all’ultima festa di
Halloween ti sei travestito da Catwoman: si vocifera che
fosse lo stesso costume indossato da Halle Berry, è vero?”
“Oh, mio Dio” scoppiò a ridere Darren
“Ti prego, dì di no.”
“Ma... certo che no!” s’infiammò Chris
“Te lo sei appena inventato o cosa?”
“Non la prendere a male, io non...”
“La devo prendere come un complimento?”
“Bè, volendo...”
“Non ero nemmeno vestito da Catwoman!”
“Ah, no?”
“No!”
“Oh. Come non detto,
allora.” borbottò Paul, sfogliando un taccuino “Mmm, dicono tutti che
assomigli a una bambola di porcellana, lo sai?”
“Sì, che lo sa” intervenne Darren “Non
fanno altro che ripeterglielo.”
“Perché sembri seccato?” si girò Paul,
interessandosi a lui.
“Non sono seccato.”
“Sì, lo è.” si fece sentire Grant, gli occhi
che brillavano “Vuoi sapere perché, Paulie?”
“Non mi chiamo Paulie.”
sibilò il biondino, assottigliando lo sguardo.
“Non puoi essere così scemo, sai?”
“Prego?”
“Non puoi metterti contro di me, Paulie.
Sarebbe uno sbaglio.”
“Adesso sembri tanto il cattivo di un film.”
“Concordo.” approvò Chris, annuendo divertito
“Abbastanza squallido, Grant.”
“Non è colpa mia!” ridacchiò quello
“E’ lui che ce l’ha ancora con me!”
“Mi hai trattato da schifo fino a tre minuti
fa!” sbottò Paul, fulminandolo.
“Poi, però, ti ho detto che mi sei simpatico!”
“E quindi?”
“Dovresti sentirti lusingato, idiota!”
“Insisti, allora!”
“Senti,” fece Grant,
incrociando le dita davanti a sé con fare ragionevole “sembri a posto, okay?
Hai acquistato punti.”
“Non mi interessa niente del tuo personale giochino
a premi! Voglio delle scuse!”
“Come dici?”
“Delle scuse.”
“Da me?”
“Sì.”
“Le vuoi tu?”
“Sì.”
“Un giornalista?”
“A questa preferirei non rispondere.”
“E...”
“Ragazzi!”
Paul si voltò di scatto, gli occhi sgranati: squadrò il
nuovo arrivato e la penna per un pelo
non gli cadde di mano.
“Disturbo, forse?”
“Nolan!” salutò
Darren “Certo che no! Ti unisci a noi?”
“Mi piacerebbe” sorrise quello, avvicinandosi
con una sedia “Che fate di bello?”
“Un’intervista.” rispose Chris,
raggiante “Della miglior specie.”
“Addirittura? E posso immischiarmi?”
“Ce... certo. Sì!”
balbettò Paul, affrettandosi a stringergli la mano “E’ un piacere
conoscerla, signor Funk! Non credevo di essere così
fortunato.”
“Chiamami Nolan, ti prego.”
“Okay” annuì il biondino, guardandosi attorno
con aria sperduta “Dove eravamo?”
“Pretendevi delle scuse da Grant.” lo
ragguagliò subito Chris.
“Ho capito bene?” saltò su Nolan,
inarcando le sopracciglia.
“Oh, sì.”
“Delle scuse? Grant non si scusa mai.”
“Oh, sì.” ripeté Darren, al settimo cielo
“Non sa nemmeno cosa sono.”
“La smettete voialtri?” abbaiò il diretto
interessato, scuro in volto “Non sono un mostro.”
“Quindi mi chiederai scusa?”
“Non ci penso proprio.”
“Perché eri seccato prima, Darren?” sospirò
Paul, dando le spalle a Grant.
“Io?” si stupì quello, preso in contropiede
“Non lo ero.”
“Ti infastidisce che Chris assomigli a una bambola?”
“Certo che no.” soffiò lui, scuotendo il capo.
“E...”
“Ha il terrore delle bambole di porcellana.”
fece Grant, interrompendolo.
“Grant!” sbottò Darren “Perché non ti
fai gli affaracci tuoi?”
“Perché a quanto pare non interessano al nostro Paulie.”
“Non mi chiamo Paulie”
sibilò quello, senza degnarlo di uno sguardo “E quindi hai paura delle
bambole di porcellana, Darren? A quando risale questa fobia? Qualche trauma di
cui non sono a conoscenza? Se vedessi Chris al buio, di colpo, senza
aspettartelo... credi che ne avresti paura?”
La risata di Nolan riempì
l’aria, diffondendosi leggiadra.
Prorompente, inarrestabile.
