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Autore: Antilla    27/12/2012    2 recensioni
Daddy!Klaine. Futur Fic
Quando tuo marito è Kurt Hummel, anche i problemi più semplici sembrano essere insormontabili.
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Blaine si passò una mano sul viso, decisamente esasperato; quando il suo sguardo incontrò quello gentile, ma inquisitorio, di Kurt non poté fare a meno a cedere.
“Ho paura che finiremo per litigare, Kurt. Mi conosco e, soprattutto, ti conosco fin troppo bene per poter dire il contrario.”
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nameless twins.  


“Blaine, è arrivato il momento di parlane.” esordì Kurt, interrompendo le coccole che andavano avanti da un po’.
L’uomo chiamato in causa tremò: sapeva perfettamente dove suo marito volesse andare a parare.
“C’è tempo!” replicò allora, sperando che quella scusa risultasse ancora convincente.
Per essere ancor più persuasivo, alzò una mano e gli accarezzò piano i capelli.
“Sono sette mesi che eviti il discorso, Blaine. Nathalie potrebbe chiamarci da un momento all’altro e noi siamo ancora impreparati.” lo canzonò Kurt, con tono severo, senza far trasparire la sensazione di familiarità e di completezza che le dita del moro tra le sue ciocche gli stavano trasmettendo.
Il riccio sbuffò sonoramente, spostandosi appena sul letto sul quale giaceva mollemente. A quel movimento, l’uomo dagli occhi azzurri si alzò, liberando suo marito dal peso della sua testa sul petto, e lo guardò mezzo preoccupato.
“Amore, mi dici qual è il vero problema?” chiese dolcemente, sperando che i toni pacati servissero a qualcosa.
Blaine si passò una mano sul viso, decisamente esasperato; quando il suo sguardo incontrò quello gentile, ma inquisitorio, di Kurt non poté fare a meno a cedere.
“Ho paura che finiremo per litigare, Kurt. Mi conosco e, soprattutto, ti conosco fin troppo bene per poter dire il contrario.”
Kurt prese un lungo respiro e si aggrappò a quel poco di calma che gli era rimasta.
“Non dobbiamo decidere come crescere i nostri figli, Blaine. Non ci sarà alcun litigio.”

***

Quel barlume di pacatezza che entrambi cercavano con sforzo di mantenere andò letteralmente a farsi friggere quando i due raggiunsero la cucina e si sedettero uno di fronte all’altro, manco se fosse un tavolo delle trattative post-guerra.
Le cose, però, iniziarono nei migliori dei modi.
 
“Potremmo sceglierne uno a testa.” propose il riccio, con l’intento di limitare i danni. “Preferisci lui o lei?”
Kurt scosse la testa, in completo disaccordo.
“Sono entrambi nostri.” lo ammonì, dopo aver buttato giù un lungo sorso di tè bollente.
A distanza di anni, Blaine ancora si chiedeva come facesse a non ustionarsi la lingua.
“Hai ragione.” rispose , sorseggiando a sua volta un caffè dalla tazza che si era portato da Lima, quella di quand’era bambino.
Gli fece un po’ strano usarla mentre parlava dei suoi, di bambini.
“Non credo che debbano essere simili, lo trovo terribilmente stupido.” aggiunse, sfiorando il bordo dell’oggetto in ceramica.
“Completamente d’accordo. Da piccolo non facevo che prendere in giro Brenda e Bredon di Beverly Hills 90210.”
Risero appena, smorzando leggermente l’atmosfera di tensione che riempiva la stanza.
“Credo dovremmo pensare a qualcosa di celebrativo.”
Blaine non ci vide più: sapeva benissimo che era questione di momenti e suo marito l’avrebbe detto. Aveva sentito quella frase per la prima volta quando aveva diciassette anni e nemmeno allora gli era piaciuto.
“Mettiamo le cose in chiaro da adesso, Kurt. Non chiamerò mia figlia Barbra.” esalò, cercando di non alzare troppo il tono di voce.
“È dal liceo che odi la Straisand!” controbatté l’altro, come se si stesse parlando di una sua parente. “Che hai contro di lei?” continuò, stringendo i pugni sul tavolo, per evitare a sua volta di alzare il volume.
“Dio, nulla! Solo che non voglio che mia figlia si chiami come una cantate qualunque.” rispose Blaine, perdendo un altro briciolo di pazienza.
Il marito lo guardò torvo, ma non fece in tempo ad aprir bocca che lui riprese la parola.
“È adorabile, Kurt, davvero e potremmo chiamare così il nostro cane, non nostra figlia.”
Kurt fece un cenno con la testa, quasi rassegnato, chinò il capo.
Poco dopo, però, lo rialzò, come illuminato da un’idea fantastica.
Loro non era gemelli, come sarebbero stati i loro figli, ma la complicità era sostanzialmente la stessa che avrebbero avuto i piccoli.
“Non pensarci nemmeno. Non renderò onore a uno stilista che si è impiccato.”
Kurt non sapeva se essere sorpreso per la telepatia o se mettere il broncio per il ‘no’ ricevuto.
“Ma Alexander è un bel nome!” tentò allora.
Blaine non si sprecò nemmeno a rispondere e bevve un altro sorso, scuotendo l’indice poco lontano dal naso dell’altro.
Il ragazzo di fronte a lui non sembrò scoraggiarsi, al contrario, si intestardì.
“Allora dimenticati il nome Katy!” disse, deciso.
“Ma…” cercò di intromettersi Blaine.
“E anche Leonardo è fuori. Mi importa ben poco della tua cotta adolescenziale per Di Caprio.”
Il moro non poté fare a meno di arrossire e di eclissarsi sulla sedia.
 
