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Autore: Niniane_88    29/12/2012    3 recensioni
Parigi, 1896.
La giovane e ingenua Jacqueline sta per annunciare il suo fidanzamento con l'affascinante Claude. La povera Jeannette invece è sofferente per l'assenza del suo promesso sposo che l'ha inspiegabilmente abbandonata davanti all'altare e sembra scomparso nel nulla. Il giovane Henri è preoccupato per la salute del padre. La bellissima modella Fleur cammina senza timore per i vicoli bui della città. In una lontana abbazia qualcuno sta espiando le sue colpe.
Tante storie di vita, apparentemente senza alcun legame tra loro. Intrighi, equivoci, amori e tradimenti le renderanno un'unica storia: quella che state per leggere!
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo IX

 
Jacqueline ebbe bisogno di qualche giorno per trovare il modo di incontrare Henri Dupois: sgattaiolare a Parigi non era così semplice come aveva sperato. Jacqueline non aveva calcolato, infatti, che sua madre le avrebbe affidato l’incarico di tener d’occhio i novelli fidanzati Elenoire e Jean Michael: all’inizio, la fanciulla aveva trovato la cosa piuttosto ridicola, dato che il duca de Chalange frequentava da sempre il palazzo e non c’era ragione perché all’improvviso diventasse meno affidabile di prima, fidanzato o no. La marchesa aveva risposto alla sua argomentazione dicendo che non riteneva fosse necessario un vero e proprio chaperon, ma che ogni tanto, un’occhiata alla giovane coppia non avrebbe fatto male a nessuno. Argomentazione che si era rivelata previdente, perché in effetti, Elenoire e Jean Michael avevano mostrato subito di essere due innamorati molto focosi e cercavano ogni possibile pretesto per stare da soli, tanto che a un certo punto Jacqueline era stata costretta a fare una ramanzina sulla moderazione e la pazienza alla sorella minore. Questo non le aveva fatto piacere: nell’assistere alla felicità dei due innamorati, aveva ripensato con tristezza all’atteggiamento gentile, ma distaccato di Claude e si era chiesta, amareggiata, come avesse fatto a non capire subito che lui non l’amava. Certo, non era il caso che Jean Michael compromettesse sua sorella ed era opportuno che quest’ultima non dimenticasse di essere ancora troppo giovane per certe cose, ma almeno entrambi mostravano di amarsi appassionatamente e di desiderare moltissimo la reciproca vicinanza. 
Dunque, Jacqueline si era ritrovata più occupata di quanto avesse immaginato. L’occasione per andare a Parigi capitò quando il piccolo duca dovette recarsi a Lione per affari, sollevandola dall’incarico di chaperon. Jacqueline inventò alcune commissioni da fare e disse che avrebbe portato con sé Elenoire. La marchesa le domandò se non volesse anche una domestica, per portare gli acquisti, ma Jacqueline disse che non ve n’era bisogno, dato che si sarebbe spostata in carrozza.
Era una mattina fredda e luminosa quella in cui le due sorelle lasciarono il palazzo: Jacqueline aveva confidato tutto a Elenoire, la quale, non avendo dimenticato il suo astio nei confronti di Claude e della sua amante Fleur Boyer, si era detta entusiasta dell’incarico. 
- Sarà bello rivedere Henri! – aveva commentato – Come pensi di trovarlo? -
- So dove insegna. – aveva risposto Jacqueline, sicura – Mi farò dare l’indirizzo lì. -
E così avvenne. Nell’istituto dove il giovane era professore, non fecero alcuna difficoltà, quando le duchessine de Chalange chiesero il suo indirizzo, spiegando che era stato il loro precettore e che desideravano parlargli: infatti, l’aver insegnato a loro, era proprio il fiore all’occhiello nel curriculum di monsieur Henri Dupois. 
Jacqueline ci rimase male, tuttavia, quando vide lo squallore dell’edificio in cui Henri abitava. Era un condominio grande e spoglio, senza nemmeno un piccolo giardino davanti. Almeno all’esterno sembrava piuttosto malridotto e non era improbabile che dal tetto vi fossero infiltrazioni d’acqua quando pioveva. 
Dovettero attendere quasi un’ora prima che l’alta figura del loro precettore comparisse in fondo alla strada. Elenoire fu la prima a vederlo, ma quando sfiorò il braccio di Jacqueline per farglielo notare, in qualche modo questa aveva già capito che Henri era vicino. Senza riuscire a trattenersi si alzò di scatto e scese in fretta dalla carrozza.
