Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: MissysP    29/12/2012    3 recensioni
Steve Rogers era infatuato di Virginia 'Pepper' Potts e questo porta ad una convivenza difficile fra tutti i Vendicatori. Soprattutto Natasha si oppone a questa sua infatuazione, intimandogli di restare al suo posto. Tuttavia per una serie di sfortunati eventi i due si ritrovano sempre più spesso nella stessa stanza, da soli, e Tony non può che esserne geloso. Queste casualità porterà Tony e Pepper verso il punto di non ritorno. E tutto sembra andare a rotoli.
|Cit.: I giorni passarono e la situazione fra Pepper e Tony non migliorò. Stark passava sempre più tempo in laboratorio non uscendone quasi mai se non quando fosse necessario e sotto minaccia da parte di Banner. Il dottore era l’unico, in quel momento che Tony ascoltava, visto che la prospettiva di ritrovarsi un Hulk incavolato in giro per la torre non aiutava né lui, né gli altri.|
Dedico questa storia a _Maria_, spero che le possa piacere.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natasha Romanoff/Vedova Nera, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storia la dedico a _Maria_
che scrive delle storie stupende, favolose,
che ormai mi hanno resa totalmente dipendente da lei.

Note: la storia è ambientata dopo la guerra a New York, contro Loki e i Chitauri. Ho preso spunto dai cartoni degli Avengers, secondo il quale essi vivrebbero insieme in un castello. Bene io ho utilizzato la Stark Tower e li ho costretti a ‘convivere insieme.
Desclaimer: La storia è basata su personaggi appartenenti alla Marvel e chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio diletto.



One more night

So i cross my heart and i hope to die
That i'll only stay with you one more night
And i know i said it a million times
But i'll stay with you one more night
 Maroon 5

Pepper si era svegliata di buon umore, avvolta dalle coperte color porpora del loro letto e stese un braccio alla sua ricerca. Voleva rannicchiarsi al suo fianco, stringersi al suo petto, godersi quel momento così intimo e dolce e fingere che il resto della giornata non fosse piena d’impegni. Ma quando la mano della donna non incontrò nessun corpo caldo, mascolino e familiare si voltò verso il fidanzato, aprendo gli occhi celesti. Il letto era vuoto, non c’era accanto a lei. Si alzò, avvolgendosi nelle coperte e si diresse verso la porta della stanza. I piedi nudi sfioravano silenziosamente il pavimento freddo, provocandole brividi di freddo. Passò accanto ad una finestra e si accorse che il cielo era ricoperto di nuvoloni grigi, la neve cadeva fittamente posandosi sui tetti. La citta si stava svegliando lentamente.
Continuò a camminare fino ad arrivare in salotto, vuoto e guardò verso la cucina, percependo l’odore del caffè appena fatto. Ma non c’era nemmeno lì e automaticamente si diresse verso il laboratorio dell’uomo. Camminò lungo i corridoi, sotto gli sguardi attoniti degli agenti ma a Pepper non interessava. Mentre era alla sua ricerca, Pepper percepì una sensazione di disagio.
Scese l’ultimo scalino delle scale e vide il suo riflesso specchiato nei vetri che permettevano di guardare l’interno del laboratorio. Fu là che lo trovò. In mezzo a tutti i suoi progetti da lavoro, con indosso la canottiera bianca, e sporta d’olio di motori, i pantaloni della tuta, ormai consumati, e gli occhiali spessi e neri da lavoro. La musica assordante dall’interno della stanza si espandeva in tutto il corridoio.
Pepper rimase fuori dal laboratorio a guardarlo, mentre lui trafficava con qualche nuova miglioria per la sua armatura. I suoi occhi celesti rimiravano anche la sua figura, riflessa nei vetri, che esaltavano la sua solitudine. Erano troppi giorni che Tony rimaneva rinchiuso in quel dannato laboratorio e lei si sentiva così sola.
Con un sospiro ritornò indietro e ripercorse la strada verso la stanza.
«Un’altra notte… ancora…» mormorò Pepper con lo sguardo fisso sul marmo sotto i suoi piedi. Strinse la mani a pugno e si vestì velocemente. Era stanca, ma si preparò ad affrontare un’altra giornata di lavoro.

Steve Rogers, meglio conosciuto come Capitan America, odiava sempre si più l’epoca in cui era risvegliato. Gli pareva l’inferno sceso in terra. C’erano troppe macchine che pretendevano di fare ogni cosa al posto dell’uomo e non capiva come quest’ultimo accettasse di sparire dietro la servilità dei robot.
Per questo provava una tremenda avversità anche nella macchina del caffè, preferendo berne uno alla vecchia maniera, come spesso glielo preparava sua nonna: con la moka. Tuttavia non riusciva a trovarne una in quella dannata cucina super accessoriata di ogni genere di cose. I suoi nervi erano al limite della sopportazione. Avrebbe preferito rimanere ibernato, se l’alternativa era quella di restare in un mondo incomprensibile.
«Che cosa stai cercando Steve?» domandò una voce femminile e familiare. Lui, sentendosi colpevole, si raddrizzò e si voltò nella direzione della donna che le aveva posto la domanda. Natasha, braccia incrociate al petto e con indosso una tuta che non poteva essere definita tale poiché mostrava anche fin troppo, era poggiata allo stipite della porta e lo guardava curiosa.
«Non fa troppo freddo? Siamo a dicembre, fuori nevica e tu sei praticamente nuda… Bruce non ha nulla da ridire riguardo il tuo abbigliamento?» domandò il soldato, ritornando a cercare al sua adorata moka.
«Fa anche fin troppo caldo in questo posto e come mi vesto non ti dovrebbe interessare!» lo rimproverò la donna con quel tono indifferente che innervosiva tutti. Sembrava che nulla potesse preoccuparla o infonderle una scintilla di sentimento umano e quando si dimostrava preoccupata, arrabbiata, allegra o altro stava solamente sfoggiando le sue doti di attrice.
«Comunque non mi hai risposto: che cosa stai cercando?» riformulò la domanda lei rimanendo sempre nella stessa posizione.
«Una moka!» rispose esasperato l’uomo e anche abbattuto: non riusciva a trovarla.
«Una che?» chiese la donna confusa.
“Ah, eccole le sue famosi doti di attrice!” pensò fra sé l’uomo, alzando lo sguardo al soffitto bianco immacolato. Sbuffò e cercò di ignorarla, dedicandosi alla sua missione personale.
«Una moka, presente? Prima della macchinetta del caffè, si utilizzava una moka,» spiegò soddisfatto perché per una volta non era lui l’ignorante in materia e poteva comportarsi, per una volta, da maestrino superiore.
«E a che cosa ti servirebbe una moka? C’è la macchinetta apposta…» disse la donna, «… Ah, già. Dimenticavo che tu non sai utilizzare i ‘maledetti arnesi’ di quest’epoca,» infierì la donna piccata per il commento di poco prima. Steve sospirò sconfitto, ormai al mondo non era rimasta più giustizia.
«Che cosa state facendo?» la voce di Pepper fece sussultare Rogers, che immediatamente cercò il suo sguardo ed arrossì. Si diede dell’idiota, perché lei era solamente Pepper: una donna fantastica e dalla straordinaria pazienza, ed era anche fidanzata. Steve dovette ricordarsi soprattutto che era già impegnata, purtroppo, con Stark.
«Una moka,» s’intromise Natasha, lanciando un’occhiata nella direzione dell’uomo. Abbandonò l’appoggio dello stipite per farsi vicino all’altra donna e con un sorriso sincero – Steve non ci credette – gli poggiò una mano sul braccio.
«Mi dispiace ma credo che non abbiamo moke…» rispose costernata Pepper, con un sorriso di scuse sulle labbra.
«Non importa, Virginia. Piuttosto dov’è Stark? Sono giorni che non si vede…» domandò la donna. L’espressione di Pepper mutò e Steve provò l’irrefrenabile impulso di dare una gomitata a Natasha e poi di trovare Stark per usarlo come sacco da box. Tuttavia riuscì a trattenersi e continuò a guardare la signorina Potts irritato di non poter vederla sorridere. Era così bella quando sorrideva, quando era felice.
«E’ impegnato con il suo lavoro. Scusatemi ma anch’io, adesso, devo rimettermi a lavorare… Quell’uomo odia la burocrazia e la rifila sempre a me,» ridacchiò ma i suoi occhi erano intrisi di tristezza. Pepper uscì dalla cucina lasciando nuovamente soli i due Vendicatori. Quando Natasha fu sicura che l’amica non potesse sentirla, si voltò verso Steve e sembrava volesse fulminarlo con lo sguardo. Lo sospinse di lato, per avvicinarsi alla macchinetta del caffè e incominciò a trafficare con le tazze, mentre aspettava che la macchina emettesse il familiare bip.
«Lo vuoi un consiglio?» domandò lei spezzando il silenzio che si era creato fra i due. Rogers si appoggiò al bancone dietro la spia, incrociò le braccia al petto e rimase a guardare la sua schiena. I capelli rossicci erano cresciuti, fino a sfiorarle le spalle.
«Cerca di farti passare la cotta che hai per Virginia,» continuò senza aspettare la risposta del Capitano. Steve alzò un sopracciglio confuso da quella risposta, ma subito dopo arrossì in preda all’imbarazzo. Non credeva che il tumulto di sentimenti che provava ogni qual volta che la donna si trovava nelle immediate vicinanze o vicino a lui, si potessero leggere in faccia. Sperò con tutto il cuore che Stark non se ne fosse accorto altrimenti sarebbe stata la sua fine, perché era certo che Tony non sarebbe rimasto buono buono nel vedersi fregato la fidanzata da sotto il proprio naso. Eppure aveva avuto la strana sensazione che fra i due ultimamente non ci fosse quell’intesa che li contraddistingueva dalle altre coppiette innamorate. Certo Tony non poteva rimanere un giorno senza la sua Pepper, ma Steve aveva avuto l’impressione che lei si era stancata di dover badare ad un bambino capriccioso.
