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Autore: Carlos Olivera    29/12/2012    3 recensioni
Una storia nata dalla Round Robin Threads Of Fate, ed ambientata parallelamente ad essa.
E' trascorso un anno da quando Eric Flyer ha sconfitto Valopingius e fermato i piani di suo nonno, discolpandosi dalle accuse a suo carico ed ottenendo la qualifica di Hunter a tutti gli effetti.
Molte cose sono cambiate in questi 12 mesi, e anche lui un po', così sua madre decide di raccomandarlo al suo amico Kaien perché sia inserito nel progetto di scambio culturale che l'Accademia Cross si accinge ad iniziare. Eric vi si trasferisce con una cert'ansia, sia perchè nella scuola si trova la sua eterna nemesi, sia perchè alla Cross è determinata a studiare anche la persona alla quale tiene maggiormente al mondo, e che disgraziatamente attira i vampiri come le mosche con il miele.
Ma la tranquillità durerà poco. Suo nonno Augusto, infatti, non solo non ha rinunciato al suo disegno di creare con le sue mani la prossima tappa dell'evoluzione dei vampiri, ma non ha neanche dimenticato come Kaname, e soprattutto Eric, abbiano fatto naufragare miseramente il suo primo piano. Ma questa volta, Eric potrà contare su un gran numero di compagni ed alleati.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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15

 

 

L’orco avanzò verso Eric, facendo tremare la terra sotto il peso dei propri piedi ciclopici, mentre il ragazzo lo fissava in volto con aria apparentemente di sfida.

Visto che non poteva scappare, l’unica soluzione infondo era combattere. Non aveva con sé Izanami, ma con un po’ di fortuna, e contando sulla sua abilità, c’era qualche possibilità di riuscire a prevalere.

Il mostro lanciò un urlo sordo e assordante, quindi cercò di schiacciarlo con un pugno a mani giunte, ma anche se Eric riuscì a spostarsi quel colpo per poco non fracassò il pavimento della stanza, già fragile di suo in quanto sospeso sul niente.

Peggio di tutto, l’energia sprigionata dalla faglia tellurica, opportunamente incanalata e usata come fonte per alimentare l’intera struttura, aveva su Eric e i suoi poteri di vampiro l’effetto di un potente campo magnetico, che li limitava e li condizionava, un effetto imprevisto persino per don Bongianno.

Questo fatto divenne evidente quando, cercando di creare la solita bolla temporale per sorprendere il nemico e averne ragione facilmente, si accorse che questa aveva ottenuto il potere contrario, di modo che il tempo rallentava solo per lui; grazie al cielo se ne accorse in tempo, altrimenti avrebbe fatto la fine di una gomma da masticare venendo schiacciato sotto uno di quei piedi giganteschi, ma questo non lo metteva in una bella situazione.

Per fortuna l’orco non sembrava particolarmente intelligente, e tutto quello che sapeva fare era caricare o menare pugni che facevano fischiare l’aria, senza impostare una vera strategia.

Eric continuò a schivare e scappare, cercando di quando in quando di rispondere agli attacchi, ma i suoi pugni potevano fare ben poco per danneggiare quel mostro, che invece non sembrava sentire per nulla quel fastidioso campo elettromagnetico.

A quanto pare, si disse Eric guadando verso il foro, l’unica era cercare di buttare quel mostro di sotto, perché a mani nude molto difficilmente sarebbe riuscito ad averne ragione, almeno nella sue attuali condizioni.

Dall’alto della sua stanza blindata, don Bongianno si godeva lo spettacolo con piena soddisfazione, affiancato ad un certo punto anche dal misterioso figuro dai lunghi capelli castani che aveva contribuito a far precipitare Flyer in quel pozzo da cui non sarebbe più uscito.

«Sta diventando monotono.» disse il don riferendosi al continuo schivare e scappare di Eric «Movimentiamo un po’ la cosa».

La stanza, oltre che di uno scarico per le cavie, era provvista anche di un sistema di armamenti teleguidati e termosensibili per eliminare i soggetti più riottosi e violenti, costituiti da una decina di lenti al laser a forma di telecamere che sbucavano fuori dalle pareti.