Henri doveva essere stato informato dalla scuola della visita che avrebbe ricevuto perché non parve stupito, ma solo molto felice di rivedere le sue allieve. Abbracciò Elenoire e baciò la mano di Jacqueline, poi le prese entrambe sottobraccio.
- Mie signore, il mio alloggio non è certo confortevole. – disse, guidandole all’interno del condominio – E’ un onore potervi ospitare, ma mi vergogno di farvi entrare… nemmeno l’aria è particolarmente salutare, lì dentro. -
- Oh, non datevi pensiero per noi! – rispose Elenoire allegra – Noi siamo molto più forti di quello che sembriamo. -
Lo sguardo di Henri si posò sui capelli castani di Jacqueline.
- Lo so bene. – mormorò.
Giunsero infine al terzo piano e Henri tirò fuori dalla tasca della giacca una chiave che infilò in una delle porte che davano sul corridoio. Jacqueline entrò dopo di lui nel suo appartamento e non poté evitare di guardarsi intorno. Un’altra fitta di dispiacere la colpì, mentre osservava con sguardo apparentemente impenetrabile i mobili in legno scadente, il pavimento sconnesso e le finestre che avevano tutta l’aria di promettere poca luce e tanti spifferi.
Così era qui che viveva adesso, il suo maestro, sempre elegante e raffinato? Tutto solo, in quel buco malsano, con uno stipendio che gli bastava a malapena per mangiare? Era questo che gli era toccato, quando aveva lasciato le comodità della loro casa?
- Jacqueline?! Jacqueline, mi senti? –
La voce di Eleonoire giunse da molto lontano e Jacqueline, immensamente stupita si trovò ad aprire gli occhi. 
Non si era resa conto di averli chiusi e nemmeno di essere caduta.
E… un momento! Come ci era finita tra le braccia di Henri?
- L’avevo detto che qui l’aria non è salutare… - stava dicendo lui, sorreggendola e guardandola ansiosamente -  Elenoire, cara, apri la finestra, ti prego. E appena Jacqueline si sarà ripresa, andate via, per carità! Non vi fa bene stare qui… -
- No! – protestò Jacqueline, sollevandosi e mettendosi a sedere. – Henri, siamo venute perché io devo parlarvi, di una questione molto importante. Vi prego, procuratemi invece una sedia e un bicchiere d’acqua. Vi assicuro che sto bene, è stato solo un mancamento… -
- Ha ragione. – intervenne Elenoire – Quello che dobbiamo dirvi è importante. E poi Jacqueline adesso sta bene, non vi preoccupate, doveva solo fare un po’ di scena, come al solito… - continuò ridendo.
- Elenoire! Sei un’ingrata! – protestò Jacqueline, arrossendo.
Henri guardò prima l’una poi l’altra, infine prese delicatamente Jacqueline per la vita e l’aiutò ad alzarsi. Quindi le avvicinò una sedia e quando la giovane si fu accomodata andò a prenderle l’acqua. Poi recuperò altre due sedie, una per sé e una per Elenoire.
- Se siete così decise a rimanere qui, signore, non mi resta che ascoltarvi. Cosa dovete dirmi? -
Jacqueline si sentì prendere dal timore. Non aveva ancora pensato a quale reazione avrebbe potuto avere Henri alle sue richieste. E se si fosse adirato con lei? Se si fosse rifiutato di rispondere? La fanciulla alzò gli occhi e incontrò quelli azzurri e dolci di lui. Fu quello sguardo a rassicurarla, come se Henri le stesse dicendo: parla senza paura, Jacqueline, io non potrei mai arrabbiarmi con te.
Cercando di essere il più precisa possibile, gli raccontò di come Claude Renard avesse iniziato a corteggiare la contessina Jeannette de Meunier, di come i genitori di lei avessero preso in considerazione l’idea di un matrimonio tra loro e di come Jeannette intendesse opporsi ad ogni costo. 
- La contessina trova molto strano che il vecchio conte de Rolland non abbia lasciato alcun testamento ed è arrivata a nutrire il sospetto che Claude Renard abbia fatto qualcosa di illegale per ottenere l’eredità. – concluse, tutto d’un fiato.
