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Autore: None to Blame    28/12/2012    2 recensioni
SPOILER 5x13
Non so se il tempo sta rallentando o se è questo strano individuo a muoversi con tutta 'sta calma.
« Vengo qui ogni giovedì. Ordino una birra e la guardo per due ore. Poi pago e me ne vado. »
Deglutisco. La sua voce. È lontana. Non so che diavolo vuol dire, ma è proprio lontana.

*
[sequel con il POV di un OC]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nel futuro
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But I’m still right here,
giving blood, keeping faith.
And I’m still right here.


The Patient - Tool



 












 

 

Ho diciassette anni ed un documento falso nella tasca del chiodo.
Questi sono i vantaggi di fare comunella con la malavita: niente problemi di lavoro, nei pub ti servono da bere senza guardarti in faccia e nel portafoglio sei sicuro di avere almeno un cinquecento sacchi. Ancora qualche mese e avrò un regolare porto d'armi, così non mi faccio problemi a portarmi la mia bellezza calibro 7 infilata nei jeans. Dovrei darle un nome, come in Full Metal Jacket. Janice è un bel nome, ma quelli mi guarderebbero storto se le dessi un nome da femmina. Io non le faccio quelle cose sporche là. A quei pervertiti piacciono le ragazze che limonano insieme, ma io non sono di quel tipo lì.


« Ehi, dolcezza, senti, noi stiamo per chiudere »


Michael T. il barista, un uomo ottuso e puzzolente quasi come il locale che gestisce. Ma mi fa pagare tre sterline in meno su ogni drink da quando mi ha vista con Smoothy-Petey.


« Mica ci sto solo io qua dentro, Mike. Guarda quel tipo laggiù, sta qui da secoli! »


Gli indico col mento l'occupante del tavolo di fronte, che ha ordinato una birra quando sono entrata nel pub un'ora fa e non l'ha ancora bevuta.
Michael fa una smorfia.
 

« Quello là è un cliente ed è pure mezzo fuori. Lascia un sacco di mancia »


« È una questione di soldi? Se vuoi ti faccio prezzo pieno, non c'è problema. »
 

Sa che non lo farò. Il problema c'è, eccome. Lui mi ha mancata di rispetto e, se fossimo soli noi due, l'avrei bello che punito – un calcio nelle palle dietro il bancone non glielo toglie nessuno.
Se la sta facendo sotto, lo vedo, quasi sento la puzza.


« No, non è questo.. Solo.. Stiamo per chiudere, vedi.. »


Gli mollo uno di quei sorrisetti che fanno sbiancare la gente.


« Se lui non lo cacci, mi siedo al suo tavolo e gli rifilo il mio conto. »


Gioco di potere.
È così semplice nullificare le menti deboli. Due parole ben studiate ed una bella reputazione alle spalle. Tutto qui. Non ho nemmeno la mia
bellezza in mano e tutti i sempliciotti mi temono, come se fossi il boss.
Magari un giorno lo sarò. Il primo boss con le tette.

Mi alzo con tutta la tranquillità e quasi mi scappa da ridere sentendomi addosso le occhiate del barista.
Prendo la borsa ed il boccale e mi sposto al tavolo del
cliente – che non credo sia più cliente di quanto lo sia io; voglio dire, io sono una dei picciotti di Harry, mica una puttanella qualunque.

Mi butto sulla panca di fronte al tipo e gli faccio un cenno.
Niente.
Ma che, è morto?


« Ehi, amico, come ti va? »


Quello alza la testa e mi guarda.
Accidenti. Non ho mai visto uno sguardo simile.
C'è qualcosa che non va in questo qui.


Mi schiarisco la voce e gli faccio di nuovo la domanda.
Lui socchiude gli occhi.


« Tiro avanti »


Diavolo, l'aria è così tesa che è da restarci impigliati.


« Io sono Cassie, Cassie Adams. Mike dice che sei un cliente, ma non mi ricordo proprio di te »


Non so se il tempo sta rallentando o se è questo strano individuo a muoversi con tutta 'sta calma.


« Vengo qui ogni giovedì. Ordino una birra e la guardo per due ore. Poi pago e me ne vado. »


Deglutisco.
La sua voce. È lontana. Non so che diavolo vuol dire, ma è proprio
lontana.


« Lavoro ogni mattina in biblioteca come Jack Nelson e vado a dormire come Merlin »


Devo andarmene. Ora mi alzo e me ne vado senza manco pagare.
Questo Jack – o Merlin, come diavolo si chiama lui – mi mette i brividi.


« Non sei troppo giovane per bere, Cassie? »


Ho la bocca impastata.
Mando giù un sorso di birra e poi faccio no con la testa.