Eric per poco non venne centrato alle spalle da uno di questi laser, ma riuscì ad accorgersene in tempo e ad evitare di finire incenerito; il raggio colpì invece il piede dell’orco all’altezza del tallone, riuscendo incredibilmente a superare la sua pelle di coccodrillo e provocandogli, a giudicare dalla sua reazione, un dolore non indifferente.

Forse poteva essere la soluzione al problema; se quei laser potevano danneggiarlo, se opportunamente usati avrebbero potuto aiutare Eric ad uscire vivo da quella situazione.

L’unico problema era che si trattava di mirini termosensibili, tarati a dovere per prendere di mira bersagli che non superassero i trenta gradi centigradi, temperatura assolutamente standard per i vampiri ma ben al di sotto di quella di quel mostro.

Eric tentò di agire di riflesso, lasciandosi prendere di mira per poi spostarsi all’ultimo momento, e per un paio di tentativi la strategia parve funzionare, permettendogli di infliggere considerevoli danni alle mani e alle gambe dell’orco, che più veniva colpito e più sia arrabbiava, diventando ancor più aggressivo.

Poi, però, accadde l’imprevisto.

C’erano almeno una decina di laser posizionati tutto attorno alla stanza, e riuscire a tenerli d’occhio tutti era quasi impossibile, anche per lui.

Così, alla fine, proprio dopo essere riuscito a colpire l’orco di riflesso per l’ennesima volta, un raggio lo centrò, per fortuna solo di striscio, ad una gamba, mentre era di spalle, e quel bestione fulmineo ne approfittò, afferrandolo nelle sue mani ciclopiche, sollevandolo per aria e prendendo a stritolarlo come un uovo sodo.

Eric sentì le ossa scricchiolargli, e probabilmente se non fosse stato un vampiro si sarebbero anche sbriciolate; per quanto ci provasse, non gli riusciva di liberarsi, e ogni secondo era un’agonia, tanto che a stento riusciva ad evitare di urlare come un disperato.

Come se la situazione non fosse già abbastanza grave, una delle sentinelle laser si preparò a dargli il colpo di grazia mettendo la sua testa, la sola parte del suo corpo che non fosse inglobata e stritolata tra le mani dell’orco, proprio al centro del mirino.

Il giovane se ne avvide, e per un attimo pensò che quella fosse davvero la fine – esattamente lo stesso pensiero, accolto però con tutt’altro spirito, di don Bongianno –; all’ultimo, però, gli venne l’idea giusta, pregando di riuscire a trovare in quel supplizio le forze necessarie a metterle in pratica.

Aveva solo un tentativo; sarebbe stata la salvezza o la morte.

La telecamera inquadrò il suo obiettivo, concentrò le particelle, quindi sparò; e nello stesso istante Eric, nonostante la vista appannata e il dolore lancinante in tutto il corpo, all’ultimo piegò la testa di lato più che poteva, sentendo la punta dei capelli incenerirsi e l’orecchio ustionarsi per l’estremo calore del laser.

Il fascio di luce, preciso e letale, centrò in pieno l’occhio sinistro dell’orco, procurandogli più dolore di tutti gli altri colpi incassati fino a quel momento messi insieme.

Istintivamente lasciò Eric, che rantolò a terra tossendo per l’apnea, portandosi le mani sulla faccia e prendendo a lanciare urla assordanti e colpi alla ceca in egual misura.

«Che cosa!?» ringhiò furente il don.

Eric approfittò subito di quell’occasione favorevole.

Ripresosi quanto bastava, prese a correre e a saltare da una parte all’altra come un grillo, sfruttando la confusione bestiale in cui era caduto il suo avversario per portare attacchi mirati e potenti lì dove era sicuro che avrebbero avuto il miglior effetto.

Stavolta l’orco incassò senza poter reagire, grazie anche ad un improvviso, e per certi versi inspiegabile, allentamento del campo elettromagnetico generato dalla faglia, quindi venne il momento del colpo di grazia; il mostro era arretrato fin sul bordo del pozzo senza rendersene conto.