Questa dichiarazione fu seguita da un silenzio teso. Infine Henri si alzò con un sospiro e si avvicinò alla finestra.
- Mio padre mi ha rinnegato per molti anni, – disse, come parlando più a sé stesso che alle duchessine – ma pochi mesi prima della sua morte mi disse che intendeva riconoscermi e lasciarmi tutte le sue sostanze. Disse che preferiva che tutto ciò che amava andasse a suo figlio piuttosto che a un parente lontano. Pensava che io avrei apprezzato e rispettato tutto ciò che mi avrebbe lasciato, anche gli oggetti più antiquati. Voi non siete state, immagino, nel suo palazzo: beh, è pieno di pezzi d’antiquariato, alcuni sono belli, altri orribili, ma ciascuno ha la sua storia. Mio padre pensava, a ragione, che io ne avrei compreso il valore. Mi chiese perdono per non aver creduto subito che fossi sangue del suo sangue e purtroppo la sua richiesta giungeva molto tardi: mia madre infatti era già morta da due anni e lei, poveretta, aveva sperato per tutta la vita proprio in questo miracolo. Io comunque, dopo una prima reazione molto negativa, deposi l’orgoglio e perdonai mio padre. Ora mi pento amaramente di aver impiegato tanti giorni a capitolare. Se avessi ceduto subito, forse ora sarebbe tutto diverso. -
Henri strinse i pugni in un gesto nervoso. Jacqueline non aveva staccato gli occhi da lui per un solo istante, durante tutto il suo discorso, toccata dalla sua sofferenza.
- Cosa accadde poi? – chiese.
Inaspettatamente Henri, scoppiò in una risata amara: - Cosa accadde? Arrivò quell’altro, ecco cosa accadde! Spuntò fuori dal nulla, anzi da Marsiglia, se vogliamo essere precisi e dichiarò di essere l’unico nipote del conte de Rolland! E disgraziatamente questo è vero. -
- Ma vostro padre come prese la cosa? – chiese ancora Jacqueline.
- Non era contento. – ammise Henri, voltandosi verso di lei – Disse che quel giovanotto non gli piaceva e che per quanto lo riguardava non gli avrebbe lasciato neanche un centesimo. -
- Quindi era ben deciso a lasciare tutto a voi! – saltò su Elenoire, euforica – Allora com’è possibile che non abbia provveduto a riconoscervi come figlio e al testamento? -
Henri le lanciò un’occhiata fugace, poi tornò a guardare verso la finestra.
- Non so cosa sia successo. – mormorò – All’improvviso sono stato avvisato che mio padre era molto malato, dal vecchio maggiordomo del palazzo, Francis, il quale si era affezionato a me nel breve tempo in cui mi aveva conosciuto. Francis era piuttosto stupito che io non fossi ancora andato a trovarlo, ma è stato perché non sapevo nulla. Claude Renard si era piazzato in casa e non aveva certo pensato di dirmi che mio padre stava morendo. -
 Jacqueline aveva ascoltato con molta attenzione il racconto e le ultime parole di Henri la lasciarono più che mai inquieta. Un sospetto mostruoso si formò nella sua mente e per un momento la fanciulla se ne vergognò; ma poi guardò Henri, considerò quanto fosse dolce e nobile e desiderò più che mai aiutarlo. Di nuovo, alzò gli occhi per incontrare i suoi.
- Credete che…? – iniziò.
- Credo che Claude Renard si sia macchiato di almeno un crimine. Potrebbe aver nascosto un testamento. O potrebbe aver causato la morte di mio padre. O entrambe le cose. – rispose Henri, pacato, gli occhi azzurri improvvisamente limpidi e brillanti come zaffiri.
Jacqueline si alzò e gli si avvicinò. Senza alcun timore gli posò una mano guantata sul braccio.
- Allora dobbiamo dimostrarlo, prima che sposi la contessina Jeannette. – disse, con decisione.
