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Autore: SmartieMiz    28/12/2012    0 recensioni
Una spiaggia, una chitarra, un gruppo di amici.
È questa la storia di Sebastian e Thad, amici sin dall’età di sette anni; Sebastian ha sempre odiato le vacanze estive fin quando non ha trovato in Thad un vero amico.
Entrambi sanno di esserci sempre l’uno per l’altro, e non importa se sono soltanto amici estivi…
«Forse può essere l’inizio di una grande amicizia come quella di Nick e Jeff!», asserì il bambino entusiasta.
«Che tipo di amicizia sarebbe quella di Nick e Jeff?», chiese il francesino curioso.
«Non la so spiegare molto bene, però ci provo», rispose il bimbo: «La loro è un’amicizia molto bella ed è un po’ particolare: quello che fa Nick lo fa anche Jeff e quello che fa Jeff lo fa anche Nick. Pensano sempre alle stesse cose nello stesso momento e fanno ogni cosa insieme. Sembra quasi che si leggano nel pensiero».
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood, Trent Nixon | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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 Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Fox; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 


Summer Love

 



Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Fox; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 1 – We were seven years old

~

 

Il piccolo Sebastian Smythe aveva soltanto sette anni e già odiava le vacanze estive: i suoi genitori avevano una grande casa in California, negli Stati Uniti, e quindi ogni estate lasciavano la loro bella Parigi per andare lì.
Sebastian non odiava soltanto il mare, la sabbia e stare sotto il sole; non gli piaceva stare con i bambini di quel luogo: erano antipatici e cattivi nei suoi confronti.
Quella sera, sulla spiaggia, c’era la festa di compleanno di una bambina del gruppo.
«Non ci voglio andare», aveva borbottato il piccolo Sebastian incrociando le braccia al petto.
«Ma devi andarci, così conosci gli altri bambini!», cercò di incoraggiarlo la madre.
«Loro non mi vogliono», tagliò corto il bambino.
Alla fine, Sebastian venne accompagnato alla festa e non voleva staccarsi un solo secondo dai suoi genitori.
«Ma dai, vai dagli altri bambini!», lo incitò la madre: «Ti divertirai».
«No», aveva asserito il bambino, ma alla fine si arrese e, a malincuore, lasciò la mano della mamma per unirsi al gruppo di bambini.
«Perché non lasciavi la mamma? Che femminuccia che sei!», lo schernì un bambino.
I bambini, profondamente divertiti, risero di gusto.
«È proprio una femminuccia! Figuratevi, manda anche le letterine d’amore ai maschietti», blaterò un altro bambino.
«Ahahah, io ne ho ricevuta una!», asserì Gabriel, un bambino di cui Sebastian si era infatuato: «Ahahah, non mi metterei con lui nemmeno se fosse una femmina!».
I bambini risero fragorosamente; Sebastian si limitò a subire gli insulti senza proferire parola.
«Ma che schifo due maschi!», sentenziò una bambina disgustata.
«Già, non è una cosa normale, e poi fa così schifo!», confermò un bambino inorridito.
«Ma perché, Sebastian vi sembra pure normale?», sottolineò un altro bambino provocando altre risate.
Sebastian non ne poteva più di quegli insulti e perciò andò via.
«Che fa? Scappa pure? Proprio una femminuccia!», rise un bambino.
«Ehi, voi!», li richiamò la vocina di un bambino mai visto prima d’ora.
«E tu chi sei?», gli chiesero i bambini straniti.
«Qualcuno che è venuto a dire basta!», asserì il bambino convinto: «Perché vi divertite così tanto a prendere in giro gli altri bambini? Non è una cosa bella, voglio proprio vedere come vi sentireste se fosse accaduto a voi!».
I bambini tacquero, incapaci di dire qualcosa; il bambino li guardò con disprezzo per poi andare via e avvicinarsi silenziosamente al piccolo Sebastian che, tutto solo, era seduto a terra sulla soffice sabbia.
«Non li pensare: sono soltanto degli stupidi bambini cattivi», lo rassicurò il bimbo.
Sebastian alzò leggermente la testa e vide un bel bambino dai tratti ispanici molto più basso di lui e un po’ cicciottello: aveva la pelle olivastra, gli scuri capelli lisci con un ciuffo e luminosi occhi nocciola.
Sebastian si limitò ad annuire.
«Mi sto annoiando. Andiamo a fare un giro?», propose il bambino basso.
«No», tagliò corto Sebastian duro.
«Perché no?», chiese il bambino quasi speranzoso.
Sebastian non rispose e chinò il capo; il bambino glielo sollevò delicatamente per poi notare che il suo viso era completamente bagnato da lacrime amare.
«Ehi, non piange…».
«Non mi toccare!», sbraitò Sebastian furioso interrompendolo: «Lasciami stare. Lasciami solo».
«Io… io v-volevo soltanto aiutarti!», farfugliò l’altro mortificato con una lacrima che gli solcò la guancia. Le lacrime divennero due, tre, quattro… il bambino stava piangendo ed era tutta colpa sua.