«Non so di cosa tu stia parlando…» rispose, ricordandosi che era nella stessa stanza con Natasha. Steve era anche consapevole che non avrebbe funzionato mentire proprio con lei, che era una maestra nel campo delle bugie, quasi quanto Loki.
Bip.
«Capitano sono una donna e ho anche gli occhi. Li utilizzo molto bene…» lo sbeffeggiò la donna. Versò il caffe in due tazze e ne porse una a Steve, che evitò il suo sguardo chiaramente a disagio.
Natasha si sedette e Rogers fece lo stesso. I due sorseggiarono il loro caffè avvolti in un’atmosfera di evidente imbarazzo.
«E’ normale che Pepper ti piaccia. A chi non piacerebbe?» interruppe quel silenzio la donna, mentre l’altro affondò il viso il più possibile nella sua tazza per evitare di arrossire ancora di più e che lei lo notasse. Cercò il più in fretta possibile di trovare una via di fuga da quella situazione a dir poco grottesca; lanciò un’occhiata verso la porta e in quel momento notò Bruce che passava proprio di là.
«Dottore, aspetta devo chiederti una cosa!» esclamò Steve alzandosi di scatto e poggiando sgraziatamente la tazza che rimase in bilico per un paio di secondi. Bruce sentendosi chiamare si bloccò e si voltò verso la cucina scorgendo il Capitano e anche l’agente Romanoff. Steve praticamente lo braccò, spingendolo nel corridoio.
«Steve? Che succede?» domandò confuso il dottore, con le spalle per terra.
«Scusa Banner, ma la tua fidanzata a volte è proprio una pettegola e mi ha messo alle strette,» si giustificò il Capitano. Banner ridacchiò divertito e scosse la testa, sapeva molto bene come poteva risultare insistente quella donna.
«Capitano non sapevo di certi tuoi gusti. Allora dovrò starti lontano se non voglio finire nel tuo mirino,» disse una voce fastidiosamente conosciuta. Rogers si irrigidì e alzò di scatto il capo, voltandosi verso Tony. Inutile dire che il poveretto arrossì come un peperone, sembrava che quel giorno arrossire fosse normale.
«Capitano ti dispiacerebbe togliersi? Sa non sei molto leggero…» esortò pacato Banner. Steve si riprese dal suo stato d’imbarazzo e saltò in piedi, fingendo di pulirsi la camicia a scacchi.
«E poi lascia stare Bruce! E’ un uomo impegnato e non credo che la sua dolce metà sarebbe contenta di sapere che c’è qualcuno che glielo vuole soffiare da sotto il naso,» lo derise ancora il miliardario. Steve trattenne il respiro diventando ancora più rosso, ma per la rabbia. Strinse le mani a pugno e indignato a testa alta se ne andò, prima di cedere ad uno scatto d’ira.
«Che soldato suscettibile,» commentò Tony, dando una mano al dottore per rimettersi in piedi, mentre osservava il compagno andarsene via.
«Tony dovresti cercare di essere più gentile con lui… Trovarsi in un epoca sconosciuta è difficile e tu non lo faciliti a integrarsi se continui a prenderlo in giro per ogni cosa,» lo rimproverò bonariamente il dottore, era un uomo troppo buono.
«Ti preferisco quando sei un omone di 6 metri, verde e tutto arrabbiato!» sbottò Stark e Banner ridacchiò.

Per sfogarsi Steve aveva deciso di prendere a pugni un sacco da box. Mentre lo colpiva ripetutamente e sempre più forte non poté evitare di pensare di prendere a pugni Stark. Quell’uomo lo mandava al manicomio e non riusciva proprio a sopportarlo. Come ha fatto Howard a crescere un figlio così ribelle e arrogante? Pensare a Howard, pensare a lui, sollevò molti ricordi e si ritrovò immerso nel passato.
Si ricordò quando ancora era impegnato nella guerra contro i nazisti: quel periodo della sua vita fu il più bello di sempre. Prima di diventare il Capitano non era nessuno. Con Howard aveva avuto quel rapporto di amico-nemico, il dottor Abraham Erskine era la persona che più si avvicinava alla figura di un padre per lui, Bucky era come suo fratello e Peggy Carter… Peggy era rimasta sempre nel suo cuore , lo perseguitava in ogni momento e gli faceva rimpiangere di non essersi presentato a quell’appuntamento. Però, piangere sul latte versato non serviva a nulla.
Diede un colpo più forte, quel tanto che bastò per rompere il sacco e farlo volare a qualche metro di distanza. Non perse tempo a pulire il disastro e prese un altro sacco, sentendosi ancora pieno di energie. Riprese a dare pugni e cercò di svuotare la mente, ma non gli fu possibile.
Passato e presente si fusero insieme e davanti ai suoi occhi scorrevano con rapidità immagini di ricordi lontani e recenti. Il volto di Pepper gli balzò in testa e Steve provò a scacciarlo via, sostituendolo con il volto di Peggy. Natasha aveva ragione doveva togliersela dalla testa, sarebbe stato meglio. Così preferì crogiolarsi nei suoi ricordi passati. S’impose di ricordare Peggy, quei suoi occhi castani, i capelli lunghi ondulati e rossi, le lentiggini sul viso che lo rendevano ancora più carino e quelle labbra sottili che avrebbe voluto divorare…
Sgranò gli occhi quando si accorse di pensare ancora a Pepper e si bloccò; il sacco da box oscillò e lo colpì in pieno viso, facendolo indietreggiare.
«Complimenti Capitano!» esclamò una voce dietro di lui. Steve, premendo una mano sul naso si votò, pronto a litigare con lei.
«Che cosa vuole agente Romanoff?» sibilò acidamente. Natasha non si preoccupò di quella sua reazione e di risultare inopportuna; non si preoccupò nemmeno di quel distaccamento.
«Nulla, mi annoio semplicemente…» rispose, avvicinando a lui.
«Fury non le ha assegnato nessuna missione? Ultimamente è più qua…» borbottò. Natasha prese il sacco fra le mani, fermandolo e si appoggiò ad esso.
«Ho deciso di prendermi una vacanza…» sospirò la donna.
«Perché?» chiese.
«Non sono affari tuoi, Steven!» esclamò lei, ma non poté nascondere il lieve rossore che le colorava le guance pallide.
«Ah, perché la mia vita sentimentale invece è affar suo?» chiese ironicamente Rogers, alzando lo sguardo al soffitto. Come Bruce potesse sopportarla era un mistero.
«Beh non è colpa mia se si capisce che sbavi per la signorina Potts,» osservò con ovvietà. Steve sospirò affranto e andò verso la panchina dove prese l’asciugamano e asciugò il sudore. Fortunatamente il colpo ricevuto non era stato tanto forte da farlo sanguinare.
«Ancora con questa storia? Non sono minimamente interessato a Pepper. E poi mi sembra felice insieme a Stark!» disse l’uomo, calcando con enfasi la parola ‘felice’. Afferrò una bottiglietta d’acqua e bevve.
«Lo spero per te. Virginia non sta passando un momento difficile e non le serve che tu incasini tutto con la tua cotta,» disse.
«Ma non è Phil il suo migliore amico?» domandò esasperato.
«Phil certe cose non le capirebbe ; ci vuole una donna! » esclamò e poi se ne andò, sotto lo sguardo attonito di Rogers.

Steve cercò in ogni modo di evitare Pepper. Non voleva incorrere nell’ira dell’agente Romanoff e morire per mano sua. Anzi, proprio non ci teneva a morire.
Per questo, anche se era dicembre e con una temperatura al limite del sopportabile, si ritrovava fuori, su quella terrazza della Stark Tower a leggere il giornale. New York vista dall’alto era bellissima, soprattutto in quel periodo con i suoi tetti innevati. Trovò ridicolo il modo in cui si era ridotto e anche il fatto che dovesse ubbidire agli ordini di una donna manipolatrice come la Romanoff.
«Steve?» domandò una voce. Rogers si voltò di scatto, specchiandosi in un paio di occhi celesti. Pepper lo scrutava sorpresa da dietro al finestra, lasciata socchiusa.
«Che cosa ci fai qua fuori? Morirai congelato!» esclamò facendogli cenno di rientrare. Rogers obbedì e rientrò a testa bassa.
«Perché eri fuori?» domandò la donna mentre richiudeva la finestra.
«Era un esercizio… E poi sono rimasto ibernato per 70 anni, un po’ di fresco non mi ucciderà mica,» cercò di mentire, ma, accidenti, non era mai stato così bravo.
«Non dirmi che ti stai nascondendo da Tony»
«No, io… Stark non c’entra…» s affrettò a rispondere.
«Lo sapevo, ma non ti preoccupare Steve. Gli parlerò e gli dirò di lasciarti in pace. Mi dispiace che tu sia stato costretto a scappare fuori sulla terrazza,» disse accarezzandogli il braccio. Rogers si azzittì, non sapendo che cosa dire o fare. Rimase semplicemente a guardarla negli occhi.
Pepper gli sorrise, arrossendo leggermente.
«Vuoi che ti prepari un caffè? Sarai congelato…» si offrì la donna, poggiando il tablet sul tavolino e andando dietro il bancone. Si chinò, sparendo dietro di esso e ricomparve pochi secondi dopo.
«Ta-dà!» esclamò mostrando una moka nella mano e alzandola in aria come se fosse un trofeo. Sorrise divertita e orgogliosa, mentre Steve ridacchiò.