Ne avrebbero avuto per ore.

***

“Lui potrebbe chiamarsi Sam! Quel ragazzo ci ha aiutato tanto quando sono arrivato qui.” propose Blaine, apparecchiando la tavola in modo impeccabile.
“È vero.”  rispose Kurt, tagliando una carota. “Ma poi Finn?”

 ***

“Rachel è un nome davvero dolce.” disse Kurt, pulendosi le labbra col tovagliolo.
“Mercedes andrebbe su tutte le furie.” gli fece presente l’altro.
“Allora la chiameremo Mercedes.”
“Devo davvero risponderti?”

*** 

“Burt! Burt è perfetto!”esclamò gioioso Blaine, mettendo a posto l’ultimo piatto.
“Non gonfiamo ancora di più il suo ego, ti prego!” rispose Kurt dal ripostiglio.
“E il nome di mio padre invece?”
“Non voglio che cresca coi complessi, amore, scusa.” urlò il castano, mettendo a posto un barattolo sulla mensola in alto.
Il riccio storse il naso.
 
Montgomery.
Che c’era di strano in quel nome?!?!

*** 

“Cosa pensi di David?” suggerì Blaine, dopo essersi sciacquato la bocca e aver riposto lo spazzolino.
Kurt fermò il movimento rotatorio delle mano sul viso, incurante del fatto che la crema si sarebbe seccata troppo in fretta, e fissò il marito attraverso lo specchio.
“È carino come nome, e il Warbler senza martelletto mi stava simpatico, molto simpatico, ma proprio David?! Io ho perdonato Karofsky, da anni ormai, ma non voglio che mio figlio mi ricordi brutti momenti della mia vita.” spiegò con la voce tremante.
Blaine strinse le sue calde mani sui fianchi nudi di Kurt e gli sfiorò la nuca con le labbra schiuse, quasi come se volesse baciare via i dolori del passato.
“Allora dalla lista depenniamo anche Mark, Joey e Michael.” gli soffiò sul collo.
In quell’attimo la scelta del nome passò in secondo piano. In quel preciso istante il suo unico intento era quello di amare suo marito e di ricordargli quanto forte, speciale e unico fosse.

*** 

“Tyra! Tyra è meraviglioso.”disse un Kurt decisamente troppo esaltato, prima di chinarsi a raccogliere i calzini sporchi di Blaine sparsi sul pavimento della loro camera da letto.
“Ma sei fissato con quella donna!” lo ammonì scherzoso il riccio, mentre si sfilava i jeans e apriva l’armadio in boxer, cercando alla rinfusa un paio di pantaloni della tuta.
“Ammettilo, Blaine, la Banks è fantastica.” si difese il castano, allontanando il marito dall’anta. Gli prese il capo tanto agognato e glielo tirò in pieno volto.
Blaine se lo tolse dal viso,disperato, e si buttò sul letto.
“Sai chi è altro è fantastica, Kurt? Lady Gaga. Ma questo non significa che ti lascerò chiamare nostra figlia Stefani Joanne Angelina!”

