1.
L’ultimo raggio di sole
Quando Legolas lasciò la sua stanza, Anìrwen dormiva ancora.
La prima cosa che aveva fatto dopo essersi svegliato era stato alzare la testa verso di lei, che gli volgeva le spalle, i lunghi capelli biondi sparsi sul cuscino, per verificare se i suoi occhi fossero chiusi. Poi le aveva rivolto un amaro sorriso mentre la sua mano le accarezzava con dolcezza il braccio nudo sopra il lenzuolo, e si era infine chinato verso di lei per sussurrarle in un orecchio : - Namarië, mia dolce Regina. Io parto, ma il tuo cuore è con me. -
Il sovrano del Bosco Atro pronunciava quella frase ogni volta che era costretto a lasciarla, anche per brevi periodi. Una frase triste in tempi di guerra, scherzosa e spensierata in tempi di pace. Come risposta, Anìrwen sorrideva e baciava a lungo il suo sposo.
Ma non ci sarebbe stato nessun bacio, quella mattina.
Vista la condizione di Anìrwen, Legolas aveva preferito lasciarla riposare.
Dopo essersi assicurato che dormisse veramente, le aveva sfiorato delicatamente i capelli con le labbra, si era alzato dal letto e, dopo essersi vestito, era uscito in punta di piedi dirigendosi verso la stanza del piccolo Galien.
Legolas chiuse piano la porta alle sue spalle, si avvicinò silenziosamente al lettino in cui dormiva il figlio e si accucciò accanto a lui. Il sonno di Galien era inquieto come al solito, e il bambino si rigirò più e più volte nel letto, facendo accartocciare le lenzuola intorno al suo corpo.
Sorridendo, Legolas lo sollevò con la maggior delicatezza possibile, e dopo aver sistemato le lenzuola, vi ripose il bambino, rimboccandogliele. L’elfo rimase immobile, temendo che persino il suo respiro potesse turbare il sonno del figlio. Ma il sonno di Galien sebbene inquieto, era estremamente profondo, e nemmeno le manovre del padre erano riuscite a svegliarlo.
Con un lievissimo gemito, il bambino si girò su un fianco.
- Adar... - borbottò.
Il viso di Legolas si illuminò. Nel sonno, Galien stava chiamando suo padre...stava chiamando lui.
L’elfo gli accarezzò una paffuta guancia rosata e, scostandogli i capelli dalla fronte, gli baciò una tempia, poi uscì piano dalla stanza.
Si appoggiò con la schiena alla porta richiusa, un’espressione malinconica e pensierosa negli occhi persi nel vuoto.
Non era felice di partire. Non lo era mai. Oscuri timori affollavano ogni volta la sua mente, sebbene non avessero alcun fondamento. Sapeva che anche stavolta si sarebbe trattato solo di pochi giorni, ma non poteva evitare di farsi prendere dalla preoccupazione.
Voltò lentamente la testa verso il corridoio quando sentì avvicinarsi i passi rapidi e leggeri del Capitano Nestir, ma non si mosse dalla sua posizione.
- Va tutto bene, mio Signore ? - domandò il soldato, notando l’aria cupa del suo Re.
- Sì, Nestir. E’ solo che lasciarli soli ogni volta...è estremamente doloroso. - rispose Legolas - E avrei preferito restare accanto ad Anìrwen in questo periodo...potrebbe avere bisogno di me, mentre io sarò lontano. -
- Il Principe
e la Dama sono in ottime mani, mio Signore - disse Nestir - E il figlio che
attendete non nascerà che tra qualche mese. Qualunque cosa accada potrai
tornare in poco tempo. Minas Tirith non è così lontana. -
Legolas annuì. - Hai ragione - disse - Dimentica le mie parole. Sono solo quelle di un marito e di un padre preoccupato, non quelle di un Re. I soldati sono pronti ? -
- Da poco meno di un’ora. Attendiamo solo te per partire. Il tuo cavallo è già stato sellato. -
- Arod ? -
Nestir annuì.