«E’ una moka… Non dirmi che l’hai comprata apposta per me, Pepper.»
«Mi è dispiaciuto non avere una moka.. So quanto sia difficile per te ambientarsi in un mondo completamente diverso,» spiegò, mentre cercava di aprire la moca. Steve si avvicinò e gliela prese fra le mani e senza alcuno sforzo l’aprì.
«Grazie.»
«No, grazie a te. Non eri obbligata a farlo, sul serio.»
Fra i due calò un lungo silenzio, mentre la donna era indaffarata a preparare un caffè alla vecchia maniera. Il Capitano rimase ad osservarla, ammaliato, seduto sulla sedia e con un sorriso da ebete stampato in faccia. Pepper gli lanciava qualche occhiata di tanto in tanto, trovandolo un tipo buffo. Ma non aveva mai notato che i suoi occhi fossero di un blu così intenso. Scosse la testa, lei amava Tony, tantissimo.
Lo amava, sì.
L’odore di caffè li avvolse e il gorgoglio del caffè che usciva la riportò alla realtà. Versò quel liquido nero in due tazzine e una la porse a lui. Nel prendere la tazzina le loro dita si sfiorarono e i loro occhi si cercarono.
«Che cosa succede qui?» domandò una voce maschile. Entrambi si voltarono verso Tony, che li osservava con sospetto. Aveva il viso sporco, come i vestiti, e giocherellava con uno dei suoi tanti utensili, buttandolo poi sul ripiano del tavolo.
«Tony,» disse Pepper ritirando la mano.
Steve rimase indifferente e sorseggiò il suo caffè. Tony si avvicinò alla donna e le mise una mano sul fianco con fare possessivo e guardò con irritazione il Capitano, sfidandolo con lo sguardo.
«Oh, andiamo Tony non fare il geloso,» sorrise Pepper dandogli un bacio sulla guancia. «Piuttosto dovresti fare il bravo con Steve! Sai dove l’ho trovato?» domandò, ma Tony era ancora impegnato a sostenere lo sguardo del soldato di fronte a lui.
«L’ho trovato fuori, in terrazza, al gelo, solamente per essere lasciato in pace da te,» continuò sapendo di essere ignorata. Poggiò una mano sul suo volto e lo costrinse a voltarsi verso di lei, per prestargli attenzione.
«Hai capito? Lascia stare il povero Capitano, per favore,» lo pregò sorridendogli.
«Ehi, sei ingiusta! E lui che incomincia a darmi fastidio. Dovresti farlo a lui questo discorso,» di lamentò Tony e Steve sospirò, scuotendo la testa.
«Sei proprio un bambino Stark!» borbottò.
«Bu-hu, Signor Bella Addormentata! Ti hanno sottratto la padella?» rispose prontamente Tony con un ghigno divertito. Steve aprì la bocca per protestare, ma fu bloccato da Pepper.
«Allora vedete di comportarvi bene entrambi. Sono stanca di sentirvi urlare per tutta la torre e vedere il personale che scappa da voi,» sbottò Pepper, poggiando le mani ai fianchi. Alternò lo sguardo dal fidanzato al Capitano, intimando ai due di non comportarsi come bambini. «E se fate i bravi prometto di darvi un lecca lecca come ricompensa.»
«Va bene, mamma,» sbuffò Tony. Pepper lo spintonò leggermente, sorridendogli. Steve la guardò, ma non sembrava che quel sorriso non contagiasse anche lo sguardo. Tony notò quel suo sguardo. Tony notò come il Capitano guardava la sua fidanzata, come se potesse avere delle pretese su di lei. Riprese in mano il cacciavite e glielo lanciò, colpendolo all’avanbraccio e Steve lo fulminò con lo sguardo.
«Non costringermi a metterti in punizione, Tony» lo rimproverò la donna raccogliendo il cacciavite. Lui allungò la mano per riprenderselo, ma Pepper gli passò il suo caffè, mentre infilava l’oggetto incriminato nella tasca.
«Bene, devo ritornare al lavoro. Fate i bravi!» ordinò, baciando il fidanzato e lui ne approfittò, approfondendo quel bacio che voleva essere un chiaro avvertimento. Pepper si allontanò dall’uomo e scosse la testa divertita. Afferrò il tablet, salutò Rogers ed uscì dalla stanza, lasciandoli da soli.
«Smettila!» esclamò Tony quando fu sicuro che Pepper non potesse sentirlo. Steve alzò un sopracciglio voltandosi a guardarlo.
«Scusa?» domandò, fingendo orecchie da mercante. Tony poggiò entrambe le mani sul bancone e si sporse maggiormente verso di lui, guardandolo con irritazione.
«Hai capito perfettamente! Smettila di guardarla come un pesce lesso. Pepper è mia!» esclamò, ringhiando.
«Primo: non mi sembra che Pepper possa esser ritenuta un oggetto di tua proprietà; secondo: non la guardo come un pesce lesso; e terzo: smettila di dire cose senza senso,» rispose con un sibilo e per la prima volta si sentì superiore a lui e ne trasse un senso di soddisfazione.
Tony sbatté le mani contro il balcone rialzandosi.
«E’ la mia fidanzata e tu le devi stare lontano! Chiaro?» chiese quasi urlando.
«So perfettamente che è la tua fidanzata e non urlare, mi spaccherai i timpani!»
Tony assunse una colorazione tendente al rosso e sembrò al limite della pazienza. Steve ne rimase sorpreso, colpito, perché non pensava che potesse esserci un modo per fargli perdere la pazienza con tanta facilità. Stark faceva intendere molto bene che non c’era nulla più importante di sé, nulla che gli importasse veramente se non i suoi soldi e la sua reputazione.
Eppure era bastato parlare di Virginia e subito si era riscaldato, arrivando al limite. Non pensava che per Tony Stark potesse esserci qualcosa di veramente importante. Ma non provò nessuna colpa nel guardare con interesse la sua ragazza. Era chiaro che Pepper in quel periodo non era felice e la colpa era solamente di Tony.
«Questa conversazione sta prendendo una piega a dir poco ridicola,» disse Steve poggiando la tazza sul tavolo e alzandosi dalla sedia. «E comunque non dovresti sentirti minacciato se sei sicuro che lei ti ami. Non dirmi che sei insicuro…» lo prese in giro con cattiveria.
Per una volta era lui ad avere il coltello dalla parte del manico e non il contrario. Steve sorrise, divertito dal mutismo del miliardario e s’incamminò verso l’uscita. Tony scattò e lo fermò, afferrandolo per una spalla. Alzò un pugno e lo colpì in pieno viso, facendogli perdere l’equilibrio e buttandolo a terra. Ne approfittò per saltargli addosso e continuare a riempirlo di pugni. Rogers emise un gemito basso dal profondo della gola, cercando di riprendersi da quell’attacco improvviso, e Tony grugnì quando il pugno dell’avversario lo colpì a un rene. Ma si riprese subito, lottando ancora più intensamente di prima. Voleva chiarire quella storia, preferibilmente ricorrendo alle maniere forti.
«Senti, Rogers, lasciala stare!» urlò.
I due incominciarono a rotolare sul pavimento, continuando a darsi pugni. In qualche modo si staccarono e scattarono in piedi, guardandosi con odio. Steve aveva un labbro spaccato, mentre Tony perdeva un po’ di sangue dal naso. Camminarono in cerchio, studiandosi e questa volta fu Steve ad attaccare per prima. Buttò Tony contro il vetro di cristallo, che boccheggiò. Steve non si fermò e continuò a colpirlo. L’altro cercò di reagire e afferrò un pezzo di vetro, ferendolo al braccio e ferendosi la mano. Steve si allontanò e Tony si rimise in piedi, facendo cadere l’arma improvvisata. Ansimanti si ributtarono all’attacco.
Con molta fatica, Stark afferrò la parte anteriore della camicia di Steve e lo lanciò contro la parete. Il Capitano tirò indietro la testa e scattò in avanti, colpendo con la fronte, con molta forza, il naso di Tony, che continuò a sanguinare più copiosamente. Il dolore esplose davanti agli occhi, un rosso fiorire di confusa agonia che lo colse alla sprovvista, quanto bastasse perché l’altro lo spingesse lontano dalla parete. Iron Man indietreggiò, accecato, e inciampò nell’angolo del divano dietro di lui. Steve gli balzò addosso e cercò di colpirlo con un altro pugno, ma l’altro riuscì a spostarsi quel che bastava perché Steve colpisse il pavimento, provocando un buco.
Natasha e Pepper accorsero in quel momento, spaventate da tutto quel trambusto. E Phil era dietro di loro, appena di ritorno da un’altra missione.
«Che cosa succede?» domandò Pepper, spaventata. Quando si ritrovarono davanti i due Vendicatori che lottavano, Virginia sussultò, mentre Phil si avvicinò, seguito da Natasha, per tentare di separarli. Phil afferrò il Capitano, mentre Natasha teneva fermo Tony. Entrambi si dibattevano nel tentativo di essere liberati e riprendere il loro scontro.
Il povero Phil non riuscì a bloccare il capitano, in quanto era più forte di lui e si affrettò ad andare in cerca di aiuto. Si avventò contro Tony e Natasha fu costretta ad allontanarsi per non essere coinvolta. Corse da Pepper e la trascinò indietro, per evitare che anche lei fosse coinvolta.
«Tony!»
«Steve!»
I continui richiami da parte delle donne non servì a molto, poiché nessuno dei due le ascoltava. Phil fece subito ritorno con al seguito Thor e l’agente Barton. Thor e Phil cercarono di fermare Steve, che si trovava sopra Tony e Clint e Natasha afferrarono Tony prima che potesse buttarsi contro l’altro.