Si piegò in due, appoggiandosi sul tavolo: le lacrime agli
occhi, scuoteva appena il capo.
“Cambiamo argomento?” borbottò Darren,
assestandogli una gomitata.
“Oh, okay. Chi preferisci fra Grant e Nolan?”
“In qualità di cosa?”
“Di... di membri dei
fringuelli.”
“Oh, ti adoro Pop.” singhiozzò Chris.
“Usignoli.” mormorò Nolan,
poggiandogli una mano sul braccio “Siamo gli usignoli.”
“Uh, scusate, errore mio. Sempre di uccelli
parliamo, però.”
“Che carino che sei” fece Darren “Sembri
tanto innocente e poi... sorpresa!”
“Io... no, ma no! Mi sono espresso male.”
“Come no.” ghignò Grant “Anche noi
diciamo sempre così.”
“Temo di aver dimenticato... che domanda avevo
fatto?”
“E’ un tesoro!” sussurrò Chris
“Non credete anche voi?”
“La smetti di ignorarmi, Paulie?”
“Quale canzone dei fringuelli, come li chiami tu, ti
è piaciuta di più?” chiese Darren.
“Oh, io non saprei. Sono tutte belle, certo.
Caramelle per gli occhi, diciamo così.”
“Niente meno?”
“Bè, sì. Fate scena, ecco. Una mia amica vi
definisce, aspetta... com’è che dice? Una perfetta
aggregazione di maschi stuprabili.”
“Prego?”
“In senso buono, si capisce.”
“E tu sei d’accordo?”
“Credo che stiamo andando fuori tema. Non dovrei farle io, le domande?”
“Whistle ti è piaciuta?”
domandò Nolan.
“Quella sul piffero?”
Paul sbatté le palpebre, annuendo fra sé e sé:
“Sì, sì: molto carina. E... a
proposito!” scattò, raddrizzando le spalle “Hai presente il salto che
fai verso la fine?”
“Sì, ce l’ho presente” ridacchiò Nolan.
“Ecco. Lo fai proprio tu o è una specie di effetto
speciale?”
“Lo faccio io!” spalancò gli occhi quello,
quasi offeso.
“Cioè, tutto da solo? E come diavolo ci riesci?! Cioè, senza mani che diamine!”
“Niente male, eh?”
“Assolutamente!” approvò Paul.
“E’ tutta una questione di baricentro.”
“Immagino.”
“E pratica. Tanta pratica.”
“Capisco.”
“Vuoi vederlo?”
“Lo faresti?”
Gli occhi di Paul cominciarono a brillare non appena Nolan si alzò dalla sedia.
“Non fare l’esibizionista, Nolan.”
“Che... non dovevi startene zitto, tu?” sbottò
Paul, infastidito.
Grant sorrise, il sorriso dello stregatto.
“Stai tirando troppo la corda, ragazzino.”
sibilò, avvicinandoglisi pericolosamente.
“Non mi hai ancora chiesto scusa.”
“Non ho intenzione di farlo.”
“Allora non vedo cosa hai da parlare.”
Grant ridacchiò, passandosi le dita fra i capelli e
rivolgendosi agli altri:
“Adoro chi mi tiene testa.” sussurrò, il tono
gioioso.
Senza più degnare Paul di uno sguardo gli strappò la penna
di mano e gli si inginocchiò di fianco, afferrandogli la scarpetta:
“Il mio nome occupa molto spazio, lo sai?”
Paul sussultò, la vaga impressione di star assistendo al
compiersi di un miracolo:
“Non... non è un problema.”
“Lo spero bene.”
Quando Grant si risollevò da terra, rendendogli la penna,
Paul piegò le labbra in un vago quanto timido sorriso:
“E’ il tuo modo di chiedere scusa?”
“Ah, sei proprio un novellino.” sospirò Grant,
riempiendo di nuovo i bicchieri.
“Firmate anche voi?” fece allora Paul,
raggiante, poggiando la scarpa sul tavolino.
“Come no.” ridacchiò Chris, facendogli segno
di passargli la penna.
“Salto dopo, allora, eh?” sussurrò Nolan, stravaccandosi sulla sedia.
“Parlaci di te, Pop.”
E questa è stata la terza,
tremenda, intervista del nostro Pop.
Mi spiace che sia arrivata così in
ritardo, ma è stato un periodo a dir poco frenetico. ^-^
L’altro giorno, però, mi è capitata sotto mano la performance di Whistle dei nostri fringuelli e… ah, non ho potuto
fare a meno di pensare a Pop.
Detto ciò, anche se in ritardo,
auguro buon Natale e buon Anno a tutti *-*
Alla prossima intervista,
Sara