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Autore: Eva Fairwald    29/12/2012    0 recensioni
Questo è un brevissimo episodio che racconta come sarebbero potute andare le cose se Dora e Connor si fossero incontrati in circostanze diverse.
Per sapere come si sono conosciuti davvero, chi dà la caccia a Dora e perché, chi è Connor e che cosa fa... non vi resta che acquistare il romanzo completo!
Ho preso spunto da uno scambio di battute che trovate a pagina 142.
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Grazie e buona lettura!
Eva Fairwald
Genere: Dark, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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E se invece…
 
 
 
di
 
Eva Fairwald
 
 
Genere: urban fantasy, young adult, bambini e ragazzi
 
Contatti: evafairwald@gmail.com e http://evafairwald.blogspot.it/
 
             
        
Questo è un brevissimo episodio che racconta come sarebbero
potute andare le cose se Dora e Connor si fossero
incontrati in circostanze diverse.
 
Per sapere come si sono conosciuti davvero, chi dà la caccia
a Dora e perché, chi è Connor e che cosa fa…
non vi resta che acquistare il romanzo completo!
Ho preso spunto da uno scambio di battute
che trovate a pagina 142.
 
 
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Per un’anteprima andate sul mio blog
a leggere GRATIS i primi 6 capitoli!
http://evafairwald.blogspot.it/p/leggi-gratis.html
 
 
Grazie e buona lettura!