- Preferirei che lui restasse qui. - disse Legolas, pensando al fedele compagno in sella al quale aveva gloriosamente combattuto, sette anni prima, durante la terribile Guerra dell’Anello - E’ troppo vecchio, ormai, per sostenere un viaggio del genere. E poi Galien gli è affezionato, potrebbe cavalcarlo durante la mia assenza. Ormai Arod è abituato a portarlo in sella. -
- Come desideri, mio Signore. - disse Nestir inchinandosi - Farò preparare immediatamente un altro cavallo. -
Con un cenno del capo, Legolas pose una mano sulla spalla del soldato. - Non ce n’è bisogno, mio buon Nestir. Me ne occuperò personalmente. -
Detto questo, seguì il fedele Capitano verso le scuderie.
Ma, mentre camminava, il suo pensiero tornò alla sera precedente.
Anìrwen era in piedi davanti alla finestra, le braccia conserte, e,
sebbene avesse sentito Legolas fare il suo ingresso nella stanza, non si voltò
ma continuò ad osservare le foglie degli alberi del Bosco Atro riflettere il
colore del sole al tramonto.
- Si è addormentato ? - disse.
- Sì, ma non ne aveva nessuna voglia. Mi ha chiesto di narrargli due
volte la storia di Lùthien Tinùviel...ma alla fine il sonno ha avuto la meglio.
- rispose Legolas avvicinandosi a lei.
Anìrwen sorrise. - Si addormenta solo con la tua voce. - disse - Hai il
potere di incantarlo ogni volta che gli parli. Resterebbe ad ascoltarti per
ore... -
- Peccato che non faccia lo stesso con il suo istitutore. - disse
Legolas abbracciando la sua sposa e baciandole una guancia - Il povero
Enchilion mi ha detto che stamani ha dovuto inseguirlo per l’aula urlando come
un pazzo...gli ho dovuto promettere che avrei preso provvedimenti, ma ancora
non so che fare ! -
La Dama rise e voltò il capo verso quello del suo sposo per ricevere un
leggero bacio sulle labbra.
Legolas fece scorrere le sue mani su quelle di Anìrwen, fino a quando
le loro dita si intrecciarono sul ventre di lei.
- Lo senti ? - le chiese accostando il viso ai suoi capelli.
- E’ troppo presto... -
- Mi domando cosa dirà Galien quando verrà a saperlo... -
- Lo sa già. -
Sorpreso, Legolas alzò la testa. - Davvero ? - disse - E chi glie
lo ha detto ? -
- Nessuno. L’ha sentito.
- rispose Anìrwen. Poi si girò verso
Legolas, e solo allora l’elfo potè vedere il timore che si celava negli occhi
della sua sposa.
- Galien ha il Dono, Legolas. - disse - Era di questo che mi premeva
parlarti. -
Legolas rimase a bocca spalancata.- Ne sei certa ? - disse senza
lasciare le mani di Anìrwen.
- Purtroppo sì. -
- Perché dici così ? - disse Legolas con un’esclamazione di stupore - Tu stessa lo possiedi, fa parte dell’eredità dei tuoi avi del Bosco d’Oro...cosa c’è di male in esso ? -
Anìrwen sospirò e si diresse lentamente verso il centro della stanza, fissando il pavimento. - Il mio Dono è molto debole. - disse - Io mi limito a leggere nei cuori, mentre Galien è in grado di penetrare nelle menti....e non solo. - Alzò la testa e guardò il suo sposo negli occhi. - Può vedere nel passato dei luoghi in cui si trova, Legolas. -
L’elfo scosse il capo, incredulo. - Com’è possibile... ? -
- Ne ho avuto oggi la prova. - continuò Anìrwen - Stavamo passeggiando
nel Giardino, quando, ad un tratto, ha esclamato ridendo “Com’eri bella, Naneth, quando Adar ti ha presa in sposa !”. Quando gli ho domandato cosa volesse
dire, ha descritto nei minimi particolari tutti coloro che erano presenti il
giorno del nostro matrimonio... -
- Glie ne avrà parlato Enchilion ! - esclamò Legolas alzando le
spalle.
- Anche del bracciale che tenevo nascosto sotto una manica del vestito e che ti avrei donato la prima notte di nozze ? -
Legolas si avvicinò alla finestra, stupefatto, guardando il sottile
cerchio intrecciato di mithril che portava al polso. - Allora è proprio vero...