- C’è un’altra cosa. – intervenne Elenoire, aggrottando la fronte – Henri, è possibile che in tutto questo sia coinvolto anche il marchese de Blanchard? La povera Jeannette teme di sì e teme che lui sia scomparso nel nulla in seguito a qualcosa che ha fatto… -
- Oh, è molto probabile che il signorino sia coinvolto! – affermò Henri, il tono carico di disprezzo – Quell’allocco del marchesino de Blanchard si farebbe manipolare anche da una formica! Parla troppo e ascolta troppo poco, in breve. Mi sono sempre chiesto come mai una donna dell’intelligenza della contessina de Meunier abbia potuto innamorarsene. -
- Non disprezzate la povera Jeannette! – disse Jacqueline – Ha sofferto molto. -
- Già, ha sofferto molto per un idiota! Lui e Renard erano ottimi amici, il marchesino beveva ogni parola che il suo illustre compare diceva e per colmo di sfortuna era anche molto amico del conte. Sapete com’è… manie religiose in comune… -
- Manie religiose? – s’informò Elenoire, curiosa.
- Oh sì. Oserei dire che il più grande difetto di mio padre fosse proprio l’eccessiva fede, che comunque non gli ha impedito di generare un figlio illegittimo, fuori dal sacro vincolo del matrimonio. Il marchese de Blanchard lo ammirava molto per le sue idee e discuteva spesso con lui di questioni teologiche, almeno così mi è stato riferito. -
- Quindi è possibile che, come dice Jeannettte, il povero Maximillen sapesse qualcosa di troppo, che magari Claude è riuscito a scoprire? – rifletté Jacqueline.
- Possibile. Tuttavia, il marchese è scomparso nel nulla e noi stiamo qui a parlare a vuoto. Perché siete qui, mie signore? Io non posso aiutarvi. -
- Invece potete! – s’infiammò Elenoire – Non dovete rinunciare ai vostri diritti in modo tanto codardo! Jeannette e il dottor Gaillard ci aiuteranno, tutti insieme faremo in modo di scoprire la verità! Dobbiamo impedire il matrimonio tra Claude e la contessina e farvi riavere il vostro titolo di conte! -
- Elenoire, adesso calmati! – disse Jacqueline, un po’ allarmata – Monsieur Dupois ha bisogno di riflettere. Vieni, lasciamolo solo, abbiamo disturbato già abbastanza. -
- Oh no, Jacqueline, aspettate! – rispose Henri, in fretta – Non andatevene, c’è qualcosa che debbo dirvi e se non potrò farlo ora, non lo farò più. -
 

 
- No! No, no, no! -
- Jeannette, cara, rifletti… -
- Riflettere? Riflettere?! Mamma, tu non sai quello che dici! Mi chiedi di riflettere? Io ho già riflettuto e ho già deciso! Non sposerò monsieur Renard, per nessuna ragione al mondo! -
- Mia cara, lui è monsieur Claude Laurent Renard de Rolland, debbo rammentartelo? -
- Lui non è il conte de Rolland! Si è appropriato di quel titolo con l’inganno, io ne sono certa! Il conte aveva un figlio a cui spettava di diritto ogni suo avere e il nome de Rolland! -
- Un figlio illegittimo, Jeannette… -
- Ma sempre un figlio! Mamma, rifletti! E ti prego, pensa a Jacqueline! Ti sembra onorevole il modo in cui l’ha trattata? Come puoi permettere che un uomo del genere corteggi me? -
- E a te, mia cara, sembra onorevole il modo in cui ti sei comportata in tutti questi mesi? - 
Le parole di sua madre furono come uno schiaffo in pieno viso. Jeannette non trovò il coraggio di ribattere e sentì le lacrime pungerle gli occhi.
- Mamma, questo non è giusto… - cercò di dire, in tono sottomesso – Tu sai quanto ho sofferto… e sai quanto soffro ancora. -
- La tua sofferenza ti ha indotta a comportarti in un modo tale da disonorarci tutti. Solo adesso le acque cominciano a calmarsi. Non mi sembra proprio il caso di fare paragoni. Certo, monsieur Renard avrebbe potuto comportarsi meglio con la tua amica Jacqueline, ma io personalmente non lo disprezzo. In ogni caso, non disprezzo un matrimonio tra te e lui. Tesoro, non pretenderai di poter trovare il principe azzurro, nelle tue condizioni, vero? -
La contessa aveva parlato con tenerezza, ma per Jeannette ogni sua parola, ogni velata accusa era come un coltello piantato nel fianco. All’improvviso sentì crescere dentro di sé una rabbia mai provata prima, e il desiderio di sfogarla, il prima possibile. Il fatto che sua madre non volesse capire come si sentiva, il suo ignorarla ad ogni costo, la faceva infuriare.
