Ecco
cosa vuol dire ritrovarsi nel mondo di Dragonball... per un
genitore!
Capitolo 1
“Dragon,
dragon, dragon,
Dragonball!
Dragon, dragon, dragon,
Dragonball!
Chi sei, Goku, non lo sai...
Però, presto lo scoprirai
e poi, tu
scomparirai...
Una nuova realtà,
con le sue verità...”
«Evviva, evviva!»
gridò eccitato il piccolo
Andy udendo la musica tanto amata alla tv in salotto
«Inizia!»
Si
precipitò quindi sopra il divano, con gli occhi puntati al
grande schermo al
plasma del suo nuovo televisore, e iniziò a cantare anche
lui:
«... scaverà
nel tuo passato! E guardando più in là, il tuo
cuore saprà, ritrovare
Dragonball! What is... Ehi, ma che significa,
papà?»
Ora al
centro dello schermo si trovava un bellimbusto con i capelli impomatati
che
leggeva le notizie del telegiornale. Il padre di Andy si
sistemò comodamente
sul divano, con il telecomando in mano. Il bambino si gonfiò
come un tacchino.
«Papà!»
esclamò tutto rosso di rabbia
«Rimetti subito sul 6!»
«Fai silenzio,
Andrea.» lo zittì il padre
senza staccare gli occhi dalla tv «Stanno trasmettendo le
notizie di borsa.»
Andrea
lanciò un fugace sguardo alla tv, dove ora scorrevano le
immagini di politi e
banconote, poi tornò alla carica più furioso che
mai:
«Ma probabilmente
oggi MajinBu sarà
finalmente sconfitto!»
«Mangia-Bo?»
ripeté suo padre con tono neutro
continuando a guardare fisso davanti a se.
«Si dice MajinBu!» esclamò Andy e si
piazzò
proprio davanti il televisore.
«Togliti di
lì!» si arrabbiò suo padre.
«Non ho intenzione
di spostarmi!» ribatté
Andy «Rimetti sul 6! Adesso!»
«Andrea, sto
perdendo la pazienza!» si
infuriò suo padre «Vattene subito di
sopra!»
Andy
strinse forte i pugni e disse seccamente:
«Bene!
Vorrà dire che lo vedrò in camera tua,
papà! A tutto volume!» poi corse alle scale.
«Non ci
provare!» gli gridò dietro il padre,
ma per tutta risposta Andy sbatté forte la porta della
camera matrimoniale.
Pochi secondi dopo la voce nota del commentatore si diffuse per tutto
il piano
superiore:
«... riusciranno
quindi i nostri eroi a far
tornare la pace? MajinBu, sarà finalmente
sconfitto?» poi risuonò la classica
canzoncina del titolo e iniziò la puntata.
«Che
cos’è tutto questo frastuono, signor
Mirco?»
domandò la signora Fabrizia, la governante grassottella dai
corti capelli neri,
entrando nel salotto. Mirco scosse la testa ancora guardando il
telegiornale e
rispose noncurante:
«E’ solo
Andrea che fa i capricci.»
«A me sembra un
po’ incompreso quel povero
bambino.» mormorò la signora Fabrizia alzando gli
occhi al soffitto.
«Oh, adesso non ci
si metta anche lei, per
favore!» esclamò esasperato Mirco «Non
ne posso più di questo Dragonpoll! Io ho
bisogno di un po’ di calma e tranquillità e certo
non si può parlare di calma e
tranquillità con quei... come si chiamano? Saypan che fanno
i cretini con una
specie di mostro che assomiglia ad una BigBubble gigante! Domani
mattina presto
dovrò partire per quella missione nello spazio. Devo
prepararmi
psicologicamente. Sono un astronauta e non posso permettermi
distrazioni prima
di una partenza. Perciò, per favore, ho bisogno di
pace!»
«Ne sono
certa.» rispose con calma Fabrizia
«Ma penso che un po’ più di attenzione
verso suo figlio non le farebbe male...»
«Chi è
lei? Sua madre?» sbottò Mirco balzando
in piedi. La governante si fece piccola piccola.
«No,
certo...» sussurrò «Non voglio certo
prendere il posto di sua madre...»
«E allora non mi
venga a dire come si cresce
un figlio!» ruggì Mirco, spense la tv, e si
allontanò rapido dal salotto, diretto
al garage: il luogo dove poteva trovare finalmente un po’ di
pace e dove poteva
dedicarsi ai suoi hobby.