Eric prese una bella rincorsa, spiccò un salto, si diede la spinta sulla pancia debordante della creatura e quindi, arrivatogli all’altezza del volto, lo colpì dritto in mezzo agli occhi con un calcio tremendo, che lo fece cadere inesorabilmente all’indietro, dritto verso il suo destino.

Rendendosi conto di stare precipitando la creatura tentò di aggrapparsi, ma le sue mani, per quanto gigantesche, si rivelarono incapaci di sostenere la sua enorme mole, e dopo pochi secondi perse la presa, scomparendo urlante nelle viscere della terra.

Eric aveva vinto, ma era così stanco e provato che dovette sedersi in terra a riprendere fiato.

Ovviamente, la cosa non fu presa per niente bene da Bongianno, passato in un istante da sadica soddisfazione a rabbia manifesta.

«Sembra tu abbia puntato sul cavallo sbagliato.» gli disse sarcastico il giovane castano.

Di certo non gli avrebbe permesso di uscire vivo da lì.

«Maledetto moccioso!» disse schioccando le dita.

Al suo ordine, tutti i laser puntarono contro Eric, che stanco e senza vie d’uscita non poté fare altro che alzarsi faticosamente in piedi e starli a guardare.

«Muori!».

Invece, accadde il miracolo.

Una volta tanto, la sorte decise di stare dalla parte giusta. Del resto, nessuno poteva sapere cosa potesse comportare gettare in una faglia sismica tre tonnellate di gigante, con una pelle tanto dura da essere resistente persino alla lava e per nulla intenzionato a morire facilmente.

Nel tentativo disperato di sottrarsi al fiume di magma che lo stava letteralmente sciogliendo vivo, l’orco aveva preso fin da subito a tirare pugni a destra e a sinistra contro le pareti, proprio lì dove si trovavo le apparecchiature della struttura scientifica per l’assorbimento dell’energia geotermica.

Fu sufficiente spaccarne uno, che subito il danno si propagò a catena lungo tutta la linea di alimentazione, arrivando fino a uno dei generatori che, inevitabilmente, andò in sovraccarico per poi esplodere travolgendo tutti coloro che vi erano nei pressi.

Ne conseguì un tremendo, anche se breve, terremoto generale, oltre ad un calo di energia che mandò in corto molte apparecchiature, tra cui il sistema di laser perimetrali.

«Ma cosa…» bofonchiò il Don cercando di restare in piedi.

Peggio di tutto, l’esplosione del generatore e i conseguenti danni collaterali provocati dal terremoto ben presto causarono una serie di altre rotture, di modo che da un istante all’altro l’intera struttura fu tutta un allarme per sovraccarichi, esplosioni diffuse e corto circuiti vari.

«Signore, la struttura sta collassando!» gridò terrorizzato uno dei tecnici prima di venire travolto e ucciso da un cedimento del soffitto

«Maledizione! Andiamocene di qui!».

Sotto la spinta devastante del terremoto, il pavimento del pozzo, già fragile di suo, diede segno di stare per crollare.

Eric rischiava di essere condannato in ogni caso, ma per fortuna ad andare in frantumi un attimo prima del suolo sotto i suoi piedi fu il vetro della stanza panoramica. Contemporaneamente, con la caduta del campo elettromagnetico, Eric si sentì ritornare tutte le forze, e nell’istante stesso in cui la terra gli veniva a mancare, aprendo una spaventosa voragine sotto di lui, il ragazzo riuscì, con una serie di salti e rallentando il tempo, a raggiungere la fenditura nella parete.

Sperava di imbattersi subito nel caro amico che lo aveva gettato lì sotto, ma quando arrivò don Bongianno se la stava già filando assieme al giovane castano tramite un ascensore di emergenza che sicuramente conduceva fino in superficie.

Di aspettarlo non c’era tempo, con il pozzo di scarico che sicuramente sarebbe stato il primo posto a sprofondare appena le strutture portanti avessero iniziato a cedere, quindi bisognava andarsene in fretta.

Localizzata una scala di servizio, Eric vi s’infilò, la percorse il più velocemente possibile, quindi uscì nella stessa stanza da dove era stato gettato di sotto; come aprì la porta che immetteva nel resto dell’edificio, però, uno scenario da incubo gli apparve davanti agli occhi.