- Io non voglio il principe azzurro! – urlò, sorprendendo la contessa che sobbalzò sulla poltrona – io l’aveva il mio principe azzurro, era Maximillen! E se non posso avere lui, non voglio nessun altro! Hai capito, mamma? Nessun altro! – E nel dire questo, la contessina Jeannette Françoise de Meunier afferrò un gigantesco vaso che troneggiava su un tavolino lì accanto e lo sbatté violentemente a terra, mandandolo in frantumi e producendo un baccano assordante.
La contessa sua madre diede un grido e si riparò con il ventaglio dalle schegge di vetro. Mentre due domestiche accorrevano a raccogliere i cocci e a pulire il pavimento, nel salotto regnò un silenzio teso. Jeannette rimase ferma, a testa bassa, mentre la sua rabbia lasciava il posto a un’immensa tristezza.
Infine fu sua madre a parlare:
- Jeannette, vedo che nonostante le amorevoli cure di noi tutti, sei ancora malata. Non ti rimproverò per il vaso o per la tua condotta. Ora va’ in camera tua e attendi. Io farò chiamare il dottore. -
Jeannette spalancò gli occhi per la sorpresa e l’orrore. Si tappò la bocca con una mano e fece come la contessa le aveva ordinato.
Giunta in camera sua si gettò sul letto e pianse a lungo, sfogando così il suo dolore e la sua rabbia contro il resto del mondo. 
Era ancora accasciata contro i cuscini quando sentì la porta aprirsi dolcemente. Si sollevò e non appena vide chi era arrivato balzò in piedi.
- Julien! – esclamò tra i singhiozzi, correndo incontro al dottore – Oh, Julien, grazie al Cielo sei qui! -


 
Jacqueline attese che Henri parlasse, ma il giovane guardò Elenoire e disse in tono molto serio:
- Duchessina, vorreste fidarvi di me e lasciarmi parlare da solo con vostra sorella per qualche minuto? Mi conoscete bene, sapete che non offenderei madmoiselle Jacqueline in alcun modo. -
Jacqueline avrebbe voluto dire che qualsiasi cosa volesse dire Henri, avrebbe potuto essere ascoltata anche da Elenoire, ma quest’ultima la precedette e disse in ton solenne che naturalmente si fidava e naturalmente avrebbe aspettato in un’altra stanza.
- Però tu mi devi un favore, - aggiunse, rivolta a lei – la prossima volta che vorrò stare da sola con Jean Michael non farai obiezioni! -
Jacqueline non poté far altro che sorridere.
Quando Elenoire fu scomparsa in una camera attigua al soggiorno in cui si trovavano, tra Jacqueline ed Henri calò di nuovo il silenzio.
Poi il giovane si avvicinò: inspiegabilmente Jacqueline sentì il cuore battere più forte e lo guardò interrogativamente. La sua sorpresa aumentò quando Henri si inginocchiò, per poterla guardare in viso e le prese delicatamente una mano.
- Jacqueline, c’è una cosa che vorrei sapere. – esordì.
- Cosa? – chiese la fanciulla, confusa.
- Vorrei sapere se adesso siete guarita. -
- Oh sì! – rispose Jacqueline con calore – Le vostre parole, all’uscita dalla chiesa mi hanno fatto tanto bene, sapete? Ora non soffro più per quello che è successo. -
Henri la guardò negli occhi.
- Voi amavate davvero Claude Renard? – chiese.
Jacqueline avrebbe voluto rispondergli che quella era una domanda inopportuna, invece si ritrovò a dire: - Dopotutto, credo di no. Ne ero infatuata e ho sofferto molto soprattutto perché mi feriva il fatto di non aver capito che voleva solo i miei soldi, ma il mio cuore non è stato frantumato, anche se all’inizio a me è sembrato che fosse proprio così. -
- E adesso volete davvero aiutarmi? -
- Certo. -
- Ma perché? Per la vostra amica, perché possa evitare delle nozze sgradite?
Jacqueline distolse lo sguardo.
- No, non solo per quello . – mormorò timidamente.
- Perché, allora? -
- Henri, io… -
Ma all’improvviso il giovane le prese le mani e la costrinse a guardarlo di nuovo negli occhi.