Lì passò
gran parte del pomeriggio, poi ci fu la cena. Andrea rimase silenzioso
con il
broncio per tutta la serata. Al tavolo c’erano solo lui e suo
padre: uno seduto
ad un capo del tavolinetto e l’altro all’altro
capo. La cena l’aveva preparata
Fabrizia, che s’era andata qualche minuto prima. Il silenzio
regnava nel
salone.
Mirco, dal
canto suo, era tutto concentrato a fare mente locale su cosa doveva
portarsi
sull’astronave. Si, probabilmente aveva preso tutto. Era un
tipo preciso nel
suo lavoro. Era uno dei migliori tecnici aerospaziali. La sua missione
non
sarebbe stata molto semplice: avrebbe dovuto cambiare un delicato
circuito alla
Base Spaziale C12. Avrebbe dovuto quindi lavorare esternamente, con
l’apposita
tuta e con gli appositi strumenti. Avevano chiamato lui
perché il minimo errore
avrebbe significato il cortocircuito immediato dell’intera
struttura o, peggio,
la sua distruzione. Ma con lui era impossibile che si verificasse anche
il
minimo errore.
Invece
Andy era assorto nei suoi tristi pensieri. Suo padre sarebbe partito
per
l’ennesima volta e sarebbe stato via tre settimane. Eppure
era appena tornato
da una missione precedente che lo aveva fatto mancare da casa due mesi,
ma già
ora era per lui il tempo di ripartire. Andy lo aveva visto pochissime
volte
nella sua vita. Fin quando aveva cinque anni passava sempre il tempo
con sua
madre e rivedeva suo padre dieci, dodici volte nell’arco
dell’anno. Per lui era
come un eroe sceso dallo spazio. Forse quasi un Sayan. Suo padre a
volte gli
raccontava delle sue missioni e Andy rimaneva affascinato ad
ascoltare... ma
ora Andrea di anni ne aveva undici e tutto era cambiato. Sua madre era
morta di
cancro sei anni prima e dal quel momento aveva passato più
tempo con le
babysitter che con suo padre, che era sempre fuori per lavoro. Ora si
parlavano
sempre meno e quando lo facevano la discussione degenerava in litigio.
Per
questo evitavano di parlarsi o anche di vedersi. Andy non aveva mai
avuto un
vero padre. Il suo eroe, il suo Sayan, pian piano si era trasformato in
un
comune essere umano, per poi sparire completamente dalle sue fantasie.
Il
bambino si era chiuso in sé stesso e, adesso, aveva anche
difficoltà a trovarsi
amici. Però suo padre... suo padre questo non lo capiva.
Pensava ormai che
Andrea fosse cresciuto e maturato. Mirco guardava quella copia di
sé più
giovane che gli assomigliava così tanto di aspetto: gli
stessi capelli chiari e
lisci, gli stessi occhi neri, lo stesso viso tondo... e in suo figlio
riusciva
a vedere solo un ragazzo ormai maturato che non aveva più
bisogno di un padre.
Oh, ma quanto si sbagliava!
«Allora Mirco, come
va tuo figlio?» domandò
Gianfranco, un tecnico di colore collega di Mirco seduto alla destra di
quest’ultimo, mentre si controllava che tutte le cinghie
fossero allacciate.
«Dieci.
Nove...»
«Oh, come vuoi che
vada?» rispose Mirco
afferrando i comandi «A me sembra sempre di più un
ragazzino viziato.»
«Otto.
Sette. Sei...»
«Povero
bambino!» esclamò dolcemente Angela,
un’assistente astronauta da folti capelli rossi, seduta alla
sinistra di Mirco
«Ma a me sembra così dolce!»
«Forse
perché non lo conosci abbastanza.»
ribatté Mirco.
«Cinque.
Quattro...»
«Infatti non lo
porti mai con te alla base!»
disse Angela.
«Si,
perché non lo porti?» chiese Gianfranco
«Sono sicuro si divertirebbe un mondo. Io ci porto sempre i
miei tre figli!»
«Infatti vedo quanti
danni fanno i tuoi tre
figli!» disse Mirco con un sorriso. Gianfranco
arrossì.
«Tre.
Due. Uno... partenza!» annunciò infine
la voce metallica e la navetta si
alzò definitivamente in volo.
«Lo sai, bellezza,
che la prudenza è la mia
prima regola!» scherzò Mirco galleggiando nello
spazio, all’esterno della Base
Spaziale C12.