E se invece…

 
         La sua testa bionda ondeggiava seguendo il ritmo della musica, quella sera in piazza c’era un concerto per la festa del paese e tutti si erano riuniti all’aperto. Ripeteva le parole in maniera meccanica e si guardava attorno continuamente, impegnata a fingere di divertirsi e a controllare che la gente attorno a lei cascasse in quella farsa. Si era lasciata alle spalle gli amici di sempre perché alcuni di loro avevano iniziato a fumare e Dora non sopportava proprio le sigarette; era riuscita ad isolarsi in una piazza affollata ed era piuttosto fiera del risultato nonostante gli spintoni dell’uomo dietro di lei. Quando si era voltata per dirgli di fare attenzione aveva visto il suo collo sfigurato da un tatuaggio a forma di sole ed era inorridita. Per togliersi dalla testa l’immagine di quel collo grinzoso e rovinato dall’inchiostro, abbassò lo sguardo verso le persone accanto alle transenne dal lato opposto e fu in quel momento che lo vide: un ragazzo la stava fissando; era molto carino, con gli occhi chiari e i capelli di un colore a metà fra il castano e il rosso ramato. Dora si sentì in imbarazzo e guardò dall’altra parte, ma era troppo curiosa di sapere se lui la stesse ancora guardando e quindi lo cercò di nuovo. Lui era lì e non pareva avere intenzione di perderla d’occhio. Dora si sentì come in un film e gli sorrise ma, quando lui ricambiò, lei fu certa di arrossire e così si voltò. Evitò di guardare in quella direzione per qualche minuto, ma quando si girò ancora… il ragazzo era sparito.
         «Devi venire con me, subito.»
         Dora si voltò di scatto, qualcuno le aveva parlato all’orecchio e le aveva messo un braccio in vita.
         «Tu?»
         Il ragazzo che le aveva sorriso poco prima l’aveva raggiunta e si stava comportando come uno psicopatico.
         «Vedi di lasciarmi stare.»
         «Altrimenti che cosa fai, urli?»
         Dopo essersi permesso di allungare le mani su di lei, sorrise beffardo e Dora cercò di divincolarsi, ma la presa era salda.
         «Mollami!»
         Dora stava per mettersi a gridare con tutta l’aria che aveva nei polmoni, ma la punta gelida e aguzza di un coltello contro il suo stomaco la mise a tacere e la rese molto collaborativa.
         «Andiamo.» le disse baciandola su una guancia per non destare sospetti nelle persone accanto a loro.
         L’uomo tatuato gli gettò un’occhiataccia e li osservò. Quel tizio sbucato dal nulla si stava portando via la ragazzina che aveva pedinato per tutta la sera; possibile che non se ne stesse mai da sola quella rompiscatole?
         Lo sconosciuto la trascinò in mezzo alla gente fino a raggiungere i margini della piazza, chiazzati dalle macchie d’ombra fra un lampione e l’altro e da gruppetti di persone sparse.
L’uomo con il tatuaggio era ancora al suo posto, ma non smetteva di controllare il percorso fatto da Dora.
Il ragazzo gettò delle occhiate circospette ai passanti e costrinse Dora a correre fino ad una stradina immersa nell’oscurità; la fece appoggiare con la schiena al muro senza levarle il coltello di dosso e controllò che la via fosse libera.
         «Ti prego, lasciami. Giuro che non dirò niente a nessuno.»
         Lui le premette un dito contro le labbra e la scrutò apprensivo, come se stesse cercando di immergersi nei suoi occhi. Dora rabbrividì sentendosi trapassata da parte a parte dalle iridi verdi del suo rapitore, non c’era via d’uscita e lei non sapeva che cosa fare. La sua espressione preoccupata la impauriva ancora di più mentre lei si appiattiva contro il muro e lui addosso a lei.
         «Zitta!»
         E così fece come le veniva ordinato, anche perché il bacio del pugnale contro la sua pelle era un deterrente efficace.
         Lo sconosciuto la costrinse ad avanzare verso una stradina che conduceva sul retro della piazza, dove aveva lasciato l’automobile. Avevano quasi raggiunto il parcheggio quando dei passi alle loro spalle lo fecero scattare. Si voltò giusto in tempo per vedere l’uomo tatuato che alzava una pistola più grande del normale verso di loro e che tirava una levetta per preparare il colpo.
         «Maledizione!» gridò dando uno strattone a Dora.
         «Pensavi di passarla liscia? Sei giovane e inesperto, credevi di portarmela via?» gli rispose il tatuato mentre premeva il grilletto.
Una fiammata uscì dalla canna e, il ragazzo, invece di tentare di spostarsi abbracciò Dora e si chinò contro di lei per coprirla con il proprio corpo. L’abbracciò così stretta che Dora fu quasi certa di non essere più in grado di respirare; il battito cardiaco di quel ragazzo era aumentato in maniera smisurata e sbatteva con forza contro il suo petto facendole sembrare di essere aggrappata a un terremoto.
Il fuoco gli scivolò addosso come un gavettone estivo, senza incendiare i vestiti, né ferirlo in alcun modo, come se fosse stato capace di assorbire le fiamme. Appena si girò, alzò una mano verso l’assalitore sbalordito dalla sua reazione e un turbine di fuoco ne scaturì per investirlo. L’uomo tatuato non ebbe il tempo di sparare di nuovo, il fuoco uscito dalla mano del sequestratore lo avvolse e lo incenerì prima che potesse reagire.
         Dora era rimasta immobile, sconvolta e senza parole.
         «Mi chiamo Connor.» le disse il ragazzo abbracciandola di nuovo. «Sono qui per proteggerti.»
         Il calore del suo corpo era intenso e soffocante ma, ora che non aveva più un coltello puntato all’addome, Dora si fece forza e mise le mani avanti per respingerlo. Fu inutile, la presa di Connor era salda e sicura, nulla con cui lei potesse competere.
         «Eh? Spiegami che cosa cavolo è successo prima che impazzisca!»
         «Ti dirò tutto in auto, andiamo.» le disse prendendola per mano e ignorando il fatto che Dora fosse sotto shock e incapace di qualunque azione sensata.
         «Connor!»
         Gli imprevisti per quella sera non erano ancora finiti. Qualcuno lo stava chiamando a gran voce dall’inizio della via, proprio vicino alla sua auto parcheggiata. Chi diavolo poteva essere in quel posto? Chi lo conosceva in quel paesino? Alzò la testa e, quando i suoi occhi si posarono su quel viso, strinse i pugni per trattenere la rabbia ma non smise di camminare verso di lui.
         «Daemon, che cosa vuoi?» disse ad alta voce prima di sussurrare all’orecchio di Dora, «Non fiatare, reggimi il gioco o finisce molto male.»
         Dora annuì come un automa e non oppose resistenza mentre la distanza fra loro e un ragazzo dai capelli neri diminuiva.
         «Nulla, mi trovavo da queste parti, e tu?» disse il nuovo arrivato spostando la propria attenzione su Dora.
         «Uscita personale.» rispose Connor.
         Un riflesso illuminò le lenti degli occhiali di Daemon quando questo li raggiunse, ma non c’erano luci in quel tratto di strada e a Dora sembrò piuttosto che la luce provenisse dagli occhi di quel tipo.
         «Oppure… questa è la ragazzina che…»
         «No!» lo troncò Connor. «Questa è la mia ragazza.»
         La menzogna sembrava essergli naturale, constatò Dora, la sua voce era rimasta ferma e la sua espressione impassibile. Ma chi era questo Connor? Da dove arrivava e che cosa voleva da lei? Dora sentì la mano di Connor lasciare la sua per tornare ad avvinghiarsi sui suoi fianchi, ma era troppo terrorizzata per scansarsi.
         «Avanti, a me puoi dirlo…» lo incalzò Daemon.
         «Non che la cosa ti riguardi, Decaduto, ma qui hai interrotto qualcosa di più interessante delle tue chiacchiere.»
         Senza esitare, né aspettare una risposta, Connor strinse Dora fra le proprie braccia e la baciò come se fosse stata la cosa più normale del mondo. Un attimo Dora stava squadrando Daemon e l’attimo dopo le sue labbra erano prese d’assalto da uno che si credeva come l’agente 007.
         Dora rimase paralizzata per la sorpresa ma Daemon non poteva notarlo, perché Connor gli toglieva la visuale dandogli le spalle e tenendo Dora stretta a sé. Si sentì completamente persa e sopraffatta dagli eventi, pensò di svenire e anche se Connor la sosteneva, decise di appoggiarsi a lui e di posare le mani sulle sue spalle per eliminare quel senso di vuoto che le strizzava lo stomaco.
         «Basta così per favore!» disse Daemon.
         Connor si staccò da Dora con una calma studiata e sfoggiò un gran sorriso diretto a Daemon.
         «Come vedi siamo impegnati.» aprì la portiera del passeggero e spinse Dora all’interno dell’auto. «Ciao, ciao.»
         Lo schiocco secco della portiera che si chiudeva convinse Daemon ad andarsene di nuovo per la propria strada.
         «A presto, Connor.»
         Connor non si degnò nemmeno di rispondere, saltò al volante e mise in moto l’auto.
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