-
- Poi mi ha chiesto quando sarebbe nato il suo fratellino, perché non
vedeva l’ora di avere qualcuno con cui giocare...sono preoccupata per lui,
Legolas. - disse Anìrwen riavvicinandosi all’elfo e prendendolo per un braccio
- Io ho scoperto di avere il Dono quando ero già adulta...ma Galien non è che
un bambino, non è ancora in grado di controllarlo ! Per lui è solo un
gioco...senza contare che, se qualcuno lo scoprisse, potrebbe
approfittarsene ! -
Legolas scosse il capo. - L’unica cosa che possiamo temere è che Galien abusi del suo potere. E’ vero, è ancora un bambino, ma imparerà presto, e purtroppo a sue spese, che dovrà ben tenerlo sotto controllo. E poi vedrai, se imparerà ad usarlo gli tornerà senz’altro utile in futuro. Nel frattempo, se te la senti, cerca di spiegargli quello che è lecito e quello che non lo è. Ad ogni modo - Legolas prese dolcemente Anìrwen per le spalle e la guardò negli occhi - glie ne parlerò senz’altro quando tornerò. Sarà un discorso piuttosto lungo, ma è un bambino intelligente e capirà.-
Senza abbandonare la sua espressione preoccupata, Anìrwen si rannicchiò
nelle braccia di Legolas, appoggiando la testa contro il suo petto.
- Vorrei tanto che tu non andassi a Minas Tirith... - disse.
Legolas sospirò, stringendo a sé la sua sposa. - Nemmeno io lo vorrei -
disse - Ma purtroppo devo farlo. Da quando Sauron è stato sconfitto,
l’equilibrio nella Terra di Mezzo si è dimostrato estremamente fragile...Per
questo ogni anno i sovrani dei Popoli Liberi devono radunarsi e rendere conto
delle situazioni interne ai loro Paesi. Anche se non lo sembra, è estremamente
importante, soprattutto per la faccenda di Esgaroth...-
- Ti preoccupa molto ? -
- Sì. - rispose Legolas con aria grave - Non riesco proprio a capire il
motivo per cui i signori di Dale stiano interrompendo i commerci con il Bosco
Atro... -
- Non pensarci, per ora. Pensa
solo che rivedrai i tuoi vecchi compagni d’avventura... - disse Anìrwen
cercando di apparire più tranquilla. Ma non lo era affatto, e Legolas se ne
accorse.
- Non starò lontano per molto - disse - Una settimana, due al massimo.
Tu e Galien siete al sicuro, ho dato a Eredhil tutte le disposizioni necessarie
per... -
Nel sentire quel nome, Anìrwen si sottrasse bruscamente dall’abbraccio
di Legolas e tornò verso la finestra, stringendosi nelle braccia.
- Anìrwen... - disse tristemente Legolas. Sapeva benissimo cos’aveva
turbato la sua giovane sposa, e ciò lo addolorava.
- Non mi fido di lui, Legolas. Non mi è mai piaciuto il suo sguardo,
soprattutto da quando è tornato da quel viaggio sul Lago Lungo, tempo fa...una
luce strana brilla nei suoi occhi, e sento che il suo cuore non è
trasparente... -
- Mia cara, sono trascorsi solo tre anni da quando ho preso il posto di
mio padre, ed ogni volta che ho affidato dei compiti a Eredhil lui li ha sempre
svolti degnamente. D’accordo, è ancora molto giovane e inesperto, ma ha
numerosi consiglieri ad affiancarlo, pronti a rimediare ai suoi errori e a
prendere in mano la situazione. E poi...è mio fratello, Anìrwen. Nelle sue vene
scorre il mio stesso sangue. Sebbene i nostri rapporti non versino nelle
migliori acque...io mi fido di lui. -
Anìrwen non rispose e continuò a guardare fuori dalla finestra ;
Legolas le si avvicinò e la fece voltare piano verso di lui.