«Fermatevi insomma!» esclamò Natasha strattonando Tony. I due si calmarono e, cercando di regolare il respiro, si liberarono dalla presa dei loro compagni.
«Tony!» esclamò Pepper notando che perdeva sangue dal naso e guardò anche Steve: anche lui perdeva del sangue dal labbro. «Ma voi sanguinate!»
«Natasha va a chiamare il dottor Banner,» disse Phil con la sua solita calma. «Thor aiuta Steve a sedersi e tu Clint fai lo stesso con Stark, separati» specificò l’agente, prendendo in mano la situazione.
L’agente Romanoff annuì e si affrettò ad andare a chiamare Bruce, mente Thor e Clint fecero accomodare gli altri due, sedendosi fra di loro in modo che non potessero saltarsi addosso. Pepper prese dei fazzoletti e ne porse un paio al Capitano e poi andò da Tony. Prese un fazzoletto dalla scatola e incominciò a tamponargli il naso.
«Che cosa vi è preso?» chiese la donna, cercando il suo sguardo. Gli occhi castani dell’uomo si fissarono in quelli di lei: Pepper sembrava solamente preoccupata e non c’era traccia di rabbia o rassegnazione. Solo preoccupazione. Le sorrise, per rassicurarla, e le prese la mano con la sua.
«Nulla di importante,» mentì l’uomo. Steve lo guardò, ma non lo contraddisse, perché Pepper aveva già fin troppi pensieri per la testa.
«Non dire cavolate, sanguini. E’ mai possibile che non mi ascolti?» chiese esasperata e premette più forte sul naso, facendolo sussultare per il dolore.
«Ahi,» si lamentò e Pepper lo guardò con rimprovero.
«Non ti lamentare. Ti avevo chiesto semplicemente di comportarti da bravo bambino, anzi; vi avevo chiesto di comportavi bene tutti e due,» li rimproverò, guardando male anche Steve.
Bruce arrivò in quel momento e li guardò sorpreso. Natasha era poco dietro di lui e fulminava con cattiveria il Capitano.
«Sapevo che prima o poi sareste arrivati alle mani, ma devo dire che ve le siete date proprio di santa ragione!» esclamò divertito, avvicinandosi a Tony e incominciando a visitarlo.
Pepper si spostò, lasciando il posto al dottore e avvicinandosi a Steve.
«Di noi non c’è più bisogno, giusto?» domandò Clint dando una pacca sulla spalla del dio. Erano esausti per la missione e non erano ancora riusciti ad avere nemmeno un attimo di pace, nemmeno alla torre.
«Certo, certo, potete andare,» disse con indifferenza la Romanoff, mentre li aiutava a rialzarsi e li cacciava fuori dalla stanza. E costrinse anche Phil ad andarsene, sebbene le sue continue proteste. Ma Natasha non voleva sentire ragioni e lo trascinò insieme agli altri due.
«Che cosa è successo?» domandò Pepper, chinandosi verso Steve, in un sussurro. Tony si voltò verso di loro, sospettoso e Bruce scosse la testa divertito: era chiaramente geloso.
«Niente,» rispose, tamponandosi il labbro. Pepper, però, non gli credette. Con un sospiro, si sedette sul bracciolo al suo fianco.
«Perché non vi credo?» domandò.
Natasha si affrettò a sedersi al fianco del soldato e gli posò un braccio attorno alle spalle e con un sorriso di falsa cortesia s’intromise nel discorso.
«Capitano il suo allenamento sta dando i suoi frutti. Ha conciato Tony per le feste, peccato che anche tu sia un po’ ammaccato,» ridacchiò l’agente. Steve sbuffò, cercando di sottrarsi a quell’abbraccio, ma un pizzicotto da parte della donna gli fece intendere che non sarebbe stato facile liberarsi di lei.
«Ti avevo chiesto una sola cosa, Steven,» sussurrò al suo orecchio.
«Bene, non c’è niente di rotto. Ti rimarrà solamente qualche livido ma stai bene e sei tutto intero,» concluse Banner, rialzandosi. Tony fece lo stesso e senza dire nulla se ne andò. Pepper lo guardò e gli andò dietro. Tutti li guardarono uscire dalla stanza, in silenzio.
«Complimenti!» sbottò Natasha alzandosi e camminando avanti e indietro con fare nervoso. Bruce, mentre controllava Steve, la guardo sorpreso e divertito.
«E sarebbe colpa mia?» domandò Steve. Era tanto frustrato da quella situazione e sapere che Pepper era corsa dietro a Stark non aiutava a raffreddare i suoi nervi. In qualche modo sperava che lei preferisse rimanere con lui e lasciare da solo Tony. Era colpa sua se soffriva in quel modo.
«Certo che è colpa tua!» esclamò. «Ti avevo detto di farti passare la tua cotta per lei, ma invece hai solamente peggiorato la situazione.»
«Ho tentato, va bene? Ho cercato di ‘eseguire’ i tuoi ordini, grande capo, ma non ha funzionato,» si difese sarcasticamente lui.
«Ordini?» chiese il dottore confuso da quel loro discorso.
«La tua fidanzata, dottore, mi ha praticamente imposto di restare alla larga dalla signorina Potts,» lo informò Steve. Bruce guardò la ragazza a bocca aperta chiedendogli conferma. Natasha alternò lo sguardo da uno all’altro e poi sbuffò.
«Non esagerare, Capitano. Comunque questa situazione è tutta colpa tua,» lo accusò, incominciando a mordicchiarsi le unghie con espressione pensierosa.
«Colpa mia?» chiese sbalordito Steve.
«Si colpa tua!»
«Perché ti interessa tanto quello che succede fra Tony e Pepper? Saranno affari loro…» disse Bruce, mentre si sedeva affianco al Capitano e rimetteva a posto i suoi attrezzi.
«Certo che mi importa! Con Pepper, Stark è più prevedibile e si controlla meglio,» spiegò. Steve e Bruce la guardavano.
«Come scusa?» chiese Bruce.
«Se quei due si lasciano, sappiamo tutti come Stark reagirà: si abbandonerà all’alcol e sarà più intrattabile e potremo dire addio ai fondi per lo S.H.I.E.L.D. Tony non penserebbe altro che a se stesso, come sempre,» spiegò con pazienza, come se stesse parlando con dei bambini.
«E’ questo che ti preoccupa? Davvero Nat, credevo che ci tenessi alla squadra,» le parole di Bruce l’obbligarono a fermarsi. Si voltò verso di lui, guardandolo. Era deluso per quel suo comportamento e lei rimase in silenzio, sostenendo il suo sguardo. Adorava quegli occhi color cioccolato, dietro quelle lenti spesse. Le piaceva carezzare quella barbetta ispida e passare le dita fra i suoi capelli.
Bruce era così diverso da tutti gli altri uomini che aveva conosciuto.
«Certo che mi importa…» si difese lei.
«Non sembra che ti importi così molto dal momento che pensi più al retaggio di Stark,» disse Steve, alzandosi in piedi e scrutandola dall’alto in basso. «Ma non dovrei stupirmi, dal momento che sei una spia senza sentimenti»
Natasha aprì la bocca per replicare, ma rimase in silenzio. Abbassò lo sguardo verso Banner che non riusciva a guardarla. Poi Steve si voltò e se ne andò.
Natasha si sedette al fianco del dottore, poggiando una mano sul suo braccio. Bruce si alzò e afferrò la propria borsa.
«Bruce… Io…»
«Sono confuso, Nat. Vorrei rimanere da solo per un po’… Se non ti dispiace…» mormorò l’uomo prima di lasciarla completamente da sola.

Steve con le mani in tasca, gironzolava per i corridoi della torre. Chiunque lo incontrava evitava i guardarlo in faccia oppure cambiava il proprio tragitto; tutto pur di non incontrarlo. Il Capitano sorrise ironicamente: la notizia aveva già fatto il giro di ogni piano della torre. Era strano che ancora il direttore non li avesse convocati e richiamati all’ordine. Era meglio così, perché non aveva voglia di subire una lavata di capo in quel momento. Decise di rintanarsi nella propria camera, isolandosi da tutto il resto. Svoltò l’angolo e si ritrovò davanti Tony e Pepper che stavano discutendo. Ritornò indietro, nascondendosi dietro il muro e si sporse leggermente, attento a non farsi vedere.
«Sei ridicolo Tony e la devi smettere,» urlò Pepper con esasperazione.
«Ridicolo? Io? Ridicolo?» ripeté con foga lui. «Non credo proprio!»
«Lo sai che ti amo, e tu non ti fidi di me?» domandò lei, gesticolando.
«Oh, sì. Il tuo è proprio vero amore! Ho visto come ti guarda, Capitan-Pesce-Addormentato, e non mi sembra che tu disdegni le sue attenzioni.»
«Stai farneticando perché fra me e lui non c’è proprio niente,» rispose.
Quelle parole ferirono Steve, che per un momento ebbe la tentazione di andarsene e lasciarli da soli. Era un loro momento intimo e, questa volta, si sentiva in colpa perché stavano litigando per colpa sua. Lui stava causando a Pepper molti problemi con Tony.
«C’è li ho gli occhi! Ti guarda in un modo… Ah, lasciamo perdere,» borbottò.
Calò il silenzio.
«E’ sempre così con te. Scappi,» lo accusò Pepper. Tony alzò gli occhi verso di lei.
«Io mi sono esposto con te e lo sai. Sai quanto per me sia difficile esternare i miei sentimenti e tu sei stata la prima. Però mi sembra che a te non interessi più; preferisci il bel biondino,» sibilò. Pepper lo schiaffeggiò, per poi posare la mano sulla sua bocca aperta dalla sorpresa. Era stato un impulso, l’istinto, per l’affronto subito.