«S-scusami!», si scusò Sebastian: «Non volevo farti piangere…».
Il bimbo cicciottello tirò su con il naso; Sebastian gli offrì un fazzoletto e lui rispose accennando un leggero sorriso.
«Pensavo volessi prendermi in giro anche tu…», svelò infine il francesino mesto.
«Oh, no, perché dovrei?», rispose il bambino soffiandosi rumorosamente il naso: «Allora? Andiamo a fare un giro sulla spiaggia senza allontanarci troppo?».
«Okay», rispose il francese.
Il bimbo cicciottello sorrise mostrando tutti i suoi dentini bianchi e porse la mano al bimbo più alto. Sebastian, un po’ titubante, l’accettò e insieme camminarono lungo la spiaggia.
«Non so nemmeno come ti chiami», disse ad un certo punto il francese curioso.
«Vuoi davvero saperlo?», domandò l’altro con uno strano sorrisetto.
«Certo che sì», rispose il francese convinto.
«Thaddeus Harwood, ma Thaddeus è brutto e non mi piace, quindi chiamami Thad», rispose il bimbo: «E tu? Come ti chiami?».
«Thad è troppo corto, è più bello Harwood», rispose Sebastian con un sorriso, poi rispose: «Comunque io mi chiamo Sebastian, Sebastian Smythe».
«Oh, come il granchio della Sirenetta!», esclamò il bambino eccitato: «Io adoro quel granchietto, è così tenero!».
Sebastian lo guardò seccato: odiava il granchio della Sirenetta.
«Ma Sebastian è un nome troppo lungo… e se ti chiamassi Bastian?», propose l’ispanico con un sorriso.
«Bastian è orribile!», replicò il bambino arricciando il naso.
«Sebbie, allora», rispose l’altro divertito.
«Peggio».
«Bas?».
«Già va meglio».
«Seb?».
«Oh, Seb è perfetto», rispose infine il francese con un sorriso.
Thad ricambiò il sorriso e solo allora Sebastian si accorse che aveva un sorriso bellissimo.
«Ma sei di qui? Non ti ho mai visto prima», gli chiese ad un certo punto il francesino interessato.
«No, io abito a Westerville, in Ohio, ma gli zii abitano qui in California e ogni tanto vado a trovarli», spiegò il bambino.
«Ah, capito».
«E tu, Seb? Di dove sei?».
«Io abito a Parigi, in Francia», rispose il bimbo.
«PARIGI!», l’ispanico quasi gli ruppe un timpano: «Voglio andare anch’io a Parigi, dicono che è bella! E poi è la città dell’amore».
Sebastian ridacchiò: la città dell’amore… tutti pensavano che Parigi fosse una città nella quale ogni giorno era San Valentino.
«È una città come tutte», spiegò il francese con un sorriso.
«Quindi quando è finita l’estate torni lì?», chiese il bimbo quasi dispiaciuto.
Sebastian annuì.
«Oh, voglio andarci anche io! Quando sarò grande visiterò il mondo», asserì il bambino deciso con gli occhietti illuminati e lo sguardo sognante: «Andrò a Parigi, a Londra, a Vienna, a Roma, a Berlino, a Copenaghen… andrò ovunque!».
I bambini parlarono un po’ dei loro interessi, delle loro famiglie e degli amici che non avevano.
«Io ne ho solo tre», asserì il bimbo più basso: «Si chiamano Nick, Jeff e Trent e sono dolci come il miele. Nick ha i capelli castani e un nasino un po’ grande, Jeff è alto, magro e biondo e Trent è un po’ più cicciottello di me, però è anche molto più alto di me».
Sebastian, in cuor suo, invidiava un po’ Thad: aveva soltanto tre amici e, anche se pochi, sembravano buoni.
«Io, Nick, Jeff e Trent facciamo sempre tanti bei giochi, tipo quello della mamma e del figlio: io e Trent facciamo sempre i figli mentre Nick e Jeff vogliono fare sempre il papà e la mamma. Un giorno te li devo far conoscere».
Sebastian annuì lentamente: quello non era il suo genere di giochi preferiti, ma avrebbe fatto di tutto pur di non stare lì in California con quei bambini odiosi e cattivi.
«Lo sai, mi piace tanto parlare con te», svelò ad un tratto Sebastian mesto stringendo più forte le loro manine: «Mi sento bene… non ho mai provato una cosa del genere».
«Forse può essere l’inizio di una grande amicizia come quella di Nick e Jeff!», asserì il bambino entusiasta.
«Che tipo di amicizia sarebbe quella di Nick e Jeff?», chiese il francesino curioso.
«Non la so spiegare molto bene, però ci provo», rispose il bimbo: «La loro è un’amicizia molto bella ed è un po’ particolare: quello che fa Nick lo fa anche Jeff e quello che fa Jeff lo fa anche Nick. Pensano sempre alle stesse cose nello stesso momento e fanno ogni cosa insieme. Sembra quasi che si leggano nel pensiero».
«Wow, che bello!», esclamò Sebastian con un sorriso: «Sarebbe carino avere un amico con cui condividere tutto!».
«Incomincia a fare un po’ freddo», asserì l’ispanico, poi si levò la propria felpa di dosso e la poggiò sulla schiena sua e del bambino: «Incominciamo a condividere qualcosa».
Sebastian sorrise leggermente: Thad era un bambino dolcissimo, proprio come il miele, e gli sarebbe davvero piaciuto diventare suo amico, proprio come lo erano Nick e Jeff.


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