E lui sorride.

Merda, lui sorride.


« Dovresti aspettare i ventun anni per bere. Lo so che vuoi farlo subito, ma devi essere paziente. Io aspetto qualcosa da molto tempo. »


Non lo conosco, potrei stenderlo con un calcio. Tutti quegli allenamenti mi sono sempre stati utili e questo qua è pelle e ossa, non ci vuole niente a metterlo K.O.
Però mi terrorizza.
Alla faccia del gioco di potere.


« Più passa il tempo e meno mi sento a mio agio. La tecnologia, la modernità.. State radendo al suolo tutto ciò che è naturale – e non mi riferisco alle foreste. L'uomo è nato come natura, perché vuole morire come macchina? »


Discorsi da ambientalista figlio dei fiori, magari è uno di quei pazzi che alleva koala nel giardino e si incatena agli alberi.
Finalmente la mia testa ha ripreso a funzionare. Se lo facesse anche la lingua, potrei rispondergli a tono.

Una combriccola di ragazzi me lo impedisce. Entrano tutti nel pub, rumorosi e indisponenti.
Mike col suo vocione dice loro che stanno per chiudere, ma quello che sembra il capobanda, un biondino figo e ben piazzato, gli mette la mano sulla spalla e gli sorride.


« Su, amico, vogliamo solo un paio di birre! »


Il disturbato al mio tavolo sobbalza e spalanca gli occhi, come se qualcuno gli avesse pugnalato il fianco.

Come diavolo ha fatto a farmi paura quello sguardo?
Non era perfidia, no.
Era dolore.
E ora – diavolo, quest'uomo è un mistero – cos'ha?

Sembra incredulo.


Si gira lentamente verso l'ingresso e fissa il figo che sta cercando di convincere Mike.
Lo guarda e basta, lo guarda come se avesse paura di vederlo scomparire.

Effettivamente, la cosa succede. Il barista non ne vuole sapere e li caccia via e loro se ne escono sbuffando.

Mentre la porta si chiude con uno scatto, il tipo si alza si botto.


« Ehi, Jack, tutto okay? »


Non mi si fila di striscio, va al bancone e mette sul tavolo un – accidenti – cinquantone ed esce dal pub senza manco salutare.

Resto imbambolata a fissare la porta fino a quando i campanellini non smettono di suonare. Ingollo l'ultimo sorso di birra – bleah, ormai è calda – e mi strofino gli occhi con i pugni chiusi.

Un hippie astemio che aveva solo bisogno di parlare, l'uomo che aspetta. La natura che rade al suolo se stessa.

Accidenti, è stata l'esperienza più strana della mia vita.

Mi porto le mani alla schiena e sfioro la sagoma familiare della mia bellezza.

Merlin.

Sorrido e so che questo è il nome perfetto per la mia leale compagna.

 




 

 

 

Era uscito dal locale senza portarsi dietro il suo cappotto, ma sulla sua pelle il freddo non pungeva. Non ebbe bisogno di cercarli con lo sguardo. Sul marciapiede opposto, chi seduto a terra e chi in piedi, stava il gruppo di ragazzi cacciati dal pub.

Un paio di jeans stracciati – di quelli alla moda – ed una felpa rossa. I capelli pettinati col gel e scarpe da ginnastica. Rideva.

Stessa voce, stesse mani, stessi occhi.


Millecinquecento anni di pazienza e perdita.
Millecinquecento anni di sofferenza.
Millecinquecento anni e lui era lì, come se non fosse passato nemmeno un giorno.

Merlin socchiuse le labbra ed un nome si perse in una nube di vapore, mentre una lacrima solitaria gli graffiò la guancia.


« Arthur »


Era tornato.



































NdA

Scusate il linguaggio volgare di Cassie. E' il personaggio, è fatto così. E comunque la prima persona non me la so gestire, io. Perché ho voluto inserirla? Bah.
Quello che volevo fare era presentare un Merlin in "crisi esistenziale" e depressione acuta senza il mio solito, fedele narratore pseudo-onnisciente esterno. Volevo farlo parlare con qualcuno, volevo qualcuno di totalmente estraneo alla situazione. Ed ecco qua!
Comunque, ho in mente tante di quelle cose per il post-finale che ce ne sarebbe per dieci libri! (potete uccidermi prima, però, eh. non vi dirò nulla)

Non è revisionata, è una stron- cosa orrenda e non so perché mi ostino a pubblicare quasi tutto quello che scrivo.

Accetto critiche costruttive e distruttive e andateci piano con i pomodori, please!


 

   
 
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