Ovunque era un trionfo di fiamme, crolli, allarmi che rimbombavano a tutto spiano ed energia elettrica che andava a momenti alterni.

Era come trovarsi in un incubo.

 

Nel mentre, Peter era ancora intento ad intrattenersi con le due avvenenti e procaci locali che aveva rimorchiato quella mattina, del tutto immemore o quasi del vero motivo che lo aveva portato lì in Sicilia.

Stava prendendo con loro un aperitivo ad un bar all’aperto sulla spiaggia, sempre forte del suo talento di seduttore e intrattenitore, quando uno strano botto, come un fuoco d’artificio, catturò l’attenzione di alcuni, inclusa la sua.

Tutti alzarono gli occhi, immaginando di vedere lo spettacolo di luce e scintille tipico delle notti d’estate, ma nessuno vide niente, poi qualcuno notò uno strano rossore vermiglio in lontananza, proveniente all’apparenza del suolo.

I danni prodotti dall’esplosione, infatti, si erano propagati dal laboratorio sotterraneo fino in superficie, trovando nelle cataste di legna e nei contenitori del cemento il combustibile ideale per svilupparsi.

«Che sarà successo?» domandò una delle due ragazze, visto che da quella angolazione non era possibile scorgere il cementificio in mezzo a tutti quei tetti e caseggiati che lo circondavano.

Peter, invece, intuì subito quale dovesse essere l’origine di tutto quel trambusto.

«Ehi, dove stai andando?» chiese l’altra ragazza vedendolo andare via

«Mi piacerebbe tanto continuare a farvi gemere, tesori miei.» rispose lui salendo al volo sulla sua cabriolet con cui le aveva scarrozzate a destra e a manca per tutto il giorno «Ma ora temo proprio di dover andare.» e detto questo mise in moto e partì a tutta velocità, lanciando un ultimo bacio alle sue ennesime conquiste «Omaggi!».

Mentre viaggiava verso il cementificio, poi, aprì lo scomparto segreto nascosto sotto il sedile del passeggero, pieno di quanto era riuscito a mettere insieme dalla visita ad un suo vecchio amico: due 9mm, un MP5, un paio di granate, dell’esplosivo al plastico e caricatori quanti bastavano.

Da sotto il sedile, poi, sembrava sbucare anche qualcos’altro, come una specie di impugnatura.

«Dovrebbe bastare.» disse tra sé prima di spingere ulteriormente l’acceleratore.

 

Facendosi strada tra fuoco e macerie Eric arrivò nella zona delle celle di contenimento, e già il fatto che fossero quasi tutte spalancate o divelte non lasciava presagire niente di buono.

Regnava un silenzio inquietante, rotto solo dal risuonare intermittente dell’allarme, ma sulle pareti e sul pavimento era un trionfo di sangue, interiora e cadaveri squartati.

Il corto circuito aveva mandato in tilt i sistemi di contenimento.

Le creature si erano liberate, e avevano provveduto a ringraziare i loro aguzzini per ciò che era stato fatto loro in anni di esperimenti e macchinazioni.

Eric non si illuse neppure per un secondo di essere solo in quella enorme e lunghissima stanza, piena di gabbie e loculi in cui poteva nascondersi qualsiasi cosa, ma certo non si aspettava che la minaccia potesse arrivare addirittura dal soffitto.

Stava camminando lentamente lungo il corridoio centrale, cercando per quanto possibile di restare indifferente a quell’orrendo spettacolo, quando uno strano rumore di gocciolio catturò la sua attenzione.

Non era un tubo dell’acqua divelto, o il frutto di una condensazione prodotta dal fuoco.

A gocciolare, scoprì avvicinandosi, era sangue, che cadendo ininterrottamente con inquietante cadenza aveva formato una piccola pozza rosso vermiglio proprio in mezzo alla strada.

Eric la guardò, e prima che potesse deciderlo autonomamente, uno spaventoso sibilo lo convinse ad alzare lo sguardo sopra la propria testa.