«Mi dispiace, non volevo,» si scusò immediatamente. Lo guardò, entrambi restarono in silenzio e alla fine sospirò stancamente. Era a pezzi e voleva solamente chiudere quel discorso senza senso. «Sono più di dieci anni che lavoro per te e ti sono sempre stata vicino, supportandoti nel momento del bisogno. Non mi sono mai interessata a null’altro se non a te come persona. Persona, capisci?» domandò. La sua voce tremò leggermente, piena di tristezza e rammarico. Era sul punto di cedere e lui non pensava che fosse possibile. Per tutto il tempo che erano stati insieme, Pepper si era sempre mostrata una donna forte e indipendente.
«Non mi interessano i tuoi soldi, la tua posizione sociale o chissà cos’altro, ma solamente tu. So come sei fatto e trovo incredibile che tu ci stia provando davvero ad impegnarti, con me. Ne sono felice. Sono felice che tu voglia essere una persona migliore e da quando sei Iron Man se cambiato, in meglio e ogni giorno cambi di più. Mi sono innamorata di te nell’esatto momento in cui ho capito che sotto la scorza da duro playboy in verità c’era un uomo dolce che lottava per un qualcosa che voleva proteggere. Ma la vita non è una favola e credimi Tony quando ti dico che ci ho sperato veramente che la mia lo fosse…» sussurrò la donna a capo chino, mentre si torturava le mani.
Steve avrebbe voluto esserle a fianco, per poterla abbracciare e confortarla. La vedeva soffrire e non poteva fare nulla. Odiava vederla così indifesa. Sapeva molto bene che Pepper era una donna forte e vederla in quello stato lo rattristava.
«Le tue sono solo parole, belle parole. Sai nell’esatto momento in cui hai scoperto che io sono Iron Man, tra di noi tutto e cambiato e pian piano è andato sempre peggio…» disse Tony, dopo aver ascoltato il suo monologo.
«No, Tony tutto è peggiorato nel momento in cui hai deciso di passare più tempo in laboratorio, trascurandomi, per restare con le tue armature. Capisco che tu debba essere sempre al meglio ma così rovini tutto quello che ti sta attorno, compreso il nostro rapporto,» affermò risoluta la donna. «Ho passato un’altra notte, l’ennesima, da sola e nel nostro letto. Me lo sono ripetuto molte volte: un’altra notte e basta. poi tutto sarà come prima. Ma sono stanca di dover dormire in un letto vuoto.»
Stark sgranò gli occhi e istintivamente spinse la donna contro la parete, sbattendo poi le mani contro il muro vicino a lei. Steve decise di intervenire e abbandonò il suo nascondiglio.
«Se passo tanto tempo in laboratorio lo faccio soprattutto perché c’è una cosa che voglio proteggere, senza la quale non saprei vivere,» sibilò, avvicinandosi al suo volto con fare minaccioso. Pepper sgranò gli occhi, terrorizzata da quel suo comportamento. Tony non si era mai comportato in quel modo con lei, mai.
«Ehi!» esclamò Rogers avvicinandosi a grandi passi. Entrambi si voltarono verso di lui e quando Tony lo vide scattò, raddrizzandosi e preparandosi ad un altro scontro. Pepper lo afferrò per un braccio supplicandolo con lo sguardo di non fare cavolate. Tony scosse la testa e decise di andarsene. Steve si avvicinò alla donna e poggiò una mano sulla sua spalla.
«Tutto bene?» le chiese con un tono apprensivo. Pepper si voltò verso di lui e gli sorrise, rassicurandolo. Guardò la schiena di Tony, mentre si allontanava senza nemmeno voltarsi una volta verso di lei. Tutto stava cadendo a rotoli.

I giorni passarono e la situazione fra Pepper e Tony non migliorò. Stark passava sempre più tempo in laboratorio non uscendone quasi mai se non quando fosse necessario e sotto minaccia da parte di Banner. Il dottore era l’unico, in quel momento che Tony ascoltava, visto che la prospettiva di ritrovarsi un Hulk incavolato in giro per la torre non aiutava né lui, né gli altri. Inoltre sembrava che lo stesso dottore stesse cercando di evitare Natasha, che al contrario cercava in ogni modo di incontrarlo per parlargli. Pepper non sapeva più che cosa fare: l’accesso al laboratorio le era stato negato e sebbene avesse provato a ‘corrompere’ anche Jarvis, continuava a restare fuori da esso; notte dopo notte, dormiva sola in quell’enorme letto, abbandonandosi ad un pianto disperato. Dopo molti tentativi si era arresa, preferendo buttarsi a capofitto nel lavoro per le Stark Industries.
Si trovava a disagio a continuare a lavorare per lui, ma non trovava il coraggio di andarsene perché significava allontanarsi da lui, mettere la parola ‘fine’ al loro rapporto e Pepper si sentiva molto confusa a riguardo. Non era sicura di volerlo abbandonare, ma non sapeva nemmeno come sistemare le cose fra di loro. Steve continuava ad osservarla, standole vicino e supportandola quando gli fosse possibile. Natasha non provò nemmeno ad impedirgli di starle vicino, troppo impegnata a farsi perdonare da Bruce. Tutti i membri della squadra si erano accorti che qualcosa non andava, ma ebbero il buon senso di non intromettersi. Capitan America cercava in ogni modo di passare più tempo con Virginia, sperando di farle spuntare quel dolce sorriso che tanto gli piaceva. E la donna sembrava non disprezzare quelle attenzioni, anche se cercava di non farlo notare troppo agli altri per non rischiare di far infuriare ancora di più Tony.

«Ciao,» salutò Steve, entrando nel suo studio. Pepper alzò lo sguardo da tutta quella marea di fogli infiniti che ricopriva la scrivania. Con un sospiro la donna poggiò il plico di fogli e la penna e sorrise all’uomo.
«Ehi,» rispose poggiandosi allo schienale della sedia, controllò l’ora e si accorse che era molto tardi. Si voltò verso la finestra e notò che il sole stava tramontando proprio dietro i grattacieli di New York, spruzzando gli ultimi tiepidi e deboli raggi di sole dentro l’ufficio della donna. Si massaggiò una tempia con stanchezza, con l’intenzione di finire quella giornata al più presto.
«Sono due giorni che te ne stai rinchiusa qua dentro, dovresti uscire. Non ti sei nemmeno cambiata,» disse Steve, con un sorriso sulle labbra. Pepper abbassò lo sguardo e constatò che ancora indossava gli stessi abiti del giorno precedente: dei leggins blu scuro e una maglietta oversize color pervinca, ultimamente non badava all’abbigliamento che indossava.
«C’è tantissimo lavoro da fare, non posso fermarmi proprio adesso.»
«Finirai col ritrovarti i capelli bianchi prima del tempo,» la prese in giro lui. Tuttavia la donna non rispose e i due rimasero in silenzio.
Pepper sapeva che c’era qualcosa di sbagliato. Steve non doveva trovarsi lì con lei in quel momento e da un punto di vista esterno si stava creando una situazione molto disdicevole. Tuttavia non trovò la forza di mandarlo via, era troppo buona e Tony glielo ripeteva sempre.
«Che cosa vuoi, Steve?» domandò, cercando di arrivare subito al punto. Rogers percepì quella nota sbrigativa che la donna aveva assunto nei suoi confronti e cercò di non badarci. Si alzò e si diresse alla porta, chiudendola a chiave.
«Steve?» lo chiamò piano la donna. Nel suo tono c’era un misto di incertezza, curiosità e paura per quello che di lì a poco sarebbe successo. Pepper lo guardò diritto negli occhi, incantandosi e sembrò che tutto il mondo che li circondava fosse sparito. Steve, con quella sua aria da perfetto gentiluomo d’altri tempi, la faceva sentire desiderata. Si era accorta di come lui la guardava e non poteva negare che apprezzava, e anche molto. Arrossì per quei suoi pensieri e si dette della stupida.
Era solamente confusa, si disse. O almeno cercò di convincersi che fosse così, ma sembrava di mentire a se stessa. Pepper sospirò sconsolata, maledicendosi per la sua indecisione.
«Non ti preoccupare, non ho mica intenzione di mangiarti!» esclamò con divertimento l’uomo voltandosi nella sua direzione e avvicinandosi a lei.
Lentamente la raggiunse e si piazzò dietro la sua sedia, mentre la donna sedeva rigidamente su di essa. Steve poggiò le mani sulle sue spalle e con delicatezza incominciò a massaggiarle. Virginia cercò di trattenersi, ma quelle carezze avevano l’incredibile potere di farla sciogliere, facendole smettere di pensare al presente e di rilassarsi.
«Sei proprio tesa,» constatò l’uomo, massaggiando con più forza. La donna si appoggiò allo schienale della sedia e chiuse gli occhi, per assaporare meglio quel momento così delizioso. Percepiva quel suo tocco dolce, caldo e calmo, mentre la trascinava a sé e sentì il suo possente petto contro la schiena. Poi sentì il suo alito fresco solleticarle l’orecchio sinistro ed infine le labbra dell’uomo si posarono contro il suo collo. Fu un bacio lento ed desiderato da molto tempo. Lei si appoggiò a lui, bisognosa di quella forza che lui emanava, e gemette quando una mano scivolò dalla spalla e raggiunse il collo, per avvolgerlo gentilmente, con delicatezza.
«Steve…» mormorò la donna, allungando la testa all’indietro per permettere al Capitano di continuare quella meravigliosa tortura e Steve apprezzò molto quel gesto. Con lei diventava un’altra persona, dimenticandosi chi fosse in realtà e dei valori in cui credeva. Per la prima volta si era lasciato andare, fregandosene delle conseguenze.
«Ti piace?» mormorò fra un bacio e l’altro e Pepper trovò la forza solo per annuire. Steve sorrise soddisfatto.