 *** 

Era notte fonda quando Blaine aprì gli occhi, colto da un pensiero durante una fase di dormiveglia.
Non ci pensò due volte a svegliare l’uomo alla sua sinistra.
“Kurt…” lo chiamò timidamente, scuotendolo appena per un braccio.
Grazie al suo sonno leggero, il ragazzo impegnò davvero poco a prendere contato con la realtà.
“Che succede?” chiese, preoccupato.
“Nulla! È che ho capito che stiamo sbagliando tutto.” spiegò, avvicinando il proprio viso a quello del’altro, facendo toccare i loro nasi.
Dalle labbra serrate di Kurt, uscì solo un breve mormorio, a metà tra il sonno e l’incomprensione.
“Dobbiamo cercare i nomi giusti dentro di noi, non fuori!” continuò il riccio, nonostante la voce impastata. “I nostri bambini saranno in frutto del nostro rapporto, del nostro amore. Cresceranno con i nostri valori e avranno in coraggio e la forza che ci ha sempre distinti. Saranno coraggiosi e determinati e inseguiranno  i loro sogni come abbiamo fatto noi. So che non sono nostri figli biologici, Kurt, ma loro sono proprio dentro di noi.”
Sebbene fosse ancora mezzo addormentato, le parole del marito arrivarono perfettamente e senza filtri alle orecchie di Kurt. Annuì impercettibilmente e si avvicinò ancora un po’, facendo incontrare le loro labbra.
“Hai ragione amore, ma perché non ci pensiamo domani?”
Blaine scosse la testa.
“Adesso! Hai detto tu che è arrivato il momento.”
Non aspettò nemmeno che il marito acconsentisse e riprese a parlare. “Cosa da piccolo ti rendeva felice?” chiese, sfoderando i suoi migliori occhi da cucciolo.
Kurt non fu capace di opporsi.
“Amavo andare al parco e prendere il te in giardino. Amavo cantare con mia madre e quando mio padre la chiamava Lizzie. E po-”
Blaine gli poso un dito sulle labbra per impedirgli di continuare.
“Ripeti quello che hai detto.”
“Amavo cantare con mia madre.”
“Dopo.”
“Quando mio padre la chiamava Lizzie.”
“Lizzie…” ripeté Blaine a bassa voce.
“Lizzie!”eslamò poi più forte. “Kurt, ma è bellissimo. Perché non ci hai pensato prima? È fantastico.”
Il riccio scalpitava dalla gioia, esternando i suoi sentimenti senza limiti. Il castano, al contrario, più introverso di carattere, si limitò a sorridere. Poteva sembrare indifferente o freddo, ma la lacrima che rigò il suo viso mostrò tutt’altro.
“Ehi, non abbiamo ancora finito.” disse, interrompendo il lungo bacio che si stavano scambiando, quello che aveva seguito la carezza sul viso ricevuta da Blaine.
“I tuoi ricordi d’infanzia…” aggiunse, intrecciando le sue dita ai capelli ricci dell’altro.
“Stavo spesso coi miei nonni, lo sai. Adoravo la torta di mele, il giradischi che avevano in camera. Amavo il giardinetto sul retro con l’altalena e mio nonno che mi prendeva in giro, usando Damoncome secondo nome, invece di Devon…”.
Non ci fu bisogno che Kurt gli chiedesse di ripetere, perché fu lui stesso a rendersi conto.
“Damon! Ti piace Damon?” chiese, senza distogliere lo sguardo da quello dell’altro.
“Sì. Mi piace da morire.” rispose Kurt, con gli occhi sempre più lucidi.
“Lizzie e Damon Anderson-Hummel!” sospirò Blaine, per sentire come suonasse.
Kurt tossicchiò appena.
“Lizzie e Damon Hummel-Anderson, vorrai dire.” lo corresse.
Blaine roteò gli occhi, esasperato.
“Kurt, ti prego, non ricominciamo…”

 
  
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