Appeso al soffitto a testa in giù, col cadavere di uno degli scienziati parzialmente mangiato stretto tra le zanne, stava un essere che era a metà tra un rettile e una salamandra, pelle coperta da squame nere, braccia che erano tre volte quelle di un essere umano a fronte di gambe sostanzialmente normali, mani quasi o del tutto assenti, fatta eccezione per cinque artigli che parevano sciabole tanto erano lunghi ed affilati, una bocca armata di tre file di denti per ogni arcata ed una testa pulsante, color rosso carne, come fosse sul punto di esplodere per la spinta dall’interno del cervello.

«Oh, mio Dio…» mormorò incredulo.

Ma che diamine di esperimenti avevano fatto lì dentro? Che fine poteva mai avere la creazione di mostri simili?

Il mostro, che si manteneva appeso al soffitto restandoci attaccato con gli artigli, gettato via il proprio pasto si lasciò cadere, voltandosi in aria ed atterrando in posizione eretta, già pronto allo scontro.

Ancora una volta, Eric era a mani nude, ma per fortuna quel nuovo avversario non si rivelò al livello del precedente; come scattò, tentando di balzargli addosso, prima schivò, quindi afferratagli la testa, gliela sfracellò al suolo, facendogliela esplodere vista la sua mollezza e fragilità.

«Attenzione!» annunciò improvvisa una voce all’altoparlante «Rischio biologico oltre la soglia critica. Avviare procedura di sterilizzazione».

Le bocchette antincendio disseminate dappertutto a quel punto si attivarono, ma invece di acqua presero a spruzzare senza sosta puro etanolo chimico, mentre dal terreno presero ad emergere, a distanze regolari, delle colonnine di una trentina di centimetri, ognuna terminante in quella che aveva tutta l’aria di essere una superficie di accensione.

Peggio di tutto, proprio quando Eric era convinto che le cose non potessero mettersi peggio, una serie di lugubri rumori preannunciò la comparsa, tutto attorno a lui, di una miriade di creature differenti, rimaste fino a quel momento per buona parte rintanate nelle gabbie, ma che la pioggia di etanolo aveva fatto uscire.

E tutti questi mostri, ben presto si concentrarono su di un solo obiettivo: lui.

«Oh, merda.» mormorò Eric lasciandosi sfuggire una delle poche parolacce della sua vita.

Subito dopo, veloce come un fulmine, se la diede a gambe, prontamente inseguito dalle creature.

Correndo il più rapidamente possibile il giovane attraversò corridoi, spalancò porte, cercando ogni volta di seminare ostacoli per rendere più difficile il cammino ai suoi inseguitori.

In qualche modo riuscì a raggiungere l’ultima parte del tragitto, il lungo e stretto corridoio che conduceva fino all’ascensore dal quale era arrivato; aveva un certo vantaggio sulle creature, ma tenendo anche conto dei quindici secondi che mancavano alla “sterilizzazione” del laboratorio, se l’ascensore non fosse stato lì ad attenderlo per lui non ci sarebbe stato scampo.

Nell’istante in cui premeva il bottone, le creature riuscirono a sfondare l’ultima porta, avvicinandosi a lui a passo spedito e più infervorate che mai; grazie al cielo l’ascensore non si era mai mosso da quel punto, perché nessuno aveva avuto il tempo di raggiungerlo o era fuggito per altre strade che Eric non conosceva, così poté buttarcisi dentro e spingere subito il bottone di risalita.

Il mostro che stava in testa al gruppo tentò di raggiungerlo con un balzo, ma andò a sfracellarsi la testa contro le robuste porte di acciaio, le quali si chiusero nel momento esatto in cui il timer del conto alla rovescia raggiungeva lo zero.

All’unisono, le colonnine piazzate in ogni dove generarono delle piccole scintille, più che sufficienti visto tutto l’etanolo che c’era nell’aria e l’ambiente chiuso, e l’intera struttura fu praticamente sventrata dall’interno da un susseguirsi incontrollabile di esplosioni che incenerirono ogni cosa.

Eric era consapevole che in questo modo tutto, comprese le prove di cosa suo nonno stesse davvero facendo, era andato in fumo, ma ora l’importante era uscirne vivi.

