14/07/2007
9 recensioniMoonlight Smile
La bimba si sporse ancora un po', giusto per poter tirar via il candido fiorellino dalla radice.
La sua corolla profumata faceva capolino dall'alto di un masso di pietra, appena alle pendici di un colle che avevano incontrato lungo il cammino. Uno dei tanti.
Ma quel fiore, no, non era uno qualsiasi. Era come Lui, simile in tutto e per tutto.
Per questo, nel medesimo istante in cui l'aveva notato, aveva deciso che era il dono perfetto per il suo algido, silenzioso signore. Per questo valeva la pena di graffiarsi i piedi sulla roccia ruvida, su cui si nascondevano punte acuminate. Non le importava se, dalle tenebre di quella notte di plenilunio, fossero spuntati gli artigli scintillanti di un pericoloso demone. E non importava nemmeno il freddo, o lo sforzo che stava facendo per non cedere alla stanchezza, sua nemica assoluta che, calata la barriera, l'avrebbe irrimediabilmente condotta a chiudere gli occhi.
Tutto ciò passava in secondo piano, rispetto al suo desiderio di infante.
Certo, abbandonarsi al sonno era una grande tentazione, ma lei avrebbe resistito per Lui.
Per quel fiore incantevole sbocciato nella notte, di cui stringeva forte il lungo ed elegante stelo. Era uno di quelli che si aprivano al mondo soltanto nelle ore notturne, preferendo la luce della luna a quella del sole. E, tornò a ripetersi Rin, il piccolo bocciolo e il suo signore erano perfettamente identici. "Argh.." Un ultimo strattone, e la roccia fu derubata di quell'indifeso tesoro, tanto bello agli occhi di una bimba quanto per lei insidioso.
Infatti, la natura ebbe vendetta: Rin cadde all'indietro, scivolando e atterrando con malgarbo sul terreno sterile.
Eppure, il suo sorriso baciato dalla pallida luna rimase vivo, mentre teneva saldo il fiorellino tra le dita piene di taglietti che, per quanto piccoli, bruciavano ugualmente.
"Oh!" Si asciugò le lacrime che le increspavano le ciglia nell'angolo dell'occhio, usando senza pensarci due volte la manica logora del kimono.
I delicati petali di velluto del fiore erano nivei, puri come quell'astro notturno, luminosi come e forse più delle stelle, immacolati come la neve che scende in inverno, ma, guardandoli bene, ci si accorgeva di sottili sfumature rosee su di essi, timide lingue di fuoco che osavano ardere e attraversare il ghiaccio con riverenza.
"Sì." Sussurrò. "Proprio come Sesshoumaru-sama." "Rin." Una voce fredda, distaccata, incolore, che per lei rappresentava la vita. La bambina si voltò verso di Lui, notando nei suoi magnetici occhi una impalpabile nota interrogativa. Allora, in risposta alla sua muta domanda, gli allungò il fiore con mani tremanti, aspettando.
Ma Sesshoumaru non lo raccolse, continuando imperterrito a fissarla.
Poi, d'improvviso, notò sul terriccio alcune goccioline scure, che andarono ancora una volta a confermare sia i suoi sospetti sia l'infallibilità del suo olfatto. Sangue. Sangue vermiglio e caldo che le apparteneva, o che le era appartenuto.
"Rin." Ripeté. La sollevò, dolce e lieve peso per il suo unico braccio, che non necessitò neppure di sforzarsi. E la tenne con sé, mentre, sospeso fra cielo e terra, faceva scorrere il paesaggio a metri e metri d'altezza.
La bimba si strinse alle sue vesti, fingendo timore, e trascorse quelle che le parvero ore a contemplare il suo nobile volto dai tratti apparentemente affilati, offensivamente gentili. Sapeva che era soltanto l'effetto irridente dei raggi lunari, ma le parve che il fiore stesse dolcemente sorridendo.