«Sei sicuro che sia
stata una buona idea
uscire adesso?» domandò Gianfranco di fianco ad
Angela, guardando Mirco, da un
apposito schermo, aggiustare il circuito all’esterno
«Ricordi il rilevatore? Ha
percepito una strana anomalia in avvicinamento!»
«Figurati!»
rispose con calma Mirco tirando
una vite e scollegando un altro cavo «Io qui non vedo
nulla.»
«E se fosse una
specie di tempesta
energetica?» insistette Gianfranco.
«In effetti ne
è stata registrata un’altra
pochi giorni fa in questo punto.» concordò Angela.
«Insomma, smettetela
di preoccuparvi!»
esclamò Mirco «Così mi deconcentrate!
... Ehi... e quello cos’è?» proprio in
quel momento, infatti, aveva voltato lo sguardo alla sua destra e aveva
notato
così una specie di nuvola dorata avvicinarsi sempre
più a lui dallo spazio
aperto.
«Quello
cosa?» chiese allarmato Gianfranco
zoomando su Mirco «Io non vedo proprio nulla.»
Mirco
indicò alla sua destra.
«Quella specie di
nube!» disse.
Anche
Angela si sporse di più sullo schermetto, senza riuscire,
come Gianfranco, a
vedere nulla.
«Qui noi non vediamo
proprio niente.» disse
Angela grattandosi il capo.
«Ma
c’è vi dico!» insistette Mirco e
abbandonò tutti i suoi attrezzi «E si avvicina
sempre più!» si voltò indietro e
nuotò nell’aria, cercando di raggiungere il
portellone per rientrare, mentre la
nube dorata si avvicina a lui, ora più simile ad una fitta
nebbia.
«Mirco! Mirco,
calmati!» esclamò Gianfranco.
«Fatemi salire!
Fatemi salire!» gridò Mirco
in preda al panico... troppo tardi.
«Dov’è
finito?» domandò Angela alzandosi in
piedi.
Già, Mirco
era sparito dallo schermo. Anche se Angela e Gianfranco non se
n’erano accorti,
era stato completamente ricoperto dalla nebbia dorata... ed era sparito.
«Aaaaaahhh!»
con un urlò cadde seduto a
terra, con il cuore che batteva all’impazzata.
Notò un ruscello lì vicino e
quindi si rialzò e vi si avvicinò di corsa per
affacciarvisi... era un cartone
animato! Per un momento rimase stupito a fissare l’immagine
di sé stesso in
versione cartoon... con quegli occhi neri spropositati, i capelli
biondi acconciati
con fantasia e la carnagione di un rosetto-giallastro. Ma poi prese il
posto a
queste sensazioni lo spavento.
«Ma che cavolo sono
diventato?!» gridò toccandosi
il volto «Sto sognando... si, sicuramente sto
sognando!» si diede quindi uno
schiaffo, anche abbastanza forte, ma il dolore lo sentì
veramente!
«Che mi
succede?!» strillò nel panico totale
balzando in piedi «Sono finto! Sono una specie di disegno!
Oh, ma che mi è
successo?!»
«Ehi, ma va tutto
bene?» domandò qualcuno
alle spalle di Mirco che si voltò di scatto.
«No... non
può essere...» mormorò Mirco
scuotendo la testa spaventato «Tu... tu sei... oddio, come si
chiama? Tu sei...
ma si! Tu sei Goku!»
Goku
inclinò leggermente la testa di lato assumendo
un’aria confusa.
«Cos’è,
ci conosciamo?» domandò il Sayan
senza capire.
«Si!»
gridò Mirco «Purtroppo io ti conosco!
Accidenti! Questo non è un sogno!... E’ un
incubo!» e si portò le mani al viso iniziando
a piangere disperato.
“Ehi, ma questo
è proprio andato...” pensò
stupito Goku “Però... quasi mi fa
pietà! E’ ora di pranzo, se la prenderà
se lo
invito a casa mia? Boh, proviamo...”
«Ehm...
scusami...» disse Goku imbarazzato
«Che ne diresti di venire a pranzare da me? Ti vedo un
po’ abbattuto, magari
mangiando un po’ riprenderai le forze...»
«Ci mancava solo di
essere invitato a pranzo
da un disegno!» si lagnò Mirco.
Goku alzò
le sopracciglia incredulo.
“Ma questo tizio sta
proprio male!” pensò
preoccupato.
«Dai, aspetta. Ti
aiuto io.» Goku gli andò
vicino e gli prese un braccio, aiutandolo a stare in piedi
«Coraggio, vieni con
me.»
E si
allontanarono insieme diretti a casa Son.