- Non devi temere nulla, amore
mio. - le disse guardandola negli occhi - Ti prometto che non accadrà niente di
male, né a te, né a Galien...né al piccolo che arriverà presto. E io non ho mai
mancato ad una promessa. Se qualcuno, chiunque sia, dovesse tentare di farvi
del male, lo farò a pezzi con le mie stesse mani. -
Anìrwen alzò lo sguardo verso gli occhi di Legolas e gli sorrise dolcemente.
- Mi credi ? - domandò Legolas sorridendo a sua volta.
La Dama tacque per un istante, con aria pensierosa, poi prese le mani
dell’elfo tra le sue. - Sai perché ti amo, Legolas ? - disse - Perché so
che tu ami me. Nient’altro conta. -
- E’ una mossa scorretta, leggere nel pensiero...credevo lo
sapessi ! - rispose Legolas in tono scherzoso.
- Non ho bisogno di leggerti nel pensiero. - disse Anìrwen prendendo il
viso del suo sposo tra le mani - Perché dovrei farlo, se mi basta guardarti
negli occhi per capire cosa senti ? -
Il Re e la Dama si scambiarono un lungo bacio mentre il sole cedeva il
suo posto alla luna e alle stelle.
- Questa sarà la nostra ultima notte insieme per molti giorni... - disse languidamente Anìrwen.
- E’ vero - rispose Legolas sollevando la sua sposa tra le braccia e
portandola verso il loro letto - Rendiamola indimenticabile, allora... -
Mentre sellava il suo cavallo, Legolas sorrise ripensando al corpo sottile di Anìrwen che aveva accarezzato e stretto tra le braccia fino a poche ore prima. Tuttavia una strana inquietudine si era impadronita del suo cuore, rievocando le parole che la sua Dama aveva pronunciato.
Aveva fatto tutto il possibile per cercare di tranquillizzarla, ma non era riuscito a fare lo stesso per sé. Eppure non era la prima volta che lasciava soli i suoi famigliari, e, sebbene ogni volta provasse gli stessi timori, Legolas sentiva che questa volta era diverso.
Scosse la testa cercando di levarsi quei pensieri dalla mente.
C’era ancora una cosa che poteva fare.
- Nestir. - chiamò, dirigendosi a passo spedito verso il Capitano della Guardia che stava impartendo gli ultimi ordini ai soldati che avrebbero dovuto scortare Legolas a Minas Tirith.
- Comanda, mio Signore. - rispose Nestir voltandosi non appena ebbe sentito la voce di Legolas.
L’elfo sospirò, sperando di fare la cosa giusta. - Voglio che tu rimanga qui e che vegli costantemente su Dama Anìrwen e sul Principe Galien. -
- Ma...mio Signore, sei certo di quello che dici ? - ribattè Nestir, sorpreso.
- Perfettamente. - rispose Legolas - Come hai detto tu stesso, il viaggio è breve e il percorso è sicuro ; i cinquanta soldati della scorta saranno più che sufficienti ; preferisco che tu resti a vegliare su chi mi è più caro. Qualsiasi cosa accada, e ripeto qualsiasi cosa, manda immediatamente un messaggero a Minas Tirith, e io tornerò il più presto possibile. So che non è un’incombenza che ti compete, ma non ho altri di cui fidarmi. Accetti questo incarico ? -
- Ho giurato di servirti fedelmente, mio Signore - rispose Nestir - La tua stima mi ripaga di qualsiasi sacrificio, ma spero che tu sappia che obbedire ad un tuo ordine non è affatto un sacrificio per me, bensì un onore. -
Legolas sorrise e si sentì più sollevato. - Ora posso davvero partire. - disse.
Mentre si allontanava in testa alla sua scorta, Legolas volse lo sguardo verso le finestre del palazzo e, con sorpresa, vide Anìrwen appoggiata alla balaustra di una delle terrazze. Con un sorriso triste, la Dama sollevò una mano per salutarlo e, in quel momento, il sole, che si stava alzando, fece risplendere uno dei suoi raggi sui suoi capelli d’oro.
A Legolas si strinse il cuore di fronte a quella visione, e tutto ciò che potè fare fu ricambiare lo stesso gesto per salutare quel raggio di sole.
Il suo raggio di sole.
L’ultimo.