Afferrò la vita della donna, sollevandola senza alcuno sforzo e la poggiò sulla scrivania. Quel gesto fece cadere a terra molti dei fogli che lei ancora doveva controllare, ma poco le importò in quel momento. Si sentiva in paradiso.
«Maledizione,» biascicò lui sulle sue labbra e si staccò guardando il disastro appena combinato. Pepper gli prese il volto fra le mani e lo costrinse a guardarla, mentre lei si avventava sulle sue labbra.
«Non importa, lascia stare,» affermò la donna e presa dalla foga di quel desiderio improvviso, prese l’iniziativa. Infilò le piccole mani affusolate sotto la camicia dell’uomo e la strappò con vemenza, rompendola e facendo cadere a terra tutti i bottoni, poi gliela tolse e la buttò da qualche parte per la stanza. Rogers ne rimase sorpreso e, finalmente, la sua parte razionale ritornò a galla, ricordandogli che non era un esperto come Stark. Quel pensiero, però, lo fece irritare e s’impose di non pensarci. C’era una prima volta per tutto e, infine, decise di imitare i gesti della donna. Le mani incominciarono a tremargli, ma arrivò al bordo della maglietta e lentamente la sollevò e con una mano partì all’esplorazione di quel corpo morbido e peccaminoso. Steve incominciò a sentire caldo in quella stanza, ma non osò fermarsi.
Che cosa stai facendo?, domandò una vocina nella mente della donna. Pepper riaprì gli occhi, prendendo fiato, mentre Steve continuava a baciarle il collo e a scendere sempre più giù.
E’ Steve Rogers e tu ami Tony, ricordi?, proseguì quella voce. Lei strinse le labbra e cercò di scacciare quella vocina fastidiosa. Non ci riuscì e come se non bastasse quella sensazione di errore si ripresentò prepotente, mettendola a disagio. Le sue mani stringevano forte i capelli di Steve e abbassò lo sguardo verso di lui. Vide un paio di occhi castani che la scrutavano, delusi e feriti. Un dolore che aveva visto fin troppe volte sul suo volto e che aveva sempre cercato di far scomparire, restandogli accanto.
Pepper sgranò gli occhi: non voleva infliggere altro dolore a Tony, aveva sofferto già abbastanza.
«F-fermo…» balbettò, bloccando il Capitano. Steve si fermò e si staccò leggermente da lei.
«Qualcosa non va?» domandò incerto lui. Pepper si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed evitò di guardarlo.
«Mi dispiace,» incominciò a dire, mentre cercava di rimettersi in piedi. Steve la lasciò andare, rimanendo impalato sul posto. Non capiva che cosa stava succedendo.
«E’ tutto sbagliato» mormorò la donna, mentre si strofinava le labbra con il palmo della mano. Gesto che lo ferì profondamente.
«Ah, ho capito…» biascicò. Aggirò la scrivania, si chinò per prendere la camicia e si diresse verso la porta. Posò una mano sulla chiave ma esitò prima di girarla e far scattare la serratura.
«Vedo come Tony ti rende triste e tu soffri in silenzio. Perché lo fai?» le domandò sinceramente curioso di comprendere perché lei fosse così tanto masochista.
«Perché lo amo, nonostante tutto. E adesso mi sento solamente egoista, perché penso alla mia felicità,» rispose. «Ma lui non si merita tutto questo e io gli sono sempre stata vicina e non smetterò adesso. Lo amo, ecco tutto.»
Steve la guardò attentamente, sperando che ci ripensasse. Sospirò, sembrava che dovesse andare così. Questa volta, Tony aveva vinto dove suo padre non era riuscito. Questa volta era riuscito a prendersi la donna che tanto desiderava.
«Spero che tu non ti penta della tua decisione… Ma, hei, possiamo rimanere sempre amici, no?» le chiese, sebbene sarebbe stato doloroso restarle a fianco, come amico, senza la possibilità di poterla sfiorare o anche solo guardare come un uomo innamorato guarda una donna.
«Davvero?» chiese lei, dubitava che ciò potesse avvenire. Non dopo quello che era successo in quella stanza quel giorno.
«Beh, buoni amici. Ma credo che Stark difficilmente accetterà questa cosa,» si rassegnò davanti all’evidenza. Pepper sorrise ed annuì, concordando con lui.
Steve sospirò e rimase ad osservarla per un paio di minuti; alla fine aprì la porta e, indossando la camicia, se ne andò.
Proprio in quel momento davanti alla sua porta passò Natasha, che si affacciò. Pepper era china a terra a raccogliere tutti i fogli che erano volati a terra.
«Toc toc» disse la spia, entrando poi nell’ufficio. L’altra donna sollevò il viso e sorrise, colpevole.
«Ehi, ciao» la salutò, rialzandosi.
«Dimmi che non lo hai fatto,» la supplicò Natasha, andando dritta al punto. Si avvicinò a lei e continuò a guardarla. Pepper rimase interdetta da quella richiesta, ma non finse di non capire. La sua espressione da colpevole mutò fino ad irritarsi.
«Non credo che ti debba interessare, Nat. Si tratta della mia vita sentimentale e comunque non dovresti preoccuparti che Tony tagli i fondi per la tua preziosa agenzia governativa!» sbottò, sbattendo i fogli sulla scrivania. Si chinò nuovamente per raccogliere quelli che restavano, sperando di aver chiuso l’argomento con l’amica.
«Hai ragione ma io non te l’ho chiesto per lo S.H.I.E.L.D. L’ho fatto perché Tony ti ama e alla follia. E tu ami lui, lo so,» si difese debolmente la Romanoff, sentendosi in colpa per quell’accusa che l e era stata rivolta. Steve aveva ragione e non voleva rovinare il suo rapporto con Bruce. E in quel momento realizzò che per lei era più importante Banner che un lavoro governativo segreto. Bruce non aveva pregiudizi verso di lei, fin dal loro primo incontro era stato così dolce; e sapere di averlo deluso era peggio di non aver portato a termine una missione.
«Si, comunque credo che sia troppo tardi,» rispose l’altra, rialzandosi. Si voltò verso la finestra che dava sulla città. Ormai il sole era calato e le luci si erano accese da sole, rischiarando l’ambiente. Anche New York si era illuminata e brulicava di vita come al solito e il periodo natalizio era più splendido che mai.
«Quindi tu e Steve…?»
«No,» si affretto a rispondere, arrossendo leggermente. Per fortuna, no.
«Perché?»
«Perché amo Tony. Semplice, lo hai detto anche tu,» rispose in un sussurro Pepper.
Natasha sembrò sollevata nel comprendere quella notizia ed annuì, andandosene.

«Bruce?» chiamò la donna, sporgendosi dentro il suo laboratorio. Il dottore era chino su uno schermo di plastica, mentre distrattamente puliva gli occhiali con la camicia. Non si era nemmeno accorto della sua presenza e non l’aveva neanche sentita. Sorrise, scuotendo la testa e rimase a rimirarlo. Bruce Banner era un uomo ordinario e pacato; faceva di tutto per mantenere la calma e trattenere il suo alter ego dal distruggere tutta la città. Ancora non capiva come faceva a rimanere calmo con Stark che continuava a punzecchiarlo e il continuo stress a cui era sottoposto.
«Bruce!» lo chiamò nuovamente alzando la voce. E finalmente lui diede segno di averla sentita, sobbalzando. Si voltò a guardarla, ma null’altro.
«Agente Romanoff che ci fa qua?» le chiese con un tono distaccato. Natasha sospirò, mentre torturava le maniche del suo maglione di lana. Si avvicinò a lui, ma si fermò quando vide che Bruce non sembrava molto felice di vederla.
«Ecco… Mi volevo scusare… con te… Di quello che è successo due giorni fa…»mormorò incerta. Non si era mai sentita così impacciata, piccola e indifesa. Non era abituata a mostrare i suoi sentimenti, le sue emozioni, non così apertamente. Era stata addestrata per non mostrare pietà, per completare la missione senza l’interferenza delle emozioni, che rendevano solamente dei bersagli facili.
«Non dovresti scusarti con me, ma con Steve,» obbiettò lui. Natasha cercò il suo sguardo e non vi lesse rabbia, diffidenza o altro. La guardava con indifferenza ed era ancora peggio. Sapere che non gli interessava niente di lei era ancora più devastante.
«Non è di lui che mi interessa al momento,» replicò piccata. Incominciava ad innervosirsi per quel suo comportamento nei suoi confronti.
«Non fare la parte della vittima, Natasha, perché in questo caso non lo sei. Hai fatto tutto da sola, quando non avresti dovuto impicciarti,» rispose seccatamente.
«Ho fatto solo…»
«… Solo quello che ritenevi giusto per salvare la tua stupida agenzia!» la interruppe.
«Se non sbaglio ci lavori anche tu, per lo S.H.I.E.L.D.» fece notare con uno sbuffo. Bruce la guardò fermamente, rimproverandola per quel suo comportamento.
«E ti sei mai chiesta perché lo sto facendo? Perché non me ne sono andato finita la battaglia?» le chiese al limite della sopportazione e trovando assurdo di essere arrivato a quel punto. Credeva che con lei sarebbe stato diverso, sembrava capirlo e importarle veramente di lui. A quanto pare, però, non era così.
Quella domanda colse impreparata la donna e la lasciò a bocca aperta.
«Che cosa vuoi dire?» gli chiese. «Pensavo che ti piacesse lavorare con Stark.»
«No, avrei preferito ritornarmene a Calcutta. Li c’è molta gente che ha bisogno di cure,» rispose esausto. Con due dita si massaggiò le palpebre, cercando di schiarirsi le idee.