L’onda di fuoco raggiunse anche la tromba dell’ascensore, risalendola ad una velocità impressionante, ma grazie al cielo quando arrivò finalmente in superficie Eric fece in tempo a scendere prima che la cabina venisse letteralmente sparata via come il tappo di una bottiglia, sventrando l’edificio principale e facendone crollare una buona parte.

In qualche modo, Eric ce l’aveva fatta ancora una volta.

Il laboratorio era perduto, il cementificio in fiamme, ma almeno era vivo, e di nuovo all’aperto; i posti chiusi decisamente non facevano per lui, meno che meno se si trovavano sottoterra.

Stava ancora cercando di riprendere fiato, quando una serie di passi pesanti e affannosi gli fece capire di non essere solo.

Fulmineo si alzò, mettendosi in guardia, salvo poi trovarsi a tu per tu proprio con don Bongianno.

Era da solo, e non sembrava stare bene; camminava barcollando, attraversato da strani ed inquietanti scatti del corpo che non pareva capace di controllare, sudava copiosamente, stringeva i denti e aveva gli occhi fuori dalle orbite.

«Sei ancora qui?» gli domandò prima di rendersi conto delle sue condizioni

«Perché?» domandò incurante della presenza del ragazzo «Perché mi hanno fatto questo?».

Cadde in ginocchio, ed Eric gli andò incontro per tentare di aiutarlo.

«Che cosa facevate qui?» disse strattonandolo «A cosa sta lavorando mio nonno?»

«Lui…» rispose il Don con le sue ultime forze, forse nel tentativo di alleggerirsi la coscienza «Lui parlava di un momento importante. Della resurrezione. Diceva che tutto sarebbe cambiato».

Solo in un secondo momento Eric si avvide della siringa che il don aveva piantata nel collo e si alzò, mettendo nuova distanza tra sé e Bongianno.

«Maledetto! Maledetto per l’eternità!» urlò il don prima che gli spasimi del corpo diventassero incontrollabili.

Di colpo, tutto il suo corpo iniziò come a ribollire, poi a gonfiarsi, fino a strappare i vestiti, mentre quel poveretto, verso il quale Eric per la prima volta sentì di provare un po’ di pena, assumeva toni sempre più mostruosi, neanche paragonabili a ciò che il ragazzo aveva visto lì sotto.

Quella trasformazione inarrestabile finì per tramutare il capo della famiglia Bongianno in un essere simile ad un gigantesco gorilla, con gambe piccolissime e un busto sproporzionato, come sproporzionate erano le braccia e le mani, grosse e potenti come non ne esistevano nel regno animale; le mani, cinque volte quelle di un normale essere umano, avrebbero potuto fracassare il diamante; anche la testa era piccola, quasi completamente assorbita all’interno del torace, con l’occhio destro che si era ingigantito fino ad essere più del doppio del sinistro.

Il mostro raggiunse una tale mole da risultare incapace si sostenersi sulle sue piccole gambe, tanto che dovette puntellarsi al suolo con i pugni per non cadere, ma questo non toglieva nulla alla sua possenza, né al terrore che veniva dal trovarselo di fronte.

Dall’alto di un edificio poco distante, il giovane castano assisteva alla scena aiutandosi con un binocolo.

«A quanto pare, questo nuovo Vermillion è ancora parecchio instabile.» disse sorridendo «Cerca di dimostrare la tua utilità almeno per una volta.» e detto questo salì sull’elicottero alle sue spalle, già pronto alla partenza.

Eric, di fronte al mostro, indietreggiò, ma ormai era stato puntato, e provato com’era dalla fuga e dall’essersi salvato per un soffio non era sicuro di poter affrontare anche quell’ennesimo scontro.

Il mostro lanciò un urlo selvaggio e si scagliò all’attacco; Eric riuscì ad evitare il primo pugno, ma non il secondo, che lo sparò come una palla di cannone contro una delle torri del cementificio, con una potenza tale da incrinarla.

Come precipitò, quel bestione cercò subito di insistere facendo per caricare, ma prima che potesse anche solo muoversi fu investito alla schiena dall’esplosione di una granata che lo scaraventò a terra, e nello stesso momento la macchina di Peter sfondava la recinzione di semplice fildiferro e compariva nel piazzale.