- Jacqueline, ascoltatemi! Adesso che la speranza di riavere ciò che mi spetta è rinata in me, è giunto il momento che voi conosciate i miei sentimenti. Avevo giurato a me stesso che non avrei mai più pensato a voi, perché non avevo nulla da offrirvi… e anche adesso, maledizione, non ho nulla, nulla! E siccome non riesco a immaginare come possiate voi, aiutarmi a diventare ciò che dovrei essere, forse è una speranza folle. Ma se un giorno riuscissi a diventare Henri Sebastian conte de Rolland, allora, Jacqueline, vorreste sposarmi? Io vi amo! Vi amo con tutto il mio essere! Quando vostra madre mi ha allontanato da voi è stato come morire… Non oso sperare che amiate un povero fallito come me, ma volevo che sapeste… volevo parlarvi soltanto una volta di quello che provo… -
Jacqueline si appoggiò allo schienale della sedia. Tremava.
Quando aveva accettato di andare a parlare ad Henri non si era aspettata un dialogo tanto intimo, né tanto meno una dichiarazione d’amore. Aveva dovuto confessare a sé stessa che l’idea di rivederlo la elettrizzava, e che non poteva fare a meno di pensare a lui in continuazione, ma non era arrivata a immaginare che i sentimenti che aveva soffocato per oltre un anno fossero ricambiati. C’era stato un tempo in cui aveva osato sognare che Henri l’amasse, ma quel tempo era stato dimenticato quando aveva conosciuto Claude e poi, dopo che le cose erano andate tanto male, Jacqueline si era sentita quasi indegna di rievocare quei ricordi.
Invece ecco che Henri aveva parlato, le aveva detto tutto ciò che una piccola parte di lei aveva sperato di sentire. E quelle parole sincere, sconnesse e piene di commozione agivano sul suo cuore come l’acqua e il sole su un fiore quasi appassito. Jacqueline si sentì rinascere, all’improvviso ebbe voglia di ridere, di ballare, di gettare le braccia al collo di Henri, caro, dolce, meraviglioso Henri…
Tuttavia, cercò di controllarsi, anche per non insospettire Elenoire, che era a portata d’orecchi.
Dolcemente, liberò una mano da quelle di Henri, per sfiorargli una guancia.
- Henri, - chiese, con voce tremula – dite davvero? Voi mi amate? -
- Vi ho amata sempre, mio tesoro. Me ne sono reso conto soltanto negli ultimi mesi in cui ho frequentato la vostra casa. Quando me ne sono andato ho cercato di dimenticarvi, ma non ci sono riuscito. -
- Nemmeno io ci sono riuscita. – rispose allora Jacqueline, seria.
Henri la guardò, incredulo.
- Davvero, Henri, non mi sto prendendo gioco di voi. – La fanciulla prese di nuovo le mani del giovane ed entrambi si alzarono. – Anch’io vi amo. E intendo sposarvi chiunque voi siate. Sarò madame Dupois, o la contessa de Rolland e per me non cambierà niente. -
- Ma Jacqueline, voi non potete… -
- Posso e voglio! Nessuno me lo impedirà. - 
- Jacqueline, amore mio… non posso permetterlo… -
- Oh, Henri, smettila per una volta di essere l’uomo più onorevole che io conosca… e baciami! – dichiarò Jacqueline e non fece a tempo a sorprendersi per la propria audacia, perché Henri finalmente cedette e rispose alla sua richiesta baciandola con passione sulle labbra. Jacqueline allora comprese soltanto che il suo cuore era tornato intero e forte e, felice come non era mai stata in vita sua, gettò le braccia al collo dell’amato e restituì il bacio con tutta sé stessa. Dimenticò il luogo in cui si trovava e si abbandonò all’abbraccio protettivo e forte di Henri, comprendendo di aver desiderato quell’abbraccio per tutta la vita.
Fu con grande sforzo che infine si separò da lui. Henri le accarezzò una guancia e Jacqueline vide che aveva gli occhi umidi.
- Elenoire! – chiamò.
Sua sorella comparve immediatamente. Non parve stupita di vederli tanto vicini e Jacqueline capì che doveva aver sentito tutto.