«E… e cosa ti ha trattenuto qua?» domandò esitante la donna. Bruce la guardo, di nuovo: avvolta in quel maglione troppo grande per il suo esile corpo, sembrava una bambina piccola, bisognosa di protezione. Vederla in quello stato lo fece vacillare, dandogli l’impulso di tenerla stretta fra le sue braccia.
«Non provi a indovinare?» le chiese con dolcezza. E quel tono fu abbastanza per spingerla fra le sue braccia e lui non la fermò.
«Scusa,» ripeté la donna, abbandonando la testa contro la sua spalla e sospirando, chiaramente felice.
«La prossima volta lascia che se la sbrighino da soli,» osservò l’uomo con un grande sospiro. In fondo non riusciva ad arrabbiarsi con lei. Sorrise, baciandole la nuca.

«Tony, possiamo parlare?» domandò Natasha, entrando con poca delicatezza nel suo laboratorio. Di certo non si sarebbe fatta fermare da una porta e nemmeno da un suo no, soprattutto da quello. Tony continuava a restare chino sullo stivale, con gli occhialoni da lavoro e la musica ad alto volume. Così alto che tutta la torre la poteva sentire. Natasha spense la musica dello stereo e incrociò le braccia al petto, attendendo che si voltasse verso di lei.
«Agente Romanoff, devo dire che è sempre un piacere ricevere visite da parte sua,» sbuffò con sarcasmo Tony, mentre si levava gli occhiali e li buttava sul tavolo. La sua espressione era stanca e il viso tutto sporco. Sembrava non dormire da giorni e la barba incolta lo confermava.
«Smettila di fare la vittima, Stark!» lo rimproverò la donna. Stark come al solito alzò gli occhi al soffitto, ormai abituato alle ramanzine. «Si può sapere che cosa ci fai ancora qua? Non è da te un comportamento del genere!»
Tony continuò a restare in silenzio, mentre giocherellava con il cacciavite che aveva in mano. E Natasha subito glielo strappò di mano, spazientita. Pepper aveva proprio ragione: discutere con Tony era come parlare a un bambino capriccioso ed era inutile.
«Insomma reagisci! Non pensavo che ti importasse così poco di lei. Questo non è il Tony Stark che conosco!» lo spronò la spia.
Tony la guardò con uno sguardo furibondo, si alzò di scatto dalla sedia. Natasha rimase composta, come se nulla fosse accaduto. Sosteneva il suo sguardo con fierezza e non mostrava segni di nervosismo. Tony era una persona impulsiva, ma mai aveva perso la pazienza così velocemente: era tutta apparenza.
«Non provare a ripeterlo!» la minacciò, puntandole la mano guantata contro di lei. «Certo che mi importa di lei e tu lo sai benissimo!»
Natasha abbandonò la sua posa composta per superarlo e guardare a che cosa stesse lavorando con così tanta assiduità. Poggiò una mano sul tavolo e incominciò a far vagare gli occhi.
«Lo so che ci tieni a lei,» lo tranquillizzò e Tony si calmò, almeno in parte.
«Solamente non capisco perché tu stia qui a perdere tempo invece di andare da lei e scusarti,» disse pacatamente.
Se Bruce l’avesse vista in quel momento di certo si sarebbe arrabbiato nuovamente e, quella volta, non l’avrebbe perdonata con tata facilità. Aveva promesso che sarebbe rimasta in disparte ma non poteva, era stata lei la causa di quel litigio fra Tony e Virginia; era stata lei a spingere Rogers di più verso di lei, proibendogli di starle accanto. Semplicemente doveva fidarsi e restare a guardare e non interferire. Ma lo aveva fatto e adesso stava provando a rimettere insieme i cocci di quella che avrebbe dovuto definirsi una squadra. Natasha era sempre stata sola e quel concetto le era del tutto nuovo. Barton era stato il suo primo amico e adesso aveva addirittura un’intera squadra, compreso Coulson e Potts.
Sorrise a quel pensiero, scuotendo la testa. Ora doveva pensare solamente a far ragionare Stark e fare in modo che quei due si incontrassero. Poi sarebbe andata da Steve e gli avrebbe chiesto scusa.
«Perché sorridi?» le domandò l’uomo osservandola con sospetto. «Anzi, perché ti stai impicciando della mia vita sentimentale?»
«Perché Virginia è mia amica e in qualche modo assurdo anche tu lo sei, infondo abbiamo salvato il mondo, no?» rispose lei.
«Ma se non sbaglio tu e Pepper nemmeno andate tanto d’accordo…» borbottò, grattandosi la nuca e sospirando. Natasha buttò il cacciavite nella cassetta degli attrezzi.
«Maschi! Sono tutte apparenze, ma Virginia non è male,» lo sbeffeggiò, guardandolo da sopra la spalla. «E mi sorprende che lei abbia resistito ben 11 anni al tuo fianco, io mi sarei arresa prima» ridacchiò divertita. E Tony sorrise, pensando che aveva maledettamente ragione.
Pepper gli era stato accanto per ben 11 lunghi anni e non lo aveva mai abbandonato. Erano rimasti insieme sia nei tempi felici che quelli infelici, che erano molti ultimamente. Era sorpreso che lei non avesse dato le dimissione e se ne fosse andata, abbandonandolo a se stesso, davvero incredibile. Fin dal primo momento che l’aveva vista aveva provato l’impellente impulso di coinvolgerla nella sua vita. Dal loro primo incontro si sarebbe detto che non sarebbero durati più di una settimana, perché erano diversi come cane e gatto. Lui non perdeva tempo a lanciarle frecciatine e lei non si faceva intimidire e rispondeva colpo su colpo. E più i giorni passavano, più lui capiva che Pepper non era come le altre donne.
«Perché sei tanto arrabbiato con lei?» domandò Natasha, distogliendolo dai suoi pensieri malinconici.
«Non sono arrabbiato con lei, non potrei mai esserlo,» rispose istintivamente.
«E perché te la sei presa con lei dopo aver pestato Steve?»
«Sai mi sorprende che lei abbia resistito così tanto al mio fianco, ma non sono sorpreso che lei abbai deciso infine di arrendersi,» incominciò a parlare, mentre si avvicinava all’immensa vetrata che dava sulla città che si stava svegliando pigramente. Il sole stava sorgendo, rischiarando il cielo, e riscaldava il suo volto. Tony poggiò una mano sul vetro freddo e chiuse gli occhi.
«Lei merita di meglio, ne sono consapevole, ma quando Rogers ha manifestato il suo interesse per Pepper mi sono sentito soffocare. E lo sai perché? - domandò voltandosi verso la compagna, - Perché so maledettamente molto bene che lui è migliore di me. Insomma: alto, occhi azzurri, buone maniere, dolce e gentile. Un vero e proprio boyscout d’America perfetto,» fece una piccola pausa, guardando il sole che si affacciava da dietro l’orizzonte.
«E sono ancor più arrabbiato perché lei gradiva le sue attenzioni. Lui non la fa mai arrabbiare…»
«Non la fa divertire, non la punzecchia e non le illumina lo sguardo come fai tu, Stark,» lo interruppe la Romanoff. Era assurdo sentire il grande Tony Stark pronunciare quelle parole, soprattutto in riferimento ad una donna. Si guardò attorno, convinta di essere in una Candid Camera, ne era certa.
«Stark questo non sei tu e incomincio a pensare che ti abbiano clonato,» e Tony fece una smorfia contrariata. Non veniva mai preso sul serio e quando parlava con serietà lo credevano un pazzo o uno scherzo.
«Parlo sul serio, Natasha,» e la donna si meravigliò nel sentire il suo nome pronunciato da lui. A quanto sembrava quella storia lo aveva turbato più del solito.
«Allora tu sei arrabbiato con te stesso, vero? Perché pensi di non essere abbastanza per lei?» chiese, realizzando in quel momento come la pensava lui. «Sei un idiota! Perché non lasci decidere a lei se continuare a restare al tuo fianco?» domandò, seriamente interessata a conoscere la sua risposta.
«Non perdo occasione di deluderla… Anche se Rogers non si fosse messo in mezzo sarebbe finita, lo stesso…»
«Questo lo pensi tu…» rispose, contraddicendolo. «Oh, per l’amor del cielo, Stark! Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?» gli chiese seccata di quel suo comportamento immaturo.
«Lei ti ama e lo sai. Volevi trovare solamente una scusa per mettere fine al vostro rapporto, solo per non farla soffrire. Ma è quello che stai facendo esattamente in questo momento!» esclamò. «E anche tu la ami, per cui, perché non fai un favore a te stesso e vai da lei?» lo incitò, avvicinandosi e poggiando una mano sulla sua spalla scuotendolo dolcemente.
«Sai stare insieme al dottore ti fa uno strano effetto, Romanoff! Sei… dolce…» rivelò con sorpresa. La spia sgranò gli occhi e tirò indietro la mano di scatto, arrossendo. Gonfiò le guance indispettita e si voltò, dirigendosi a grandi passi verso l’uscita.
«Guai a te se osi dirlo a qualcuno! In quel caso sarò costretta a privarti della parte migliore del tuo corpo, intesi?» lo minacciò, urlando e sbattendo la porta dopo che uscì. Tony rise divertito mentre la guardava andarsene. Il silenzio ripiombò in quella stanza, permettendogli di pensare a quella strana conversazione. Non avrebbe mai creduto che Natasha fosse capace di essere comprensiva e così amichevole.
«Jarvis hai registrato tutto?» domandò l’uomo con un ghigno perfido sul volto.
«Certamente, signore,» rispose con efficienza l’intelligenza artificiale.