«Ti sono mancato?» disse spuntando dal polverone prodotto dalla lunga sgommata con quel suo faccione sorridente e l’MP5 tra le mani

«Potevi anche arrivare un po’ prima! Te la sei presa comoda.»

«Avevo del lavoro da fare».

Purtroppo Bongianno, o quello che restava di lui, impiegò poco a rimettersi in sesto; il colpo di granata lo aveva danneggiato, ma era ancora più che in grado di creare problemi.

«Coriaceo l’amico.»

«E per di più ora l’hai fatto anche arrabbiare».

Ora, pensò Eric, pensare di affrontarlo a mani nude era un vero e proprio azzardo, tanto più che non si era ancora ripreso dalle fatiche degli scontri già sostenuti.

«Aspetta, credo di avere quello che fa per te!» gli disse Peter vedendolo assumere una posa di guardia.

Il biondino affondò quindi una mano dentro la macchina, prendendone fuori una katana che Eric ben conosceva, e che le disposizioni dell’Associazione lo avevano costretto a lasciare a casa, in mano ad una persona fidata.

«Ma quella…»

«Un piccolo regalo del nostro caro amico Negi.» rispose Eisen lanciandogliela.

Eric la prese al volo, e come l’ebbe tra le mani poté subito percepirne l’incredibile energia.

«Ora sì che ragioniamo.» disse sfoderandola.

Non aspettò neppure che il nemico si fosse ripreso per partire alla carica, forte di un ritrovato vigore; con agilità e precisione schivò due pugni in successione, quindi menò un fendente preciso che segò di netto la mano destra del mostro.

La creatura urlò per il dolore, ma non diede segno di volersi arrendere, e anzi reagì con una furia ancor più bestiale; stavolta però, era Eric ad avere il coltello dalla parte del manico. I suoi movimenti erano tornati ad essere sinuosi e rapidi, e i suoi colpi precisi, degni di un vero Hunter e di un ancor più vero vampiro.

Il colpo di grazia, però, lo diede Peter, approfittando della prima occasione utile, fulminando il mostro in piena fronte con un solo proiettile 9mm sparato dal suo mitra, un colpo preciso al millimetro che non lasciò scampo al bersaglio.

La creatura, piegata sotto le ferite e i colpi subiti, spirò quasi subito, rovinando rumorosamente a terra per poi seguire il destino di qualsiasi altro vampiro, mutandosi in fredda cenere.

«Ecco fatto.» disse Eisen soffiando sulla canna del fucile «Se Dio vuole, è finita».

Era finita sì.

Ma, pensava Eric, non certo nel migliore dei modi.

Il laboratorio distrutto, Bongianno morto, e quel tipo che lo aveva scaraventato nel pozzo sicuramente già sparito chissà dove, senza che avesse neppure avuto la possibilità di vederlo distintamente.

A conti fatti, quel colpo di testa che sicuramente gli sarebbe costato caro non aveva portato assolutamente niente, né sollevato in alcun modo il velo su ciò che il conte stava realmente facendo.

Pertanto, di ragioni per festeggiare Eric ne vedeva ben poche, e sicuramente una volta rientrato alla Cross ne avrebbe avute ancora meno.

 

 

Nota dell’Autore

Eccomi qua!^_^

Nel giorno del mio compleanno, ritorno con un nuovo capitolo tutto per voi!^_^

Vogliate scusare questa prolungata assenza, ma come sicuramente molti di voi sapranno durante le feste natalizie sono ben poche le occasioni di starsene in pace con il proprio computer, tanto più che io dal 24 sto folleggiando stabilmente in Svizzera, dove resterò fino al tre dell’anno prossimo.

Però, guardiamo il lato positivo! L’esame che mi aveva tormentato per quattro mesi è stabilmente e felicemente alle spalle, e l’anno nuovo dovrebbe potermi garantire molto più tempo libero.

Per quanto riguarda il prosieguo di questa storia, non escludo una breve sosta di una settimana o poco più, perché avendo io ricevuto una recensione su di una fic lasciata in sospeso da tempo e povera di lettori, ho trovato lo stimolo giusto per riprenderla in mano.

Non garantisco niente, si vedrà

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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