- Elenoire, cara, voglio che tu sappia che io amo Henri e che intendo sposarlo, quale che sia la sua posizione sociale. -
Elenoire si aprì allora in un sorriso raggiante e le corse incontro. Abbracciò prima lei, poi Henri e disse: - Oh, io lo sapevo, lo sapevo! Non preoccupatevi, andrà tutto bene, sistemeremo questa faccenda e certo che voi due vi sposerete! La primavera prossima andrà benissimo! -
 
 
 
Il dottor Julien Gaillard abitava in un lussuoso appartamento all’interno di un grande palazzo in un ricco quartiere parigino. Non amava molto la vita mondana, ma gli piacevano le comodità e ai suoi sopiti non faceva mai mancare nulla. Il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, era particolarmente contento di aver indetto a casa sua una riunione segreta e, ritenendo che ordire un complotto fosse un’attività piuttosto faticosa, aveva ordinato un pranzo ricco e abbondante per tutti i… congiurati.
Gli ospiti del dottor Gaillard erano la contessina Jeannette de Meunier (sfuggita per miracolo alla sorveglianza della sua famiglia), monsieur Henri Dupois e l’intera famiglia de Chalange: infatti, non erano presenti soltanto le duchessine Jacqueline ed Elenoire, ma anche il duca Jean Michael e perfino la marchesa Marie Victorie de Leclerc, messa al corrente di tutta la faccenda dalle figliole.
Scopo della riunione: trovare il modo di incastrare Claude Renard, di scoprire dove fosse il marchese Maximillen de Blanchard e restituire a Henri il titolo di conte.
- Il punto debole di Claude Renard è la sua amante, madmoiselle Fleur Boyer. – disse Henri – Se minacciassimo di farle del male, Claude forse parlerebbe. Ella è l’unica persona che gli sia davvero vicina. -
- No, - lo contraddisse Jean Michael – dobbiamo fare esattamente il contrario: Claude sarebbe perfettamente capace di lasciare la sua amante nelle nostre mani, non gli importa niente di lei, ma se invece minacceremo di nuocere a lui, la Boyer parlerà di sicuro. -
- E’ vero, perché lei lo ama! – s’intromise Elenoire, eccitata.
- Ottima idea! – approvò il dottore – Signori, per quanto sgradevole possa essere, penso che dovremmo sorprenderli mentre sono insieme. -
- Insieme?! Ma… è crudele… – fece Jacqueline inorridita.
- E io terrò ferma la Boyer! – sibilò Jeannette, trionfante.
- Anch’io! – rincarò Elenoire a voce troppo alta.
- Tu non farai proprio niente! – la riprese la marchesa – Voglio che tu e Jacqueline stiate fuori da questa faccenda! Jeannette, anche tu, ragiona, ti prego… -
- No, madame, io non me ne starò a guardare! – replicò Jeannette con gli occhi sfavillanti – Devo essere presente quando quel depravato confesserà dov’è finito il mio promesso sposo! -
- Penso che la contessina sia in diritto di fare ciò che desidera. – disse Julien Gaillard alla marchesa – Ma naturalmente comprendo il vostro desiderio di tenere le vostre figlie lontane dalla scena. -
- Basterò io. – dichiarò fieramente la marchesa – Se Jeannette insiste a voler venire, lei ed io ci occuperemo di madmoiselle Boyer. -
- E noi uomini siamo in tre. – rifletté Jean Michael – Dovremmo farcela a trattenere Claude. Anche perché quando lo sorprenderemo sarà disarmato. -
- Starete attenti? – chiese Jacqueline, ansiosa.
- Ma certo. – la rassicurò dolcemente Henri – Signori, quando agiremo? -
- Io propongo domani sera. – disse Julien.
Tutti si guardarono l’un l’altro.
- Domani sera. – confermò Jean Michael.
- Domani. – disse Jeannette tra i denti.
- Domani. – concluse Henri, solennemente.





Buongiorno a tutti! Scusate il ritardo, ma in questo periodo sono impegnatissima! Se tra voi c'è qualcuno che sta seguendo anche l'altra mia storia "Sinfonia Fantastica", mi scuso doppiamente per il ritardo nell'aggiornamento. Spero di essere più libera prossimamente per riprendere a scrivere con calma!
Allora, siete pronti per l'ultimo capitolo? Sì, proprio l'ultimo, nel quale tutti gli intrighi saranno svelati! Spero che questo che avete appena letto vi sia piaciuto e che avrete voglia di farmelo sapere in una recensione!
Un bacione a tutti e buon sabato!
Niniane
   
 
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