Pepper era appena uscita da una lunga e rilassante doccia, di cui aveva veramente bisogno. Era riuscita a cancellare quella sensazione di sporco che aveva provato per tutta la notte. Il solo pensiero di aver quasi tradito Tony le faceva venire i brividi e le faceva avere l’impulso di farsi un’altra doccia. L’unica e magra consolazione era che non era arrivata fino in fondo, anche se non era un granché.
Uscì dal bagno, mentre si asciugava i capelli con un asciugamano bianco, ed un altro che copriva il suo corpo, e entrò in camera da letto. Osservò il letto vuoto e la vista si offuscò, rattristandola. Era da molto che continuava a dormire da sola e sospettava che presto sarebbe stata una condizione permanente: o meglio non avrebbe più condiviso il letto con Tony. Cercando di non pensare a niente, buttò l’asciugamano sul letto e aprendo l’enorme armadio e tirò fuori una maglietta di Tony, con l’immagine di Iron Man. L’avvicinò al volto e ne annusò il profumo maschile e familiare. La indossò e ritornò in bagno per asciugarsi i capelli con il phon. Guardò il suo riflesso e non si stupì nel vedere quelle occhiaie sotto i suoi occhi. Si pettinò i capelli e li asciugò, per legarli subito dopo in una coda alta. Voleva solamente dormire e recuperare un po’ di stanchezza, altrimenti sarebbe svenuta. Sbadigliando ritornò in camera e spense tutte le luci. Si avvicinò al letto con cautela e a carponi si infilò sotto le lenzuola color porpora. Con un sospiro poggiò la testa sul cuscino e poi si coprì anche il capo con le coperte. Era stesa su un fianco, vicino al bordo del letto, voltata dalla parte opposta a quella dove dovrebbe esserci Tony.
Un paio di braccia le circondarono i fianchi, trascinandola indietro. La sua schiena cozzò contro una superficie dura e calda; qualcosa di ispido le graffiò la pelle del collo e Pepper si voltò. La luce azzurrina – era il reattore, realizzò immediatamente – proveniente dal petto dell’uomo le permise di scorgere i suoi lineamenti duri e regolari. La stanchezza fu sostituita dalla sorpresa e sgranò gli occhi. Saltò in piedi, ma si ingarbugliò nelle coperte e cadde a terra. La luce sul suo comodino si accese e Pepper riuscì a riemergere da quell’ammasso di stoffa.
«Tony!» esclamò con una voce stridula e rialzandosi. Raggomitolò il tutto fra le braccia, mentre guardava con sorpresa l’uomo davanti a lei.
«Tutto bene?» le domandò lui, guardandola divertito negli occhi. «Non sapevo di farti quest’effetto,» si vantò, come al solito.
«Che cosa ci fai a letto?» domandò lei, ignorando la sua domanda. Le sue labbra erano ancora aperte, per la sorpresa e lo spaventò. Non credeva di ritrovarsi al suo fianco e per un momento aveva temuto che stesse impazzendo.
«Fino a prova contraria questo è anche il mio letto,» le rispose sorridendole.
«Pensavo che fossi in laboratorio, come sempre…» mormorò la donna. Era strano rivederlo in quel letto, nel loro letto, ed era anche strano vederlo in quello stato. Di solito Tony si presentava al suo meglio con la barba tagliata, capelli pieni di gel e vestito impeccabilmente. Il Tony che aveva di fronte invece era l’opposto e si detestò ancora di più per vederlo in quello stato. Di certo era colpa sua.
«Oh, scusa sarai stanco… Mi dispiace di aver occupato il letto… Ma pensavo che anche oggi non saresti venuto… Chiederò a Phil di ospitarmi e domani passerò a raccogliere tutta la mia roba,» Pepper mormorò frasi sconnesse, mentre poggiava le coperte sul letto e arrossì nel ricordarsi che cosa indossava. Tony continuava a guardarla in silenzio e lei a testa bassa si diresse verso la porta.
«Direi che è presto per svegliare l’agente Coulson e poi questa non è anche la tua stanza?» la fermò, prima che lei girasse il pomello e se ne andasse. Pepper rimase ferma, con lo sguardo puntato sulla sua mano che stringeva la maniglia.
Come avrebbe voluto chiudere gli occhi e riaprirli con la consapevolezza che non era successo nulla e che tutti quei giorni passati a soffrire erano solamente un incubo, un terribile incubo. Avrebbe riaperto gli occhi e si sarebbe risvegliata fra le braccia di Tony, che la tranquillizzava. Le ripeteva che tutto andava bene e che era stato solamente un incubo. Ma, quando riaprì gli occhi, era ancora in piedi e davanti alla porta, con la sua mano sulla maniglia.
Con un sospiro, l’abbassò e ritornò davanti al letto. Tony le sorrise e con la mano le fece segno di avvicinarsi. Pepper, deglutendo, lo fece e quando si trovò abbastanza vicino Tony stese una mano e le afferrò il polso, trascinandola verso di sé.
«Sei… sei sicuro?» domandò, ritrovandosi premuta contro il suo petto. Con delicatezza tracciò il bordo del reattore con un dito della mano libera.
«Certo! Ma se lei ha degli altri impegni non vorrei trattenerla signorina Potts,» le rispose pacatamente, ampliando maggiormente il suo sorriso. Pepper sorrise e si abbandonò contro di lui, ancora incredula di stare in quel letto con lui. Se era un sogno non voleva più svegliarsi.
«Credo che annullerò ogni impegno per la giornata, tutta la giornata.»
«Mi disp-»
«Non dirlo, non c’è bisogno di dirlo,» lo interruppe la donna, alzando finalmente il viso. La luce del reattore le illuminava il viso rendendolo ancora più bello ai suoi occhi.
«Tony Stark non ha mai chiesto scusa e di certo non incomincerà ora,» disse divertita. Ma sapere che stava per dirlo, a lei, le bastava. Era impensabile che Tony potesse dire quelle parole e di certo non voleva sentirgliele dire in quel frangente.
«E poi per cosa dovresti dispiacerti? Non è successo niente, assolutamente niente,» sussurrò chiudendo gli occhi e assaporando il momento.
Tony rimase a guardarla, mentre si stringeva fra le sue braccia. Poterla stringere in quel modo, ancora, era incredibilmente fantastico. Si sentiva bene e nulla avrebbe potuto trascinarli fuori da quella stanza.
Si chinò sulle sue labbra e dolcemente incominciò a baciarla, lasciandole il polso e cingendole la vita per attirarla più a sé. Pepper infilò una mano fra i suoi capelli e con l’altra gli strinse la spalla aggrappandosi a lui.
I loro baci incominciarono a farsi sempre più audaci, fino a che Tony iniziò a solleticarle il collo con la lingua. Con l’urgenza di cancellare quel periodo di separazione, si spogliarono e si unirono. Le loro mani esploravano i loro corpi, le loro lingue si cercavano freneticamente e i loro corpi imploravano di unirsi e di restare per sempre fusi.
«Ti amo,» mormorò Pepper mentre i suoi occhi incominciavano ad appannarsi a causa delle lacrime. Nell’udire quelle parole Tony si sentì l’uomo più fortunato di tutto il mondo. Continuò a baciarla con ardore, imprimendosi nella mente il suo profuso, il suo sapore, i suoi occhi, la sua voce… tutto.
«Ti amo,» ripeté lui. E Pepper non cercò più di trattenere le lacrime, lacrime di gioia e non più di dolore. Era felice, incredibilmente felice. Tutto era ritornato a essere come prima e per una volta credette veramente che la sua vita potesse assomigliare ad una favola e quello era il suo lieto fine.



































Angolo autrice
Okay mi ero ripromessa di non scrivere una storia così lunga , ma non credo di esserci riuscita...
Bene, passando alla storia, non so bene come mi sia venuta in mente tutta questa pappardella... Avrò scritto e riescritto, per poi cancellare e riscrivere, un milione di storie prima di tenere per buona questa di storia. Ma il tutto è partito da una chiacchierata con Mary e di conseguenza mi ha spinto a scriverla, ma la ringrazio perché era da tanto che volevo scrivere un qualcosa che accentuasse la discordia fra il povero Steeeve (come avrete capito non mi sta molto simpatico) e il mio adorato Tony! Per cui spero che possa piacere, a Maria in particolare. Ci tengo anche a precisare che questa sotira mi ha causato un sogno davvero strambo: gli Avengers in versione fumetto che lottavano contro di me; si sono ribellati alla mia storia praticamente!!! xD
Ho sempre provato a immaginare come sarebbe stato se Steeeve fosse infatuato di Pepper e ho provato a immaginare come Tony avrebbe reagito; ma credo di essere sfociata nell'OOC, ho miseramente fallito cercando di mantenere il più possibile i loro caratteri. Okay io per prima ammetto di trovarla una storia un po' confusionaria e non so cosa aspettarmi. Ma credo che fra tutte le storie che al momento io ho scritto,questa si merita il secondo posto.
Ci tengo a precisare che la frase detta da Tony , quando litiga con Pepper, è una citazione presa dal trailer di Iron Man 3 e quindi la storia si colloca prima del terzo film e dopo le avventure di 'The Avengers'. La storia l'ho critta anche in base a quello che mi ricordavo dei vari cartoni che ho visto e da quello che ho letto anche su Wikipedia, per cui avrete capito che ho svritto un miscuglio di tutto xD La canzone è il ritornello di 'One more night' dei Maroon 5, la storia si ispira anche a questa casìnzone anche se leggermente diversa dal significato inteso dal cantante.
Non saprei che cos'altro aggiungere e spero solamente che la storia possa piacere a qualcuno e mi raccomando recensite perché muoio dalla voglia di sapere che cosa ne pensate. :)
Allora a presto! Bacioni e buone vacanze a tutti!
MissysP
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: MissysP